Piste ciclabili a Milano: percezione della sicurezza e frustrazione collettiva
Piste ciclabili a Milano: percezione della sicurezza e frustrazione collettiva
Tra viabilità cittadina e piramide dei bisogni…
Si è parlato tanto nei giorni scorsi delle piste ciclabili tra Corso Monforte e le vie vicine, e del conseguente incrocio labirintico. Vedendo la notizia riportata su più pagine Instagram mi sono incuriosita e oltre che leggere i vari post e articoli a riguardo, sono andata a sbirciare la sezione commenti, cosa che faccio assai raramente, sempre un po’ intimorita da ciò che potrei trovare. E infatti i miei timori erano più che fondati. La quantità di rabbia, aggressività e odio contenuti in quei commenti a un primo sguardo è assolutamente sproporzionato al tema trattato. Si sta disquisendo di semplice urbanistica, di viabilità cittadina, come può un argomento del genere, quasi burocratico, infiammare così tanto le folle? Come può creare fazioni e schieramenti così opposti e nemici? Evidentemente la percezione da parte dei cittadini non è così semplice, evidentemente la questione solleva e richiama qualcosa di molto più profondo.
Ci tengo a iniziare il discorso con una premessa per me importante: ritengo che la costruzione di una città sicura per chiunque la percorra, su qualsiasi tipologia di mezzo, sia un requisito fondamentale per garantire una qualità della vita adeguata. Credo fortemente perciò che a Milano sia necessaria e obbligata la costruzione di una rete più uniforme e lineare di piste ciclabili, questo perché nonostante tutte le motivazioni ideologiche o prese di posizione delle varie parti coinvolte, penso che tutelare una minoranza sia sempre un atto dovuto, indipendentemente dalla forma di questa tutela.
Detto questo, mi sono interrogata tanto sul tema, che è sicuramente complesso, articolato e non privo di contraddizioni. Il motivo principale per il quale sui social troviamo polemiche così accese è a mio parere legato ai bisogni percepiti e non soddisfatti dei cittadini. Se parliamo dell’essere umano distaccato da un preciso contesto fisico, grazie agli studi di Maslow sappiamo molto bene quali sono i suoi bisogni, abbiamo uno schema piramidale a spiegarci chiaramente le motivazioni che spingono le persone ad agire attraverso determinate azioni. Abbiamo una scala di priorità, sappiamo cosa è più impellente e necessario, come ad esempio i bisogni fisiologici, e cosa invece in caso di emergenza diventa superfluo, come ad esempio il bisogno di stima o di autorealizzazione. Non abbiamo uno schema così preciso se si considerano i bisogni specifici di un cittadino metropolitano. Un essere che smette di essere “astratto” ma diventa concreto nel contesto in cui abita. Ponendo la questione viabilità in un contesto di pensiero come questo tutto acquisisce più senso. La frustrazione delle persone nasce da due fattori: c’è una discrepanza tra i bisogni percepiti come necessari dalla maggioranza di persone e i bisogni su cui si sta effettivamente lavorando.
il Comune in questi mesi sta promuovendo, finanziando e avviando progetti e campagne per rendere la città sempre più green ed ecosostenibile. Fin qui non ci sarebbe assolutamente nulla di sbagliato, in un’epoca in cui la crisi climatica è tema centrale e assolutamente urgente, ci sarebbe da essere felici e sollevati che la propria città agisca seriamente a riguardo, e invece queste iniziative stanno portando solamente malcontento. Questo perché purtroppo a Milano c’è un’altra tematica importante e urgente, la sicurezza. Basti guardare la quantità di video denuncia che circolano sul web riguardanti borseggi, risse, aggressioni. I cittadini milanesi non si sentono al sicuro, e soprattutto non si sentono ascoltati, richiamano più volte il Comune e il sindaco a porre attenzione e azione su tali questioni, ma la risposta è sempre respingente e svalutante. Ha senso quindi che i cittadini si ribellino a un focus così stringente su una questione rispetto che a un’altra. È come per la piramide di Maslow, se un bisogno fisiologico non viene per prima soddisfatto io mi sentirò frustato e arrabbiato se qualcuno mi propone la soluzione per un bisogno di realizzazione, questo non vuol dire che io non senta entrambi i bisogni, ma non sono interscambiabili, per soddisfare il secondo deve per forza essere soddisfatto il primo, altrimenti la mia frustrazione rimarrà invariata. Questo non comporta neanche un giudizio di valore rispetto a uno o l’altro bisogno, non è che i cittadini si interessano di più alla sicurezza perché è più giusto rispetto alla viabilità ecosostenibile, ma solamente perché lo sentono come il bisogno più urgente e necessario.
Il discorso non è però così semplice, poiché in una realtà grande come Milano, ogni azione, per quanto benevola nei piani porta a una quantità spropositata di contraddizioni e imprevisti. È abbastanza ovvio pensare che per i ciclisti, ad esempio, le tematiche di viabilità e sicurezza vadano di pari passo: le piste ciclabili non sono solamente un discorso di comodità o di incentivo a usare mezzi non inquinanti. Per loro piste ciclabili adatte e protette sono questione di vita o di morte, per loro è questo il bisogno fondamentale, percorrere il tragitto casa lavoro in maniera sicura, senza paura di doversi buttare in mezzo alla strada perché le macchine hanno deciso di usare la pista ciclabile come parcheggio, senza avere il timore che degli scooter o delle moto usino la loro corsia come espediente veloce per superare il traffico.
È anche vero però che costruire piste ciclabili in una città che non è pensata per questo tipo di mobilità comporta una riduzione delle carreggiate, con conseguente rallentamento del traffico e quindi di inquinamento. Porta a una riduzione dei posti disponibili per i parcheggi, il che comporta che le macchine girino per più tempo nelle stesse vie e in tondo, sprecando più carburante e di conseguenza anche qui, inquinando di più. Questo porta quindi indubbiamente dei disagi, per chi magari è “costretto” a muoversi in macchina date le lunghe distanze, per chi magari lavora nelle vie del centro facendo le consegne, a privati o negozianti, e avrebbe quindi la necessità di muoversi in maniera agile e veloce per poter svolgere al meglio il proprio lavoro.
Ed è così che tutti i bisogni e le necessità vanno a scontrarsi una addosso alle altre, generando rabbia e frustrazione.
Non è certo colpa dei singoli volere cose diverse, ma dovrebbero essere le istituzioni a trovare una soluzione generale, a mettere un ordine nelle priorità e coinvolgere i propri cittadini nel processo. Perché finché i cittadini non verranno ascoltati e presi in considerazione, faranno la guerra fra loro, tentando di far prevelare i propri bisogni rispetto a quelli altrui. Se si facesse invece un lavoro di sensibilizzazione, di pari passo alle iniziative pratiche per cambiare l’assetto della città questi cambiamenti verrebbero forse accolti e rispettati più facilmente, invece di essere osteggiati e criticati così tanto. Se, oltre a costruire piste ciclabili si spiegasse anche in maniera chiara e diretta quali sono i reali benefici, se si facessero pomeriggi o giornate per invogliare le persone a percorrere queste nuove strade in sella alle proprie bici, per provarne con mano la comodità, forse le persone sarebbero incuriosite da questa nuova possibilità di città.
Di Valentina Nizza