Perdere la marmellata: quello che fa male di una storia andata storta
La marmellata e la perdita della routine: i dolori del giovane Cremonini
Che cosa ci fa soffrire in una relazione finita? La mancanza di una persona e la perdite di una lunga serie di abitudini…
Nella vita ci sono quattro certezze: un partito di sinistra neoformato ha vita più breve di una farfalla (ciao Leu, ti perdoniamo per averci provato); il ritardo del treno è direttamente proporzionale alla tua fretta (Ritardo = Stanchezza*Fretta); se tifi Inter vivi tra due poli opposti fatto di gioie immense (poche) e domande esistenziali che ti tormentano e ti fanno svegliare nel cuore della notte come “perché abbiamo comprato Schelotto?”. La quarta certezza della vita è che l’amore fa male, come non trovare più la marmellata di Cremonini.
Si, l’amore fa male, come se ne sono resi conto cantanti, poeti, autori e tutti gli altri. Dalla sofferenza di Dante per Beatrice, passando per la tormentata passione di Leopardi per Silvia, l’amore elegante tra Checco Zalone e la sua Angela, fino ad Ariete e le sue malinconiche canzoni. Nessuno può sfuggire al dolore da rottura.
Ogni volta in cui ti penso mangio chili di marmellata
Quella che mi nascondevi tu
L’ho trovata
Ma che cosa ci fa soffrire nella fine di una relazione, oltre alla mancanza dell’altra persona e la sensazione che qualcosa si sia rotto irrimediabilmente? La perdita di una parte di noi stessi, i piccoli cambiamenti nella routine quotidiana. Mesi, anni di abitudini che sono andate a consolidarsi nel tempo, diventando per noi naturali come l’aria che si respira. La telefonata in pausa pranzo, le cene fuori con qualcuno che conosce te e i tuoi difetti, permettendoti di essere te stesso (un simil cinghiale con apparato digerente senza fondo che tritura talmente tanti piatti al minuto tanto da valutarne l’utilizzo in sostituzione degli inceneritori perché ecosostenibile e più efficace) anche in un AYCE.
La routine, dunque, le piccole cose certe che si realizzano spontaneamente, come se fossero ormai intrinseche nella nostra memoria emotiva, figlie di una conoscenza profonda che svaniscono in un attimo, in una notte d’estate magari, dopo ore di lacrime, parole dette, non dette e addii inespressi. Dal vivo, da lontano, in macchina. Il dolore a posteriori, quando non riconosci più quel volto come qualcosa di familiare. A volte funziona, altre no. Perché questo è la memoria emotiva: una versione interiore della memoria muscolare.
Proprio lì dove ti ho incontrata
Non ci sei più
Che cosa ci manca? La marmellata.
Che cosa ci manca, quindi? La marmellata cercata e non trovata. La marmellata, il nostro vizio proibito, un’abitudine malsana, un difetto. Si, perché quando sei in una relazione tendi a cambiare, a mutare il tuo carattere, cercando di amalgamarlo su quello dell’altra persona. Non è un cambiamento volontario, ma una reazione spontanea, l’inconscia ricerca del compromesso, la base di ogni relazione duratura.
Tu cambi per lei/lui, non metti più quel maglione a righe fucsia e viola che lui odia, cerchi di non mangiarti le unghia perché a lei dà fastidio, cominci a interessarti al calcio (fingi addirittura di comprendere come lui possa trovare guardabile “Cervia-Puzzonese”, match di metà classifica di Serie…dove i puntini di sospensione stanno per una lettera qualsiasi dell’alfabeto aramaico) mentre in realtà muori dentro, la accompagni per negozi (passando del tempo legato fuori con i mariti che ti fissano con lo sguardo di un cane in gabbia, facendoti capire come la vita sia fatta di sofferenze. E andare da Zara il sabato pomeriggio potrebbe essere paragonabile a un crimine contro l’umanità), fai la ceretta più spesso (contro i principi morali dell’inverno), ti fai la doccia anche quando “non sei sudato”. Insomma, muti anche inconsapevolmente.
Ci sono le tue carte, il tuo profumo è ancora in questa casa
E proprio lì, dove ti ho immaginata
C’eri tu!
I vizi, i difetti, le nostre abitudini che cerchiamo costantemente di eliminare, ridurre, nascondere, ma che tornano prepotentemente alla ribalta al termine, quando la fiamma, il motivo della dissimulazione, va spegnendosi. Il controllore non c’è e tu torni a mangiare schifezze, a mischiare carne e pesce, a bere birre come una pozione della buonanotte. Esci tutte le sere o resti in casa fino a quando i tuoi amici/parenti/vicini di casa non chiamano l’azienda dei rifiuti convinti che dentro ci sia una discarica abusiva.
La marmellata che ritroviamo a volte è questo: la parte peggiore di noi che torna dall’oltretomba a tormentarci, prepotente, per dirci che “chi nasce tondo non può morire quadro”.
Non sempre finisce così, altre volte, quando l’altra persona ti tocca dentro così a lungo, una parte di noi stessi cambia davvero, facciamo un passo oltre il nascondere difetti. Mettiamo da parte il nostro orgoglio e il nostro vizio inconfessabile, dopo una prima fase di ordinario squilibrio.
E allora, in questi casi, che cos’è la marmellata nascosta e poi ritrovata? È l’ultimo barlume di lei, la dimostrazione che c’è stata e mangiare la marmellata è il tributo che offri in pegno alla vostra relazione. Un ultimo addio in un cucchiaino. Dolce e dolorosa come ogni finale che si rispetti oppure senza zucchero, amara, come la vita.
Ogni volta in cui ti penso mangio chili di marmellata
Quella che mi nascondevi tu
L’ho trovata
Per Cesare Cremonini la marmellata, per altri una degustazione di birra. E per voi?