Murakami: la debolezza dell’esistere
Murakami: la debolezza dell’esistere
Murakami Haruki, nato il 12 gennaio 1949 e fra i massimi esponenti della letteratura contemporanea giapponese, ha saputo cogliere magistralmente le inquietudini dell’individuo contemporaneo.
Murakami Haruki, cresciuto a Kobe, si laurea presso l’università Waseda di Tokyo nel 1975. A partire dal 1986 compie una serie di viaggi in Europa, fra la Grecia e l’Italia, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, dove rimane fino al 2001.
Le esperienze vissute e le sensazioni provate da parte di un animo sensibile e tendente all’onirico risuonano con forza nei suoi romanzi e racconti, i quali riescono magistralmente a riassumere le inquietudini di una generazione di giapponesi vissuta nel benessere galoppante del Secondo dopoguerra, un periodo ancora memore della morte causata dal lancio delle due bombe su Hiroshima e Nagasaki.
Murakami, più volte in lizza per il Premio Nobel, ha saputo incarnare l’inquietudine dell’individuo contemporaneo: pur essendo tale inquietudine informe, di difficile inquadramento, un po’ come l’ingombrante chora platonica, essa aleggia sui personaggi dei romanzi, condizionandone le azioni nella costante ricerca di qualcosa che appare indefinito, labile come il ricordo, caduco come un autunno precoce. I personaggi delle opere di Murakami sono intimamente consapevoli che il mondo va come deve andare, e che difficilmente tale corso possa essere interrotto o anche solamente sviato.
In La fine del mondo e il paese delle meraviglie, edito nel 1985 e tradotto solo nel 2002 in italiano, un misterioso colonnello, abitante di una città immaginaria e metafora dell’interiorità umana, si fa portavoce dell’ineluttabilità del reale:
Se proprio vogliamo, è colpa di come è fatto il mondo. Però non lo si può cambiare. Come non si può invertire il corso di un fiume.
Il protagonista e voce narrante del romanzo, attratto da una ragazza che lavora nella biblioteca di questa città immaginaria e allegorica, apprende che quest’ultima, come tutti gli abitanti della città, non ha il cuore. Il cuore non è solo un organo fondamentale alle funzioni vitali di un corpo, ma “è qualcosa di più profondo, di più forte. E di più contraddittorio.”. Il cuore è il fulcro dei sentimenti, della psiche umana, dell’essenza stessa dell’individuo che non abdica alla propria naturale tendenza all’amore:
E lei dovrà imparare ogni cosa da solo. Questa è una città perfetta, mi spiego? Il che significa che ha tutto, tutto. Ma se non riuscirà ad assimilarlo in maniera adeguata, per lei sarà come non avere nulla. Il nulla perfetto. (…) Gli altri le potranno dare un certo numero di informazioni, ma quello che avrà imparato da solo se lo porterà in corpo. E la salverà. (…) interpreti il significato delle suggestioni che riceverà dalla città. Usi anche il suo cuore, finché ne ha uno.
Il cuore, sede dei sentimenti, è la cifra che rende tale un individuo: di fronte al pericolo del nulla contemporaneo (che appare, tuttavia, inevitabile), del benessere come unico senso dell’esistenza, il cuore è l’unica antitesi ponibile, pur essendo la via del cuore ostica e difficile da seguire.
Altro celebre romanzo di Murakami, Nel segno della pecora del 1982 racconta le vicende di un agente pubblicitario abbandonato dalla moglie e al quale viene affidato un compito assai bizzarro: il ritrovamento di una pecora.
Ricorrendo ad uno stile dal taglio onirico, in cui le vicende si intrecciano in un vorticoso susseguirsi che dal reale volge al surreale e viceversa, la pecora, che ha una macchia a forma di stella sulla schiena, diventa simbolo della ricerca del singolo; tale ricerca appare tuttavia nebulosa:
– Anche a me ogni tanto vien voglia di partire alla ricerca di qualcosa, – proseguì lui, – ma prima dovrei capire cos’è che vorrei trovare. Mio padre ha cercato quella pecora per tutta la vita, e ancora adesso continua a farlo. (…) Così ho finito col convincermi che la vita sia proprio questo. Una lunga ricerca.
Ecco che l’individuo, secondo Murakami, rischia di perdersi, manca una bussola che lo guidi e che indichi una direzione certa. Nella totale incertezza del reale e col rischio di un ritorno anzitempo al nulla, i tentativi di una ricerca di senso si susseguono all’insegna di una sola certezza: la debolezza umana e il poco tempo a disposizione:
– Debolezza nei confronti di cosa?
– Di tutto. È una debolezza morale, mentale…è una debolezza dell’esistenza stessa.
Risi. Mi venne spontaneo.
– Messa così, chi è che non è debole? Lo siamo tutti!
Giuseppe Sorace
Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.