Il grande, irreprensibile Albertazzi: anima da palcoscenico

Il grande, irreprensibile Albertazzi: anima da palcoscenico

Il grande, irreprensibile Albertazzi: anima da palcoscenico

Una vita dedicata alla recitazione

L’incantesimo toscano è una magia che non si può raccontare. È la meraviglia che si respira nelle mattine di maggio, quando si sentono i fili d’erba canticchiare e gli uccellini giocare allegramente”.

Questa è la delicata descrizione di un’infanzia vissuta in una terra meravigliosa: la Toscana. Ma chi ha pronunciato tali parole?

Un meraviglioso animo, legato inscindibilmente al palcoscenico: Giorgio Albertazzi.

Giorgio Albertazzi, attore e regista teatrale italiano, nacque a Fiesole il 20 agosto 1923, presso la dépendance della Villa I Tatti di Bernard Berenson.

Il nonno lavorava come manovale nella tenuta e il piccolo Giorgio, con il fratello, si divertiva a osservare da un abbaino le statue bianche che si stagliavano nel giardino.

Ognuno ha il proprio luogo di riflessione, un luogo che è casa.

Giacomo Leopardi si lasciava cullare dal dolce colle dell’infinito a Recanati. Ecco… per Albertazzi quel luogo era i Tatti, il piccolo scrigno in cui si ricongiungeva con il sé più profondo.

Ma purtroppo la magia di quel luogo dovette essere abbandonata, per qualche tempo.

Il nostro, infatti, aderì alla Repubblica di Salò, durante la Seconda Guerra Mondiale, andando a ricoprire il grado di sottotenente nella 3ª Compagnia della “Legione Tagliamento.

Venne poi arrestato, a seguito della sconfitta dell’ R.S.I. nel 1945. L’accusa era duplice: collaborazionismo e l’aver comandato il plotone d’esecuzione del partigiano Ferruccio Manini.

Fu scarcerato nel 1947, a seguito dell’ “amnistia Togliatti” e prosciolto dal Tribunale di Milano nel 1948.

In tale contesto, si dichiarò innocente e non diede mai conferma della propria presenza nella 3ª Compagnia, 2º Plotone fucilieri del LXIII Battaglione “M”.

Così, terminato l’incubo della guerra, una vita ben più fulgida attendeva il giovane fiesolano.

Albertazzi, laureatosi in architettura, intraprese la carriera recitativa dapprima in fotoromanzi, poi in teatro, infine sul grande e piccolo schermo.

Il suo esordio nella neonata TV italiana risale al 1954, con Romeo e Giulietta, nel palinsesto del programma La prosa del venerdì.

La sua performance ebbe così tanto successo che l’attore inaugurò Appuntamento con la novella, divenuta una trasmissione fissa della TV italiana dall’anno seguente.

Shakespeare consacrò Albertazzi anche alla ribalta del palcoscenico, con la rappresentazione di Troilo e Cressida del 1949, con la regia di Luchino Visconti, presso il Maggio Musicale Fiorentino.

In seguito, collezionò innumerevoli successi nell’ambito della settima arte e del piccolo schermo. Tuttavia, di certo l’ambiente naturale di Albertazzi fu sempre il teatro, non solo da attore, ma anche in qualità di regista.

Un anno significativo per la carriera di Albertazzi fu il 1964: quattrocentesimo anniversario della nascita di Shakespeare.

Infatti, per l’occasione, esordì con Amleto, al teatro Old Vic di Londra, affiancato da Anna Proclemer e da Anna Maria Guarnieri, guidati dalla sapiente regia di Franco Zeffirelli.

Fonte immagine.

La rappresentazione fu un vero trionfo, tanto che l’attore ricevette una ragguardevole onorificenza: l’affissione della propria fotografia nella galleria dei maggiori interpreti shakespeariani, presso il Royal National Theatre.

Dal genio di Stratford-upon-Avon passò al Sommo Poeta, interpretando il Canto di Ulisse durante la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici Invernali di Torino, il 10 febbraio 2006.

Nel 2009, invece, recitò per Rai 2 una pregevole lettura della Divina Commedia, tra le rovine del centro storico dell’Aquila, a seguito del terremoto che colpì il capoluogo Abruzzese.

Una carriera eclettica quindi, colma di attività condotte con maestria e talento, che gli permisero di essere insignito di numerosi riconoscimenti: dal Premio Ubu come migliore attore per Re Nicolò (1980-1981), al Premio Flaiano (1993), fino al Globo d’oro nel 2003.

La sua vita non finì mai di stupire: infatti il 12 dicembre 2007 sposò a Roma la nobildonna fiorentina Pia Tolomei di Lippa, di 36 anni più giovane, con la quale conviveva da tempo. Nel 2014 divenne inoltre il concorrente più anziano che abbia partecipato a Ballando con le Stelle.

Il grande, irreprensibile Albertazzi (per riprendere una nota citazione del trio comico di Aldo, Giovanni e Giacomo) si spense il 28 maggio 2016, presso Villa Tolomei di Sticciano a causa di una bronchite.

Così termina questa straordinaria esistenza, ma solo apparentemente. La sua anima e il suo talento si sono fusi per anni con l’essenza di personaggi creati dal genio di uomini sognanti, e rimarranno per sempre nel firmamento dell’arte.

 

 

Fonte immagine di copertina.

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.

I 244 anni dall’inaugurazione del Teatro alla Scala

I 244 anni dall’inaugurazione del Teatro alla Scala

I 244 anni dall’inaugurazione del Teatro alla Scala

Dal 3 agosto 1778 la Scala di Milano mette in scena l’incanto

Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala.

Che nome importante! Beh…ne ha buon diritto.
Il Teatro alla Scala, o semplicemente La Scala, è il fiore all’occhiello dei teatri d’opera italiani.

Da ben 244 anni accoglie le note di melodrammi, di balletti e di concerti, nel cuore di Milano, rappresentando magnificamente l’Italia nel mondo.

Quando si varcano le soglie della Scala, si rimane affascinanti dalla magnificenza degli ambienti. Tutto si fa buio e inizia la vera magia! Solo in un luogo di tale splendore è possibile percepire l’essenza dell’incanto.

Ci si trova immersi in una fiaba e, come ogni fiaba che si rispetti, tutto inizia con “C’era una volta”.

Ebbene c’era una volta, tanto tempo fa, un cumulo di macerie. Il Teatro alla Scala nacque, infatti, come una fenice, grazie alle ceneri del Teatro Regio Ducale, andato distrutto in un incendio divampato il 26 febbraio 1776.

Il teatro precedente era il riferimento della corte milanese e fu proprio il sovrintendente dello stesso, il conte Giangiacomo Durini, a desiderarne fortemente la ricostruzione, supportato dalle famiglie patrizie della città.

Tali volontà furono soddisfatte da un decreto emanato dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria, che autorizzò la costruzione in altro luogo di due nuovi teatri: il Teatro della Cannobiana e il Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala.

Così, nell’agosto del 1776, si diede inizio alla demolizione della Chiesa di Santa Maria alla Scala, al posto della quale fu poi edificato l’omonimo teatro, su progetto dell’architetto neoclassico Giuseppe Piermarini.

Tutto venne curato nei minimi particolari. Giuseppe Levati e Giuseppe Reina realizzarono le decorazioni pittoriche, mentre Domenico Riccardi fece sì che il sipario rappresentasse il Parnaso, su suggerimento di Parini stesso.

L’inaugurazione della Scala avvenne il 3 agosto 1778, con la prima rappresentazione assoluta di Europa riconosciuta di Antonio Salieri.

La platea e le gallerie erano gremite. Persone che sarebbero passate alla storia parteciparono all’incanto: l’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Este, Maria Beatrice d’Este e…Pietro Verri.

Questi descrisse la magia della prima in una suggestiva lettera al fratello Alessandro, in cui si osserva tutto il suo stupore. Pietro, infatti, scrive: “Mentre te ne stai aspettando quando si dia principio, ascolti un tuono, poi uno scoppio di fulmine”.

Ecco: è il segnale convenuto. L’orchestra ha così dato inizio all’ouverture, e quando si alza il sipario “vedi un mare in burrasca”. Pietro Verri e gli altri partecipanti sono attoniti: la musica li ha rapiti e i loro occhi sono “sempre occupati”.

Da allora la Scala non ha mai perduto la scintilla di miracolo che avvolge gli spettatori, provenienti da tutto il mondo.

Innumerevoli stelle del firmamento del melodramma, del balletto e della musica classica si sono avvicendate tra le scene del teatro, ma molti hanno avvertito che quel luogo fosse diverso, unico.

Plàcido Domingo, magnifico tenore, affermò che “di tanti palpiti e di tante pene è davvero cosparso il cammino che conduce non a una semplice prima, ma alla Prima per antonomasia”.

Ora la fiaba è giunta alla fine. E come ogni fiaba che si rispetti è doveroso terminare con “e vissero tutti felici e contenti”.

Sì, perché la storia della nascita della Scala insegna che dalla distruzione può nascere la vita, dalla disperazione si può creare bellezza. E grazie alle ceneri di un teatro e a una chiesa demolita, può nascere il miracolo.

Così vissero tutti felici e contenti.

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.