Natale 2022: un film per ogni occasione

Natale 2022: un film per ogni occasione

Natale – motore, ciak, azione!

Siamo giunti anche quest’anno al periodo più magico che esista: il Natale! E, come da tradizione, si comincia con le maratone dei film natalizi. Se siete dei grandi appassionati del genere, oppure dei curiosi, andremo a darvi delle idee originali per trascorrere al meglio questo momento.

Il nostro primo suggerimento rientra tra i grandi classici; sto parlando di Una poltrona per due. Film del 1983, ambientato tra New York e Filadelfia, narra le vicende di due uomini, Louis Winthorpe III e Billy Ray Valentine, rispettivamente agente di cambio e senzatetto. Le loro vite cambieranno nel momento in cui i datori di lavoro di Louis (i fratelli Duke) decidono di scommettere su quale sia il motivo che spinga una persona verso il successo o la delinquenza, facendo in modo di “scambiarli di posto”. Ne conseguiranno una serie di eventi che porteranno i due ad allearsi contro i due fratelli.

Un altro grande classico di Natale è Miracolo nella 34ª strada, ovvero la storia di una bambina (Susan) che, inizialmente non crede a Babbo Natale, ma che poi si lascia convincere della sua esistenza. E sarà questa sua ferma convinzione la chiave per aiutare il signor Kris Kringle in un momento di forte difficoltà.

Se vogliamo rimanere tra i classici, spostandoci però vero un pubblico più giovane (per così dire), allora non possiamo fare altro che guardare Il Grinch. Un sensazionale Jim Carrey interpreta il ruolo della leggendaria creatura che più di chiunque odia il Natale. Sarà la dolce Cindy Chi Lou, che con la sua dolce innocenza e fiducia negli altri, a far sì che il nostro Signor Grinch ami di nuovo il Natale.

Ora parliamo di un film che molti non riescono a posizionare all’interno del calendario: The Nightmare Before Christmas. Questo lungometraggio di animazione trova posto nel periodo tra Halloween e Natale; motivo per cui si fatica a collocarlo. Narra le vicende di Jack Skeletron, il re di Halloween, in preda ad una sorta di crisi d’identità. Non è più soddisfatto della sua festa. Camminando senza meta nella foresta, si imbatte in uno strano luogo, dove trova degli alberi con delle strane porte di forme bizzarre. Cosa accadrà mai in questo posto?

Rimanendo nei film di animazione, ma spostandoci più verso i tempi attuali, troviamo un film che porta con sé un grandissimo messaggio. Parliamo di Klaus – I segreti del Natale. Questa è la storia di Jesper, un ragazzo nato da una famiglia benestante, che viene costretto ad essere un postino. Ma la sua totale svogliatezza, vede costretto il padre a mandarlo in un remoto paesino del Polo Nord, dove nessun postino mai è rimasto. Questo perché qui vivono due grandi clan, i Krum e gli Ellingboe, i quali si fanno la guerra da generazioni a suon di dispetti, scherzi e prese in giro. Sarà l’incontro di Jesper con Klaus, a far smuovere le cose in quel piccolo paesino polare.

Il nostro ultimo consiglio ci fa tornare tra i classici; stiamo parlando di Jack Frost. Al centro della storia troviamo la famiglia Frost, dove il padre Jack è un musicista che purtroppo è spesso lontano da casa. Un giorno, però, Jack ha un brutto incidente d’auto che gli risulterà mortale. A distanza di un anno, il figlio Charlie realizza un pupazzo di neve, il quale diventerà il suo nuovo confidente. Quello che non si sarebbe mai aspettato, è che lo spirito del padre si incarnasse (o meglio innevasse) nel suo pupazzo, trovando così un nuovo amico che lo sprona a dare di più.

Questi, ovviamente, sono solo alcune idee dalle quali partire. Ma se avete a disposizione una qualsiasi piattaforma di streaming, e cercate semplicemente Natale, vi si aprirà un mondo di possibilità. Dalla commedia al romanticismo, fino addirittura a sfociare nell’horror, avrete solamente l’imbarazzo della scelta.

Alex Bernardi

Mi chiamo Alex, e sono un semplice ragazzo di 28 anni che ha iniziato il suo percorso dedicandosi agli anime. Nel corso del tempo ho iniziato anche ad apprezzare il mondo delle serie tv, ed ho avuto modo di visionare svariati titoli, alcuni recenti e altri meno. E niente: spero di incuriosirvi sempre più!

Pesolillo: quando i vini raccontano la terra

Pesolillo: quando i vini raccontano la terra

Pesolillo: quando i vini raccontano la terra

Durante l’ultima edizione di Trevino abbiamo avuto l’occasione di assaggiare i vini prodotti dalle tenute agricole Pesolillo. Vini corposi, figli di una terra ricca che si riflette in ogni calice…

In un panorama a metà tra colli e pianure, in quelle terre abruzzesi patria del Montepulciano e figlio di una “corposità”, di un modo vero, vivo di intendere il vino e il rapporto umano nascono i vini dell’azienda agricola Pesolillo. Una realtà famigliare che porta avanti da anni un nome, un marchio e una qualità che viene tramandata nei prodotti, in un Montepulciano declinato in diversi “modi”, dal giovane alla riserva. Una realtà che in ogni bicchiere versa passione, oltre che vini di alto profilo che derivano da oltre 60 anni di attività, prima nella ristorazione, poi con una produzione che ha varcato i confini dell’agriturismo di famiglia per lasciarsi degustare dal resto del mondo. 

Durante Trevino, la fiera del vino organizzata da Vale20 e svoltasi qualche settimana fa in quel di Treviglio Fiere, abbiamo avuto modo di conoscere e intervistare Lorenzo Pesolillo, una nuova generazione entrata in azienda. La storia dei vini Pesolillo la lasciamo direttamente alle sue parole. Noi abbiamo parlato fin troppo.
Siamo una piccola azienda famigliare che vive e lavora in provincia di Chieti. Siamo in attività dal 1961, quando mio nonno acquistò i terreni dove è nato il nostro agriturismo. La storia dei nostri vini segue una vera tradizione abruzzese. Inizialmente non imbottigliavamo, ma come tanti altri producevamo e poi portavamo in cooperativa. Poi, circa vent’anni fa, abbiamo iniziato a imbottigliare per permettere ai clienti dell’agriturismo di assaggiare i nostri vini e, circa quattro anni fa invece, abbiamo deciso di aprirci “al mercato”, portare fuori i nostri prodotti, far conoscere a tutti la qualità dei nostri vini biologici”, ci ha raccontato.

I VINI
I nostri vini raccontano la nostra storia, la nostra tradizione. I nostri vigneti poggiano su terreni sabbiosi a circa 250 metri di altezza. Abbiamo tanta escursione termica, una brezza marina e dei vigneti di pergola abruzzese, quindi dei filoni che permettono l’ingresso di tanta aria all’interno delle vigne. Questo fa sì che abbiamo un grappolo abbastanza asciutto e previene la possibile presenza muffa. Un vantaggio considerando che abbiamo vini biologici”. 

LA LINEA
In questo momento abbiamo cinque vini. Un pecorino superiore ricco di freschezza e salinità, figlio dei nostri terreni. Abbiamo un rosato che deriva principalmente dal montepulciano vinificato in bianco e tre tipi di montepulciano.
Da un rosso giovane (2021) che ha fatto “solo” quattro mesi di acciaio e poi bottiglia, una versione intermedia che fa acciaio e poi legno, e una versione riserva che, come da disciplinare e da tradizione, fa un anno di acciaio ,14 mesi di legno e sei mesi di bottiglia”.  

IL FIORE ALL’OCCHIELLO: MONTEPULCIANO RISERVA 2019
Il Montepulciano Riserva di Pesolillo è corposo, forte, il suo rosso intenso lo vedi e lo senti in bocca, dove rilascia forte i sentori dei 14 mesi passati in botte. La frutta rossa matura, le spezie e le mandorle escono al naso e lasciano la bocca ricca.

Come nasce?
Le uve vengono raccolte a mano intorno alla prima settimana di ottobre quando hanno raggiunto la perfetta maturazione aromatica e polifenolica.
Dopo diraspatura e pigiatura, le uve vengono fermentate a temperatura controllata di 27-29°C con ripetuti rimontaggi e delestage per 15-18 giorni. Segue malolattica spontanea, e successivamente matura in contenitori di legno (barriques e tonneaux) per 12-14 mesi.
La lunga maturazione in legno fonde i ricchi profumi del Montepulciano con le delicate note del nobile legno francese in un’armonia che esalta l’unicità del territorio abruzzese. 

NOVITÀ
Una linea precisa che racconta la terra quindi, ma in futuro?
Per i prossimi anni stiamo valutare di lavorare nel mondo dei bianchi. Abbiamo dei vitigni di vitigni “maiolica” come bacca rossa e “cococciola” come bacca bianca e stiamo capendo che taglio dare. Vedremo”. 

Com’è andata a Trevino?
“È stato molto bello poter tornare in fiera, far assaggiare i nostri vini. Onestamente non sapevamo bene che cosa aspettarci alla vigilia. L’ultimo evento a cui abbiamo partecipato ha avuto un’affluenza sotto le aspettative e questo ci aveva messo in allarme. Fortunatamente c’è stata un’affluenza davvero ogni oltre previsione. Ci hanno svuotato le cantine…(sorride, ndr)” 

Di parole ne abbiamo usate fin troppe. Adesso non vi resta che assaggiarli. 

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Francesco Inverso

Quando scrissi la prima volta un box autore avevo 24 anni, nessuno sapeva che cosa volesse dire congiunto, Jon Snow era ancora un bastardo, Daenerys un bel personaggio, Antonio Cassano un fuoriclasse e Valentino Rossi un idolo. Svariati errori dopo mi trovo a 3* anni, con qualche ruga in più, qualche energia in meno, una passione per le birre artigianali in più e una libreria colma di libri letti e work in progress.
Sbagliando si impara…a sbagliare meglio.

La barbajada: storia della bevanda milanese dimenticata

La barbajada: storia della bevanda milanese dimenticata

La barbajada: storia della bevanda milanese dimenticata

Milano non è solo la patria della cotolètta e dello sbagliato, Milano è anche una misteriosa bevanda dimenticata: la barbajada. Cos’è? Da dove arriva? Ma soprattutto… che fine ha fatto?

La barbajada è una bevanda che nasce a Milano, molto in voga nella prima metà dell’Ottocento, che accompagnava la degustazione di diversi dolci. Si beveva sia calda, in inverno, che fredda, nella stagione più calda, e le grandi dame e i signori di un tempo di incontravano nelle caffetterie proprio per sorseggiare questa bevanda lanciata da un impresario teatro locale, Domenico Barbaja.

Domenico Barbaja fu un giovane cameriere in una caffetteria meneghina, ma in età più matura divenne uno degli uomini più potenti dell’Europa ottocentesca grazie a un eccezionale talento musicale e un’ineguagliata capacità imprenditoriale. Non a caso, Barbaja diresse diversi grandi teatri milanesi come il Teatro alla Scala, il San Carlo e il Teatro di Cannobiana (oggi teatro Lirico). Fu lui a fondare il Caffè dei Virtuosi, un bar che si ubicava proprio accanto alla Scala per intrattenere i frequentatori del teatro, e proprio in memoria delle sue umili origini di cameriere creò una bevanda golosa e irresistibile: la barbajada, preparata con un mix di cioccolata, latte e caffè in parti uguali a cui si aggiungeva dello zucchero e che veniva mescolata fino a schiumare.

Un vero e proprio “rito delle cinque”, al Caffè dei virtuosi ci si incontrava per discutere di affari generali, società, cultura e politica degustando una bibita nuovissima, accompagnata da biscotti e dolci di ogni tipo. Un peccato di gola dal sapore borghese, ma non solo: negli anni in cui i Savoia, a causa delle invasioni napoleoniche, dovettero rifugiarsi a Cagliari tra il 1807 e il 1814, Francesco d’Austria-Este futuro Duca di Modena annota nella sua Descrizione della Sardegna che il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I si alzava ogni giorno alle sette e faceva una colazione “che consiste sempre in barbaja, ossia caffè e cioccolata insieme”.

Per il milanese, la barbajada era comune fino agli anni Trenta del secolo scorso, poi è andata pian piano a scomparire perché il procedimento con il quale si realizza è impegnativo e lungo. Negli anni Cinquanta si poteva trovare solo in pochi bar amanti della tradizione, ma piano piano anche questi locali hanno smesso di produrla fino a causare la sparizione della bevanda negli anni Settanta. L’avvento delle macchinette del caffè e della cioccolata ha reso sempre più obsoleto dover preparare una bevanda mescolando ingredienti a mano, le troppe preparazioni necessarie per la preparazione di una singola tazza hanno fatto sì che questa tradizione si perdesse nel corso della storia.

Sebbene sia difficile degustarla nei locali meneghini, la barbajada rappresenta un simbolo non troppo conosciuto della storia della città di Milano e per questo è stata insignita del titolo De.Co., un riconoscimento dato dal Comune di Milano ai prodotti gastronomici legati alla tradizione della città, alla sua identità e al potere di comunicarla in tutto il mondo (esatto, lo hanno ricevuto anche il panettone e il risotto). Un titolo che la barbajada ha ricevuto soltanto nell’aprile 2008 per sottolineare la sua territorialità.

Oggi è piuttosto difficile trovare un luogo dove poter bere la barbajada seduti davanti a una bella fetta di torta, quei pochi locali che la servivano nei primi anni Duemila hanno recentemente cessato l’attività e questo ha messo in seria difficoltà i cittadini desiderosi di ripercorrere questa tappa della storia milanese. Eppure, cercando con attenzione, abbiamo trovato un paio di esercizi commerciali che propongono la barbajada: prima fra tutti la pasticceria Vergani (Corso di Porta Romana), che la propone per la colazione con una fetta di panettone, ma anche la Torrefazione Hodeidah (via Piero della Francesca), una bottega storica milanese fondata nel 1946. Da non dimenticare nemmeno Pavè (quattro diversi locali, quattro diverse declinazioni di Pavè a Milano), un posto felice che, oltre alle delizie di caffetteria, propone moltissime goloserie provenienti dal loro laboratorio, dalle deliziose brioche per la colazione alle birrette per l’aperitivo. È, al momento, uno degli unici posti a Milano dove poter gustare la barbajada come si faceva una volta. Provare per credere.

di Gaia Rossetti