Sostenibilità, cresce il mercato dei ciclomotori elettrici

Sostenibilità, cresce il mercato dei ciclomotori elettrici

Sostenibilità, cresce il mercato dei ciclomotori elettrici

Crescono le immatricolazioni al Sud, ciclomotori e scooter sempre più protagonisti in città. Exploit dei quadricicli con +74% sul 2021

Un mercato giovane, ma forte. Lo dimostra il solido +59% con cui ha chiuso il 2022. Le immatricolazioni di ciclomotori, scooter, moto e quadricicli a impatto zero in Italia continuano infatti a crescere e le due ruote elettriche si fanno strada nella mobilità urbana. Basta guardare al 2018, quando complessivamente il sell out faceva segnare poco più di 4.200 veicoli, per leggere nelle oltre 23.300 immatricolazioni dell’anno appena terminato il cammino di crescita di questo ambito della mobilità individuale. È quanto emerge dallo studio sull’andamento 2022 del mercato dei quadricicli e dei veicoli elettrici a due ruote presentato stamane a Milano da Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori).
Senza dimenticare la spinta favorevole degli incentivi all’acquisto e dell’avanzata delle opportunità di sharing, il 2022 registra un segno positivo in tutti i segmenti e conferma anche la predilezione dei privati all’utilizzo dei veicoli elettrici in città. Crescono infatti i ciclomotori (+53,3% con 5.904 mezzi messi su strada) e gli scooter (+56,9% e 9.896 veicoli immatricolati). Più contenuto, invece, l’incremento del segmento moto, che immatricola 540 pezzi e chiude a +7,5%. Infine, con 7.043 veicoli e una crescita del 74,1%, i quadricicli elettrici si rendono protagonisti di un vero e proprio exploit, confermandosi come una delle tendenze più nuove e interessanti dell’anno.

Per quanto riguarda invece la distribuzione sul territorio, Roma, Milano e Trento risultano rispettivamente le tre città con la più alta densità di veicoli elettrici, mentre sono Catania e Palermo le province dove il mercato è cresciuto maggiormente in termini percentuali negli ultimi due anni. Sud Italia che si conferma protagonista anche nell’incremento – sempre tra il 2020 e il 2022 – del mercato dei quadricicli con Palermo, Catania e Napoli, che salgono sul podio dei territori con le migliori performance. Torino è invece la città dove si è assisto alla maggiore crescita percentuale nel mercato moto, seguita da Firenze e Palermo, mentre Catania, Bergamo e Trento si prendono le prime tre posizioni per il segmento dei ciclomotori.
“Il nostro è il settore che cresce di più nell’ambito della mobilità elettrica, siamo di fronte a numeri significativi, che – ha commentato il presidente di ANCMA Paolo Magri – dicono molto anche della capacità delle aziende che rappresentiamo di produrre veicoli sempre più innovativi e fruibili. E che confermano l’importanza di continuare a sostenere questo ambito per fargli raggiungere quella maturità che merita non solo in termini percentuali. È un momento molto interessante per le due ruote: oggi l’elettrico è arrivato a rappresentare poco più dell’8% dell’intero mercato e affianca un’offerta termica complessiva sostenibile ed avanzata, che fa del nostro Paese il leader nella vendita e nella produzione in Europa”.

Sostenibilità: i danni della consegna a domicilio sull’ambiente

Sostenibilità: i danni della consegna a domicilio sull’ambiente

Sostenibilità: i danni della consegna a domicilio sull’ambiente

Sostenibilità, è allarme globale per il boom di emissioni causate dall’home delivery (+567% entro il 2050): per gli esperti la soluzione è l’elettrico che le riduce del 37%

L’ascesa dell’home delivery, sulla spinta anche delle prossime festività natalizie con la corsa ai regali, mette a rischio la salute del Pianeta. I veicoli che si occupano delle consegne dei pacchi a domicilio sono responsabili, oggi, del 3% delle emissioni globali di gas serra, ma, entro il 2050, secondo quanto svelato in un articolo del The Washington Post, l’impatto salirà al 17% (+567%) e, come spiegato dai dati della IEA International Energy Agency, il settore del trasporto merci è responsabile di un quinto delle emissioni globali di CO2, dietro solo al settore energetico. L’elettrico è la chiave per ridurre le emissioni di CO2 e ripulire l’aria delle aree urbane delle grandi metropoli, sempre più invase dalle consegne dei pacchi spediti dalle piattaforme di e-commerce e home delivery. Ed ecco che la soluzione migliore per rendere gli spostamenti dei corrieri più veloci, efficienti e sostenibili nei centri cittadini arriva dal processo di elettrificazione delle flotte per il trasporto delle merci. L’impiego di veicoli elettrici, come svelato dal report “Decarbonizzare i trasporti. Evidenze scientifiche e proposte di policy” del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, consente di ridurre del 37% le emissioni di CO2 rispetto ad un veicolo a combustione, anche quando si tenga conto delle maggiori emissioni che derivano dalla loro produzione. Già con l’attuale mix energetico, spiega un rapporto stilato da STEMI, struttura di esperti indipendenti istituita dall’ex ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile Enrico Giovannini pubblicato su Nature, la sostituzione dei veicoli a combustione interna, che oggi rappresentano oltre il 99% del trasporto stradale italiano, con veicoli elettrici porterebbe a una riduzione del 50% delle emissioni del trasporto stradale leggero. Addirittura, nel settore del trasporto pesante, i risparmi di CO2 e l’efficienza energetica del passaggio all’elettrico sono ancora più consistenti considerata la maggiore rilevanza della fase di utilizzo rispetto a produzione e fine vita: in questo caso le stime prevedono che, già oggi, un camion elettrico possa risparmiare fino al 70% delle emissioni sul ciclo di vita.

L’ultimo miglio rappresenta dunque un aspetto decisivo non solo per la catena di distribuzione, ma anche per il futuro della mobilità sostenibile: è necessario trovare un rimedio al traffico eccessivo e ridurre l’inquinamento, entrambi dovuti sempre più anche ai veicoli commerciali. LifeGate, grazie al supporto di Ford, ha deciso di approfondire le tematiche legate alla mobilità sostenibile in un educational digital talk nel quale un panel di esperti, composto da rappresentanti delle aziende e giornalisti, si è confrontato sulle soluzioni e sulle strategie migliori da proporre per un futuro dell’ultimo miglio sempre più green. “La sfida dell’ultimo miglio è tanto semplice quanto complicata e le aziende sono chiamate ad affrontare sfide di mobilità importanti – spiega Roberto Sposini, chief mobility editor di LifeGate – La crescita delle consegne legate alle transazioni online, la capillarità dei servizi estesi sull’intero territorio, senza compromessi di qualità e tempistiche, si combinano oggi con numerosi fattori di contesto che complicano la capacità di realizzare una performance di valore per tutti. Occorre dunque mettere in pratica azioni fondamentali per ridurre la congestione e l’inquinamento dei centri urbani, così da migliorare l’efficienza per le imprese e la qualità generale della vita di residenti e non. Questi sforzi hanno l’obiettivo di promuovere un modello di mobilità urbana che sia più sostenibile, green e sicuro, implementando nuove soluzioni di mobilità in grado di risolvere le criticità legate alla percorrenza dell’ultimo miglio”.

“Già oggi la quasi totalità delle aziende potrebbe essere pronta al passaggio all’elettrico, poiché l’autonomia di un veicolo come Ford E-Transit, o quella di E-Transit Custom che lanceremo il prossimo anno, copre, con largo margine, le necessità di trasporto di una giornata lavorativa tipo – dichiara Marco Buraglio, direttore veicoli commerciali Ford Italia. Le infrastrutture di ricarica pubblica, in questo scenario, diventano secondarie rispetto a quelle installate in rimessa o in deposito per la ricarica notturna. La questione è soprattutto culturale, ma la mentalità non è più un ostacolo quando l’imprenditore, con uno o più veicoli, comprende che l’elettrificazione e la connettività producono effetti particolarmente positivi sull’operatività e sulla produttività. L’elettrico sostituirà l’endotermico in un percorso graduale, che passa anche attraverso l’adozione dell’ibrido Plug-In come tecnologia-ponte. Ford ha già un orizzonte temporale: entro il 2030, due terzi dei veicoli commerciali Ford venduti in Europa saranno elettrici o ibridi plug-in, mentre nel 2035 ogni veicolo commerciale Ford venduto in Europa sarà elettrico”.

Ma i grandi centri urbani sono pronti a questa rivoluzione dei trasporti commerciali, guidata dalle flotte elettriche? In Europa, tra il 2019 e il 2022, il numero totale di LEZ (Low-Emission Zone) o aree a traffico limitato attive è aumentato del 40% e, secondo uno studio della coalizione europea CleanCitiesCampaign, entro il 2025 saranno oltre 500 le città europee ad avere attiva una zona a basse emissioni (+58% rispetto a giugno 2022). Molti centri urbani puntano, quindi, ad elettrificare la consegna delle merci migliorando così la qualità dell’aria, sempre più inquinata dai veicoli che attraversano i quartieri, diffondendo sostanze inquinanti e particolato e inoltre, facendo vedere ai cittadini il processo di elettrificazione dei trasporti, puntano a convincerli a prendere in considerazione, loro stessi, l’acquisto di un veicolo elettrico privato. Inoltre, in prospettiva, le aree a traffico limitato sono destinate a trasformarsi in ZEZ, all’interno delle quali non sarà più consentito l’uso di veicoli a combustione interna: tra il 2030 e il 2035 questa rivoluzione sarà realtà in quasi trenta città europee tra Paesi Bassi, Regno Unito, Francia e Scandinavia. E in Italia? Entro il 2030 è prevista la creazione di 35 zone a emissioni zero, off-limit per i veicoli a combustione, ma finora nessuna città italiana ha avviato gli interventi previsti.

Chi invece, in Europa, sta già facendo ingenti investimenti per elettrificare la propria flotta di veicoli per la consegna delle merci sono le grandi aziende della distribuzione, così come diversi costruttori del settore automotive hanno iniziato a proporre delle versioni elettriche per questo tipo di veicoli. All’estero, invece, sono i giganti della logistica ad aver investito per produrre veicoli commerciali leggeri e a basse emissioni.  Secondo un’analisi pubblicata dal Rocky Mountain Institute, organizzazione di ricerca sulla sostenibilità, entro il 2030 il 60% delle vendite di nuovi camion potrebbe essere elettrico portando così, entro il 2035, a un dimezzamento delle emissioni causate dall’industria degli autotrasporti.

I confronti sulle tematiche legate alla mobilità sostenibile (transizione energetica, cambiamenti climatici, qualità dell’aria, ultimo miglio e transizione elettrica) nel tentativo di provare a proporre delle soluzioni alle principali criticità sono stati i protagonisti di LifeGate talk, il format di educational digital talks promosso da LifeGate, con il supporto di Ford. Quattro appuntamenti, organizzati e promossi attraverso dei dibattiti in studio, alla presenza di un panel di prestigiosi ospiti, esperti di mobilità sostenibile, tra i quali figurano: Marco Alù Saffi, Head of Communication & Public Affairs for Italy, Greece e Edm markets Ford; Luca Zucconi, giornalista di Fleet magazine; Roberta Marsi, Sustainability manager Dhl Italia; Riccardo Miuccio, Lcv manager di Arval; Federico Vignolo, responsabile fleet management dell’azienda di servizi per le telecomunicazioni Sirti; Alessandro De Guglielmo, Adg mobility consulting; Mauro Guerrini, marketing e communication manager Bosch; Simone Molteni, direttore scientifico LifeGate & ad; Paolo Corazzon, meteorologo e divulgatore scientifico di 3BMeteo; Silvia Brini, area monitoraggio qualità dell’aria e climatologia operativa dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra); Silvia Bollani, coordinatrice test comparativi e inchieste di Altroconsumo; Marco Buraglio, direttore veicoli commerciali Ford Italia; Tommaso Perrone, giornalista e direttore responsabile delle testate giornalistiche di LifeGate; Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio di modellistica climatica e impatti dell’Enea; Lisa Casali, manager di Pool ambiente, pool per l’assicurazione e la riassicurazione della responsabilità per danni all’ambiente e Gerard Albertengo, ceo & founder Jojob, app di carpooling aziendale.      

L’architettura tra Europan 16 e il futuro: l’intervista agli architetti di LuMaa Lab

L’architettura tra Europan 16 e il futuro: l’intervista agli architetti di LuMaa Lab

L’architettura tra Europan 16 e il futuro: l’intervista agli architetti di LuMaa Lab

Un progetto vincente a Europan 16 e un futuro roseo (sempre tendente al green). In occasione della mostra ancora “on stage” all’ordine degli architetti di Como abbiamo intervistato Luca Luini e Riccardo Masiero di LuMaa Lab e Christian Vittorio Garavello, curatore della mostra. Tra presente, passato e futuro…

Tre ambiti (urbano, agricolo e naturalistico), sei interazioni diverse, un progetto che unisce un territorio complesso, come quello di Bitonto. Questo, detto con parole troppo povere che arricchiremo in queste righe, è il progetto vincitore di Europan 16, realizzato da Luca Luini e Riccardo Masiero dello studio LuMaa Lab e che in questo momento è esposto all’ordine degli architetti di Como in una mostra curata da Christian Vittorio Garavello.

Da sinistra a destra: Riccardo Masiero e Luca Luini, i fondatori di Lumaa Lab.

Un progetto che ridisegna come centro culturale quelli che nel tempo erano diventati luoghi emarginati, mantenendo al centro un concetto chiaro e diventato sempre più trait d’union del pensiero globale: la sostenibilità. Un must, ma anche una necessità.
Europan è un programma europeo di concorsi di Architettura, tra i più importanti a livello internazionale, per giovani architetti di tutto il mondo che si articola coinvolgendo più siti in svariati paesi dell’Unione Europea”, ci ha spiegato Garavello. “Inoltre è una grande possibilità di riflessione, dibattito e trasformazione che investe varie scale e vari attori del territorio”.

EUROPAN
Quanto e perché è importante un’iniziativa come Europan?
Europan – ci spiegano gli architetti di LuMaa Lab – da la possibilità a giovani professionisti di confrontarsi con un’organizzazione che da un lato agisce fortemente per l’implementazione dei progetti vincitori da una fase concorsuale a una realizzativa, dall’altro lato ponendo come centrale un accrescimento del dibattito teorico sui temi specifici di ogni edizioni che riguardano la città e il paesaggio europeo, nel caso della sedicesima edizione le “Living Cities”. Altro importante presupposto ha a che fare con la ricerca dello scambio e della proliferazione di idee tra progettisti, città , studiosi e cittadini di diverse nazioni europee, che hanno la possibilità di creare connessioni e riflessioni oltre i propri confini nazionali”.

Come ben messo in evidenza da LuMaa Lab – ha aggiunto Garavello – Europan rappresenta un’occasione molto importante di ricerca, sperimentazione e confronto per i giovani progettisti che decidono di impegnarsi in un concorso di questa portata. Inoltre penso sia una grande opportunità anche per le amministrazioni, che si trovano a lavorare e confrontarsi con progetti di qualità alta”.

IL TEMA
Il tema generale di Europan 16 intendeva confrontarsi e dare risposte ad alcune sfide tremendamente attuali, dalla crisi climatica e di risorse fino all’inasprimento e alla nascita di nuove disuguaglianze.
“Le risposte –
hanno scritto in modo molto chiaro nel foglio di sala della mostra – si cercano in nuovi modi di concepire lo spazio in termini di scambio, relazione, e flusso tra sistemi dinamici definibili con i termini di Vitalità Metaboliche e Vitalità Inclusive. Queste due modalità di concepimento dei rapporti spaziali tendono a istituire sinergie natura – cultura e a prendere in considerazione luoghi emarginati ridando loro vita”.

Com’è nato il progetto?
Il progetto nasce dall’analisi del territorio del barese e di Bitonto, nel quale abbiamo intravisto nella Lama Balice l’elemento che avesse in sé la maggiore potenzialità in termini rigenerativi e con le maggiori ricadute sui piani cittadini. Studiando i meccanismi di funzionamento di questo ecosistema in relazione agli altri due principali ambiti (quello urbano e quello rurale) abbiamo dedotto tutte le possibili azioni e meccanismi che abbiamo riproposto a livello di visione generale e che abbiamo poi condensato nel disegno dello spazio aperto”.

È un progetto molto complesso che affronta molte questioni, sintetizzerei e raggrupperei in due grandi aree che necessariamente lavorano assieme: il metodo di lavoro e le scelte di rappresentazione”, ci spiega Christian Garavello.

Christian Vittorio M. Garavello, curatore della mostra.

Per quanto concerne il metodo: penso sia un progetto che si è posto nella posizione di capire i contesti d’intervento prima di agire, senza l’arroganza di imporre un proprio gesto autoreferenziale. È un progetto che è riuscito a capire come far dialogare i diversi ambiti naturalistico, urbano e agricolo e la sua forza è stata proprio quella di aver trovato la giusta misura per proporre la propria soluzione”.

Per la rappresentazione – prosegue – invece il discorso è analogo: come rappresentare i contenuti è un aspetto fondamentale e molto delicato. Si rischia di ottenere un risultato negativo se le informazioni sono confuse, sovraccariche di dati e graficismi. All’opposto, la rappresentazione delle proprie riflessioni può apparire troppo arida. LuMaa Lab ha fatto un importante lavoro di ricerca su questo aspetto, producendo elaborati che mettono in evidenza in maniera efficace la complessità dell’analisi e delle proposte. Proprio su questo aspetto con Margherita Mojoli ed Andrea Gerosa (presidente e consigliere dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Como, ndr.) abbiamo ritenuto che mostrare le tavole fosse indispensabile per far comprendere questo secondo aspetto”.

Credo che il punto di forza del nostro progetto sia stato di aver messo in relazione il territorio e le sue potenzialità latenti rispetto a un disegno dello spazio urbano che necessitava di una rigenerazione in chiave sostenibile. Fornendo per Bitonto sia una chiave di lettura del sistema naturalistico di Lama Balice, sia una rilettura dello spazio urbano che è ripensato in funzione di una città più vivibile e pedonale”, ha commentato Luini.

Quanto è “futuribile” il vostro progetto?
Il progetto di Learning from the lama è futuribile in quanto è stato concepito come strumento e punto di partenza per i piani di rigenerazione della città di Bitonto” ha spiegato Luini. “Alla scala territoriale si evidenziano alcune strategie che l’intera vasta area municipale può adottare in chiave di ripensamento degli ecosistemi, alla scala urbana invece il progetto prova a dare una visione per le piazze di Bitonto e delle sue frazioni coerente con le esigenze della municipalità e con la possibilità di elaborarlo ad una fase successiva”.

Una delle parole chiave del prossimo futuro è – e non può non essere, in un accenno involontariamente parmenideo  – la sostenibilità. Non solo una parola, ma un modo di pensare, industriale e architettonico, che dovrà riuscire a fare un passo “oltre” la difficoltà dell’uomo nel guardare al futuro senza pensare troppo all’oggi.
Come in tutti i settori economici e della vita umana l’epoca che ci si pone davanti esige un ripensamento nei meccanismi in cui si progetta. L’architettura e l’urbanistica sono già oggi tra i settori maggiormente impattanti la realtà fisica e la vita dell’uomo in senso lato. Il green, o preferibilmente la sostenibilità di un progetto in senso lato, (che può anche esulare dalla componente prettamente naturale), deve diventare elemento strutturale nel progetto”.
C’è molto da riflettere sul come Architettura ed Urbanistica, in ogni loro fase, debbano rispondere alle domande che il futuro pone all’oggi”, ha concluso Garavello. “Quindi, la progettazione sostenibile deve necessariamente essere una delle pietre angolari della pratica progettuale fin dalle primissime fasi.
Ciò che va scongiurato è la superficialità nell’approccio alla progettazione sostenibile. Non penso sia più possibile rimandare questo tipo di riflessione”.

La vittoria a Europan 16 è un punto di partenza. E il futuro?
Il gruppo di lavoro ha come obiettivo quello di continuare la propria ricerca nel campo architettonico e dell’urban design nel solco dell’esperienza di Europan, dal quale ovviamente abbiamo tratto un profondo arricchimento tematico e di esperienza”, hanno concluso gli architetti di LuMaa Lab.

A noi non resta che ringraziare per il tempo dedicatoci e invitare i nostri lettori ad andare a visitare la mostra all’ordine degli architetti di Como.

 

A cura di Francesco Inverso

IL PROGETTO
Il progetto vincitore di Europan 16 – Learning from the LAMA – ha affrontato queste delicate questioni intervenendo nelle città di Bitonto, Palombaio e Mariotto e analizzando il rapporto tra la LAMA Balice, lo spazio urbano e il paesaggio naturale.
La Lama Balice è uno dei canyon (le LAME) con larghezze e profondità variabili che caratterizzano il paesaggio tra il parco dell’alta Murgia e la città di Bari e presenta una varietà di flora e fauna notevole. Il punto focale è come questo ecosistema possa rapportarsi positivamente innescando processi migliorativi per gli ambiti urbano ed agricolo.

Lo studio dei meccanismi naturali esistenti nel Lama genera modelli di scambio che, se implementati e replicati, contribuiscono a rafforzare la biodiversità con ricadute positive in termini di qualità ambientale, vivibilità urbana e processi economici”.
In questo senso vengono individuati tre ambiti che devono essere messi in relazione reciproca per poter far fronte alle sfide brevemente elencate in apertura di testo.

Tre ambiti, come abbiamo accennato. La città (ambito urbano), ovvero Bitonto e i relativi borghi di Mariotto e Palombaio; la campagna (ambito agricolo), ossia la piana olivetana e la Lama Balice (ambito naturalistico), lo spazio della biodiversità.
Tre ambiti che hanno generato sei interazioni diverse, tra Lama e la città che lavora sulla gestione delle acque e della presenza del verde in città; tra la città e la campagna che punta l’attenzione sul turismo agricolo e sul miglioramento della produzione agricola;
infine tra Lama e campagna, che interviene sui bordi della Lama e sul rapporto tra Lama e campagna letto dal punto di vista di una miglioria dei rapporti reciproci tra i due ecosistemi.

Il dramma dello spreco alimentare sotto le feste natalizie: come ridurlo?

Il dramma dello spreco alimentare sotto le feste natalizie: come ridurlo?

Il dramma dello spreco alimentare sotto le feste natalizie: come ridurlo?

“Natale” è spesso sinonimo di “consumismo” e, purtroppo, anche di “spreco”. Nel corso di Restaurant for Future è emerso come il rispetto per l’ambiente debba diventare prioritario, anche quando ci sediamo a tavola al ristorante.

Come ogni anno con l’arrivo delle festività, torniamo a parlare della problematica degli sprechi alimentari. Secondo il rapporto redatto da McKinsey, ogni anno nel mondo viene sprecato tra il 33 e il 40% del cibo totale, per un valore di circa 620 miliardi di euro. Un dato decisamente insostenibile, sia dal punto di vista umano ­– dal momento che sono 3,1 miliardi le persone in stato di insicurezza alimentare e 828 milioni quelle che soffrono la fame – sia ambientale – poiché lo spreco alimentare equivale a uno spreco di risorse e a un inutile consumo del suolo – sia economico.

Questo fenomeno si accentua in modo significativo a ridosso del periodo natalizio nel settore della ristorazione. Secondo uno studio, la maggior parte degli sprechi alimentari nel comparto avviene durante la fase di preparazione degli alimenti (45%), poco più di un terzo è riconducibile agli avanzi nei piatti dei clienti (34%) e il resto è dato dal deterioramento dei cibi (21%). Se consideriamo che in Italia esistono circa 220 mila ristoranti e pizzerie, appare chiaro quale quantitativo di cibo buttato via si possa raggiungere.

La responsabilità di tanto spreco è da attribuire soprattutto ai ristoratori e alla loro scarsa preparazione e sensibilità all’argomento. Per questo RistoBusiness, azienda che si occupa di formazione e consulenza per la ristorazione attiva su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con Crabiz, una delle più importanti realtà di consulenza aziendale in Italia, ha voluto lanciare una piattaforma formativa e consulenziale con l’evento Restaurant for Future, che, dopo il successo della prima edizione, tornerà nel novembre 2023. Nel corso dell’evento, dedicato alla formazione professionale per l’imprenditore e per il suo staff sul tema della sostenibilità economica, sociale e ambientale, è emerso chiaramente come ci sia bisogno di un cambio di passo, e come la sostenibilità debba essere messa al primo posto nelle strategie di sviluppo dei ristoranti.

Le feste natalizie sono da sempre un appuntamento focale per i ristoratori. – Spiega Emiliano Citi, Ceo e fondatore di RistoBusiness e Co-fondatore del progetto Restaurant for FutureSi accolgono ogni giorno centinaia di famiglie in cerca di svago e serenità dopo un periodo terribile come quello attraversato negli ultimi anni. Nonostante questo, non possiamo perdere di vista la salvaguardia dell’ambiente e l’enorme spreco alimentare che di solito accompagna i festeggiamenti. Imparare a gestire la dispensa, a dosare le porzioni, a fare la spesa in modo più efficiente, a creare un menù che punti su determinati ingredienti, sono i primi passi per ridurre lo spreco alimentare. Ma appare evidente che un simile cambiamento abbia bisogno di una formazione continua di tutto lo staff, che possa mantenersi sempre aggiornato, e di una maggiore e migliore cultura manageriale a monte”.

Comprendere l’importanza di investire nella sostenibilità, non solo per salvaguardare l’ambiente, ma anche come leva strategica della propria attività, può garantire un enorme vantaggio competitivo, dirottando su di sé la scelta di moltissimi clienti. Come emerso nel corso dell’evento, che si è tenuto lo scorso 16 novembre presso Fico Bologna, moltissime persone preferiscono andare a mangiare in locali che dichiarano apertamente di avere un impatto ambientale basso.

La lotta allo spreco passa anche dal progetto di certificazione di Restaurant for Future, che per la prima volta dà la possibilità alle imprese virtuose di misurare e rendere note le proprie eccellenze.

Non solo – prosegue Citi – l’obiettivo che ci siamo dati è rendere il percorso di certificazione e l’evento Restaurant for Future un nuovo standard di qualità, non solo a livello italiano, ma anche europeo. I consumatori e il pianeta ce lo chiedono a gran voce e gli imprenditori della ristorazione italiani hanno dimostrato di essere pronti ad abbracciare una vera lotta contro lo spreco alimentare e per la sostenibilità”.

Sostenibili ed eleganti: le nuove costruzioni in legno di Rubner Haus a Garmisch-Partenkirchen

Sostenibili ed eleganti: le nuove costruzioni in legno di Rubner Haus a Garmisch-Partenkirchen

Sostenibili ed eleganti: le nuove costruzioni in legno di Rubner Haus a Garmisch-Partenkirchen

Tradizione in stile contemporaneo, due architetture quasi identiche guardano alla montagna più alta della Germania dialogando con l’ambiente e le abitazioni intorno…

Nelle pittoresche vie del centro di Garmisch-Partenkirchen, splendida cittadina di montagna nel sud della Baviera, nel 1936 luogo d’elezione delle Olimpiadi invernali, sfilano case alpine tradizionali decorate con affreschi dai temi agricoli o religiosi, chiamati Lüftlmalerei, e punteggiate di balconi colmi di fiori. L’architettura tipica del luogo prevede case con il tetto a due falde e l’utilizzo spinto del legno. La bioedilizia di Rubner Haus ha trovato terreno fertile in questa zona che respira una grande armonia con la natura, dove l’ambiente è protetto in modo rigoroso anche e soprattutto quando si tratta di costruire nuove abitazioni.

Quando Hans-Peter Volkheimer, imprenditore di lunga esperienza nel settore immobiliare, ha deciso di costruire un edificio in una zona residenziale del paese, non ha avuto dubbi rispetto alla bioarchitettura. La priorità era non alterare in nessun modo la bellezza del paesaggio, interferendo con la visuale delle case circostanti ma, al contrario, adattarsi all’ambiente arricchendolo con nuova linfa architettonica e garantire una vista eccezionale anche ai residenti delle due nuove case. Ne è nato un progetto immobiliare rispettoso dell’ambiente, con un’architettura che riprendendo quella tradizionale introduce elementi innovativi e di contemporaneità.

L’idea iniziale del committente era quella di progettare un condominio con cinque appartamenti, ma il desiderio di una casa in legno massiccio ecocompatibile l’ha spinto a optare per due case distinte costruite senza utilizzo di colle o parti metalliche.

Due case quasi gemelle, complementari, combinano particolari antichi, come i barbacani di sostegno ai balconi, con tagli inediti per le finestre e grandi aperture al piano terra con portefinestre scorrevoli che trasformano il salotto, la sala da pranzo e il giardino in un tutt’uno di ampio respiro. Esposte a sud, le due case godono della luce del sole e del meraviglioso scenario montano. Il legno riveste parte delle pareti esterne, la cui metà inferiore è intonacata per conferire una sorta di leggerezza visiva all’edificio, ma domina anche gli interni: legni diversi con colori chiari e più scuri a seconda degli ambienti accentuano la luminosità già straordinaria che le ampie finestre assicurano ovunque.

Nel bagno al piano di sopra, il sole che entra dalle finestre asimmetriche disegna linee di luce sulle pareti di legno scuro. La sensazione di calore che emana dal legno delle pareti, dei soffitti, della cucina come degli arredi, pervade chi entra e abita questi spazi con un’accoglienza perfetta per queste altitudini.

Nate per essere vendute a chi ama profondamente la natura e uno stile di vita sostenibile, resteranno invece di proprietà di Volkheimer, che se ne è innamorato e non vuole cederle: “Sono le case più belle che io abbia costruito in 35 anni di attività. Non posso separarmene“.

Abitare in una casa in legno vuol dire recuperare un rapporto equilibrato con la natura. Il legno è il materiale più naturale e salubre possibile per la realizzazione di uno spazio di vita. Ecco perché le case Rubner utilizzano le varie componenti dell’albero: il legno, il sughero e la fibra di legno. Il sughero è un ottimo isolante naturale e, allo stesso tempo, è impermeabile all’acqua, resistente a fuoco, insetti nocivi e calore, traspirante e antimuffa. La fibra di legno è priva di additivi chimici, è fonoassorbente, mantiene a lungo il calore e ha una durata straordinaria.

Le pareti in legno Rubner non emettono nell’ambiente domestico composti chimici dannosi per la salute ed essendo traspiranti, garantiscono la naturale regolazione dell’umidità e un elevato livello di comfort bioclimatico all’interno dell’edificio. Con gran beneficio in ambito energetico: le case Rubner consumano il 20% di energia in meno rispetto a una casa di nuova costruzione in materiale tradizionale, il che comporta non solo un minor esborso di spese di riscaldamento e condizionamento, ma anche una riduzione del 20% delle emissioni di CO2 annuali.

Costruire in legno può ridurre della metà le emissioni di CO2 degli edifici. Durante la fotosintesi gli alberi assorbono il CO2, immagazzinano il carbonio e rilasciano l’ossigeno. Nelle foreste coltivate, come lo sono le foreste certificate PEFC, gli alberi vengono abbattuti prima che possano marcire e che l’anidride carbonica venga rilasciata nell’atmosfera. Ogni prodotto in legno è un serbatoio di stoccaggio di CO2: 1 m3 ne imprigiona circa 1 tonnellata. Un dato straordinario, se si pensa che un’auto di medie dimensioni rilascia circa 3,2 tonnellate di CO2 in un anno. Considerando anche che il materiale di costruzione per una casa in legno ricresce in soli 15 secondi di tempo