Dovizioso e il compleanno fuori dal paddock

Dovizioso e il compleanno fuori dal paddock

Dovizioso e il primo compleanno fuori dal paddock

Dovi compie 35 anni. Tra il regionale di motocross e i test con Aprilia, ecco il nostro augurio per il forlivese

Auguri ad Andrea Dovizioso, che oggi compie 35 anni! È il primo compleanno senza sella per il Dovi da quando corre nel motomondiale. Il forlivese, nel paddock dal 2001, non ha trovato un accordo soddisfacente per proseguire la sua avventura in MotoGP e quest’anno non parteciperà al mondiale. Un vero peccato per l’ex alfiere Ducati, che negli ultimi anni era riuscito ad ottenere risultati notevoli, concludendo per tre anni di fila al secondo posto dietro a un certo Marc Marquez, con cui ha dato vita a epiche battaglie all’ultima curva.

I risultati non sembrano, però, aver convinto la scuderia di Borgo Panigale, che ha deciso di rinnovare in toto il suo team ufficiale per la stagione 2021, complici i risultati deludenti della scorsa stagione. Il Dovi si è concesso un anno sabatico in cui dedicarsi alla sua altra grande passione a due ruote: il motocross. Il pilota ha deciso di prendere parte al campionato regionale emiliano di questa specialità, dimostrando come al solito grande umiltà e spirito di adattamento.

​Il test con Aprilia

É di pochi giorni fa la notizia che dà il pilota in sella all’Aprilia ufficiale dal 12 al 14 aprile sul circuito spagnolo di Jerez. Sembrerebbe che si sia trovato un primo accordo per poter sviluppare ulteriormente la moto, dopo gli ottimi risultati nei test tenutisi a Losail, in Qatar, nelle scorse settimane. Aprilia ha l’opportunità di collaborare con uno dei piloti in circolazione che ha guidato più moto del lotto, potendo attingere dall’esperienza di un professionista sensibile e meticoloso nello sviluppo come Dovizioso.

Dal canto suo Andrea potrebbe avere la possibilità di cominciare a guidare un anno prima la moto che userà l’anno prossimo, potendo così provare il materiale nuovo e indirizzare lo sviluppo della moto. Per ora di sicuri ci sono solo i test del prossimo aprile, che serviranno a Dovizioso per vedere se sboccerà o meno l’amore con la nuova moto e per valutare la potenzialità dell’intero pacchetto.

A noi non può fare altro che piacere l’idea di averlo ancora in pista e non vediamo l’ora di farci un’idea sulle potenzialità di questo nuovo binomio. La casa di Noale vuole fare il cambio di passo e portarsi al livello delle concorrenti, fino ad ora uno step avanti, conscia che Dovizioso è disposto a far parte di un progetto del genere solo a fronte di un certo impegno da parte di Aprilia: giocarsi il mondiale. Si fa sul serio.

Un compleanno all’insegna della rinascita per il forlivese, che passa da anno sabatico a una stagione che potrebbe dare inizio a una nuova sfida, vista la possibilità di partecipare come wild card ad alcuni gran premi (fino a sei secondo il regolamento della motogp) già quest’anno.

 

Nuova sfida vecchie rivalità

Negli ultimi giorni si ventila anche aria di rientro per Marc Marquez, rimasto fuori dai giri per un’intera stagione causa infortunio, che sembra aver finito finalmente il suo calvario. Ottime notizie per questo campionato che rischiava di perdere due grandi protagonisti, proprio quei due che prima dell’anno scorso ci avevano tenuto col fiato sospeso con l’intensità dei loro duelli e della loro rivalità, e che ora ci lasciano ben sperare per lo spettacolo che potrebbero dare con i loro scontri futuri.

Auguriamo un buon compleanno ad Andrea Dovizioso e ancor di più gli auguriamo buona fortuna per le prossime sfide che si troverà ad affrontare. Noi invece ci auguriamo di rivederlo il prima possibile in pista, convinti che il suo ruolo da protagonista in questo mondiale non sia ancora finito.

 

Mattia Caimi

Appassionato di moto in tutte le salse, é cresciuto leggendo i "Pensieri sporchi" del Ciaccia. Ama scrivere del mondo del motociclismo, fingendo di capirne qualcosa.

Gabriele Vacis per Filosofarti: l’importanza della Presenza

Gabriele Vacis per Filosofarti: l’importanza della Presenza

Gabriele Vacis per Filosofarti: l’importanza della Presenza e della Condivisione

Gabriele Vacis affronta i temi della Presenza e della Condivisione durante un meraviglioso webinar, citando esempi tratti dalla storia antica a quella contemporanea

Nulla sarà più come prima. Questo il monito che ha unito menti e cuori durante la pandemia.

Ora si arranca, si è esausti, le teste sono chine sotto il giogo della fatica.

Tutto tornerà come prima.
Perché la scritta sul vessillo che si è portato in battaglia è così diversa ora?

Ebbene Gabriele Vacis, architetto, regista teatrale di famose opere, tra cui Il racconto del Vajont, drammaturgo, docente presso la Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi a Milano, regala la propria risposta a tale quesito, catalizzando l’attenzione degli spettatori virtuali durante il webinar svoltosi lo scorso 5 marzo a cura dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Varese durante il Festival Filosofarti di Gallarate.

Secondo Vacis la rinnovata volontà di ritornare al come era prima deriverebbe dall’incapacità di vivere a contatto con ciò che invece c’è. L’incertezza getta in una dimensione di totale sconforto panico, davanti al quale si ricerca la sicurezza data dal noto, dal passato.

Data questa premessa è possibile riemergere dalle tenebre comprendendo quanto il Covid abbia evidenziato ciò che è veramente importante. Ciò che dapprima era dato per scontato.

Il Covid ha posto in rilievo l’importanza dell’essere presente. Hic et nunc. Il qui e ora di un insegnante che attira l’attenzione degli alunni, che li rende partecipi e immersi nella dimensione dell’ascolto reciproco e proattivo.

Lo stesso accade a teatro.

Il pubblico non è un’unità informe, ma un gruppo di spettatori che donano la propria presenza gli uni agli altri, che compartecipano al rito catartico del dramma e della scena. Del qui e ora.

L’essere presenti significa essere consapevoli, e Vacis intitola il proprio intervento Awareness-Post pandemia: città e spazi, tra sogno e realtà per evidenziare la dimensione non solo fisica, ma anche mentale che implica la dimensione della presenza e della condivisione.

Durante un periodo così complesso e portatore di un ribaltamento neuronale, una vera e propria rivoluzione di una concezione ben radicata, la ricerca della bellezza può risultare banale e superflua.

Ma lo è davvero? E quindi, giunti a questo punto, ci si potrebbe chiedere che cosa sia la bellezza.

Vacis, a tal proposito, mostra lo spezzone di un film da lui diretto nel 2008, Uno scampolo di Paradiso. In esso spicca la figura del Geometra Francesco Vacca, dalla cui mente e dalle cui mani nacquero innumerevoli palazzine che compongono tuttora lo skyline di Settimo Torinese.

Vacca non pronuncia mai la parola bellezza, nonostante gli sforzi di Vacis, ma elogia le costruzioni, la loro forma, la loro funzionalità. Ma che cos’è la città?

All’inizio degli anni Settanta, proprio mentre il Geometra Vacca costruiva forme di cemento e mattoni, qualcun altro erigeva città, di carta, di fumo e di fantasia: Italo Calvino.

L’autore, infatti, pubblica nel 1972 Le città invisibili, in cui si narra di come Marco Polo descriva le città che costellano l’impero immenso di Kublai Khan al Khan stesso, che non le ha mai visitate.

Il protagonista potrebbe delineare le costruzioni cittadine mediante le forme e i materiali, “ma non di questo è fatta la città, ma dalla distanza dal suolo di un lampione e i piedi di un usurpatore impiccato. […] Le città non sono fatte di mattoni, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato”.

La bellezza quindi, secondo Calvino e secondo Vacis, non sarebbe consustanziale alle forme, bensì alle relazioni tra le persone.

Quindi, di nuovo, come sarà il dopo?
Il dopo, una dimensione così sconosciuta e terrorizzante, può essere guidato e incanalato ad hoc mantenendo una mentalità aperta e consapevole, aprendo lo sguardo nello spazio e nel tempo.

Tornando quindi a Calvino e alle Città invisibili, vi è una città in particolare tra quelle descritte da Marco Polo, Eusapia, la quale vede la propria esatta copia sottoterra, luogo in cui i morti svolgono le attività che davano loro gioia in vita e che li rendevano – e li rendono- liberi di essere felici.

Ogni anno l’Eusapia dei morti cambia il proprio volto: lentamente vengono apportate innovazioni, frutto di riflessioni ben ponderate, non di un capriccio passeggero. Il cuore dell’Eusapia dei morti non palpita di tutto e subito, ma pensa a fondo, riflette, e agisce, goccia a goccia in modo costante, così che l’Eusapia dei vivi si modelli a sua immagine. Così il mondo dei vivi e dei morti, la terra della realtà e della fantasia si fondono.

Come sarà il dopo quindi?
Sarà ciò che si sceglierà di plasmare, pensando profondamente, senza la rapacità che serpeggia in questo tempo.

Rifacendosi a un ulteriore capolavoro della letteratura, Le affinità elettive di Goethe, Vacis pone un importante focus sul concetto di gratuità del progettare: l’esperienza di chi non vedrà il proprio progetto portato a termine e di cui non potrà fruire una volta terminato, ma proverà gioia nel donare tutto ciò ai posteri.

Potrebbe sembrare un concetto astratto, ma fermandosi e riflettendo si capirebbe come ogni giorno la gratuità del donare a chi non si conosce si realizzi, in grandi o piccoli progetti, che siano città o pensieri scritti nero su bianco.

Il dono è l’elemento che accumuna antropologicamente ogni comunità umana, ogni essere umano all’altro.

La bellezza sta nelle relazioni con gli altri si è detto, e l’apertura verso ciò che è altro da sé parte prima dall’essere presenti a se stessi, nel tempo e nello spazio, nella consapevolezza spirituale e concreta del proprio potere, e nel donarlo agli altri, essendo disponibili all’ascolto.

Tale apertura porta anche a quella gratuità del dare a chi non si potrà, forse, guardare negli occhi.

Ma come applicare ciò all’architettura?

Vacis conclude affermando che si sia troppo abituati a funzionalizzare gli spazi, a conferire loro una determinata mansione o compito, e lancia una provocazione, o spunto, in base ai punti di vista: cambiare radicalmente il modo di progettare.

Raccogliendo o meno il guanto di sfida lanciato, non si può tuttavia rimanere indifferenti alla concezione meravigliosa e affascinante di spazio come luogo di relazione e quindi di bellezza.

Il teatro ne è un esempio, in quanto forma nascente, dove si è presenti a se stessi, al proprio corpo e alla propria mente.

Luogo di catarsi e cura mediante l’apertura verso l’altro, come accadeva nell’antico teatro di Epidauro, un reparto ante litteram nel tempio di Asclepio, definibile forse come il primo ospedale nella storia.

Come si possono riassumere quindi i concetti di bellezza, di felicità, di domani? Complicato compito questo, ma forse una risposta esemplificativa potrebbe racchiudersi in un’iscrizione presente nell’affresco di Ambrogio Lorenzetti, Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo, che recita: Senza paura ogn’uom franco camini. Ecco il senso della città, delle relazioni, della dignità dell’uomo: la libertà di camminare a testa alta scoprendo se stesso passo dopo passo.

Si ringraziano infine gli organizzatori dell’evento sotto l’egida di Filosofarti, il festival di filosofia della provincia di Varese, il cui obiettivo è permettere a chiunque di confrontarsi con ogni sorta di speculazione e riflessione filosofica.

Ciò non implica la banalizzazione della disciplina, anzi: la si arricchisce coniugandola alle arti figurative, al teatro e al cinema.

Ogni anno il festival tratta un tema specifico, approfondito sia mediante lezioni magistrali tenute da ragguardevoli autori, sia per mezzo di laboratori e attività didattiche di vario genere, così da permettere a tutte le fasce d’età di fruire del sapere con mezzi sempre diversi.

 

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.