Un amore, attesa che nutre e logora l’uomo

Un amore, attesa che nutre e logora l’uomo

Un amore, attesa che nutre e logora l’uomo

L’attesa come leitmotiv della prosa di Dino Buzzati, fa ora la sua comparsa in scena nelle vesti di un amore, non ricambiato, umiliante, eppure il solo capace di sorreggere l’uomo nell’oscillazione costante tra vita e senso di morte imminente.

Attesa, umiliazione e sesso, tre poli sui quali si snoda un romanzo che travolge il lettore al punto da farlo sentire partecipe in prima persona delle frustrazioni del personaggio. Una tensione che protende verso l’impossibile realizzazione di un amore, Un amore è energia e pulsione alla vita.

Guido Piovene ha parlato di Un amore di Dino Buzzati (1963) come di “un libro che affanna il lettore”, la trama dipinge i conflitti di un uomo maturo, Antonio Dorigo, attratto dalla giovinezza dell’insidiosa Laide.
Sullo sfondo la Milano degli anni ’60, città fervida di vita, città che aggroviglia nel suo dinamismo, nelle sue luci e nelle sue ombre.
Antonio è un architetto, estraneo all’amore, vive con le donne un rapporto quasi “mercenario”, dove la donna è ridotta a mero strumento di piacere, l’incontro di una notte nella casa di appuntamenti della raffinata signora Ermelina.
Ed è proprio durante uno dei suoi abituali incontri notturni che Antonio si imbatte in Laide: giovane, bella, minorenne, bambina e donna al contempo, ballerina di giorno, amante di notte. Quella per Laide si tramuta in breve tempo in un’ossessione travolgente, sconvolgente, che incatena Antonio in uno stato costante di frustrazione, in una tensione al compimento di un amore mai appagato e mai condotto oltre l’atto sessuale in sé.

Il rapporto tra i due è sorretto da un’asimmetria: Antonio dominatore, incapace di vincoli e legami con una donna, diventa il dominato, mentre è Laide, la bambina, a dettare tempi e modi della relazione. Laide mente, inganna Antonio, ma Antonio non può fare a meno di lei.

Laide assume per il protagonista quei contorni di pulsione alla vita che gli consentono di esorcizzare l’idea della morte. La morte è vuoto, Laide riempie il tempo di Antonio, che si arrovella nell’attesa di lei in uno stato perenne di incertezza e attesa. Fino alla perversione, il protagonista costruisce sulla donna irraggiungibile una concezione della propria esistenza vincolata dalla presenza di lei, continuamente attesa e mai afferrata.

Quasi un ribaltamento dell’amore stilnovista, dove a contemplazione e beatitudine si sostituiscono sesso e frustrazione. Uno Stilnovo moderno dove l’amore è rappresentato come situazione umiliante che mette in evidenza la fragilità umana. L’amore dà all’uomo la parvenza di poter colmare il vuoto della morte, ma per contro lo trascina in un baratro altrettanto struggente.

Le dinamiche della relazione tra Antonio e Laide sono descrivibili come di ciclicità e contrapposizione. Contrapposizione laddove Antonio prova per la giovane un sentimento duplice di attrazione e rigetto. Ciclicità poiché il romanzo si conclude con la notizia che Laide aspetta un figlio. Laide conferisce continuità alla vita, mentre Antonio non riesce, fino all’ultima pagina del romanzo, a risolvere a pieno il proprio tormento interiore.

Buzzati orchestra nella vicenda di Antonio una rappresentazione di quella che è la propria concezione della vita come attesa costante di una morte certa. Quello stesso senso di sospensione che aveva già caratterizzato la sua più nota opera: Il deserto dei tartari (1940). In Un amore, però, assume i toni della materia scabrosa e imbarazzante riportata sulla pagina in modo spregiudicato, senza ritegno.
Ecco che l’attesa si fa strumento per protendere al futuro, ed esorcizzare la morte. Nelle parole di Antonio:

“…c’era la speranza e le stesse lotte quotidiane, le attese i palpiti le telefonate riempivano l’esistenza era una lotta insomma una manifestazione di energia e di vita adesso non c’è più niente.”

Il senso ultimo dell’esistere si concreta così, ancora una volta nella prosa di Buzzati, come una tensione umana verso l’avvenire e una rigenerazione costante della vita.

Martina Tamengo

U. Eco una volta disse che leggere, è come aver vissuto cinquemila anni, un’immortalità all’indietro di tutti i personaggi nei quali ci si è imbattuti.

Scrivere per me è restituzione, condivisione di sè e riflessione sulla realtà. Io mi chiamo Martina e sono una studentessa di Lettere Moderne.

Leggo animata dal desiderio di poter riconoscere una parte di me, in tempi e luoghi che mi sono distanti. Scrivo mossa dalla fiducia nella possibilità di condividere temi, che servano da spunto di riflessione poiché trovo nella capacità di pensiero dell’uomo, un dono inestimabile che non varrebbe la pena sprecare.

Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

La piattaforma bianca e blu continua a spopolare. L’abbiamo provata per un mese per capire come funziona, quali sono le potenzialità e…quali i rischi

Di Onlyfans se ne parla, riparla, straparla. C’è chi ne parla con il bigottismo figlio dei tempi passati, puntando il dito contro e non spiegando a nessuno come faccia a sapere quali contenuti ci siano (dato che Onlyfans è come Por*hub: tutti ne parlano, ma nella cronologia del telefono l’ha inserito il classico “amico che ti ha preso il telefono”… anche se di amici non ne hai), e chi, invece, da combattente indefesso del “ognuno fa quello che vuole” difende strenuamente i creator, ribaltando la questione sugli utenti: “eh, ma se paghi per vederlo il problema sei tu”.
Insomma, come il 95 per cento delle questioni in Italia, anche Onlyfans è diventato uno scontro tra fazioni. Avremmo voluto fare un paragone con la politica italiana, ma il porno è una cosa seria.

Abbiamo provato Onlyfans per un mese (per voi ovviamente, mica per curiosità personale eh, che cosa non si fa per la scienza?) e, in tutta onestà, siamo rimasti perplessi.

ASPETTATIVE DELUSE

Innanzitutto possiamo dire di essere rimasti un po’ delusi dai risultati. Pensavamo di trovarci di fronte a un Instagramestremo” (con tutte le virgolette e le iperboli del caso) e invece ci siamo trovati in una pornoroulette di bassa lega in cui vieni tempestato di messaggi che più che sexy sembrano un’elemosina osé, una preghiera a un Dio minore che per pochi euro convincerà qualcuno a “sbloccare il contenuto”.

Certo, ogni content creator è un mondo a sé, e lungi da noi la voglia di valutare tutti o fare di tutta un’erba un fascio, ma quello che abbiamo visto, purtroppo, non ci ha permesso di notare particolari differenze…
(Siete dei content creator e volete smentire questo falso mito? Contattateci e vi intervisteremo!)

COME FUNZIONA

La base è semplice (ne abbiamo parlato nel dettaglio qui): ti abboni al canale per una cifra X scelta dal creator e ribassata (in un marketing degno delle offerte di un noto marchio di materassi o divani: l’offerta scade sempre domani) per renderla accattivante e si comincia. Certo, l’offerta è espressa sempre in sterline, per cui quando arriva poi la notifica della banca sul telefono ci si accorge di come quelle innocue 9,99 sterline siano diventate improvvisamente quei meno simpatici 12 euro, ma questo non cambia ai fini della narrazione.

CI SI ABBONA E…

…e se non ti ricordi di disattivare istantaneamente il rinnovo automatico ne hai persi altri 12.
Digressione economica a parte, una volta abbonati si viene tempestati di messaggi in privato, con testi che non lasciano niente all’immaginazione. Tutti sono “amore”, tutti diventano “papi” in un vortice di erotismo che forse andava bene in qualche “playboy mansion” di qualche politico dell’altomilanese, meno sugli smartphone del 2022, dove tutto è “virtualmente” raggiungibile, e tutto diventa estremamente esplicito e… costoso.
Sì, perché cari amici, se pensavate di aver ottenuto il massimo della libido a soli 10 euro al mese vi eravate sbagliato di grosso. Con i 10 euro vi siete guadagnati il diritto ad “affittare” altri contenuti (che in caso di mancato rinnovo diventano inaccessibili) che vi vengono proposti dai creator.
Il “primo step” è solo una versione più “spinta” di Instagram.

CHE COSA SI VEDE
Che cosa si vede? Tutto, se sapete dove cercare. Ogni creator propone il suo “stile”, sta poi a voi scegliere a chi offrire il vostro obolo (frase volutamente ammiccante? Forse). Dal fetish alle pratiche più spinte. Da audionarrative di “che cosa ti farei amore mio” a foto molto più soft. Tutto quello che serve per sollazzare i vostri interessi.
C’è tutto, ma non potete cercarlo. Per trovare un content creator su Onlyfans non basterà cercare il nome e cognome sulla barra di ricerca, ma sarà necessario avere il link preciso per l’accesso, un modo per tutelare al massimo la privacy dei creator ed evitare che questi possano essere al pubblico ludibrio senza saperlo.
Un vantaggio per chi “vuole arrotondare”, un limite enorme per chi cercherà in ogni modo di spammare i propri contenuti. Ed ecco il fioccare di linkinbio, linktree e onlylink, profili creati appositamente con il nome utilizzato su OF su Instagram, Facebook (vorrai mai perdere gli utenti over 35?) Twitter e un sottobosco particolarmente “umido” di gruppi Telegram per gli utenti che vogliono avere sempre sottomano un accesso ai canali.
Insomma: pensavamo fosse una questione semplice: decidi di mostrarti “come mamma ti ha fatt*” ed ecco il denaro. E invece c’è – come si suol dire – dietro un mondo.

NO, NON DIVENTERETE RICCHI METTENDO IL CU*O SU ONLYFANS
E sfatiamo questo falso mito: non basterà “uscire le chiappe” sulla piattaforma bianca e blu per diventare ricchi. Onlyfans è come il liceo: se non sei popolare non è piacevole, ma solo una serie di atroci dubbi sul perché voi abbiate solo 12 followers e il vostro “profilo esempio” ne abbia 1milione e alle sue feste si presenti anche Zac Efron (non è stato citato solo per l’algoritmo di Google, lo giuriamo).
Perché in una selva oscura di contenuti estremi non basterà fare quello che fanno gli altri: dovrete avere fantasia (e anche qualcuno che sappia usare Instagram per aumentare al massimo la vostra visibilità).
Potrete diventare ricchi su OnlyFans? Forse, ma occorrerà del tempo. È conveniente? Certo.
(Leggete l’intervista a dei veri creators di Only Fans: clicca qui)

PERCHÉ PAGARE SU ONLYFANS QUANDO CI SONO SITI GRATUITI?

Ed eccoci al punto fondamentale: perché pagare un contenuto quando se ne trovano identici e gratuiti su altre piattaforme giallonere? L’abbiamo chiesto a un utente, che per ovvie ragioni ha deciso di restare anonimo.
Perché se hai una forte attrazione per una persona in particolare e non c’è su un’altra piattaforma un paio di euro li spendi volentieri. Poi ci sono anche persone che conosci nella vita vera o su Instagram e che vorresti vedere in maniera più “cruda”. E a quel punto OnlyFans è l’unica soluzione...”, ci ha raccontato.

Quanti soldi hai speso su OnlyFans?
C’è stato un mese in cui ho speso 250-260 euro. Seguivo alcuni profili e sul momento mi sono fatto trasportare e ho comprato dei contenuti. Me ne pento? No, è stata una mia scelta, certo che bisogna stare attenti. Se non ci fai caso spendi davvero tanto...

Insomma, Onlyfans non è certamente la fine dell’età dell’oro dell’umanità e noi non faremo discorsi generazionali o bigotti in stile “eh signora mia, le mie generazioni gli annunci li mettevano sui giornali, mica sull’internet” (siamo seri, c’erano gli annunci anche sul televideo delle reti locali e facciamo la morale a chi utilizza i nuovi media?).

Che cosa ci lascia questo mese di prova su Onlyfans, oltre a un portafoglio più vuoto? La sensazione che anche la pornografia abbia perso valore. E, in questo caso, sì: la helldorado della “pornrevolution” degli anni 70 è morta e sepolta. Ogni qualsivoglia valore artistico è stato depauperato, la visione della nudità come libertà si è persa nel vortice del guadagno spiccio.
No, non facciamo la morale a nessuno. Come ogni cosa, anche Onlyfans segue la regola della domanda e dell’offerta: se c’è richiesta, ci saranno contenuti. No, non ci ergiamo a difensori della morale, perché non ci troviamo niente di amorale in questo e perché il nostro “ognuno fa ciò che vuole” è sincero: nessuno deve pontificare con il corpo degli altri o con gli interessi.

Eppure Onlyfans ci preoccupa e ci ricorda davvero una pornoroulette. Un meccanismo in cui, tra “arrapamento” del momento e una carta collegata al conto si rischia seriamente di entrare in una pornodipendenza molto pericolosa. Tutto è a portata di click in qualunque momento della giornata. Vedremo la sindrome ludopatica del videogiocatore applicata a Onlyfans? Probabilmente no. Speriamo di no. Ma nel dubbio: dopo “bevi responsabilmente” potremmo suggerire anche un nuovo invito: “********** responsabilmente”.
Che cosa resterà di questa nostra esperienza sulla piattaforma bianca e blu? Solo una domanda: ma perché lasciate il telefono in mano ai vostri amici il sabato sera se sapete che poi lo usano solo per visitare questi siti e mettere like molesti su Instagram a perfette sconosciute?

Mistero.

Francesco Inverso

Quando scrissi la prima volta un box autore avevo 24 anni, nessuno sapeva che cosa volesse dire congiunto, Jon Snow era ancora un bastardo, Daenerys un bel personaggio, Antonio Cassano un fuoriclasse e Valentino Rossi un idolo. Svariati errori dopo mi trovo a 3* anni, con qualche ruga in più, qualche energia in meno, una passione per le birre artigianali in più e una libreria colma di libri letti e work in progress.
Sbagliando si impara…a sbagliare meglio.

I tabù duri a morire

I tabù duri a morire

I tabù duri a morire

Un viaggio tra sacro e profano. Tra personale e sociale.

In origine il tabù, dal polinesiano tapu, era la condizione di un oggetto o di una persona isolata, vietata e considerata pericolosa al solo contatto. Era un qualcosa in grado di infettare con la propria profanità. Si contrapponeva al mana, considerata invece come la parte sacra, più alta e pura. Violare un tabù significava avvicinarsi a qualcosa di ripugnante e proibito, per questo infrangere tale confine aveva come conseguenza il biasimo e il giudizio da parte dell’intera comunità di appartenenza. Tale timore era così forte da non permettere neanche di nominare l’argomento incriminato, ed è così che poi si sono evoluti i tabù fino al giorno d’oggi.

Si è passati da azioni profane ad argomenti di cui non si poteva parlare nei salotti delle persone per bene, per non violare il buon costume e la morale condivisa. Ci si sposta quindi più verso un piano comunicativo e quasi si abbandona il piano delle azioni. Il fulcro non è più non fare qualcosa, ma diventa non parlarne, non portare l’argomento sotto gli occhi di tutti. Il tabù si evolve, si trasforma, non è una questione di sacralità ma di moralità sociale, quasi come a dire può anche essere fatto, basta che non se ne parli e non venga ostentato, ma nascosto e negato.

Detto questo, mi sono domandata a lungo quali potessero essere i tabù contemporanei, e per ogni punto dell’elenco mi balenava in testa un “sì, ma”. Quindi la risposta che mi sono data è stata infine quella che i tabù esistono sì, ma a metà, si sono svuotati del loro significato più profondo, sono rimasti come involucri di loro stessi. Ho la percezione che nella nostra società oramai quasi nulla possa essere considerato effettivamente come tabù allo stato puro. Nel dibattito pubblico, sui social, tra gruppi di amici, si parla di qualsiasi cosa, in mille maniere diverse, bene o male, che sia per divulgazione o per protesta, per indignazione o difesa, comunque, si riesce a parlare di tutto. Quegli argomenti tradizionalmente considerati intoccabili ora più che mai vengono dibattuti in modo sdoganato. Che sia di sesso, di corpi, di argomenti queer, di soldi o di restrizioni alimentari. Tutto è dialogo o dibattito. Ma come ne parliamo effettivamente? Ne parliamo in generale, in modo sociale e con una vista di insieme, a volte superficiale. Ma forse è sul piano personale che è rimasta quella vena di giudizio, di timore e di peccato che tanto si rifà al concetto originario di tabù.

I TABÙ CONTEMPORANEI A METÀ

Partiamo dal sesso, il più classico dei tabù, come società, siamo saturi di sesso, siti pornografici, pagine di sessuologia, profili di influencer e attivisti che promuovono sex toys di tutte le forme e i colori. Ma quando se ne parla tra amici? O scenario ancora più imbarazzante, in famiglia? Non riusciamo ad essere così sfacciati, così liberi e diretti. Chiedere in maniera disinvolta quali siano le posizioni preferite di qualcuno o come proceda la vita sessuale di qualcun altro non è così semplice. E sfido chiunque a rispondere in maniera altrettanto calma e serena, senza arrossire neanche un po’ o senza mandare cordialmente a quel paese il proprio interlocutore.

Passiamo poi al denaro, altro grande classico tra gli argomenti scomodi. Essendo una società capitalista, i soldi, sono il fulcro di tutto il nostro mondo, discutiamo su come gestirli, su come aumentare il nostro patrimonio e di come il flusso monetario influisca direttamente sull’andamento di intere nazioni. Ma il punto è sempre lo stesso, in una normale conversazione saremmo a nostro agio a chiedere l’ultima busta paga di un nostro amico? Saremmo in grado di parlare senza un po’ di vergona o pudore dell’estratto conto della nostra carta di credito? Io personalmente no, alla sola idea mi imbarazzo dei miei acquisti e delle mie entrate da studentessa precaria.

Per finire vorrei soffermarmi sulla salute mentale, uno dei tabù più interessanti e complessi a mio parere. Quando si parla di questo argomento ci sono forti divisioni, soprattutto in base alla generazione d’appartenenza e al contesto sociale. Si creano quindi delle microbolle, dei diversi ecosistemi dove la discussione è estremamente variegata. Da quella che è la mia esperienza personale si passa quasi da un estremo all’altro, nella mia cerchia sociale più stretta, ad esempio, siamo tutti in terapia e ne parliamo tranquillamente e liberamente. Anzi forse a volte fin troppo, fino quasi a creare delle scene surreali alla Woody Allen. Intere conversazioni e simposi con i resoconti delle rispettive sedute, degli approcci clinici delle nostre psicologhe e viaggi psichedelici nelle profondità dei nostri inconsci. Da una semplice birra con gli amici si passa insomma a una terapia di gruppo. Non sempre leggero, ammettiamolo.

Al contrario invece mi sembra di percepire che chi non ha mai fatto esperienza di questa cosa abbia ancora addosso il pregiudizio del “dallo psicologo ci vanno solo i matti”. Perché ammettere di andare da un terapeuta vuol dire ammettere di avere un problema, e anche bello grave, secondo alcuni. Ammettere di avere bisogno di aiuto, in una società come la nostra, è considerato inaccettabile, vergognoso e imbarazzante, è come si suole dire un tabù. Questo è anche probabilmente un retaggio che ci portiamo dietro dalle generazioni passate, dove i problemi si risolvevano per forza di cose in casa, dove non c’era la consapevolezza di certi strumenti e neanche la volontà di portare alla luce certe dinamiche e problematiche, sia personali sia famigliari. Ma, come per i tabù precedenti mi sento di affermare che tutta questa chiusura ci sia a livello personale e relazionale, ma non sociale. Per fortuna negli ultimi anni di salute mentale se ne sta parlando sempre più spesso e più ampiamente, ci sono pagine di divulgazione e siti di sostegno e consulenza online. Tanti piccoli passi verso l’abbattimento di questo e spero tanti altri mezzi tabù.

di Valentina Nizza

Pillola maschile come innovazione: tempismo perfetto o estremo ritardo?

Pillola maschile come innovazione: tempismo perfetto o estremo ritardo?

Pillola maschile come innovazione: tempismo perfetto o estremo ritardo?

Curiosità e domande su contraccezione e società, entrambe in continua evoluzione ma non per forza in sincronia.

Scrollo pigramente la home di Instagram, galleggio tra i soliti post e le solite sponsorizzazioni, nulla che mi entusiasmi o catturi effettivamente la mia attenzione, finché un titolo molto curioso mi fa fermare e rileggere con più attenzione, dichiarava all’incirca così: “Pillola contraccettiva maschile efficace al 99%”.

Ed è qui che penso tra me e me che non sia possibile, che il futuro non può essere arrivato così velocemente e prepotentemente. E di fatti non è così, o meglio non del tutto. La notizia vera è quella di un anticoncezionale non ormonale, basato su un composto chimico creato in laboratorio che ridurrebbe drasticamente la produzione di spermatozoi nei topi. Perché, piccolo dettaglio, la sperimentazione di tale farmaco per ora è ferma alla fase animale, quella clinica sull’uomo potrebbe arrivare tra un anno circa. I primi risultati per ora però sono davvero incoraggianti, il composto “YCT529”, su cui si basa la pillola sembrerebbe effettivamente avere un’efficacia del 99% e nessun particolare effetto collaterale.​

Quindi secondo l’iter di approvazione standard per qualsiasi farmaco – e se tutto continuasse ad andare secondo i piani – entro cinque anni potrebbe davvero essere messo in commercio il primo anticoncezionale maschile diverso dal preservativo. Ed è su questo primo punto che la mia mente si è maggiormente soffermata dopo aver approfondito la notizia. Quali opzioni ci sono al giorno d’oggi per gli uomini per evitare di concepire? Preservativo e vasectomia, fine. La speranza di una terza opzione è quindi considerabile come manna dal cielo, ma come mai arriva solo ora? Leggendo qua e là, cercando di dissipare la nuvoletta di dubbi e polemiche che alleggiava sopra la mia testa mi sono imbattuta in alcuni articoli che apparentemente davano risposta a questa domanda.

Questa fatidica pillola è arrivata solo ora poiché negli anni precedenti la ricerca si era concentrata su una pillola ormonale, che però si è appurato avere effetti collaterali troppo gravi e pericolosi per essere utilizzata dagli uomini. Tra questi effetti collaterali si riscontravano aumento di peso, depressione e incremento di problemi cardiovascolari. Ora passiamo a considerare le opzioni contraccettive femminili, tra cui possiamo trovare vari tipi di pillole ormonali, il cerotto, l’anello, il diaframma, la spirale e il preservativo femminile. Il ventaglio più ampio di opzioni sembrerebbe andare a nostro vantaggio, poiché crea un’illusione di libertà di scelta sull’opzione più adatta a noi, non per tutte però purtroppo si tratta sempre effettivamente di scegliere l’opzione più adatta, ma molte volte è solo un discorso di quale sia il male minore, di cosa abbia gli effetti collaterali più sopportabili. Che negli anticoncezionali ormonali femminili sono moltissimi e anche molto gravi o invalidanti, si parte da quelli più leggeri come ritenzione idrica, aumento di peso e sbalzi d’umore a quelli più ingombranti, come depressione, calo della libido e problemi circolatori, con aumento di rischio di trombosi.

Questa veloce comparazione è per portare alla luce un altro quesito con cui mi arrovello da giorni, perché per una fetta di società certe cose sono accettabili, possono essere subite e per l’altra metà invece no? E con questo non voglio certo dire che anche gli uomini dovrebbero portarsi insieme a noi il fardello degli effetti collaterali e indesiderati di tali farmaci, ma invece di festeggiare subito per una mezza vittoria, non potremmo pensare anche all’eliminazione dell’altro mezzo fardello?

LE OPINIONI: I RAGAZZI

Detto questo, la parte più curiosa di me dopo essersi tanto arrovellata sulle questioni femministe non è riuscita a fermarsi qui, e ha sentito il bisogno di indagare un po’ di più nella realtà, nella praticità delle cose. Ed è qui che sono diventata l’incubo di tutti i miei amici (non che prima fosse molto diverso). Ho iniziato a interrogare tutte e tutti nelle sedi più disparate e inappropriate, ho iniziato a chiedere cosa ne pensassero della questione, e come si sarebbero comportati se questa fatidica pillola maschile fosse stata approvata e messa in commercio all’indomani del mio fastidioso interrogatorio. I ragazzi con cui ho parlato si dividevano principalmente in due categorie, i più timorosi riguardo a possibili effetti collaterali o inefficacia e al contrario gli entusiasti, scalpitanti di poter avere più opzioni e di poter partecipare effettivamente alla conversazione in modo consapevole.

LE OPINIONI: LE RAGAZZE

Tra le ragazze ho ricevuto pareri molto diversi tra loro, chi sarebbe più che lieta di dividere l’onere e l’impegno della contraccezione o addirittura di delegarlo completamente, e chi invece decisamente più restia se non del tutto contraria. Una ragazza in particolare mi ha rivelato i suoi timori a cedere questo pezzetto di responsabilità poiché gli uomini non hanno esperienza diretta della paura e del rischio di una possibile gravidanza, poiché non la vivono sul proprio corpo, è per loro un’esperienza di seconda mano, vissuta indirettamente e di riflesso. Altre di queste ragazze invece mi hanno dato come motivazione la sfiducia verso i propri partner o verso il genere maschile in quanto tale. Ed è su queste idee che mi sono sentita maggiormente perplessa e in disaccordo, poiché credo fortemente che se dobbiamo batterci per un’equa spartizione delle responsabilità sia necessaria anche un’equa spartizione di fiducia. Su che basi, a parte una vasta dose di luoghi comuni e pregiudizio noi donne saremmo realmente più capaci e affidabili per sostenere tale incarico? Cosa ci impedisce di occuparcene insieme in ugual modo e di aprire una reale e paritaria conversazione a riguardo?

 di Valentina Nizza

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Sei a caccia di partner? Scopri le app migliori per tro…varli

Sei a caccia di partner? Scopri le app migliori per tro…varli

Sei a caccia di partner? Scopri le app migliori per tro…varli

Tinder, Dating e tante altre. Volete sco…vare l’anima gemella? Ecco dove trovarla…

Ammettiamolo: parlare di app di incontri nel 2022 è ancora un tabù, nonostante il loro utilizzo sia stato più che sdoganato. Un po’ come i principali siti di pornografia in streaming: hanno miliardi di visualizzazioni, ma nessuno li conosce (e in pochi li hanno nella cronologia del telefono). Perché questa intro? Perché parlare di app di incontri? Perché la redazione di iovocenarrante.com combatte strenuamente l’ipocrisia del sistema e l’omertà di massa che ti spinge a dire “ma no, ci siamo conosciuti alle macchinette dell’università” (anche se lei è di Napoli, tu di Bassano del Grappa e l’unica università che hai frequentato è quella della strada, ndr.). Abbiamo provato le principali app di incontri e abbiamo tirato le somme in questa classifica. Insomma, facciamo le pagelle degli eventi sportivi, dei look, delle canzoni, potevamo toglierci il piacere di fare la pagella delle app di incontri?

E quindi, più attesa del sesto libro de Le cronache del ghiaccio e del fuoco (non siamo boomers, siamo solo nostalgici), ecco le pagelle delle principali app di incontri.

LA APP DI ZUCKERBERG: FACEBOOK DATING 8/10

Ne avevamo parlato più di un anno fa, quando Meta l’ha creata e resa accessibile al pubblico. Facebook Dating non ha niente di innovativo (come le Facebook stories, come Facebook Watch, come Facebook Messenger, come lo stesso Facebook…), ma ha nella sua semplicità il proprio marchio di forza: swipe destra sinistra, una chat minimale, la sincronizzazione con il profilo Instagram (dimostrazione lampante di esistenza), qualche accenno di “parlami di te”… E allora perché un voto così alto?
Semplice, perché – a differenza di tutte le altre – non sembra improntata solo a riempire le tasche di Zuck e, proprio per questo , ti concede la possibilità di avere tutti i like che vuoi a disposizione (ebbene sì amici miei: potrete usare la tattica del “ndocojo cojo”). Non solo: Facebook Dating ti consente anche di escludere automaticamente i tuoi amici dalle persone visibili (tanto perché la scusa delle macchinette piace a tanti) e, soprattutto, ti mostra il profilo di chi ti ha messo mi piace. Una differenza non da poco rispetto al “paga il profilo premium per sapere a chi piaci”, no?
Inoltre, Facebook Dating ti mette a disposizione anche le tue “passioni segrete”: nove persone scelte tra i tuoi amici di Facebook e followers di Instagram che “ti hanno sempre ispirato”, ma non hai mai avuto il coraggio di dirglielo. Come funzionano? Tu le aggiungi e se loro ricambiano potrebbe scattare la scintilla. O un momento particolarmente imbarazzante. Dipende dai punti di vista, no?
Qual è dunque il vero limite di quest’app? L’utenza media. Se hai meno di 30 anni è quasi inutile. Dobbiamo spiegare perché?

LA APP PER GEOLOCALIZZARLI TUTTI: HAPPN 4/10

Quando questa applicazione era uscita, qualche anno fa, sembrava la rivoluzione: vuoi conoscere le persone intorno a te? Ci pensa Happn. In pochi secondi potrai risalire al nome e, se il tuo like è ricambiato, potrai anche chattarci. Meraviglioso, no?
Ecco, peccato che la “modernità” dell’app finisca lì, in questo grande esempio di “violazione della privacy borderline”. Poca fantasia, poche innovazioni e…pochi utenti. In pratica, a meno che tu non viva in una metropoli indiana, incontrerai sempre le solite 30 persone (che avranno immagini improponibili, dato che la risoluzione di Happn non è ottimizzata e tutto è tremendamente sgranato). Ci sono anche le funzioni a pagamento chiaramente, ma chi ha intenzione di spendere più di 20 euro per una app del genere?

PURE 7,5/10

Vuoi qualcosa di trasgressivo? C’è Pure. Vuoi mettere da parte i convenevoli e cercare un partner con i tuoi stessi interessi sessuali? C’è Pure. Vuoi pagare anche l’ingresso? C’è Pure.
Pure è una app totalmente a pagamento in cui puoi ricercare partner con le tue stesse attitudini sessuali, puoi creare annunci “autodistruttivi in sessanta minuti” e hai una grafica decisamente diversa rispetto alle altre. Certo, è un investimento: non c’è una versione gratuita, non c’è una versione “light”. O tutto o niente.

BUMBLE 6,5/10

Quando ci hanno parlato di Bumble per un attimo ci siamo esaltati: un social in cui sono le donne a prendere l’iniziativa? Pazzesco (lo confessiamo, c’è un po’ di sarcasmo), abbiamo davvero superato la società patriarcale, con una parità dei sessi, almeno per quanto riguarda gli incontri online? (spoiler: no).
La realtà è molto meno esaltante delle aspettative. In pratica Bumble è ancora più da palestrati di Tinder: vincono solo la superficialità e l’estetica. E ti fa sentire peggio di quando i compagni non ti sceglievano alle elementari.
Perché Bumble, se sei un uomo, ti pone davanti a una selezione durissima: prima devi piacere con le tue foto (perché siamo onesti, le bio le leggono in 3), poi devi sperare che l’altra persona decida di salutarti. Altrimenti ciao. Insomma, avete presente quando chiedete il concetto di “elitario”? Ecco, con Bumble si entra in un mondo che è la versione 2022 di Adotta un ragazzo.
E allora perché prende più della sufficienza? Perché, a differenza delle altre app, ha due funzioni molto più interessanti della sezione “rimorchio”. Bumble ha due sezioni dedicate, rispettivamente, alla ricerca di amici (di ambo i sessi anagrafici) e alla ricerca del lavoro.
In pratica il vostro prossimo lavoro l’avrete trovato alla macchinetta dell’università (if you know what i mean).

TINDER 8,5/10

Ed eccoci al re di tutte le app di incontri: Tinder. Non la capostipite, ma sicuramente quella che ha cambiato il modo stesso di pensare le app (sì, l’idea di base sembra quella del primo Thefacebook di Zuckerberg: mi piace, non mi piace, usciamo insieme?) ed è entrato nella cultura popolare. Ha lanciato un trend da cui gli altri hanno attinto a piene mani, ma – a differenza della concorrenza – riesce a rinnovarsi. Certo, il concetto di like e swipe non è cambiato (ma se funziona perché cambiare?), ma tutto il resto è diverso.
Nuove “categorie d’incontro”, una funzionalità “speed dating”, la ricerca per interesse, serate a tema e…una serie tv interattiva in tre puntate che è un incrocio tra Black Mirror Bandersnatch (le decisioni si prendono a “botte di swipe”) e Scream.
Per cui, nonostante le funzioni sempre più a pagamento (più funzioni e prezzi più alti), Tinder resta la app di incontri “fatta meglio”.

Insomma: adesso potete davvero dire di conoscere queste app perché avete letto un articolo su internet.

Francesco Inverso

Quando scrissi la prima volta un box autore avevo 24 anni, nessuno sapeva che cosa volesse dire congiunto, Jon Snow era ancora un bastardo, Daenerys un bel personaggio, Antonio Cassano un fuoriclasse e Valentino Rossi un idolo. Svariati errori dopo mi trovo a 3* anni, con qualche ruga in più, qualche energia in meno, una passione per le birre artigianali in più e una libreria colma di libri letti e work in progress.
Sbagliando si impara…a sbagliare meglio.