In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

Pensieri liberi a pochi giorni dalla partenza del torneo più prestigioso del calendario. L’esclusione di russi e bielorussi, l’ATP che risponde togliendo ai championships i punti-classifica; gli organizzatori che alzano il montepremi. Sullo sfondo, i giocatori. Soprattutto uno, gentleman Matteo.

Matteo è stato via. Per 84 giorni. Sul cemento di Indian Wells a marzo ha dovuto ritirarsi al cospetto di Kecmanovic. Il dolore alla mano destra imponeva una decisione drastica e tempestiva, e la soluzione poteva essere solo di tipo chirurgico.

E così è stato. Una corsa contro il tempo, un sacrificio necessario quello della intera stagione sulla terra rossa, compreso l’amatissimo torneo nella sua città, quegli Internazionali D’Italia al Foro Italico che attendono un vincitore italiano dal lontano 1976, quando a trionfare fu un altro romano, Adriano Panatta. Obbiettivo: rientrare in tempo per il circuito sul verde.

Italiano atipico Matteo. Interrompe la teoria di giocatori nostrani ancorati alle logiche del polveroso tennis su mattone tritato con i suoi rimbalzi alti e le rotazioni estreme, per adattarsi come un australiano agli happening sull’erba; ai rimbalzi bassi e irregolari, sfuggenti e traditori, agli scambi più corti e alle tentazioni di scendere a rete come un volleatore d’altri tempi. Persino alle atmosfere inglesi compassate, ai siparietti per divertire la platea britishanche fuori dal Regno Unito; come se lo spettatore del gioco sui prati fosse diverso, più propenso ad una inconscia allegria generata forse dall’ambiente agreste, dallo strawberry and cream che fa molto classy picnic.

Matteo è stato via. Strano destino, il suo. A ventitré anni nel 2019 finisce la stagione nella top ten; gioca la semifinale agli US Open venendo superato solamente da Nadal, e a fine anno si qualifica per le ATP Finals. Nel girone eliminatorio vince una partita, primo italiano di sempre a riuscirci.

Matteo Berrettini a Wimbledon

Ma il 2019 è anche l’anno di Jannik Sinner; il diciottenne altoatesino vince il Next Gen, una sorta di Masters tra i migliori giovanissimi del circuito. In molti, colleghi compresi, gli pronosticano un futuro da numero uno: “in prospettiva è più forte di Berrettini”, “dominerà il circuito”. E già che ci siamo, si parla anche di Lorenzo Musetti, classe 2002, un ragazzino che gioca con il tocco magico.

Matteo, appena festeggiato per i successi raggiunti, sembra già vecchio, ed in prospettiva superato dai due prodigiosi teenager. Ma non ci fa caso, forse anche perché sa che i due hanno più talento di lui; ma sa anche che la sua voglia di arrivare è tale da colmare ogni tipo di divario tecnico, ed è sufficientemente salda da continuare a parlare al suo sogno di gloria. E tre anni dopo, oggi, a pochi giorni dall’inizio di Wimbledon, può guardare con fiducia alle sei partite che lo separano dalla finale, traguardo da lui raggiunto l’anno scorso. Chi si era dimenticato di lui è servito.

L’otto di giugno rientra a Stoccarda; gioca quattro partite e vince il torneo; perde tre set, non pochi, manca ovviamente di continuità. Ma serve 65 ace e perde il servizio solo tre volte. Nella settimana seguente al prestigioso Queen’s di Londra perde un solo set e trionfa sommerso dall’affetto dei Londoners; nel discorso del vincitore parla dell’operazione alla mano e sorride dicendo “a noi italiani piace lamentarci un po’” tra le risate del pubblico che ama the italians purchè gli vengano raccontati attraverso i cliché più triti e rassicuranti. Poi fa i complimenti per la carriera a Sue Barker, sessantaseienne ex giocatrice e giornalista alla BBC prossima alla pensione. “Such a nice guy”, dirà poi la signora.

Wimbledon

Romano come Nicola Pietrangeli e come Adriano Panatta, i due più forti connazionali. Ma senza l’atteggiamento spavaldo e mattacchione del primo, e la simpatia e la verve polemica del secondo. Senza il loro braccio d’oro forse, ma con una dedizione maggiore al sacrificio.

Tecnicamente il suo feeling con l’erba si spiega con il suo ottimo rovescio slice, ossia portato con movimento dall’alto verso il basso; in questo modo il suo colpo meno forte, il rovescio appunto, diventa un’arma in più, potendo contare sull’esecuzione tagliata, che produce un rimbalzo molto basso e mette sulla difensiva l’avversario. Sui campi erbosi picchiare forte è meno importante che non imprimere effetti che, complice la superficie, rendono il colpo difficilmente controllabile al contendente.

​IL TORNEO

Al momento in cui scriviamo sono già state sorteggiate le prime sedici teste di serie. Assente il numero uno del mondo Daniil Medvedev, gli inglesi hanno saggiamente messo come primi due favoriti Djokovic e Nadal, dividendone i percorsi fino a non prima della finale. In questo Wimbledon è già meglio di Parigi.

Come tre e quattro ci sono invece due giocatori di valore ma non amanti dell’erba: Casper Ruud e Stefanos Tsitsipas: il primo non ha mai vinto una sola partita a Londra, il secondo ha raggiunto una volta gli ottavi nel 2018, per poi raccogliere solo delusioni. Il numero cinque di Carlos Alcaraz pare un azzardo per il giovane spagnolo, di sicuro avvenire ma per cui il verde è ancora un’incognita.

Il successivo tris appare meglio equipaggiato per i prati: Felix Auger-Aliassime, Hubert Hurkacz, vincitore domenica scorsa a Halle, e infine Matteo nostro. Ritengo assurdo porre sul terzo scranno lo spaesato Ruud e all’ottavo Berrettini, per puro ossequio alla classifica generale; si comprende bene l’importanza del ranking, ma la brevità della stagione verde e le peculiarità del suo gioco potrebbero meritare graduatorie avulse, che in qualche modo premino maggiormente stato di forma del momento e risultati ottenuti on grass.

Come è noto, il triste scenario della guerra in Ucraina ha portato gli organizzatori ad escludere tennisti russi e bielorussi. L’associazione dei giocatori per rappresaglia ha tolto i punti destinati ai partecipanti, con la conseguenza che chi è andato bene l’anno scorso, ora perderà quel punteggio e non lo rimpiazzerà nemmeno vincendo. È il caso, tra gli altri, di Berrettini.

Gli organizzatori hanno deciso di alzare il montepremi, per mettersi al riparo da eventuali boicottaggi per solidarietà da parte di altri giocatori: dai 35 milioni complessivi del 2021 si passa ai 40 del 2022, due milioni a testa per i vincitori dei singolari. Roba da ricchissimi.

A prescindere dai soldi, noi guarderemmo il tennis di Church Road anche senza montepremi, spalti e raccattapalle, che è poi il torneo delle prime edizioni centocinquanta anni fa, quando partecipavano solo inglesi vestiti come dei dandy nel pieno dei loro pomeriggi ricreativi.

Altri tempi, stesso fascino. Signore e signori, Wimbledon.

di Danilo Gori

Roland Garros: Rafa Nadal, la leggenda dell’uomo straordinario

Roland Garros: Rafa Nadal, la leggenda dell’uomo straordinario

Roland Garros: Rafa Nadal, la leggenda dell’uomo straordinario

Nella Parigi della Rivoluzione Rafa XIV restaura le antiche gerarchie; Djokovic battuto nei quarti in quattro set, Zverev si infortuna seriamente in semifinale. Tra le donne Iga Swiatek stravince e allunga la serie positiva a 35 incontri. Martina Trevisan splendida semifinalista.

Alla fine è andata così, come altre tredici volte in precedenza. Ha vinto Rafael Nadal; è difficile trovare nuove parole per definire le sue imprese. Quante volte ha ribaltato partite che sembravano finite, quante volte ha sostenuto la squadra di Coppa Davis per sospingerla al traguardo; quante volte ha stretto i denti per far suo l’ultimo punto di un torneo, non ascoltando i segnali delle sue ginocchia scricchiolanti. E con quale professionalità si è presentato in questi anni su ogni campo da tennis, giocasse un’esibizione o la finale di Wimbledon, dimostrando profondo rispetto per pubblico e avversari.

Forse non piace a tutti, ma a chi riesce? Forse qualcuno storce il naso davanti al suo gioco, ma chi lo definisce pallettaro è completamente fuori strada: straordinario esempio di tennis di pressione, è anche in possesso di un tocco assai delicato, e le volte in cui lo ha dimostrato ormai non si contano. Furore agonistico sì, ma anche la capacità di riconoscere con squisita sportività le qualità e, quando accade, la superiorità del suo avversario. Le rivalità con Djokovic e Federer sono già ora nella storia dello sport. Ha vinto anche su un tabellone pazzo, che lo ha costretto nei quarti ad incontrare Novak ed in semifinale Zverev. È stato fantastico, una volta di più.

Alexander Zverev © TENNIS PHOTO NETWORK

Tra le donne Iga Swiatek si impone dominando alla maniera di Steffi Graf un torneo che ha fotografato il momento del circuito femminile. Ha perso 29 game e un solo set, al tie-break, per poi vincere 60 62 la partita. Con la finale è arrivata a 35 vittorie consecutive. Non c’è al momento alcuna avversaria che possa tenerle testa; come dicevo nell’articolo sul torneo di Madrid alcune settimane orsono, il livellamento generale non permette ad alcuna giocatrice di staccarsi dal gruppo per continuità. Chi vince o si distingue per qualche settimana sembra dover pagare pegno per lo sforzo fisico e mentale, e subisce un calo dei risultati che la ricolloca nel plotone delle inseguitrici.

Quarti, semifinali e finale hanno avuto perlopiù punteggi schiaccianti, a detrimento quindi anche dell’equilibrio delle forze in campo. Insomma, gioco monotono e poche emozioni: si sapeva già chi avrebbe vinto in troppe partite. La direttrice del torneo Amelie Mauresmo, ex numero uno del mondo con due titoli Slam in bacheca, ha dichiarato alla stampa le proprie difficoltà nel selezionare incontri femminili interessanti da programmare per le sessioni serali sul Campo Centrale.

È un momento così, che però è iniziato qualche anno fa; trovare un antagonista alla polacca permetterebbe almeno di proporre una grande rivalità. Vediamo come andranno le cose sull’erba, superficie sulla quale lga non ha mai vinto nulla.

TORNEO MASCHILE

Negli ottavi ci sono tutti i migliori otto, ma due di loro cadono: il campione di Montecarlo Stefanos Tsitsipas viene prosciugato (come egli stesso dirà) dal giovanissimo (19) danese Holger Rune, mentre il numero due Daniil Medvedev vince solo sette game con il croato Marin Cilic. Nadal vince un match memorabile con Auger-Aliassime, ottenendo il break decisivo nell’ottavo gioco del quinto set.

Nei quarti Ruud ferma la bella corsa di Rune e Cilic seppellisce sotto 33 ace la testa di serie numero sette Rublev in un match che si chiude al tie-break del quinto set. Nei due quarti di finale super Zverev boccia (per ora) Alcaraz all’esame del tre su cinque: vince per 64 i primi due set servendo come un ossesso, perde il terzo con lo stesso punteggio ma nel quarto sta servendo per vincere sul 5 a 4. E cede il servizio. In un tie-break al cardiopalmo il tedesco annulla un setpoint e chiude per 9 a 7.

Nella sfida più importante Nadal batte a sorpresa Djokovic. Non è stato il migliore tra i loro incontri; il serbo non è sembrato lucido come riesce ad essere di solito, e Nadal lo ha pressato dalla prima all’ultima palla. Il match è durato oltre quattro ore e lo spagnolo è stato criticato (insieme con il giudice di sedia) per il troppo tempo intercorso tra un servizio e l’altro. Djokovic al termine ha signorilmente glissato sulla faccenda, complimentandosi con Rafa: ora lo head to head è 30 a 29 per Novak.

Novak Djokovic

In semifinale Ruud si sbarazza di Cilic, mentre Nadal e Zverev avviano una battaglia in altalena continua: il tedesco annulla tre setpoint nel decimo gioco, e nel tie-break se ne procura quattro consecutivi. Nadal li cancella, il terzo con un passante di dritto strettissimo in corsa, a mio giudizio il punto più bello dell’intera competizione. Lo spagnolo si procura altre tre palle per il set, e l’ultima è quella giusta. La qualità del gioco è incredibile, la terra rossa sembra importata dal pianeta Marte insieme con i due marziani che vi scivolano sopra.

Nel secondo salta la regola del servizio e i contendenti arrivano al tie-break con otto break su dodici giochi. Purtroppo, nell’ultimo scambio Zverev atterra malissimo sulla caviglia destra e cade urlando di dolore. Non può continuare e Nadal entra in finale risparmiando parecchie energie. Peccato per il tedesco ovviamente, ma anche per quella che sembrava essere la partita più bella del torneo.

In finale Ruud non riesce mai a fare male con il servizio, e Rafa vince 63 63 60; Parigi esulta, ha sostenuto il maiorchino dalla prima all’ultima palla. È il loro eroe, e se lo merita.

TORNEO FEMMINILE

Negli ottavi la Swiatek, unica presente tra le prime dieci favorite, perde l’unico set del suo torneo, contro la cinese Zheng, che nel corso del match chiederà anche l’assistenza del medico per la schiena. Nei quarti la statunitense Coco Gauff vince il derby coloured con la connazionale Sloane Stephens, campionessa a New York nel 2017; Iga supera Jessica Pegula, e cade così anche l’undicesima del seeding. Le semifinali sono rapide: la numero uno supera Daria Kasatkina, che aveva eliminato Camila Giorgi, e Gauff batte Martina Trevisan. Le due giocatrici sconfitte raccolgono insieme la miseria di sette game.

Iga Swiatek

In finale Gauff ne vince quattro, riuscendo a strappare comunque applausi per il suo gioco e per alcune brillanti soluzioni che lasciano trasparire un talento indiscutibile. Ma non sufficiente. Ha solo diciotto anni e a sedici ha raggiunto gli ottavi a Wimbledon; auguriamole di continuare a crescere come tecnica e continuità. Nel discorso della premiazione applausi per lei che si commuove e per la vincitrice che rivolge il pensiero finale al popolo ucraino: “stay strong”. Battimani e commozione generale.

GLI ITALIANI

Gli ottavi cominciano con il colpo di Martina Trevisan: la fiorentina supera la bielorussa Sasnovich 76 75, vincendo il game decisivo della prima frazione al quinto setpoint, dopo averne cancellato uno della sua avversaria. Il giorno dopo (lunedì) Camila Giorgi, fresca di impresa contro la Sabalenka, viene travolta dalla russa Daria Kasatkina per 62 62. Inizia male e, come non di rado le accade, non riesce (non vuole?) cercare variazioni tattiche per riaprire il match. Subito dopo la sconfitta sono tornate le critiche che la accompagnano da sempre sulla necessità di ingaggiare un coach più preparato del padre, che la segue da quando era junior. Di sicuro Camila ha i mezzi tecnici e fisici per primeggiare, ma di una campionessa non ha l’atteggiamento mentale, né la reale intenzione di migliorare: il suo gioco arrischiato, ogni volta alla ricerca del ritmo e della profondità, rimane uguale a sé stesso in ogni situazione di punteggio. In conferenza stampa dopo la scoppola subita, lo ha confermato dicendo “non ho nulla da imparare dalla mia avversaria”. Mah.

Jannik Sinner vince il primo set contro Rublev, poi perde il secondo e si ritira per un problema ad un ginocchio; dopo Roma, un altro forfait per il Nostro.

Nei quarti la Trevisan compie il proprio capolavoro: aggredisce da subito la giovane canadese Leylah Fernandez e vince 62 la prima frazione al quarto set point. Sul 5 a 4 si procura un matchpoint, che la nordamericana annulla con un dritto coraggioso. Al tie-break la spunta proprio Fernandez, ma nel terzo l’italiana cancella il ricordo dell’occasione mancata, vince i primi quattro giochi è chiude 63. Giovedì in semifinale non ne ha più, e deve arrendersi alla diciottenne (e diciotto del ranking) Coco Gauff.

Tre settimane splendide per lei, con la vittoria a Rabat e le semifinali a Parigi: grinta, ritmo, coraggio e sorriso: un mix di questi ingredienti è riuscito a portare in alto questa tennista, che in passato ha dovuto risolvere importanti problemi personali che, tra le altre cose, ne hanno rallentato la maturazione tennistica. Da lunedì entrerà nelle prime trenta del mondo, e sarà la numero uno italiana. “Sprecare il proprio talento, ecco la cosa più brutta” diceva Ben Affleck in Will Hunting: un rimprovero che Martina non dovrà mai muoversi.

Martina Trevisan e Coco Gauff

Lunedì comincia la stagione sull’erba, con Matteo Berrettini campione uscente a Stoccarda. Wimbledon ha bannato atleti russi e bielorussi, e l’ATP ha tolto al torneo i punti classifica per i giocatori. Qualcuno si riserva di decidere se andare o boicottare il torneo che, senza punti, diventa solo una (ricchissima) esibizione. Vedremo come andrà a fine giugno, nel frattempo buon tennis a tutti!

di Danilo Gori