Un vento leggero: il femminismo di Isabel Allende

Isabel Allende è senza alcun dubbio una delle scrittrici più amate al mondo. Cilena, naturalizzata statunitense, l’autrice latino-americana ha saputo trasformare le sue parole in un’arma contro una società che non sta al passo con i tempi.

Femminista sin dalla nascita, l’Allende racconta la sua storia e così quella di tante, troppe donne che leggendola si uniscono alla sua voce: è il suo ultimo romanzo “Donne dell’anima mia”.

Gli inizi

Nata a Lima in Perù il 2 agosto 1942, Isabel Allende comincia già da bambina a immaginare i luoghi e i personaggi che poi diventeranno i protagonisti dei suoi romanzi. La madre, Francisca Llona Barros, divorzia dal padre, Tomás Allende, quando la scrittrice ha solo tre anni e Isabel non conoscerà mai suo padre. Sola, con tre figli e senza alcuna esperienza lavorativa, la madre si trasferisce a Santiago del Cile insieme ai fratelli grazie all’aiuto del cugino del padre, il futuro presidente del Cile: Salvador Allende. Vengono ospitati a casa del nonno e il ricordo di questi luoghi sarà poi evocato nel primo romanzo della scrittrice, La casa degli spiriti, nato da una lunga lettera che Isabel scrisse proprio al nonno. Bambina inquieta e già cittadina del mondo, si trasferisce in Bolivia, successivamente in Europa e poi in Libano sempre a causa del lavoro diplomatico del marito della madre. Nel 1959 torna in Cile e tre anni dopo sposa Michael Frias con cui avrà due figli, Paula e Nicolàs. La sua intelligenza, acutezza e forza emergono sin da giovane nel suo lavoro di giornalista che la farà emergere ben presto come una figura coraggiosa e rivoluzionaria. Dopo il colpo di Stato di Pinochet dell’11 settembre 1973, si trasferisce nel 1975 a Caracas, per poi andare a vivere definitivamente negli Stati Uniti dove conosce il suo secondo marito William Gordon.

Collezionista di ricordi

Negli anni trascorsi in America comincia la fase più prolifica della scrittrice. È il periodo in cui si delinea il suo stile caratteristico, che unisce un linguaggio giornalistico e il realismo magico, la metafora e la brutalità, la responsabilità politica e storica, il romanticismo e la magia, il tutto condito da un’acuta lucidità e da un senso dell’umorismo dolce e indulgente. Le sue opere sono state classificate nel movimento letterario conosciuto come Posboom: sono o sembrano autobiografiche, ma lei preferisce definirle “memorias”, ovvero “collezioni di ricordi più vicine alla finzione che alla realtà”. Isabel Allende non ha dimostrato di essere soltanto una scrittrice, ma una forza della natura e con il suo talento ha costruito un meraviglioso mondo immaginario dove tutto è possibile oltre le lingue, le religioni, i confini geografici e culturali.

Donne dell’anima mia

“Mujeres del alma mía” edito da Feltrinelli con il titolo Donne dell’anima mia è l’ultimo libro terminato dall’autrice nel marzo del 2020.Un originale diario della ribellione all’autorità maschile, ma anche un manifesto per frammenti e memorie, a partire dalla condizione della madre Panchita (così chiamata affettuosamente) abbandonata dal marito in Perù insieme ai suoi tre figli.

Risultato immagine per isabel allende e  panchita

Con il suo Donne dell’anima mia l’Allende cerca di dare il suo contributo alla lotta contro la violenza sulle donne, frutto di quella cultura del patriarcato di cui lei stessa è stata testimone. Con un discorso informale, come lei stessa lo definisce, ci racconta la storia di sua madre e ci parla del femminismo sviluppatosi in lei già nella primissima infanzia. “Non esagero quando dico che sono femminista dai tempi dell’asilo”. Isabel Allende nel suo romanzo afferma di non aver bisogno di inventare le protagoniste dei suoi libri, donne forti, decise: ne è sempre stata circondata. Sono donne sfuggite alla morte, alcune hanno subito traumi indelebili, altre hanno perso tutto e nonostante questo ce la fanno. Sono donne che si rifiutano di essere trattate come vittime, hanno dignità e coraggio, si rialzano, vanno avanti e lo fanno senza perdere la capacità di vivere con amore, compassione, gioia.

Il patriarcato è di pietra, il femminismo è fluido

A soffrire di più di quella condizione era l’Allende bambina, come se avesse capito già tutto di quella cultura del dominio dell’uomo sulla donna, che porta ancora il Cile ad essere uno dei paesi al mondo con la più alta incidenza di violenza sulle donne. Un paese in cui solo di recente grazie a Michelle Bachelet, la prima presidente donna, è stato garantito l’accesso facile e gratuito agli anticoncezionali, sono state promulgate leggi di protezione a favore delle donne e sono state costruite strutture di accoglienza. Nonostante l’informazione, l’educazione e le nuove regole però, la Bachelet non è riuscita a far passare al Congresso la legge per depenalizzare l’aborto. Se c’è forse un limite alla visione della Allende è proprio quello di guardare al fenomeno e di strutturare il femminismo partendo proprio dalla visione del suo paese d’origine e di quella del Sudamerica e dei paesi sottosviluppati. Di contro è anche la sua forza, perché proprio per la stessa ragione il femminismo della scrittrice non ha nulla di banale o di trascurabile e poco ha a che vedere con il lessico e il linguaggio:

«Le parole sono importanti come macigni quando sono dispregiative nell’educazione alla parità non quando usiamo architetto al posto di architetta, o avvocato invece che avvocata. Le parole sono importanti nel concetto di educazione alla discriminazione che nulla a che vedere con le quisquilie su cui mettono l’accento quelle che si definiscono femministe nel nostro mondo».

Isabel Allende

 

Un vento leggero

Donne dell’anima mia è un urlo, l’ennesimo, per fermare la violenza, lo sfruttamento, gli abusi: è la voce di una donna che arrivata alla soglia dei suoi ottant’anni non smette di credere nell’uguaglianza, nella libertà, nelle pari opportunità, che non sceglie la strada facile e non accetta compromessi. Isabel Allende non ha mai smesso di credere nella vita nonostante le sofferenze, a partire dalla morte della figlia Paula, deceduta giovanissima. È dal dolore per la perdita di Paula che nasce nel 1996 la Fondazione Isabel Allende, una missione che, come un vento leggero, investe nel potere dell’universo femminile per garantire l’indipendenza economica e la libertà dalla violenza.

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Giulia Villani

Giulia, classe ’99, laurea in Comunicazione e un sacco di idee per la testa. “Il mio problema è ciò che resta fuori, il non-scritto, il non-scrivibile. Non mi rimane altra via che quella di scrivere tutti i libri…”. Molto probabilmente non scriverò tanti libri quanti Calvino, ma ogni storia che merita di essere raccontata.

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