Intervista a SirBone and the Mountain Sailors: “Canto la mia musica onesta”

Intervista a SirBone and the Mountain Sailors: “Canto la mia musica onesta”

Intervista a SirBone and the Mountain Sailors: “Canto la mia musica onesta”

SirBone and the Mountain Sailors esordiscono con “Wicked Games” nell’attesa di una live session: “nient’altro che onestà dalla nostra musica”.

Con il singolo A Tangle of ThornsSirBone and the Mountain Sailors, anticipano l’uscita di Wicked Games, l’album di esordio già disponibile in formato fisico e digitale dal 1° aprile 2022.

Wicked Games non è solo un album, è il testamento in musica di una vita vissuta, il coronamento di un sogno per il frontman Stefano Raggi, che da sempre sognava di mettere in musica i brani della sua vita come un album fotografico che tramite note e arrangiamenti sfoglia in dieci ballate acustiche, malinconiche, narrative e piene di pathos le pagine della sua vita.

37 minuti di atmosfere calde, dense, dove SirBone narra di giochi audaci (What you Say), di amori impossibili (A Tangle of Thornes) , di confessioni introspettive (Confession of a Bastard) , di una dolcissima ninnananna, (Your Lullaby)

Registrato e prodotto da Fabio Ferraboschi presso i Busker Studio di Rubiera, con il supporto dell’ufficio stampa A-Z Press, Wiked games è un album delicato, da ascoltare in punta di piedi e con rispetto. Le confessioni di un autore che rivela senza filtri il suo mondo e le sue esperienze.

CHI SONO SIRBONE AND THE MOUNTAIN SAILORS:

Stefano Raggi in arte Sirbone.

Boscaiolo dilettante, falegname improvvisato, musicista inconsapevole. Questo è Stefano Raggi, un romano che scappa dalla città per ritirarsi tra i boschi dell’alto Piemonte, un novello Ulisse che lascia la sua città, i suoi affetti più cari alla ricerca non della conoscenza assoluta come il personaggio omerico ma della musica perfetta, navigando tra le acque più torbide degli imprevisti della vita e che proprio come Ulisse ha a suo supporto degli amici fidati, i suoi “Marinai di montagna” (Gianmaria Pepi (batteria e percussioni), Roberto Zisa (chitarra acustica ed elettrica), Davide Onida (basso), Andrea Ferazzi (pedal steel guitar), Diego Coletti (tromba), Luca Garino (trombone), Umberto Poli (bouzuki, ukulele, al banjo, chitarra weissenborn) e Fabio Ferraboschi) che tessono per lui la colonna sonora delle ballate, regalando atmosfere coinvolgenti che sanno colpire l’ascoltatore trascinandolo come in un vortice all’interno di queste novelle come solo la musica di qualità sa e può fare.

Abbiamo intervistato il suo Frontman:

Ciao Stefano, il nome del vostro gruppo è molto singolare, in italiano tradotto sarebbe “Sir bone e i marinai di montagna” qual è la storia dietro il vostro nome?

“In realtà non c’è nessuna storia. Quando sono venuto qui in montagna, qualcuno ha iniziato a chiamarmi “cinghiale”, il soprannome mi piaceva e mi rappresentava, tanto che ho deciso di utilizzarlo come nome per la prima band con cui suonavo: i Wild Boars. Quando ci siamo separati, non potevo usare lo stesso pseudonimo. Poi un giorno una mia amica sarda ha iniziato a chiamarmi “Sirbone” che sarebbe cinghiale in sardo. Il soprannome mi è piaciuto perché richiama la mia prima band ma allo stesso tempo ha anche una valenza inglese”.

Quando ti sei avvicinato al mondo della musica e alla professione di cantautore?

“Ho cominciato a suonare a 17 anni in band autodidatte e da lì non ho più smesso, avvicinandomi a strumenti nuovi e sempre diversi. Ho iniziato a scrivere e a cantare canzoni invece molto tardi perché non ero mai soddisfatto del risultato, anche se in questi anni ho accumulato tanti testi che raccontano esperienze della mia vita. Un giorno ho sentito la necessità di registrarli per renderli eterni nel tempo, volevo un lavoro fatto bene perché era la mia vita in musica. Così due anni fa ho chiesto a dei miei amici musicisti di aiutarmi in questo sogno: loro mi hanno detto sì, così è nato il progetto di “Sirbone and the Mountain Sailors”.

Come definiresti la tua musica e il tuo progetto artistico? Perché cantare in inglese?

“È arduo perché non c’è un genere: c’è del Country, del Blues, del Tex Mex, c’è il Funky, il Rock, c’è un po’ di tutto. Se dovessi definire la mia musica la definirei onesta, spontanea perché è la mia vita in musica nulla di più nulla di meno. La scelta dell’inglese è dovuta al fatto che ho sempre ascoltato musica straniera, sono cresciuto con i Beatles, i Bee Gees, i Rolling Stones, una passione trasmessami da mia zia a cui devo la mia passione per la musica.”

Tangle of Thorne è il vostro singolo d’esordio: di cosa parla?

“Devo premettere che, per quanto la canzone sia struggente e malinconica, la sua origine ha in sé qualcosa di divertente. Tangle of Thorne non racconta di una mia esperienza personale, ma è la storia d’amore del mio idraulico. Un giorno mentre faceva dei lavori in casa mia si è sfogato e mi ha raccontato della sua storia d’amore impossibile, delle incomprensioni e dell’impossibilità con la sua fidanzata di poter coronare il loro sogno d’amore. Il brano racconta infatti uno dei tentativi di questa donna di allontanarlo da lui confessandogli di non amarlo più, un’amara bugia che avrebbe permesso a entrambi di smettere di soffrire. La storia mi ha molto colpito e ho voluto raccontarla”.

Tangle of Thorne è il singolo che anticipa l’album “Wicked Games”: qual è il filo comune che unisce tutte le canzoni dell’album?

“L’album non ha un filo comune, non sono brani ispirati a un tema univoco, se non quello di essere esperienze personali. La scelta dei brani è andata nelle mani del mio produttore Fabio Ferraboschi che tra tutte le canzoni che ho scritto nel corso della mia vita, ha scelto le più rappresentative”.

Quali sono i vostri progetti futuri?

“Il mio progetto è quello, con la fine della pandemia, di tornare a suonare live e continuare a fare musica per tutta la vita”.

Dove è possibile ascoltare Wicked Games?

“Su tutte le piattaforme sia di ascolto che di acquisto, mentre la copia fisica è possibile ordinarla dalla pagina Facebook della band”.

Pagina Facebook: SirBone & The Mountain Sailors (facebook.com)

Instagram: www.instagram.com/stefano_sirbone_raggi

YouTube: www.youtube.com/channel/UCBcVvydHOAu2NG3-u55DTxg

ASCOLTA ‘WICKED GAMES’ SU SPOTIFY

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Di Nicole Prudente

 

Il dito di Dio: il viaggio di Pablo Trincia nel naufragio della Costa Concordia

Il dito di Dio: il viaggio di Pablo Trincia nel naufragio della Costa Concordia

Il dito di Dio: il viaggio di Pablo Trincia nel naufragio della Costa Concordia

Il dito di Dio – Voci dalla Concordia è il nuovo podcast di Paolo Trincia sul naufragio della Costa Concordia del 13 gennaio 2012, un viaggio empatico fra le macerie e le narrazioni di chi è rimasto.

Dieci anni dal naufragio della Costa Concordia. Tutti ricordiamo esattamente dove eravamo e cosa stavamo facendo nel momento in cui abbiamo saputo quello che stava succedendo nel mare nostrum, al largo della costa dell’Isola del Giglio. Tutti lo ricordiamo perché è stato un evento inaspettato, incredibile.

Chi avrebbe mai detto che nel 2012 le navi potessero ancora scontrarsi con gli scogli e, di conseguenza, naufragare? Chi avrebbe mai detto che nel ventunesimo secolo la gente sarebbe ancora morta in mare? Nessuno. Per questo il naufragio della Costa Concordia è considerato uno spartiacque nella storia della navigazione in Italia e occorre mantenerne ancora vivo il ricordo.

Per ricordare ciò che accadde la notte del 13 gennaio 2012, Pablo Trincia ripercorre al millesimo di secondo gli eventi, i momenti, gli errori che hanno portato alla tragedia ascoltando le voci di chi, quella notte, l’ha vissuta. Di chi ha avuto paura davvero e di chi quella notte ha perso qualcosa. Trincia, ospite di Daria Bignardi all’Ora Daria, parla di “un incidente evitabilissimo. Ma il vero dramma comincia dopo per la gestione dell’emergenza e dell’abbandono nave. I passeggeri si ritrovano senza nessun tipo di informazione mentre questa nave si inclina sempre di più e tutte le norme di sicurezza vengono ignorate. In molti non riescono ad abbandonare la nave perché, per via dell’inclinazione raggiunta, le scialuppe ad un certo punto non riescono più a scendere. Ci sono state delle coincidenze assurde, le storie delle persone sono legate fra di loro, in molti ancora si sentono dopo tutto questo tempo. Abbiamo visto viltà, menzogne e cialtroneria ma tanta umanità, non deve restare solo la storia di Schettino ma anche il ricordo di cosa siamo capaci di fare in senso positivo. La cosa più assurda di quest’incidente è la stupidità”.

Pablo Trincia, dal suo profilo Instagram

Pablo Trincia non opera però una condanna. Le storie di quattromila ospiti, quattromila persone, quattromila naufraghi diventano nove episodi di un podcast originale Spotify prodotto da Chora Media. Un podcast profondo e spiazzante fatto di interviste, racconti, domande e dubbi che piano piano vengono dissipati come nodi che si allentano. Storie di terrore e di rabbia che nel corso della notte diventano legami a cui aggrapparsi, che da quel giorno non si sono mai più sciolti.

Se dovessimo descrivere con una sola parola il lavoro di Pablo Trincia non ci sarebbero dubbi, sarebbe “empatia”. Trincia ha un modo di indagare la vita delle persone e i momenti salienti in un modo così delicato, senza pretese, senza forzature, con leggerezza. Quella leggerezza che, diceva il saggio, “non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto”.

Pablo Trincia è un uomo buono, un cantastorie, un amante della cronaca e un estimatore della verità. Lo avevamo capito con Veleno – podcast, poi libro e poi docu-serie Amazon Prime Video che ricostruisce la storia dei Diavoli della Bassa Modenese – ne abbiamo avuto la conferma con Il dito di DioVoci dalla Concordia. Si tratta di un podcast imperdibile, nel quale Pablo Trincia ha dimostrato ancora una volta di essere un vero maestro nell’utilizzo di questo “nuovo” mezzo di comunicazione.

 

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Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.