Lavoro, è allarme “quiet quitting” tra i giovani: il 74% dei gen z e millennial vuole cambiare azienda nel 2023

Lavoro, è allarme “quiet quitting” tra i giovani: il 74% dei gen z e millennial vuole cambiare azienda nel 2023

Lavoro, è allarme “quiet quitting” tra i giovani: il 74% dei gen z e millennial vuole cambiare azienda nel 2023

Mantenere motivati i dipendenti, soprattutto i più giovani, è diventato ormai più difficile che assumerli: 3 Millennial e Gen Z su 4 sono intenzionati ad abbandonare il posto di lavoro entro la fine dell’anno a causa della mancanza di opportunità di crescita all’interno della propria azienda…

È davvero questo il posto giusto per la mia carriera professionale?”. Quante volte in tempi recenti abbiamo sentito o ci siamo posti questa domanda. I dati diramati dal Ministero del Lavoro confermano che la percentuale di chi ha risposto “No” sta continuando a crescere: il fenomeno della “Great Resignation” e quello è ancora molto presenti in Italia visto che nei primi 9 mesi del 2022 le dimissioni volontarie sono aumentate del 22% rispetto all’anno precedente, arrivando a 1,66 milioni. Ancor più recente ma altrettanto importante è il fenomeno del “Quiet Qutting”: una sorta di abbandono necessario motivazionale da parte dei dipendenti verso il proprio incarico che consiste nel lavorare nei tempi e nei modi indicati dal contratto, senza coinvolgimento emotiva e senza assumersi responsabilità che vadano oltre l’essenzialità delle mansioni.

È evidente che anche per le imprese italiane ripensare i processi d’assunzione e trattenere i talenti è diventata la priorità principale: in che modo è possibile offrire ai dipendenti un’opportunità di sviluppo professionale in modo da farli rimanere più a lungo all’interno di un’organizzazione? Secondo gli esperti del settore una soluzione può essere rappresentata dai nuovi trend internazionali dell’“Internal Reshuffle” e del “Quiet Hiring”, grazie al quale le aziende riescono a ricollocare al proprio interno, con diversi compiti e responsabilità, risorse che avevano intenzione di abbandonare l’azienda per “nuovi lidi” tramite programmi di upskilling e formazione. Secondo una ricerca di Workplace Intelligence il 74% dei dipendenti Millennial e Gen Z è intenzionato a lasciare il posto di lavoro entro la fine dell’anno a causa della mancanza d’opportunità di sviluppo delle proprie competenze e, di conseguenza, della propria carriera professionale. “Questi processi sono molto sottovalutati dalle aziende ma sono in grado di offrire molteplici vantaggi – spiega Francesca Verderio, Talent Acquisition Manager di Zeta Service Individua, la business unit di Zeta Service che guida le organizzazioni nella ricerca e selezione di nuovi talenti – Da una parte aumenta la fidelizzazione e la loyalty del dipendente che viene formato sul nuovo ruolo professionale conoscendo già le dinamiche aziendali. Dall’altra parte le organizzazioni traggono vantaggio dalla legacy verso l’azienda che i talenti mettono in campo, risparmiando tempo e costi nel reclutamento di una nuova risorsa. Senza dimenticare un vantaggio ancor più importante ovvero la dispersione del know how presente in azienda”.

Diversi studi confermano, infatti, la validità delle strategie di talent internal mobility: secondo il Workplace Learning Report di LinkedIn, i dipendenti a cui viene data la possibilità di un nuovo incarico all’interno dell’organizzazione hanno una probabilità 3,5 volte maggiore di rimanere in azienda. Se, prima della pandemia, solo il 16% dei processi di selezione si concludeva con la riqualificazione di una risorsa interna, a partire dal 2021 la “talent mobility” aziendale è arrivata a pesare quasi il 20% delle selezioni. Si tratta di una piccola crescita (+25%) ma è il segnale che qualcosa sta cambiando: “Qui è fondamentale il ruolo di consulenza delle società di selezione del personale che devono essere in grado di abilitare questi processi nelle organizzazioni sbloccando la mentalità aziendale e avvalendosi di strumenti tecnologici di talent intelligence in grado di trovare il profilo migliore. Ogni ricerca presuppone la volontà da parte di azienda e candidato di crescere e migliorare: quando ai dipendenti già presenti all’interno dell’organizzazione viene data l’opportunità di assumere nuovi ruoli e responsabilità possono portare nuove prospettive e idee. Questo può aiutare un’azienda a rimanere innovativa e ad adattarsi ai cambiamenti del mercato”, spiega sempre Verderio. Il desiderio di una maggiore mobilità interna sarà un fattore chiave per favorire la fidelizzazione dei talenti in uno scenario dove, secondo uno studio internazionale ripreso da recruiter.com, il 41% dei dipendenti chiederà quest’anno un cambio di ruolo. Un altro aspetto importante su questo tema riguarda il basso engagement dell’internal mobility nei confronti dei dipendenti: solo uno su tre (33%) si sente incoraggiato a ricoprire nuovi ruoli internamente e solo uno su cinque (21%) si sente di poterne discutere apertamente con i propri manager.

Occorre però anche fare attenzione a quelli che potrebbero essere gli aspetti negativi della mobilità interna. C’è la possibilità, infatti, che possa portare a dei malumori interni danneggiando il morale del team: altri dipendenti, infatti, potrebbero sentirsi tagliati fuori dall’azienda per il fatto che sia stato scelto un altro candidato o, peggio ancora, potrebbero pensare che si tratti di favoritismo. Per questo è importante nella dinamica di selezione avere dei criteri di valutazione il più possibile chiari e trasparenti favorendo quanto più possibile l’engagement dei dipendenti: secondo la recente ricerca Workest 2 aziende su 3 (63%) affermano che mantenere i dipendenti è in realtà più difficile che assumerli. I numeri non sono migliori anche in merito al coinvolgimento dei dipendenti nelle aziende, visto che solo 2 su 10 si sentono coinvolti nel proprio lavoro, costando alle organizzazioni circa 500 miliardi di dollari all’anno. Emerge altresì che i lavoratori riportano il timore di non rimanere competitivi all’interno del mercato del lavoro restando all’interno della stessa azienda a lungo: sempre secondo lo studio Workplace Intelligence il 78% dei lavoratori teme di non avere le competenze per fare carriera, il 58% è preoccupato che le proprie competenze siano già obsolete, mentre ben 7 lavoratori su 10 si sentono impreparati ad affrontare il proprio futuro lavorativo. “È chiaro che i dipendenti coinvolti nel loro lavoro rimarranno in azienda più a lungo, riducendo i costi di reclutamento e formazione di nuovi dipendenti. Per questo sarebbe molto riduttivo vedere la mobilità interna come quel processo che sposta i dipendenti da un reparto all’altro – illustra la talent manager di Zeta Service Individua – È un processo che dovrebbe includere anche il ripensamento di come sono strutturati i lavori e abbracciare la flessibilità riguardo alle responsabilità lavorative”.

Vediamo allora quali soni i 7 consigli secondo gli esperti di Zeta Service Individua per valorizzare la mobilità interna all’interno delle aziende: è importante notare che questi suggerimenti non sono validi per tutte le organizzazioni, ma occorre adattarli alle esigenze e alla cultura specifiche di ogni azienda.

  1. YOUR PATH – Ogni ruolo all’interno dell’organizzazione dovrebbe avere percorsi chiari verso lo sviluppo futuro delle proprie competenze professionali. I dipendenti dovrebbero essere in grado d’identificare le loro prossime opportunità all’inizio della loro carriera per creare piani di sviluppo con i manager.
  2. ASSESSMENT – È una valutazione del personale sul potenziale presente in azienda sulle competenze e sulle carenze presenti all’interno dell’organizzazione. Questa particolare metodologia può includere interviste con dipendenti e leader aziendali, valutazioni dei processi e dei prodotti e altre attività.
  3. SUCCESS STORY E SUCCESSION PLAN – Riconoscere e premiare i dipendenti che sono riusciti positivamente a ricoprire nuovi ruoli all’interno dell’azienda e condividere le loro storie per ispirare gli altri: evidenziare questi successi permette di creare motivazione creando una cultura inclusiva.
  4. HUMAN & TECH MANAGEMENT – Sfruttare la tecnologia e lo storytelling per facilitare la mobilità interna: utilizzare i processi di job posting interno trasparenti ed efficaci, portali self-service e altri strumenti digitali per aiutare i dipendenti a trovare e candidarsi. Proporre eventi in presenza e momenti informativi rispetto alle nuove posizioni aperte in azienda come Job Café di confronto e momenti di informazione.
  5. PROGRAMMI DI FORMAZIONE E UPSKILLING– Costruire un programma di formazione e sviluppo delle competenze per le risorse presenti in azienda Così sarà possibile migliorare le prestazioni dei dipendenti acquisendo nuove conoscenze e accrescere l’engagement nei confronti dell’organizzazione.
  6. TALENT MOBILITY CULTURE – Comunicare l’importanza della mobilità interna: assicurarsi che i dipendenti siano consapevoli delle opportunità a loro disposizione all’interno dell’azienda e che comprendano i vantaggi (sia finanziari, sia altre tipologie di benefit) per perseguire tali opportunità.
  7. START FROM THE TOP – Occorre assicurarsi che i manager siano consapevoli delle capacità e dell’esperienza dei membri del loro team e cerchino attivamente opportunità per sfruttare quel talento all’interno dell’organizzazione: la spinta verso la mobilità interna deve venire dall’alto.

Miart 2023: l’imperdibile sezione Decades

Miart 2023: l’imperdibile sezione Decades

Miart 2023: l’imperdibile sezione Decades

Come un grande museo, miart 2023 (14 – 16 aprile 2023 | anteprima VIP 13 aprile), presenta Decades, una delle sezioni che, giunta alla sua sesta edizione, maggiormente caratterizza l’identità della fiera milanese rendendola unica, capace di creare valore e di storicizzare l’arte.

Un viaggio lungo più di cento anni, un percorso tra generi e generazioni, istanti e intere epoche, un susseguirsi di dialoghi, corrispondenze e rimandi. Come un grande museo, miart 2023 (14 – 16 aprile 2023 | anteprima VIP 13 aprile), presenta Decades, una delle sezioni che, giunta alla sua sesta edizione, maggiormente caratterizza l’identità della fiera milanese rendendola unica, capace di creare valore e di storicizzare l’arte.

Concepita come una passeggiata nel tempo alla scoperta della storia del ventesimo secolo –dagli anni Dieci del Novecento agli anni Dieci del Duemila – Decades, a cura di Alberto Salvadori,ospita dieci gallerie, ciascuna con un progetto speciale (presentazioni monografiche o focustematici) dedicato a uno specifico decennio.

Come una sequenza di sale museali, attraversare questa sezione valorizza esperienze meno conosciute e storie di respiro internazionale, pezzi iconici accanto a quelli più ricercati e rari, offrendo al pubblico stand non conformisti che mostrano l’arte a 360°, dalla pittura alla scultura, dal designalla ceramica passando per la fotografia.

Si parte con lo stand di Società di Belle Arti (Viareggio – Milano – Cortina D’Ampezzo) e una panoramica dedicata alle più rilevanti tendenze figurative del primo decennio del Novecento con opere di Oscar Ghiglia, Llewelyn Lloyd e Moses Levy, per entrare negli gli Anni Venti con ED Gallery (Piacenza) che propone un’esposizione dedicata a Giò Ponti e Richard Ginori: due grandi nomi del design italiano presentati attraverso opere in ceramica tanto importanti quanto rare.

Le sculture e i disegni di Regina Cassolo Bracchi – prima scultrice dell’avanguardia italiana – sono protagonisti dello stand di Studio Dabbeni (Lugano) dedicato agli Anni Trenta, mentre per iQuaranta la Galleria Gomiero (Montegrotto Terme) presenta bozzetti di sculture per monumenti di artisti come Fortunato Depero, Antonio Maraini e Adolfo Wildt.

Voce unica e radicale del design e dell’architettura d’interni francese, Charlotte Perriand rappresenta gli Anni Cinquanta nel booth di M77 (Milano) in cui vengono posti in dialogo alcuni dei suoi arredi più iconici con un nucleo inedito di fotografie. Si resta in Francia per gli Anni Sessanta con Jacques Villeglé, uno dei protagonisti della scena artistica del secondo dopoguerra di cui nello stand DELLUPI ARTE (Milano) viene presentata una selezione di celebri décollages.

Per celebrare cinquant’anni dalla scomparsa di Ugo Mulas, LIA RUMMA (Milano – Napoli) dedica al grande fotografo una personale raccontando così gli Anni Settanta, mentre per gli Ottanta la Galleria dello Scudo (Verona) sceglie di mettere in mostra due tra gli artisti più importanti di quegli anni, Carla Accardi e Pietro Consagra, svelando alcune delle loro produzioni meno note.

Il viaggio si conclude negli Anni Novanta con un focus monografico dedicato ad Harald Klingerholler, maestro della scultura concettuale tedesca, presentato da Galerie Jocelyn Wolff(Romainville), e con una personale dell’artista inglese Jim Lambie a rappresentare gli Anni Duemilanello stand della Galleria Franco Noero (Torino), che genera un dialogo empatico tra le diverse pratiche da lui utilizzate.

1910 – Oscar Ghiglia, Llewelyn Lloyd e Moses Levy, Società di Belle Arti, Viareggio – Milano – Cortina D’Ampezzo
1920 – Giò Ponti e Richard Ginori, ED Gallery, Piacenza
1930 – Regina Cassolo Bracchi, Studio Dabbeni, Lugano
1940 – Sculture per monumenti italiani, Galleria Gomiero, Montegrotto Terme
1950 – Charlotte Perriand, M77, Milano
1960 – Jaques Villeglé, DELLUPI ARTE, Milano
1970 – Ugo Mulas, LIA RUMMA, Milano – Napoli
1980 – Carla Accardi e Pietro Consagra, Galleria dello Scudo, Veron
1990 – Harald Klingerholler, Galerie Jocelyn Wolff, Romainville
2000 – Jim Lambie, Galleria Franco Noero, Torino

Nasce in Italia la prima app di podcasting collaborativo

Nasce in Italia la prima app di podcasting collaborativo

Nasce in Italia la prima app di podcasting collaborativo

Stanchi delle immagini e dello scrolling continuo tra foto tutte uguali? Ecco il primo social solo “vocale”! Si chiama Loud ed è una rivoluzione del social networking…

Nato dall’esigenza di ritrovare quel sentimento di autenticità perduto, in un mondo non fatto ad immagine e somiglianza, ma solo d’immagine e finzione, LOUD è la prima app in Italia di podcasting collaborativo, che si impone l’obiettivo di ridare voce alle persone senza filtri e distinzioni. Sarà da oggi disponibile sullo store di tutti i dispositivi mobili sia iOS che Android.

LOUD è un social innovativo partorito dalla mente creativa di Alessandra Faustini in uno dei periodi più bui degli ultimi anni: quello del primo lockdown. Alessandra ha avvertito un forte sentimento di malessere manifestato da molti suoi conoscenti dovuto ai social e ciò l’ha portata a riflettere. Infatti, nonostante la pandemia e la quarantena abbiano costretto la maggior parte della popolazione a rimanere nelle proprie case e a servirsi delle piattaforme social come unica modalità per rimanere in contatto con le altre persone, Alessandra afferma che “qualcosa è cambiato, ho iniziato a notare un sentimento comune di inadeguatezza tra molti miei conoscenti proprio a causa dei social”.

Questa sensazione è riconducibile alla superficialità dell’immagine che oggigiorno governa e domina la maggioranza dei contenuti condivisi sui social. Non più socialità, bensì consumo di contenuti commerciali vuoti e mera esibizione, al punto tale che la salute mentale dei più giovani ne risente. LOUD è un modo innovativo per interrompere questo circolo vizioso e rendere la comunicazione dei social di nuovo umana e di valore e, per fare questo, si serve di una delle caratteristiche più umane possibili: la voce.

È innanzitutto necessario creare il proprio profilo scegliendo un nickname, una foto e – qui la prima novità – creare una “audio bio”, ovvero una biografia “parlata”. Dopodiché sarà possibile registrare e postare i loud, essenza dell’app: questi consistono in una nota vocale nella quale si potrà disquisire di un argomento a piacere, da intitolare e classificare con gli hashtag più opportuni. Gli altri utenti – chiamati louders – potranno interagire commentando con un’altra nota vocale, creando così una vera e propria catena. Il risultato è un podcast collaborativo e continuativo: collaborativo perché tutti possono commentare e contribuire al dibattito, continuativo perché i commenti verranno legati fra loro esclusivamente in ordine cronologico.

Il sistema di LOUD è, dunque, basato sul cosiddetto voice sharing, un settore che negli ultimi anni ha dimostrato di essere sempre più in crescita: podcast e audiolibri stanno diventando progressivamente un contenuto sempre più popolare e apprezzato. La voce, inimitabile e unica, permette di instaurare un rapporto più umano: è possibile connettersi alle altre persone in maniera sincera e spontanea. “La voce non mente, è credibile” afferma Alessandra Faustini, “è un mezzo intimo che riconsegna umanità alla comunicazione digitale”.

LOUD è anche un mezzo attraverso il quale è possibile riappropriarsi della propria identità e sentirsi nuovamente a proprio agio nel comunicare con gli altri. In una prospettiva di body positivity e di rispetto dei diritti individuali, con gli aggiornamenti futuri dell’app saranno innumerevoli le funzionalità che permetteranno di ridurre al massimo quel sentimento di inadeguatezza ormai fin troppo comune e normalizzato sui social. LOUD sarà, infatti, una piattaforma ricca di strumenti di audio editing per i louders che vogliono sperimentare con la propria voce.

In definitiva, LOUD si configura come una piattaforma democratica, che dà importanza ai contenuti creati dal basso in maniera collettiva: dalle singole opinioni nasce la complessità, l’incontro di più voci che genera un coro. Le possibilità di utilizzo sono illimitate, concedendo ai louders di appropriarsi della piattaforma e farla loro, per un’esperienza di utilizzo sempre in evoluzione e molteplice, senza scordarsi l’obiettivo ultimo: quello di creare uno scambio dinamico, fluido e intuitivo di opinioni e esperienze senza il pregiudizio dell’immagine.

LOUD è disponibile per dispositivi mobili sia iOS che Android a partire dal 27 febbraio, link per il download: loudsocialapp.com.

QUID+ continua la sua crescita registrando un aumento delle vendite del +22% da inizio 2023

QUID+ continua la sua crescita registrando un aumento delle vendite del +22% da inizio 2023

QUID+ continua la sua crescita registrando un aumento delle vendite del +22% da inizio 2023

Barbara Franco con QUID+ è primo autore italiano per bambini in età prescolare di Gribaudo, secondo editore più importante dedicato all’infanzia

Milano, 27 febbraio 2023 – QUID+ è la collana educativa ideata da Barbara Franco, terzo autore per bambini in età prescolare, dopo Anna Llenas e Orianne Lallemand, e primo autore italiano del marchio Gribaudo, il quale nel 2022 si è posizionato come ottavo editore del mercato italiano e secondo, dopo Walt Disney, nel settore dell’editoria dedicato all’infanzia. Nelle prime sei settimane del 2023, QUID+ ha registrato un aumento del 22% delle vendite rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, continuando in modo sostenuto il trend di crescita dal suo lancio sul mercato avvenuto a fine 2018.

In Italia negli ultimi 4 anni, QUID+ ha venduto oltre 320 mila copie tra libri, scatole gioco, board book e quaderni di attività, suddivisi in 7 aree di competenza, tra cui il bestseller “Il Linguaggio delle Emozioni”, una raccolta di racconti nata per allenare l’intelligenza emotiva. L’obiettivo della linea editoriale dedicata alla fascia di età 0-7 anni e portato avanti con determinazione dalla sua autrice, è quello di accompagnare i genitori nel percorso di crescita insieme ai propri figli, aiutandoli a sviluppare le proprie potenzialità e alimentando la naturale curiosità verso il mondo. Ogni prodotto è composto da due strumenti, uno dedicato al bambino e uno all’adulto, che vengono realizzati traducendo le più avanzate teorie pedagogiche e metodologie scientifiche per l’apprendimento precoce, grazie alla collaborazione di esperti del settore

La crescita di vendite significativa registrata all’inizio di quest’anno e risultare l’autore italiano per bambini in età prescolare di Gribaudo più importante, mi rende estremamente orgogliosa e mi conferma quanto sia stata la scelta giusta seguire il mio istinto e coltivare il progetto QUID+ con impegno e dedizione. Con la nascita di mio figlio Pietro, ho sentito la necessità di svolgere ricerche in campo pedagogico per capire quali metodi educativi fossero più efficaci da mettere in pratica. Nel 2018, ho potuto realizzare finalmente la mia linea editoriale e iniziare ad aiutare altri genitori come me ideando strumenti utili ed efficaci per passare tempo di qualità insieme ai propri piccoli” – afferma Barbara Franco, ideatrice e autrice della collana QUID+. – “Quando nasce un bimbo, infatti, nascono anche due genitori e anche noi abbiamo bisogno di crescere nel nostro nuovo ruolo. La vita di noi genitori, infatti, spesso è stressante, in particolare quando deve essere conciliata con il lavoro: difficoltà organizzative, scarsa rete sociale di supporto, ritrosia nel chiedere aiuto e senso di colpa. Tutti vogliamo il meglio per i nostri figli, ma quando le cose non vanno esattamente come immaginiamo, il rischio è quello di non sentirsi all’altezza e vivere il nostro ruolo genitoriale come un fallimento. QUID+ rappresenta uno strumento per offrire l’occasione di crescere insieme al proprio figlio, con serenità e continuando sempre a migliorarsi.

Con una rete di più di 30 mila follower sui canali social e più di 10 mila iscritti alla newsletter, QUID+ ha inoltre preso parte a progetti congiunti, stringendo diverse partnership, tutte originate dall’affinità valoriale nel rispondere ai bisogni delle famiglie:

  • nel 2020 durante il primo Lockdown per aiutare genitori e figli nella fascia di età 3-6 anni nel momento cruciale in cui le scuole erano chiuse, è iniziata la collaborazione con il Sole 24 Ore per la distribuzione in edicola della collana “Il lato divertente di imparare”, quaderni di attività ideati da QUID+;

  • a settembre 2021 ItalTrike ha scelto QUID+ per sviluppare la parte pedagogica di “Flurry”, un triciclo che stimola il movimento fisico dei bambini, il loro coordinamento motorio e il primo approccio con la conoscenza del mondo circostante. Si tratta di un’iniziativa tuttora in corso, a cui QUID+ ha preso parte con grande coinvolgimento, sia per l’opportunità di sperimentare la progettazione pedagogica di giochi digitali, sia perché la mission del progetto si rivolge principalmente a bambini con problemi motori. Flurry infatti è già stato adottato in alcuni dei principali ospedali pediatrici italiani;

  • in ultimo, ma per questo non meno importante, a settembre 2022 Plasmon ha deciso di festeggiare i suoi 120 anni, regalando ai suoi consumatori, “Tocca Esplora e Impara”, un gioco educativo volto ad allenare la motricità fine dei più piccoli.

Cadogan Gallery a Milano con la mostra Carta di Sam Lock

Cadogan Gallery a Milano con la mostra Carta di Sam Lock

Cadogan Gallery: esordio a Milano con la mostra Carta di Sam Lock dal 2 al 31 marzo

La mostra, che espone lavori inediti dell’artista realizzati a partire da pagine di libri d’arte scartati, è stata pensata da Lock e da Freddie Burness, Direttore della galleria, appositamente per gli spazi rinnovati di via Bramante

Attiva nel Regno Unito dal 1980 e dotata di una sede riservata a progetti site specific nello Hampshire dal 2021, Cadogan Gallery si appresta ad aprire la sua prima sede internazionale a Milano.La location scelta è il luminoso spazio di via Bramante 5, dove gli elementi distintivi dell’architettura milanese incontrano l’estetica moderna.

A inaugurare la stagione espositiva della galleria è Sam Lock, artista inglese, classe 1973. Rappresentato da Cadogan dal 2015, Lock ha esposto le proprie opere sia a Londra sia nello Hampshire, diventando uno degli artisti più acclamati e di successo della galleria.

La mostra Carta prende il nome dal medium scelto, le pagine provenienti da una collezione in disuso di libri d’arte. Lock incolla le pagine alla tela creando un motivo a griglia sul quale interviene con i propri segni apparentemente uniformi, ma in realtà ognuno diverso dall’altro. Così facendo, viene a crearsi una sovrapposizione tra passato e presente, un legame tra i nomi dei maestri antichi stampati sulle pagine sbiadite e l’intervento pittorico dell’artista.