Il minimo perfetto

Intervista a Giovanni La Rosa

A seguito della retrospettiva “Giovanni La Rosa – Grammatica del Segno” allestita a Villa Mirabello a Varese ho avuto il piacere di incontrare Giovanni La Rosa nel suo studio a Varese e di scambiare con lui qualche parola sul suo percorso artistico. Giovanni La Rosa è artista riservato, definito “allergico al mercato” da Irene Caravita nel catalogo recentemente realizzato per la mostra, che grazie al lavoro da insegnante ha potuto dedicarsi liberamente alla sua arte senza le pressioni del mercato.
Artista riservato dicevamo ma non inconsapevole di cosa stesse accadendo nel mondo dell’arte e della cultura, e rimanere concentrato sul proprio fare non è stata una scelta dettata dall’indifferenza ma un passo ponderato e consapevole.
Nel corso di questa intervista ho voluto approfondire proprio il rapporto tra La Rosa, il contesto e le altre discipline che lungo gli oltre 50 anni di carriera si è sviluppato e modificato.

Ritratto Foto Giorgio Lotti, 2023

Christian Vittorio M. Garavello: Grazie per avermi ricevuto nel suo splendido studio. Osservando le sue opere ci si accorge immediatamente di un grande rigore, ci spiega come lavora, partendo dal concepimento dell’opera fino alla sua conclusione.

1 Giovanni La Rosa Risonanza di forme, Tecnica mista. cm 80×80. 1978

Giovanni La Rosa: Tutto nasce da un’idea che man mano mi chiarisco disegnando, devo fare un disegno che sia senza pentimenti. Poi preparo la tela. Eseguo un disegno, a mano libera, in scala 1:1 per evitare cancellature, altrimenti la gomma rischierebbe di sporcare la tela. Dopodiché, rigorosamente a mano libera e con pennini e china, traccio le linee cercando di andare il più dritto possibile, ma un minimo di incertezza, di tremolio, c’è sempre.

CVMG: Il segno realizzato, rigorosamente a mano in maniera ripetitiva con i tremolii, le incertezze e la fatica che esso comporta, cos’è per lei?

GLR: Per me è stato importante, e soddisfacente, recuperare una manualità, una concentrazione, che in certe forme dell’arte moderna si è persa. Fare qualcosa a regola d’arte si dice. Questa dimensione della manualità, del lavoro paziente e meditato è qualcosa che sento molto mio, è parte della mia indole, non sono mai stato un impulsivo. Sui quadri torno anche dopo averli conclusi, dopo circa un mese li riguardo e molto spesso li ritocco, ad esempio, aggiungo una campitura, rafforzo un segno. Ed è anche per questo motivo, ammetto, che mi dispiace venderli.
Non ricordo di aver mai passato un giorno senza disegnare, anche in vacanza al mare, facevo cartoline, oppure lavoravo tranquillamente nel mio studio, ma non abbandonavo mai la pratica del disegno.

Giovanni La Rosa Sequenze AD 25, Tecnica mista, cm 61×61. 1989

CVMG: Nel corso della sua lunga carriera ha sentito il bisogno di ridurre sempre di più, di lavorare sul tema della serialità e dunque della variazione. Ci spiega per lei che valore hanno la serie e la variazione, anche minima di un elemento nella composizione?

GLR: Per tanti motivi, uno su tutti, mostrare le numerosissime possibilità che ci sono con delle minime variazioni. Per esempio, nei quadri con 6×6, 5×5 riquadri, sono solo una parte ma potevo fare molte di più, perché il segno cambia anche in relazione alle condizioni fisiche nelle quali l’autore si trova.
Queste variazioni infinite, ad esempio una composizione fatta con un certo pennino, su una tela con una certa trama, questo lavoro sul minimo è alla base di una infinità di variazioni che trovavo estremamente entusiasmante, perchè continuando a scoprire delle cose e mi chiarivo le idee.
Come uno scrittore o un critico che lavorando si chiarisce le idee.

CVGM: Che rapporto ha avuto con la sperimentazione di nuove tecniche, tecnologie e materiali? Mi spiego meglio. Lei per tutta la sua carriera è rimasto legato alla china e alla tela bianca, però ha anche sperimentato diverse altre tecniche e materiali, cosa c’era che non la convinceva nelle altre tecniche?

GLR: Ricordo che molti critici, appena visti i miei lavori mi suggerivano di provare con l’incisione. Ho provato con vari artigiani ma i risultati non sono mai stati soddisfacenti. Un giorno il giovane collaboratore di un artigiano mi diede il consiglio di provare con la lastra di rame invece che con lo zinco. A quel punto mi si aprì un mondo di possibilità. Tuttavia ero inesperto nella tecnica e per acquisirla adeguatamente mi sarei dovuto fermare diversi anni per sperimentare materiali e tecniche in una bottega. Ci sono artisti che ottengono grandi risultati anche con tecniche d’incisione semplicissime, è un metodo corretto per ottenere quello che vogliono loro, ma non era il mio caso. Io volevo un segno finissimo e netto, preciso, con un certo colore e spessore, e dunque avrei dovuto sperimentare molto. Dunque ho lasciato perdere e ho proseguito con pennino e china, la mia tecnica.

 

CVMG: Lungo l’arco della sua carriera si sono susseguiti tantissimi movimenti, ideologie, correnti, tecnologie. Dall’Arte Povera alla Transavanguardia alla Video Arte e molti altri tra artisti e correnti. Lei è rimasto concentrato sulle sue ricerche, ci può spiegare come e se questo contesto ha influito sul suo fare arte?

Giovanni La Rosa STR AP 39, Tecnica mista, cm 60×60. 2020

GLR: Penso che si viva il momento anche inconsciamente, si percepiscono alcune ricerche, movimenti, ma nel mio caso, le mie ricerche presuppongono un lavoro come detto molto lungo lungo e diventava difficile stare dietro a tutto. Mentre facevo un lavoro, pensavo già al successivo perchè trovavo ispirazioni nuove, per esempio c’è stato un periodo nel quale ero molto interessato alla sezione aurea di un quadrato. Tornando alla questione dell’ispirazione devo ammettere che non ci credo molto, in senso romantico, credo molto invece nel lavoro, nell’avere in mente cosa si vuole fare e sul lavorarci. Ho sempre pensato l’artista come un lavoratore, ad esempio Duchamp ha fatto diverse cose estremamente importanti e ha avuto il coraggio di fermarsi a differenza di altri che hanno fatto troppo.
Ora avrei bisogno di un’altra vita per approfondire molte cose e molti pensieri, tuttavia, sento la necessità di rifugiarmi nella sicurezza della geometria, nella sicurezza del lavoro, il minimo perfetto, assolutamente perfetto. Opere frutto di un lavoro di una riflessione su un’idea e questo si vede molto bene in quello che faccio, impropriamente alla ricerca di una verità anche piccola, che non è facile, “chi sono io?” “da dove vengo?” “cosa faccio?” “alfa e omega” tornando, in pratica, alle grandi questioni che sono semplicissime ma sconvolgenti e sono da sempre con noi.

CVMG: Che rapporto aveva con le altre discipline, per esempio architettura, fotografia, grafica, moda, scultura? Come dialogavano con il suo lavoro?

Giovanni La Rosa STR 3B, tecnica mista, cm 60×60, 2020

GLR: Quello dipende molto anche dalle contingenze, ricordo che da giovane studente d’arte lavoravo per l’ufficio pubblicitario di una grande ditta di abbigliamento, feci disegni per scenografie, illustrazioni per bambini, decorazioni murarie. Ricordo, ad esempio, che durante la fiera del Mediterraneo guadagnavo discrete somme perché collaboravo con alcune aziende per le grafiche degli stand.
Facendo un  confronto con l’oggi dico che un artista in questi ultimi decenni può morire di fame, nell’ottocento per esempio l’artista non moriva di fame. L’artista artigiano poteva decorare una chiesa, una residenza, aveva lavoro anche se non era un genio. Quindi anche senza essere un gigante come Tiepolo, un artista avrebbe comunque potuto lavorare, basti guardare le decorazioni anonime di alcune chiese, lasciano a bocca aperta e sono artisti minori o addirittura degli anonimi.
Un tempo gli artisti erano bravissimi tecnicamente, ricordo di aver avuto professori eccelsi dal punto di vista tecnico, ma poco aggiornati sulla scena artistica a loro contemporanea.

Giovanni La Rosa Sequenze A2, tecnica mista, cm 70×70, 1992.

CVMG: Lei, nel corso della sua carriera, ha fatto delle sculture e alcuni suoi disegni potrebbero ricordare delle architettura. Che rapporto ha con lo spazio e con l’architettura?

GLR: è una cosa che mi ha interessato molto, anche perchè ho studiato scultura, plastica. Quello che ho notato è che nelle città ci sono degli angoli tristi disadorni, bisognerebbe intervenire con qualcosa per riqualificare lo spazio. Credo che un’intervento artistico potrebbe dare qualità a certi contesti. Ecco ho realizzato alcuni bozzetti ma non ho approfondito il discorso.

CVMG: Grazie infinite per il suo tempo, è stato un piacere chiacchierare con lei.

GLR: Ma si figuri, è stato un piacere

 

A cura di Christian Vittorio M. Garavello