Omnicanalità: l’87% degli italiani online è disponibile a condividere informazioni personali

Secondo uno studio dell’Oservatori Politecnico di Milano l’87% degli italiani online è disponibile a condividere informazioni personali, ma solo il 6% delle aziende raccoglie e misura i dati correttamente

Nel 2022, solo il 13% degli Internet user in Italia si dichiara contrario in qualunque caso alla condivisione di propri dati personali con le aziende (il 10% tra le nuove generazioni, circa il 20% tra i baby boomers). La restante parte lo farebbe a fronte di un pagamento o vantaggio economico (40%), meno pubblicità (26%), assistenza più celere (26%), accesso a servizi o contenuti di valore (25%).

Nonostante le opportunità di ottenere dati ci siano, solo il 6% delle grandi e medio-grandi aziende nel nostro Paese possiede ad oggi un approccio realmente avanzato all’omnicanalità. Queste aziende sono caratterizzate principalmente da un responsabile unico, dei modelli organizzativi ben strutturati, un budget complessivo ben definito, un approccio evoluto alla misurazione degli impatti di tale strategia sul business aziendale, nonché da tecnologie adeguate a personalizzare l’esperienza cliente. All’opposto, si trova un 22% di aziende che sta muovendo i primi passi in questa direzione, iniziando a percepire l’esigenza e a definire gli obiettivi della strategia omnicanale.

Queste alcune delle evidenze emerse dalla sesta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano* e presentate all’evento “Omnichannel Customer Experience: alla ricerca della sinfonia vincente”.

La strategia di Omnichannel Customer Experience 

Se fino a qualche anno fa la trasformazione ‘cliente centrica’ e omnicanale costituiva un volano di differenziazione competitiva, il contesto pandemico prima e l’incertezza economica poi hanno innalzato la priorità del tema: investire nel dialogo con i propri acquirenti e assumere una prospettiva integrata significa permettere alle aziende di ridurre alcune inefficienze di processo e di avviare un circolo virtuoso con il cliente stesso” dichiara Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience “La trasformazione omnicanale è pervasiva e coinvolge l’intera organizzazione. Come in un’orchestra, tutte le funzioni e i processi aziendali (dal Marketing alla Logistica, dalla Produzione alle Vendite) devono suonare all’unisono, avendo come obiettivo il miglioramento dell’esperienza del cliente. Ciò richiede un forte commitment del vertice aziendale e, nella maggior parte dei casi, una profonda trasformazione organizzativa”.

Tra le grandi e medio-grandi aziende italiane si è giunti ormai a una buona consapevolezza riguardo la necessità di tale approccio. Il 75% circa delle imprese analizzate, infatti, ha intrapreso – seppur con differenti livelli di maturità – un percorso di trasformazione omnicanale. Tuttavia, in molti casi si è ancora lontani dalla meta. Nonostante, infatti, sia aumentata la consapevolezza e il coinvolgimento del vertice aziendale manca ancora un approccio chiaro e sistemico, basato su una roadmap definita volta a guidare il cambiamento in maniera strutturata e con una prospettiva di lungo periodo. Un chiaro sintomo di ciò è la limitata diffusione, ad esempio, di un “direttore d’orchestra”, ossia un unico responsabile per l’Omnichannel Customer Experience (OCX), presente solo nel 36% delle aziende del campione. Inoltre, pochissime aziende (15%) hanno stanziato un budget complessivo per la trasformazione omnicanale.

In questo momento storico il cliente chiede a gran voce di essere ascoltato e si aspetta di vivere delle esperienze sempre più fluide, personalizzate, coerenti e sinergiche. Circa il 60% delle esperienze che coinvolgono più di un canale (fisico e digitale) non soddisfa tuttavia queste aspettative. Infatti il consumatore giudica queste esperienze come non pienamente “sinfoniche”, ossia non possiedono almeno una delle caratteristiche  di fluidità, coerenza, personalizzazione e sinergia. Lavorare in questa direzione però ripaga: il 98% degli utenti Internet che ha vissuto esperienze interamente omnicanale, infatti, si dichiara pienamente soddisfatto.

La conoscenza del cliente alla base dell’omnicanalità 

La concreta implementazione della trasformazione omnicanale presuppone la progettazione di una chiara data strategy, quale pietra angolare di un dialogo coerente e personalizzato con la propria customer base. La maggioranza delle realtà analizzate si focalizza ancora esclusivamente su dati basici (come l’anagrafica o lo storico d’acquisto), mentre solo un gruppo ristretto (33%) gestisce dati più complessi in grado di abilitare una conoscenza più completa del cliente (come quelli provenienti da canali social, comportamentali o legati a feedback rilasciati). 

Per superare tale ostacolo è possibile sfruttare l’elevata propensione del consumatore online a condividere proprie informazioni a fronte di un vantaggio (87% dei casi). Infatti, solo il 13% degli utenti internet si dichiara sempre contrario alla condivisione del dato (il 10% delle nuove generazioni, circa 20% dei baby boomers), la restante parte lo farebbe a fronte di un pagamento o vantaggio economico (40%), meno pubblicità (26%), assistenza più celere (26%), accesso a servizi o contenuti di valore (25%).

Non è però sufficiente raccogliere informazioni: queste vanno integrate in logica di Single Customer View. Ad oggi solo il 20% delle realtà intervistate lavora in tale direzione includendo anche dati avanzati e ottenendo così una vista “ricca” sul singolo utente. 
Una volta raccolti e integrati i dati, la loro valorizzazione passa dalla capacità di analizzarli ed estrarne insight da “dare in pasto” alle funzioni che interagiscono con il cliente (marketing, vendite, customer care). Tuttavia si confermano ancora poche le realtà che riescono a compiere un ulteriore passo avanti rispetto alle più tradizionali analisi descrittive: il 36% delle organizzazioni ha sviluppato analisi predittive, in grado ad esempio di anticipare i bisogni dei propri clienti, e il 22% si è addirittura spinto fino ad analisi prescrittive, utili ad offrire suggerimenti per migliorare la relazione del cliente con l’azienda.

In questo scenario, le tecnologie adottate dalle aziende riflettono la situazione di luci e ombre finora descritta. La gran parte delle realtà utilizza ancora tool basici come fogli di calcolo e CRM tradizionali, e solo alcune (27%) hanno adottato strumenti evoluti come la Customer Data Platform, in grado di garantire una piena integrazione dei dati e di fornire una vista unica sul cliente.