L’inizio dell’era atomica: Hiroshima, 6 agosto 1945

L’inizio dell’era atomica: Hiroshima, 6 agosto 1945

L’inizio dell’era atomica: Hiroshima, 6 agosto 1945

Hiroshima passa per la storia ben due volte: il 6 agosto 1945, quando con lo sgancio della prima atomica si inaugura l’era dell’atomica, e il 27 maggio 2016, data in cui l’allora presidente Barack Obama visita per la prima volta dal 1945 Hiroshima.

La mattina del 6 agosto 1945 gli abitanti di Hiroshima, città costiera dell’Honshu meridionale, si svegliano come se fosse una giornata del tutto normale, nonostante la guerra in corso: gli uomini si dirigono al lavoro, in fabbrica o in ufficio, i bambini e le bambine a scuola, le donne si apprestano a svolgere le faccende di casa; c’è anche chi si dirige verso i campi. 

Nessuno poteva immaginare la catastrofe che stava per abbattersi su questa cittadina che al tempo contava circa 300.000 abitanti. E nessuno poteva immaginarsi che la catastrofe di Hiroshima avrebbe dato inizio alla minaccia e all’era dell’atomica

Paul Tibbets

All’epoca dello sgancio della prima atomica su Hiroshima Paul Tibbets, colonnello dell’aviazione americana incaricata dell’operazione, aveva 29 anni, ed era di stanza sull’isola di Tinian, nell’arcipelago delle isole Marianne. 

Decollato da Tinian a bordo di un Boeing B-29, fu Paul Tibbets a sganciare la bomba su Hiroshima. 

Secondo la sua testimonianza, dopo lo sgancio l’aereo di Tibbets compi’ una virata per vedere che cosa fosse successo, e scorsero una nube a fondo che, tempo della virata, raggiunse l’altezza alla quale si trovava il B-29, e cioè a 11.000 m di quota. Sotto la nube la città di Hiroshima non era più visibile, coperta da una coltre nera e fumosa, densa. Tibbets testimonia che la città:

sembrava ribollire come la superficie di un barile di catrame quando si asfalta una strada. (…) L’effetto era identico, vedevamo bollire la città.

Tibbets si stupì dell’effetto dell’atomica su Hiroshima, assai diverso da quello di una bomba convenzionale: quando si sgancia una bomba convenzionale, il punto colpito a terra e in fiamme, dunque visibile. In seguito allo sgancio di una bomba atomica, al contrario, della città colpita, in questo caso Hiroshima, non rimane nulla; una superficie assai vasta per coprirla con una bomba sola. 

Effetti dell’atomica

Quando una bomba atomica viene sganciata causa uno spostamento d’aria, in secondo luogo un’ondata di calore e infine un’irradiazione di particelle gamma. 

Lo spostamento d’aria è simile a quello di una bomba convenzionale: si calcola che dei 100.000 morti di Hiroshima, solo 20.000 morirono per cause dovute al trauma dell’esplosione.

L’ondata di calore è generata dal fatto che la temperatura, quando la bomba esplode, è di 6.000 gradi, la stessa del Sole, e produce scottature mortali persino a Km di distanza: 60.000 abitanti di Hiroshima morirono bruciati vivi. 

Infine, le radiazioni gamma producono danni gravissimi al midollo osseo e al sistema nervoso e al sistema gastro-intestinale, quest’ultimi manifestando sintomi quali diarrea e vomito; coloro che vengono colpiti al sistema nervoso non vivono più di 5 minuti. Col tempo, molti sopravvissuti al 6 agosto 1945 manifestarono effetti tardivi e a lungo termine quali cancro e leucemia.

La visita di Obama a Hiroshima

Il 27 maggio 2016 l’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, decide di intraprendere un’impresa immane e scardinare dal profondo un tabù della storia recente statunitense visitando la città di Hiroshima. Simbolo di questa visita rimasta nella storia è l’abbraccio fra Barack Obama e Mori Shigeaki, un sopravvissuto della strage del 6 agosto, di fronte al cenotafio in onore delle vittime dell’atomica. Durante il discorso, l’allora presidente degli Stati Uniti non ha chiesto perdono per la strage compiuta (il che sarebbe stato controverso in patria), ma ha lanciato un monito per la debellazione totale dell’arma atomica, minaccia che incombe sugli equilibri della comunità internazionale.

Giuseppe Sorace

Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.