“Il futuro del vino naturale nelle mani delle nuove generazioni”: la scommessa di Tenuta Baroni Campanino

“Il futuro del vino naturale nelle mani delle nuove generazioni”: la scommessa di Tenuta Baroni Campanino

“Il futuro del vino naturale nelle mani delle nuove generazioni”: la scommessa di Tenuta Baroni Campanino

Il vino naturale è un mercato ancora di nicchia, ma in continua ascesa. Tenuta Baroni Campanino lo sa bene e scommette sui giovani con Mattia Di Bartolo, enologo a “soli” 26 anni.

Quando si accenna al “vino naturale” si rischia sempre di scontrarsi con scetticismi, pregiudizi e superstizioni. Eppure, soprattutto tra le nuove generazioni, questo modo di produrre (e apprezzare) il vino in maniera più consapevole e più sostenibile sta prendendo sempre più piede. E – ne siamo convinti – darà sempre più filo da torcere agli estimatori del vino convenzionale.

A parlarcene è Mattia Di Bartolo, enologo della Tenuta Baroni Campanino, che abbiamo incontrato in occasione della prima edizione dell’esibizione milanese dedicata ai “vignaioli naturali” Vi.Na.Ri. lo scorso 12 febbraio. Ventisei anni, fresco di università, per Tenuta Baroni Campanino si occupa anche della parte commerciale, di import ed export.

Mattia Di Bartolo, enologo di Tenuta Baroni Campanino

Cos’è Tenuta Baroni Campanino? Come si articola la vostra produzione?
La Tenuta Baroni Campanino si trova in Umbria, sul Monte Subasio, alle spalle di Assisi. I nostri vigneti crescono sul cucuzzolo di una montagna fra i 700 e i 900 metri di altezza e tutti i nostri appezzamenti hanno una pendenza del 50-60%. È un terreno abbastanza difficile da lavorare, ci vuole molta manualità, per questo la nostra è a tutti gli effetti una viticoltura eroica.
A livello vitivinicolo i vigneti hanno tutti certificazione biologica e seguiamo un iter biodinamico, mentre in cantina invece la produzione è tutta naturale: fermentazioni spontanee, non filtriamo, la temperatura non è controllata e, soprattutto, il nostro è un vino che ci piace chiamare “
hangover free”, poiché cerchiamo di stare su un massimo di 20 milligrammi di solforosa totale per litro. Nei nostri vini stiamo intorno ai 10-12 milligrammi, una quantità quasi nulla che fa sì che questi vini non diano mal di testa: hangover free, per l’appunto”.

Quante bottiglie fate all’anno?
Abbiamo 11 ettari di vitigni dai quali ricaviamo 50mila bottiglie l’anno, ma non solo. Oltre alla cantina abbiamo anche un birrificio stile trappista in cui produciamo birre monastiche, stile belga”.

Su quali vitigni si concentra la vostra produzione?
Il rispetto della natura che professiamo celebra l’unicità di ogni vendemmia lasciando che i nostri vitigni Sangiovese, Trebbiano, Colorino e Malvasia diano vita a vini in grado di narrare ogni anno la loro storia. Per quanto riguarda i bianchi abbiamo scelto di coltivare anche un vitigno internazionale, il Riesling italico, una varietà particolare che si trova in aree di montagna alte e fredde come il Trentino Alto Adige, l’Austria e la Germania. In Umbria siamo gli unici ad avere il Riesling grazie alla nostra altitudine. Abbiamo impiantato queste barbatelle e abbiamo visto che il terreno era ottimo per fare questo tipo di vino, così abbiamo deciso di produrre un Riesling in purezza.
Abbiamo un rosé da Sangiovese in purezza, il Sangiovese è uno dei vitigni più diffusi fra Toscana, Umbria e Marche ed è un’uva bella colorata, così come poi risulta il nostro rosé. Viene fatto nello stesso periodo in cui facciamo uscire il nostro Sangiovese in purezza Intenso, il nostro cavallo di battaglia e vino più iconico. Mentre facciamo Intenso, una vendemmia di ottobre quindi già tardiva, facciamo il rosé: Il primo mosto che esce diventa rosato e una volta che ne abbiamo un quantitativo sufficiente passiamo a fare i rossi.
Come rossi abbiamo appunto Intenso, Sangiovese in purezza vendemmia di ottobre, e il Rosso Campaninoche è Sangiovese in purezza vendemmiato a novembre, ancora più tardi: un vino pensato per la selvaggina, che con i suoi 14.5-15 gradi è perfetto per essere abbinato al cinghiale. Non a caso in Tenuta Baroni Campanino abbiamo anche un allevamento di suini neri allo stato brado.
Abbiamo inoltre una riserva, Assolo, un Sangiovese in purezza che definisco “finto Brunello di Montalcino” perché per produrlo seguiamo l’antica ricetta del Brunello di Montalcino: tre anni in botte tronco-conica di legno di rovere francese, due anni di affinamento in bottiglia, poi esce sul mercato.
Dopodiché abbiamo un “finto Chianti”, per il quale usiamo l’antica ricetta del Chianti, un blend composto da 70 % Sangiovese, 20% Merlot per addolcire e arrotondare il gusto e 10% colorino” un vitigno da taglio che dà più colore e ruvidezza ai vini, ci racconta. “Infine abbiamo il Gamay, il vitigno internazionale che abbiamo scelto come rosso: Gamay francese da un barbatello acquistato in Francia che fa tre anni di barrique di rovere francese (dove prima c’era il Bordeaux) e due anni di affinamento in bottiglia. Un vino molto particolare, dall’imponente tannino verde che però a sua volta è sovrastato dal fruttato del Gamay e dal sentore pepato del barrique di rovere francese”.

Qual è il primo vino che hai aggiunto tu?
Io lavoro con Tenuta Baroni Campanino da circa due anni, ma la linea attuale esiste dal 2017, quando era seguita dall’enologo precedente. La “mia” linea uscirà in realtà quest’anno, ci piace fare sperimentazioni su nuove tipologie di vino e al momento stiamo lavorando su un metodo ancestrale rosé che segue una rifermentazione in bottiglia su lieviti da Sangiovese in purezza. Perché questa scelta? Semplice, perché va molto di moda in questo momento. Di bianchi ne facciamo pochi, quindi non avrebbe senso fare rifermentati bianchi, ma di uva a bacca nera ne abbiamo tanta e di conseguenza possiamo sperimentare molto sul rosé”.

Il mercato del vino naturale al momento è molto più forte all’estero che in Italia, orientato soprattutto verso l’Estremo Oriente, verso la Corea e il Giappone… com’è questo rapporto in Tenuta Baroni Campanino?
Anche noi esportiamo molto, il nostro fatturato proviene al 70-80% dall’estero e al 20-30% dall’Italia. Siamo molto forti in Europa in paesi come Francia, Lussemburgo, Germania, Olanda, Svizzera, Portogallo, Spagna, ma anche oltreoceano presso Stati Uniti, Canada, Messico. A Oriente lavoriamo soprattutto con la Corea del sud… il Giappone ancora ci manca, ma stiamo cercando di entrarci, e in questi giorni stiamo parlando anche con la Cina.
Una motivazione alla base di questa evidenza probabilmente è che all’estero si è molto più attenti alla sostenibilità e a cosa viene utilizzato all’interno de vini. Noi non aggiungiamo niente, le fermentazioni sono spontanee, non filtriamo, le temperature non sono controllate, la solforosa è minima e i clienti sono molto attenti a questo e preferiscono investire su queste piccole realtà invece che su grandi produttori ormai standardizzati. Ogni bottiglia è una scoperta e fuori la gente è molto più istruita sul mondo del naturale, cosa che ancora in Italia siamo indietro.
In Italia il panorama è molto più diversificato, ci sono regioni molto istruite sul naturale e regioni che lo sono meno. Noi siamo in Umbria e nella nostra zona vendiamo pochissimo: i nostri mercati italiani di riferimento sono Lazio, Puglia, Toscana”.

Logo di Tenuta Baroni Campanino

Dopo averci raccontato dell’azienda, della sua filosofia e dei suoi prodotti, si lascia andare a una considerazione più intima, profonda, ricca di speranza: il futuro del vino naturale è nelle mani dei giovani.

Quella del vino naturale è una piccola fetta di mercato, rappresenterà il 2-3% del commercio del vino, però è un mercato che piano piano si sta espandendo. Ci sono sempre più produttori naturali e soprattutto c’è un cambiamento fra le generazioni che si orientano verso nuovi orizzonti. Ho notato in diverse fiere italiane che i visitatori, italiani e non solo, conoscono solo i nomi più grandi, come Barolo, Barbaresco, Amarone e Brunello di Montalcino: ci sono moltissimi vini esposti, ma vengono apprezzate solo quelle quattro tipologie. Qui invece, su fiere orientate al naturale come Vi.Na.Ri., c’è un interesse diverso da parte del consumatore verso lo scoprire nuove tipologie, nuovi luoghi, nuove vinificazioni. C’è più informazione”.

Tenuta Baroni Campanino rivolge al futuro uno sguardo più consapevole, più green, senza però stravolgere la tradizione e mantenendo ben saldi i principi delle colture locali. Se di sostenibilità si parla ormai tanto, forse troppo, e l’impegno in questo senso in molti settori risulta essere solo parole al vento, nel mondo del vino naturale si tratta di un progetto reale, concreto, attuale. E non vediamo l’ora di vederne gli sviluppi.

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I Colli Euganei, da sempre terreno di passaggio e di incontro fra i popoli, sono una delle regioni vinicole più varie in Italia. Ne abbiamo parlato con Marco Zanovello, uno dei proprietari di Ca’ Lustra, azienda vitivinicola e fattoria didattica che su questi colli ha i suoi vigneti e la sua produzione da oltre quarantacinque anni.

Ca’ Lustra Zanovello è un’azienda vitivinicola sita a Faedo di Cinto Euganeo, nel cuore dei Colli Euganei, che si dedica alla produzione di vini biologici e naturali. Una storia che inizia negli anni Sessanta, quando Angelo Zanovello acquistò il podere di Faedo per farne un rifugio per i fine settimana in famiglia. L’azienda vitivinicola Ca’ Lustra nasce nel 1977 con Franco Zanovello, figlio di Angelo, grazie alla sua passione per la viticoltura.

Da allora ne ha fatta di strada: oggi Ca’ Lustra è un’impresa familiare che si estende su 42 ettari di terreno, di cui 25 a vigneto e i restanti a uliveto, bosco e pascolo ed è gestita dai figli di Franco, Marco e Linda, i quali hanno deciso di seguire nella produzione gli stessi principi ed etica del padre.

Vinificazioni tradizionali con fermentazioni spontaneesenza alcuna chiarifica e con un uso di solfiti ridotto al minimo, rispettando le diversità caratteristiche dei Colli Euganei, come l’alternanza di generosi suoli vulcanici a ben più aridi sedimenti marini, con il duplice scopo di salvaguardare l’ambiente naturale e la biodiversità e di valorizzare i particolari “cru”.

Grazie all’appartenenza di Ca’ Lustra a VinNatur, associazione di vignaioli naturali che punta a promuovere la produzione di vini naturali e sani e si dedica a importanti sperimentazioni e studi in vigna, e alla loro partecipazione alla prima edizione di Vi.Na.Ri. abbiamo avuto l’occasione di intervistare Marco Zanovello, uno degli attuali proprietari di Ca’ Lustra.

Da quanto siete in attività e come siete arrivati al vino naturale, dato che in Italia è un terreno ancora poco esplorato?
L’attività è nata negli anni Sessanta come appendice della casa di famiglia, una fattoria con campi, bestiame, ma ancora non specializzata in vigneti. È negli anni Settanta-Ottanta che si è creata l’attività economica focalizzata sul vino che poi è cresciuta nei quarant’anni seguenti. Un’attività familiare che con costanza e dedizione è diventata quello che è oggi”.

Quando si va ad approcciarsi al vino naturale in Italia c’è sempre un po’ di pregiudizio. Cosa significa per voi dedicarvi al vino naturale?
Per noi è stato un percorso di sperimentazione, una scelta di lavoro sul vino a tutto tondo. Coltiviamo in biologico dal 2008 come risultato di uno sviluppo naturale e coerente dei nostri valori: una decisione che ha anche un riscontro tangibile sulla bontà dei nostri vini. Il nostro obiettivo infatti è quello di produrre vini biologici, naturali e autentici, preservando un territorio parte dell’area protetta del Parco Naturale, oggi anche Biodistretto di cui siamo soci.
Nei primi anni Duemila abbiamo avviato attività di degustazione, eventi e confronti anche tra vignaioli e colleghi e questo ci ha portato moltissimi stimoli. fin dal principio la sperimentazione ha fatto parte della nostra filosofia, ma negli anni seguenti, anche grazie ad alcuni di questi stimoli, abbiamo portato avanti molte prove, anche in campagna, producendo in parallelo uno stesso vino con tecniche diverse. A un certo punto ci siamo accorti che i risultati della produzione biologica ci piacevano di più rispetto alle tecniche precedenti e abbiamo modificato la nostra produzione. gradualmente siamo arrivati a una produzione naturale per tutti i nostri vini, continuando a sperimentare con l’obiettivo di un costante miglioramento”.

Il logo di Ca’ Lustra Zanovello

Qual è l’ultimo vino che avete aggiunto alla vostra gamma?
È difficile dirlo, da due o tre anni affianchiamo ogni anno alla nostra produzione alcune etichette sperimentali, piccole partite, dalle 100 alle 1000 bottiglie per tipologia. Durante i primi mesi del 2020, a causa della reclusione forzata dovuta alla diffusione del Covid, ci siamo ritrovati ad avere parecchio tempo libero in cantina e abbiamo pensato che potevamo fare prove più su larga scala: invece di imbottigliare 20 bottiglie per uso interno e basta, avremmo potuto fare tirature più grandi e inventarci etichette estemporanee e proporle al pubblico. Il fatto di lavorare molto con la vendita diretta ci è stata d’aiuto: abbiamo clienti affezionati e curiosi che ci chiedono costantemente novità. Questo ben si sposa con la nostra voglia di sperimentare, così è nato il progetto delle “Prove d’Autore”. Vecchie varietà, vigneti particolari, prove di vinificazione, differenze tra vigne giovani o vecchie, sorprese dovute all’annata e qualche errore: così nascono queste bottiglie particolari”.

 
 

Quante bottiglie producete ogni anno?
Circa 130mila, siamo una decina di persone a lavorarci. Una produzione importante che è possibile portare avanti grazie alle particolari condizioni geologiche e climatiche in cui lavoriamo, che sono diverse da versante a versante. I nostri 25 ettari sono organizzati su terreni dalle caratteristiche molto diverse fra loro, per cui la stessa varietà coltivata in aree diverse cambia anche di un mese e mezzo i tempi di maturazione e questo si riflette sui nostri vini. Ecco perché viene facile mantenere 20 etichette stabili e fare svariate Prove d’Autore, abbiamo condizioni podologiche e climatiche che ce lo permettono e un’ampia varietà genetica che ci semplifica le cose”. 

Alcune delle etichette di Ca’ Lustra Zanovello in degustazione a Vi.Na.Ri

Quali vitigni coltivate?
I vini di Ca’ Lustra sono legati all’anima del territorio in cui ci troviamo, i Colli Euganei sono stati sempre un luogo di passaggio e tante varietà sono arrivate nel corso del tempo, non abbiamo un’identità varietale chiara come altre zone in Italia” ci racconta. “Per quanto riguarda le varietà rosse, nel Novecento i bordolesi hanno soppiantato quasi tutte le coltivazioni che c’erano prima: stiamo facendo progetti di recupero di altre varietà più anziane della nostra zona, però al momento quasi tutto è piantato a uve Bordolesi. Tradizionalmente, le uve rosse erano coltivate a pieve di collina e i bianchi nella parte in pendenza. In eredità abbiamo di tutto: gli ultimi arrivi dai francesi sono Pinot Bianco e Chardonnay, poi andando a ritroso nel tempo ci sono il Moscato Giallo arrivato con i veneziani, le Malvasie, il Tai bianco (Tocai) e anche varietà più antiche come la Pinella, che è stata impiantata anch’essa dai veneziani sui nostri terreni calcarei, il Moscato Bianco, che è forse il più antico fra le uve che coltiviamo, la Garganega, la Glera… per questo è difficile identificare il vitigno più tipico della zona. Certo è che abbiamo grandi successi con Moscati e Bordolesi, che cerchiamo di coltivare nelle aree più adatte, e abbiamo un occhio di riguardo per le varietà autoctone più resistenti al clima caldo e asciutto della parte sud dei Colli Euganei”.

Abbiamo chiesto a Marco di farci assaggiare (e di raccontarci) il vino che più identificasse l’etica di Ca’ Lustra. Ha scelto per noi un IGT Veneto Moscato secco, ‘A Cengia.
Si chiama così perché prende il nome dalla valle in cui lo coltiviamo, la Cengolina, nei pressi della cantina. Si tratta di una valle con i versanti piuttosto ripidi anticamente completamente coltivati a terrazzamenti. Negli ultimi cinquant’anni sono stati quasi tutti abbandonati, noi stiamo cercando di gestire quelli che ci rimangono di proprietà e di recuperarne altri nel tempo. Un moscato bianco, una delle varietà di tradizione più antica che abbiamo e che coltiviamo”.

‘A Cengia, Moscato Secco IGT Veneto


Ca’ Lustra Zanovello online
Sito web: calustra.it
Facebook: Ca’ Lustra – Zanovello – Il Vino degli Euganei

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Una rilettura del vino friulano che esce dagli schemi: questa la filosofia di Alessandro Job, proprietario di Villa Job a Pozzuolo del Friuli. 9 ettari di terreno, 7 etichette, 30mila bottiglie all’anno e la voglia di reinterpretare i vini di questa terra in maniera decisamente meno tradizionalista.

In questi anni di forte cambiamento sociale e climatico abbiamo capito sempre di più il valore sociale del vignaiolo. I nostri vini sono il nostro pensiero, la nostra passione, le nostre idee; come tali devono essere libere e personali, non legate al solo fattore commerciale. Una bottiglia di vino può e deve contenere cultura”.

In occasione di Vi.Na.Ri, la due giorni milanese all’insegna del vino naturale svoltasi il 12 e 13 febbraio, abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole con Alessandro Job, proprietario dell’Azienda Agricola Villa Job, il quale concepisce le vigne ereditate dal nonno in un’ottica circolare, che cerca di limitare all’osso ogni tipo di scarto e di assecondare il naturale corso della vite, della pianta e del mosto. Noi lo abbiamo intervistato per farci raccontare la filosofia dietro le coloratissime etichette.

Chi è Villa Job? Qual è la vostra storia?
Siamo una piccola azienda di Pozzuolo del Friuli, a pochi chilometri da Udine. Siamo quattro persone che lavorano nove ettari di vigneto. Oltre al vino abbiamo un bosco, un fiume, venticinque alveari e una fattoria sociale”, ci ha raccontato. “Abbiamo iniziato a confrontarci con il vino naturale sei anni fa, nel 2017, quando abbiamo “preso in mano” l’attività del nonno. Inizialmente abbiamo portato avanti la sua filosofia, ma nel corso del tempo abbiamo cominciato a tracciare la nostra strada”.

Alessandro Job, proprietario di Villa Job

Che tipi di vini producete?
Facciamo sia vini del territorio che vini internazionali, principalmente parliamo di vitigni classici friulani come Tocai, Sauvignon, Pinot grigio, Refosco e Schiopettino. Ogni vino ha un’etichetta e un nome che lo caratterizza proprio perché secondo noi ogni bottiglia ha una propria personalità e una propria storia. Ad esempio il nostro Sauvignon si chiama Sudigiri, perché è un Sauvignon che esce dagli schemi, diverso dal solito. E noi non potremmo esserne più contenti perché è in questo che sta la nostra filosofia: dare una nostra personalissima reinterpretazione dei grandi classici del Friuli.
 
Untitled è il nostro Friulano, che abbiamo lasciato senza nome perché in Friuli il Tocai non si può più chiamare così, bisogna chiamarlo “friulano”. Per noi è – concedetemi il termine – una bestemmia: se non può essere nominato, piuttosto che dargli un appellativo a caso abbiamo preferito lasciarlo senza nome. Piantagrane perché con un amico agricoltore qualche tempo fa riflettevamo su quanto si parla di Pinot grigio, si parla sempre di Pinot grigio, quindi “piantagrane” ci sembrava rispecchiare la nostra voglia di cambiamento, Guastafeste per rincarare la dose e così via”.

Nomi che vi caratterizzano, quindi?
Sì, i nomi delle bottiglie caratterizzano noi e la filosofia di Villa Job, ma soprattutto caratterizzano il nostro vino. Quando lo bevi devi aspettarti qualcosa, è come dire che ogni vino ha un’identità molto ben definita e il nome deve rimandare a quello che poi assaggerai. Vogliamo che chi lo beve possa dire ‘ah, ecco però si chiama Guastafeste’ oppure ‘capisco perché l’abbiano nominato Piantagrane’”.

UNTITLED, Villa Job

Quante bottiglie producete in un anno?
Siamo sulle 30mila bottiglie. Con nove ettari di vigneti potremmo anche fare di più, ma ci interessa il giusto in questo momento. Preferiamo restare molto attenti alla qualità piuttosto che puntare alla quantità”.

Nel mondo del vino naturale i mercati di riferimento per i produttori italiani sono soprattutto esteri, con un’esportazione maggiore rispetto alla vendita interna. Qual è invece il vostro mercato di riferimento?
Il 60% della nostra produzione è rivolta all’Italia, un mercato che curo tanto e su cui lavoro tanto perché per quanto riguarda il vino è uno dei mercati più difficili. L’Italia per il vino ha storia e tradizione e i produttori vinicoli non si contano. Riuscire a vendere il proprio vino in una zona così ricca e competitiva vuol dire avere un prodotto valido, in grado di dare qualcosa di “diverso” dal solito vino ai nostri consumatori, qualcosa che valga la pena di essere assaggiato e ricordato. Questo è il motivo per cui per me l’Italia è così importante. Per quanto riguarda l’estero invece siamo forti in Corea, in Giappone, Canada, America, nord Europa, Parigi… insomma, siamo presenti su davvero tanti mercati”.

PIANTAGRANE, Villa Job

C’è un “cavallo di battaglia” a Villa Job?
Onestamente, non abbiamo una “gerarchia di prodotto”, un vino che reputiamo migliore degli altri di nostra produzione. I nostri prodotti, come la nostra filosofia, seguono una certa orizzontalità: siamo orgogliosi di ogni bottiglia, perché in ogni nostro vino c’è ricerca, qualità, storia, un modo tutto nostro di reinterpretare la tradizione. Per questo non parleremmo mai di un nostro vino come dell’espressione tipica del Tocai friulano, perché è il nostro Tocai, quello che viene dalla nostra terra, con le sue note erbacee e agrumate. Per questo diamo valore a tutti i nostri prodotti e se un vino non è all’altezza quando lo assaggiamo non viene imbottigliato. Come ho accennato, la qualità è fondamentale ed è il nostro biglietto da visita”.


Villa Job sui social
Sito web: www.villajob.com
Facebook: Alessandro Villa Job
Instagram: @villajob

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

Vi.Na.Ri.: l’elenco dei partecipanti alla prima edizione della manifestazione

Vi.Na.Ri.: l’elenco dei partecipanti alla prima edizione della manifestazione

Vi.Na.Ri.: l’elenco dei partecipanti alla prima edizione della manifestazione

Oltre 150 produttori per la prima edizione di Vi.Na.Ri. che si terrà il 12 e il 13 febbraio a Milano. Lo street food italiano di Trapizzino accompagnerà la due giorni ideata da VinNatur e Vi.Te.

Grande attesa e grandi aspettative per Vi.Na.Ri., la manifestazione dedicata al mondo del vino naturale ideata e organizzata dalle associazioni Vi.Te. e VinNatur (di cui avevamo parlato qui), che aggiorna la lista dei partecipanti alla prima edizione della due giorni in programma domenica 12 e lunedì 13 febbraio 2023 a Milano negli spazi messi a disposizione da Studio Novanta.

Con Vi.Na.Ri e l’impegno delle due associazioni ideatrici, il movimento del “naturale” sta vivendo una fase di profondo rinnovamento in cui le diversità diventano un punto di forza e si trasformano in conoscenze condivise e in nuovi spunti di collaborazione. Il focus di questo processo di cambiamento sarà rivolto soprattutto alla figura del vignaiolo naturale, e non solo al vino, perché è fondamentale concentrarsi anche sulla persona e sul suo lavoro, sulle sue idee e sulle sue scelte: elementi che possono rendere un prodotto unico e irripetibile. La decisione, da parte delle due associazioni, di percorrere una strada comune, mette in relazione oltre 300 aziende vitivinicole, che con un’unica voce potranno affermare con chiarezza e determinazione la cultura del vino naturale.

Locandina di Vi.Na.Ri.

Sono già più di 150 i vignaioli aderenti all’iniziativa che arrivano da quasi tutte le regioni d’Italia: Abruzzo, Alto Adige, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia e ancora Sicilia, Sardegna, Toscana, Trentino, Umbria e Veneto. Rappresenteranno il mercato estero alcuni produttori provenienti dall’Argentina, dalla Francia e dalla Slovenia.

Ad accompagnare l’evento ci sarà anche la proposta gastronomica dello street food italiano di Trapizzino, nato nel 2008 dall’idea di Stefano Callegari, mastro pizzaiolo che oggi vanta ben quattordici punti vendita tra Torino, Milano, Trieste, New York e Roma, luogo in cui trova la sua prima casa. “Trapizzini” ­– angoli di pizza a base di lievito madre, croccante fuori e morbido dentro, che dopo una lunga lievitazione si serve farcito di ricette tipiche della tradizione romana, italiana e non solo – ma anche gli sfiziosissimi supplì, il classico cibo di strada romano che nasconde in una pallotta di risotto panata un cuore di formaggio filante. Una proposta di gusto attenta alle esigenze alimentari di tutti: entrambe le specialità saranno infatti proposte in diversi gusti, con opzioni dedicate anche al pubblico vegetariano.


Qui per la lista dei produttori partecipanti.
Qui per la registrazione all’evento (registrazione su Eventbrite necessaria per l’accesso).