I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I popoli si incontrano a Ca’ Lustra: i Colli Euganei come non li avete mai degustati

I Colli Euganei, da sempre terreno di passaggio e di incontro fra i popoli, sono una delle regioni vinicole più varie in Italia. Ne abbiamo parlato con Marco Zanovello, uno dei proprietari di Ca’ Lustra, azienda vitivinicola e fattoria didattica che su questi colli ha i suoi vigneti e la sua produzione da oltre quarantacinque anni.

Ca’ Lustra Zanovello è un’azienda vitivinicola sita a Faedo di Cinto Euganeo, nel cuore dei Colli Euganei, che si dedica alla produzione di vini biologici e naturali. Una storia che inizia negli anni Sessanta, quando Angelo Zanovello acquistò il podere di Faedo per farne un rifugio per i fine settimana in famiglia. L’azienda vitivinicola Ca’ Lustra nasce nel 1977 con Franco Zanovello, figlio di Angelo, grazie alla sua passione per la viticoltura.

Da allora ne ha fatta di strada: oggi Ca’ Lustra è un’impresa familiare che si estende su 42 ettari di terreno, di cui 25 a vigneto e i restanti a uliveto, bosco e pascolo ed è gestita dai figli di Franco, Marco e Linda, i quali hanno deciso di seguire nella produzione gli stessi principi ed etica del padre.

Vinificazioni tradizionali con fermentazioni spontaneesenza alcuna chiarifica e con un uso di solfiti ridotto al minimo, rispettando le diversità caratteristiche dei Colli Euganei, come l’alternanza di generosi suoli vulcanici a ben più aridi sedimenti marini, con il duplice scopo di salvaguardare l’ambiente naturale e la biodiversità e di valorizzare i particolari “cru”.

Grazie all’appartenenza di Ca’ Lustra a VinNatur, associazione di vignaioli naturali che punta a promuovere la produzione di vini naturali e sani e si dedica a importanti sperimentazioni e studi in vigna, e alla loro partecipazione alla prima edizione di Vi.Na.Ri. abbiamo avuto l’occasione di intervistare Marco Zanovello, uno degli attuali proprietari di Ca’ Lustra.

Da quanto siete in attività e come siete arrivati al vino naturale, dato che in Italia è un terreno ancora poco esplorato?
L’attività è nata negli anni Sessanta come appendice della casa di famiglia, una fattoria con campi, bestiame, ma ancora non specializzata in vigneti. È negli anni Settanta-Ottanta che si è creata l’attività economica focalizzata sul vino che poi è cresciuta nei quarant’anni seguenti. Un’attività familiare che con costanza e dedizione è diventata quello che è oggi”.

Quando si va ad approcciarsi al vino naturale in Italia c’è sempre un po’ di pregiudizio. Cosa significa per voi dedicarvi al vino naturale?
Per noi è stato un percorso di sperimentazione, una scelta di lavoro sul vino a tutto tondo. Coltiviamo in biologico dal 2008 come risultato di uno sviluppo naturale e coerente dei nostri valori: una decisione che ha anche un riscontro tangibile sulla bontà dei nostri vini. Il nostro obiettivo infatti è quello di produrre vini biologici, naturali e autentici, preservando un territorio parte dell’area protetta del Parco Naturale, oggi anche Biodistretto di cui siamo soci.
Nei primi anni Duemila abbiamo avviato attività di degustazione, eventi e confronti anche tra vignaioli e colleghi e questo ci ha portato moltissimi stimoli. fin dal principio la sperimentazione ha fatto parte della nostra filosofia, ma negli anni seguenti, anche grazie ad alcuni di questi stimoli, abbiamo portato avanti molte prove, anche in campagna, producendo in parallelo uno stesso vino con tecniche diverse. A un certo punto ci siamo accorti che i risultati della produzione biologica ci piacevano di più rispetto alle tecniche precedenti e abbiamo modificato la nostra produzione. gradualmente siamo arrivati a una produzione naturale per tutti i nostri vini, continuando a sperimentare con l’obiettivo di un costante miglioramento”.

Il logo di Ca’ Lustra Zanovello

Qual è l’ultimo vino che avete aggiunto alla vostra gamma?
È difficile dirlo, da due o tre anni affianchiamo ogni anno alla nostra produzione alcune etichette sperimentali, piccole partite, dalle 100 alle 1000 bottiglie per tipologia. Durante i primi mesi del 2020, a causa della reclusione forzata dovuta alla diffusione del Covid, ci siamo ritrovati ad avere parecchio tempo libero in cantina e abbiamo pensato che potevamo fare prove più su larga scala: invece di imbottigliare 20 bottiglie per uso interno e basta, avremmo potuto fare tirature più grandi e inventarci etichette estemporanee e proporle al pubblico. Il fatto di lavorare molto con la vendita diretta ci è stata d’aiuto: abbiamo clienti affezionati e curiosi che ci chiedono costantemente novità. Questo ben si sposa con la nostra voglia di sperimentare, così è nato il progetto delle “Prove d’Autore”. Vecchie varietà, vigneti particolari, prove di vinificazione, differenze tra vigne giovani o vecchie, sorprese dovute all’annata e qualche errore: così nascono queste bottiglie particolari”.

 
 

Quante bottiglie producete ogni anno?
Circa 130mila, siamo una decina di persone a lavorarci. Una produzione importante che è possibile portare avanti grazie alle particolari condizioni geologiche e climatiche in cui lavoriamo, che sono diverse da versante a versante. I nostri 25 ettari sono organizzati su terreni dalle caratteristiche molto diverse fra loro, per cui la stessa varietà coltivata in aree diverse cambia anche di un mese e mezzo i tempi di maturazione e questo si riflette sui nostri vini. Ecco perché viene facile mantenere 20 etichette stabili e fare svariate Prove d’Autore, abbiamo condizioni podologiche e climatiche che ce lo permettono e un’ampia varietà genetica che ci semplifica le cose”. 

Alcune delle etichette di Ca’ Lustra Zanovello in degustazione a Vi.Na.Ri

Quali vitigni coltivate?
I vini di Ca’ Lustra sono legati all’anima del territorio in cui ci troviamo, i Colli Euganei sono stati sempre un luogo di passaggio e tante varietà sono arrivate nel corso del tempo, non abbiamo un’identità varietale chiara come altre zone in Italia” ci racconta. “Per quanto riguarda le varietà rosse, nel Novecento i bordolesi hanno soppiantato quasi tutte le coltivazioni che c’erano prima: stiamo facendo progetti di recupero di altre varietà più anziane della nostra zona, però al momento quasi tutto è piantato a uve Bordolesi. Tradizionalmente, le uve rosse erano coltivate a pieve di collina e i bianchi nella parte in pendenza. In eredità abbiamo di tutto: gli ultimi arrivi dai francesi sono Pinot Bianco e Chardonnay, poi andando a ritroso nel tempo ci sono il Moscato Giallo arrivato con i veneziani, le Malvasie, il Tai bianco (Tocai) e anche varietà più antiche come la Pinella, che è stata impiantata anch’essa dai veneziani sui nostri terreni calcarei, il Moscato Bianco, che è forse il più antico fra le uve che coltiviamo, la Garganega, la Glera… per questo è difficile identificare il vitigno più tipico della zona. Certo è che abbiamo grandi successi con Moscati e Bordolesi, che cerchiamo di coltivare nelle aree più adatte, e abbiamo un occhio di riguardo per le varietà autoctone più resistenti al clima caldo e asciutto della parte sud dei Colli Euganei”.

Abbiamo chiesto a Marco di farci assaggiare (e di raccontarci) il vino che più identificasse l’etica di Ca’ Lustra. Ha scelto per noi un IGT Veneto Moscato secco, ‘A Cengia.
Si chiama così perché prende il nome dalla valle in cui lo coltiviamo, la Cengolina, nei pressi della cantina. Si tratta di una valle con i versanti piuttosto ripidi anticamente completamente coltivati a terrazzamenti. Negli ultimi cinquant’anni sono stati quasi tutti abbandonati, noi stiamo cercando di gestire quelli che ci rimangono di proprietà e di recuperarne altri nel tempo. Un moscato bianco, una delle varietà di tradizione più antica che abbiamo e che coltiviamo”.

‘A Cengia, Moscato Secco IGT Veneto


Ca’ Lustra Zanovello online
Sito web: calustra.it
Facebook: Ca’ Lustra – Zanovello – Il Vino degli Euganei

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Il vino friulano “a modo nostro”: la cultura delle uve di Villa Job

Una rilettura del vino friulano che esce dagli schemi: questa la filosofia di Alessandro Job, proprietario di Villa Job a Pozzuolo del Friuli. 9 ettari di terreno, 7 etichette, 30mila bottiglie all’anno e la voglia di reinterpretare i vini di questa terra in maniera decisamente meno tradizionalista.

In questi anni di forte cambiamento sociale e climatico abbiamo capito sempre di più il valore sociale del vignaiolo. I nostri vini sono il nostro pensiero, la nostra passione, le nostre idee; come tali devono essere libere e personali, non legate al solo fattore commerciale. Una bottiglia di vino può e deve contenere cultura”.

In occasione di Vi.Na.Ri, la due giorni milanese all’insegna del vino naturale svoltasi il 12 e 13 febbraio, abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole con Alessandro Job, proprietario dell’Azienda Agricola Villa Job, il quale concepisce le vigne ereditate dal nonno in un’ottica circolare, che cerca di limitare all’osso ogni tipo di scarto e di assecondare il naturale corso della vite, della pianta e del mosto. Noi lo abbiamo intervistato per farci raccontare la filosofia dietro le coloratissime etichette.

Chi è Villa Job? Qual è la vostra storia?
Siamo una piccola azienda di Pozzuolo del Friuli, a pochi chilometri da Udine. Siamo quattro persone che lavorano nove ettari di vigneto. Oltre al vino abbiamo un bosco, un fiume, venticinque alveari e una fattoria sociale”, ci ha raccontato. “Abbiamo iniziato a confrontarci con il vino naturale sei anni fa, nel 2017, quando abbiamo “preso in mano” l’attività del nonno. Inizialmente abbiamo portato avanti la sua filosofia, ma nel corso del tempo abbiamo cominciato a tracciare la nostra strada”.

Alessandro Job, proprietario di Villa Job

Che tipi di vini producete?
Facciamo sia vini del territorio che vini internazionali, principalmente parliamo di vitigni classici friulani come Tocai, Sauvignon, Pinot grigio, Refosco e Schiopettino. Ogni vino ha un’etichetta e un nome che lo caratterizza proprio perché secondo noi ogni bottiglia ha una propria personalità e una propria storia. Ad esempio il nostro Sauvignon si chiama Sudigiri, perché è un Sauvignon che esce dagli schemi, diverso dal solito. E noi non potremmo esserne più contenti perché è in questo che sta la nostra filosofia: dare una nostra personalissima reinterpretazione dei grandi classici del Friuli.
 
Untitled è il nostro Friulano, che abbiamo lasciato senza nome perché in Friuli il Tocai non si può più chiamare così, bisogna chiamarlo “friulano”. Per noi è – concedetemi il termine – una bestemmia: se non può essere nominato, piuttosto che dargli un appellativo a caso abbiamo preferito lasciarlo senza nome. Piantagrane perché con un amico agricoltore qualche tempo fa riflettevamo su quanto si parla di Pinot grigio, si parla sempre di Pinot grigio, quindi “piantagrane” ci sembrava rispecchiare la nostra voglia di cambiamento, Guastafeste per rincarare la dose e così via”.

Nomi che vi caratterizzano, quindi?
Sì, i nomi delle bottiglie caratterizzano noi e la filosofia di Villa Job, ma soprattutto caratterizzano il nostro vino. Quando lo bevi devi aspettarti qualcosa, è come dire che ogni vino ha un’identità molto ben definita e il nome deve rimandare a quello che poi assaggerai. Vogliamo che chi lo beve possa dire ‘ah, ecco però si chiama Guastafeste’ oppure ‘capisco perché l’abbiano nominato Piantagrane’”.

UNTITLED, Villa Job

Quante bottiglie producete in un anno?
Siamo sulle 30mila bottiglie. Con nove ettari di vigneti potremmo anche fare di più, ma ci interessa il giusto in questo momento. Preferiamo restare molto attenti alla qualità piuttosto che puntare alla quantità”.

Nel mondo del vino naturale i mercati di riferimento per i produttori italiani sono soprattutto esteri, con un’esportazione maggiore rispetto alla vendita interna. Qual è invece il vostro mercato di riferimento?
Il 60% della nostra produzione è rivolta all’Italia, un mercato che curo tanto e su cui lavoro tanto perché per quanto riguarda il vino è uno dei mercati più difficili. L’Italia per il vino ha storia e tradizione e i produttori vinicoli non si contano. Riuscire a vendere il proprio vino in una zona così ricca e competitiva vuol dire avere un prodotto valido, in grado di dare qualcosa di “diverso” dal solito vino ai nostri consumatori, qualcosa che valga la pena di essere assaggiato e ricordato. Questo è il motivo per cui per me l’Italia è così importante. Per quanto riguarda l’estero invece siamo forti in Corea, in Giappone, Canada, America, nord Europa, Parigi… insomma, siamo presenti su davvero tanti mercati”.

PIANTAGRANE, Villa Job

C’è un “cavallo di battaglia” a Villa Job?
Onestamente, non abbiamo una “gerarchia di prodotto”, un vino che reputiamo migliore degli altri di nostra produzione. I nostri prodotti, come la nostra filosofia, seguono una certa orizzontalità: siamo orgogliosi di ogni bottiglia, perché in ogni nostro vino c’è ricerca, qualità, storia, un modo tutto nostro di reinterpretare la tradizione. Per questo non parleremmo mai di un nostro vino come dell’espressione tipica del Tocai friulano, perché è il nostro Tocai, quello che viene dalla nostra terra, con le sue note erbacee e agrumate. Per questo diamo valore a tutti i nostri prodotti e se un vino non è all’altezza quando lo assaggiamo non viene imbottigliato. Come ho accennato, la qualità è fondamentale ed è il nostro biglietto da visita”.


Villa Job sui social
Sito web: www.villajob.com
Facebook: Alessandro Villa Job
Instagram: @villajob

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

Kavinum, il vino della “generazione Netflix” raccontato da chi lo ha ideato

Kavinum, il vino della “generazione Netflix” raccontato da chi lo ha ideato

Kavinum, il vino della “generazione Netflix” raccontato da chi lo ha ideato

Kavinum è sostenibilità, rispetto del territorio e vini biologici per i giovani che amano stare insieme e vogliono imparare di più su questo mondo. L’intervista a chi ha reso possibile tutto questo.

Avevamo già parlato su questi schermi di Kavinum, l’e-commerce di vini sostenibili che con un quiz promette di scegliere il vino più adatto ai tuoi gusti al posto tuo. Sorpresi ed entusiasti di questa novità abbiamo deciso di intervistare Franck-Morel Beugré, la mente che si nasconde dietro Kavinum, per farci raccontare come nasce l’idea (e qualche segreto sul mondo del vino naturale, di cui purtroppo non sappiamo ancora abbastanza).  Fondatore e CEO di Kavinum, 29 anni e un percorso formativo che con il vino ha poco a che fare, ma che ha molto a che vedere con la passione e la curiosità: dopo un importante inizio nel mondo della moda, Franck si è dedicato al mondo dell’enologia per amore nei confronti della bevanda di Bacco. Dalla nostra intervista emerge perché noi siamo così contenti di questo suo “cambio di rotta”.

La scheda prodotto

Iniziamo con le presentazioni. Qual è il percorso che ti ha portato a fondare Kavinum?
“La mia formazione è molto lineare. Dopo il diploma professionale in ambito turistico ho iniziato a lavorare nel campo della moda con la celebre casa di moda statunitense Abercrombie&Fitch. Un ambiente giovanile, gioioso e molto accogliente che mi ha permesso di maturare esperienze nel marketing e customer service e nella gestione aziendale e di capire alcuni KPI (Key Performance Indicators, un insieme di misure quantificabili che un’azienda utilizza per valutare le sue prestazioni nel tempo, ndr.). L’avvento della pandemia ha scombussolato un po’ tutti e molti, come me, hanno deciso di cambiare vita. Avevo bisogno di nuovi stimoli e di nuove sfide: sono un ex giocatore di basket a livello agonistico, uno sportivo, e per me questi elementi sono vitali. Da quel momento ho iniziato a sviluppare l’idea Kavinum”.

Come nasce Kavinum?
“Kavinum si basa su una semplice idea: ‘Acquistare un ottimo vino che ami dovrebbe essere più facile, meglio se sostenibile’. Il prezzo rispetto al valore è sempre stato un problema chiave per l’acquisto di una bottiglia di vino. Kavinum parte quindi alla base dei problemi che potrebbero incontrare sia i neofiti che gli appassionati di vino: una bottiglia è buona perché è costosa? Come posso determinare il valore di una bottiglia? Una bella etichetta significa vino buono? Mi piacerà di più questa bottiglia solo perché è costosa? Il prezzo significa qualità? Mi stanno fregando?
Cercare di rispondere a queste domande è uno dei nostri obiettivi principali. Il cliente grazie al nostro servizio avrà più possibilità di provare vini che altrimenti non sarebbe stato in grado di scegliere da solo. Non solo, le opzioni di prezzo renderanno il suo viaggio nel vino personalizzato per adattarsi al suo budget mensile e soprattutto ai suoi gusti. Abbiamo semplificato le schede di degustazione che accompagnano ogni scatola di vino e reso le informazioni più intuitive per offrire un’esperienza di apprendimento gioiosa su un argomento spesso considerato proibitivamente intimidatorio.
Tornando alla domanda, Kavinum è un servizio online in grado di trasformare i gusti di ogni consumatore in bottiglie di vino consegnate direttamente a casa sua. Con il nostro team esperto, fatto di “persone reali”, e della nostra tecnologia di personalizzazione, offriamo un servizio digitale che aiuta l’utente a scoprire le migliori gemme da tutto il mondo (vino biologico o biodinamico, altrimenti prodotto e vinificato in modo sostenibile), spesso difficili da trovare, e riserva questi vini esclusivi ‘naturalmente’ prodotti in piccoli lotti. Kavinum è l’unico wine club che seleziona vini in base alle recensioni o preferenze di ogni membro. È il vino a modo tuo!”.

Il nome “Kavinum” invece da dove arriva?
“Volevo qualcosa che iniziasse con la lettera “K” come punto di partenza. Dietro questa “K” c’è tanto! Kavinum è la nostra filosofia che non si vuole fermare solo alla vendita di una semplice bottiglia di vino, ma vorrebbe essere una cultura. Il tema di Kavinum è amici, vino e bei momenti e per questo le prime due lettere “KA” rappresentano la casa, elemento ripreso anche nel logo: questo è composto da acini di uva su cui la stessa kappa è sistemata in modo da rappresentare un tetto. Gli acini che stanno sotto rappresentano ovviamente il vino, “vinum”. Qui non si valorizzano solo produttori di vino indipendenti che hanno scelto di produrre il vino in un modo molto più vicino alla natura senza nessuna aggiunta né chimica, solo l’uva che viene trasformata, ma rappresentano anche tutte le persone che stanno sotto Kavinum, sotto la nostra casa, nel segno dell’inclusione. Che tu sia qualcuno che non sa nulla di vino, qualcuno che ne sa o qualcuno che si colloca nel mezzo, siamo tutti qui insieme, attorno ad una sola cultura, quella del vino. Dobbiamo solo assaggiare e decidere se quello che stiamo bevendo ci piace o meno senza linguaggi troppo specifici. Perché alla fine l’unica cosa che chiunque debba fare con il vino è gustarlo in buona compagnia”.

Una foto dal sito kavinum.com

In Italia il vino naturale è ancora poco conosciuto. Si sente tanto parlare di vini ancestrali, vini biologici, vini biodinamici e su Kavinum ce n’è un’ampia scelta… cosa significano queste parole?
“In giro è molto difficile reperire del buon vino naturale, persino nel milanese, dove l’offerta della ristorazione è più ampia. Quando si trova qualcosa, la persona che hai davanti fa molta fatica a spiegare e raccontare la bottiglia. Posso dedurre che alcuni si affidano al concept per fare business, pochi sono quelli che sanno davvero ciò che trattano. 
Ho avuto la fortuna di avere tanti amici vignaioli che sono riusciti a spiegarmi di cosa stiamo parlando e a farmi capire che il vino naturale è molto semplice: uva che viene trasformata in un prodotto, il vino, senza nessuna aggiunta. Si prende l’uva, si fa la pigiatura, dalla pigiatura si ottiene il mosto che si lascia fermentare e si porta alla vinificazione, il vino viene poi imbottigliato ed è fatta. Questo è il vino naturale, non si aggiunge niente, l’uomo usa le sue mani e usa solo la materia prima raccogliendo solo i grappoli più buoni, poi la porta nel processo di produzione.
Per il vino biologico, bisogna sottolineare che è più una certificazione per poter vendere su mercati esteri all’export. La certificazione più conosciuta qui in Italia è quella rilasciata da ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale, ndr.), ma ce ne sono anche tante altre che permettono di vendere in paesi esteri come il continente americano – perché gli statunitensi amano molto il vino italiano, soprattutto nel campo dei naturali – o l’Asia. I vignaioli naturali che desiderano richiedere la certificazione si recano presso l’ente ICEA e la richiedono direttamente lì, ma il processo per ottenerla è abbastanza lungo e può durare anche tre o quattro anni. Poi, una volta ottenuta, può vendere. Il vignaiolo naturale produce piccoli lotti in base alla sua raccolta. Una piccola produzione, che ora con il cambiamento climatico diventa ancora più vincolante poiché spesso in seguito a grandinate o alluvioni i produttori si ritrovano il più delle volte con il 90% della produzione che va persa.
Quando ci addentriamo nell’agricoltura biodinamica il discorso è ancora diverso: puoi essere certificato biologico sia in vigna che in cantina, ma è il tuo metodo di approccio alla natura a essere biodinamico. Esiste un’agricoltura biodinamica, ma non esiste un vino biodinamico. Si tratta di un’agricoltura che  utilizza preparati naturali che vengono messi in vigna e riescono a mantenere in salute la vite. Un concetto molto interessante che spieghiamo sul blog “Bicchieri a Tavola” del nostro sito. 
Il metodo ancestrale, invece, è un metodo molto antico, che prevede una tecnica simile a quella che usavano i nonni per i vini spumanti. Sono i vini che vengono imbottigliati con il tappo a corona per immagazzinare all’interno della bottiglia la CO2 necessaria a creare le bollicine senza utilizzare i classici metodi (metodo charmat o metodo classico, ndr.) per non aggiungere nulla al vino, ma per lasciare che sia la natura a completare il processo”.

È un mondo complesso e sono poche le figure che te lo sanno raccontare…
“Persino i sommelier non sono preparati in questo campo e li capisco, durante il percorso di studi viene loro insegnato ciò che è sempre stato spiegato e fatto nel settore del vino, ciò significa metodi e processi convenzionali. I vini convenzionali sono quelli che si trovano nella grande distribuzione, l’esatto contrario dei vini naturali che non hanno nessuna tecnica di produzione, sono puri, allo stato grezzo e molto buoni, perché quando li bevi si sente che sono fatti di sola materia prima: l’uva.
Il progetto Kavinum poggia su tre pilastri: etica, innovazione e sostenibilità. Etica significa prezzi accessibili per tutti, comprensione dei vini per tutti grazie alle nostre schede che inseriamo nei vari ordini che riportano informazioni sui produttori, le storie dietro alle bottiglie, le note di degustazione e le ricette abbinate ad ogni bottiglia nella tua scatola per offrire al cliente un’esperienza personalizzata. L’innovazione è rappresentata dal nostro algoritmo, che traccia le preferenze del singolo membro e va a ricercare quello che può piacere. La sostenibilità riguarda il fatto che Kavinum seleziona solo vignaioli che abbiano adottato una certa filosofia di vita, che eseguono un lavoro quanto più vicino possibile alla natura senza usare additivi che vadano a distruggere il suolo, spesso non usano neanche un trattore eseguendo ogni lavoro manualmente. Vogliamo far conoscere questo tipo di lavoro, quello delle persone brave e buone che hanno a cuore il loro territorio”. 

Parliamo invece dei vostri clienti. Chi è il vostro cliente tipo? Cosa apprezza di voi?
“Amiamo definire il nostro target come la “generazione Netflix”. Siamo giovani, adoriamo i contenuti, le esperienze personalizzate, le cose che ci piacciono, la convivialità: i nostri clienti sono come noi, persone che amano il vino buono, siano esse neofiti, appassionati o esperti. Sono persone che cercano una buona bottiglia, ma che non hanno tempo di scorrere i soliti cataloghi online con milioni di etichette, che non hanno voglia di perdere le ore davanti allo schermo cercando qualcosa che possa piacere loro perché il loro tempo è molto prezioso. Quando si rivolgono a noi, ricercano qualcosa di buono e nuovo che possa soddisfare le attese del loro palato, senza offendere le loro papille gustative. Il quiz sulla nostra piattaforma è ciò che fa per loro. Un quiz, sole sei domande e hanno le tre bottiglie di vino più adatte ai loro gusti che verranno consegnate direttamente a casa in meno di 24 ore (48 per le località italiane più difficili da raggiungere)”.

Una delle domande del quiz

Come vi è venuta l’idea del quiz? Come funziona l’algoritmo che c’è dietro?
Ancora una volta parliamo di diversità, però nel campo del vino. C’è chi ha iniziato da poco a bere vino. C’è chi compra vino regolarmente e c’è chi è interessato al vino e vorrebbe ampliare i suoi orizzonti, ma non ha abbastanza tempo di cercare bottiglie “nei soliti cataloghi”. Quindi l’idea alla base era avere una piattaforma digitale che ci consenta di soddisfare i palati di tutti. Sono una persona molto curiosa e quando ho iniziato con il vino ho iniziato a informarmi su tutte le cose che non sapevo per poterle interiorizzare. Questa curiosità l’ho portata verso il quiz: gli altri hanno un catalogo, noi vogliamo creare un club. Molti produttori fanno fatica a vendere le loro bottiglie e devono passare attraverso intermediari come grossisti, distributori, importatori e questo ha delle conseguenze anche sui prezzi. Noi cercavamo invece qualcosa che ci permettesse di non avere nessuno in mezzo per poter rendere il prezzo più accessibile a tutti, quindi fungiamo noi direttamente da intermediario fra il produttore di vino indipendente e il cliente finale.
Fondamentalmente ciò che facciamo è cercare di rendere l’esperienza di acquisto del vino un processo meno intimidatorio rispetto a quello che ha sempre presentato l’industria del vino per il consumatore medio. Il cliente può quindi scegliere il vino prima di tutto in base al tipo di cibo che abbinerà o al suo budget (perché è molto importante), altrimenti può semplicemente trovare il vino che risponda al suo gusto personale.
Il quiz ci aiuta allora ad accorciare i tempi e ad assegnare la bottiglia adatta a ogni palato. Abbiamo così stabilito tre range di prezzo e li abbiamo inseriti fra le domande: fino a 15€, da 16 a 25€ e da 26 a 40€. Dovevamo poi capire come riuscire a fare amare il vino a chiunque, quindi il quiz si informa riguardo le preferenze sui cibi salati e in base a quello sappiamo quanta mineralità il cliente ricerca in un vino, la salinità che apprezza. Domande come ‘quali sono i frutti che vorresti sentire nel tuo vino‘ o ‘quale cioccolato vorresti poter mangiare per sempre senza ingrassare‘ ci aiutano a capire quali profumi e quanto tannino si ricerca in una bottiglia – cioccolato bianco per un basso tannino, al latte per un tannino medio dal corpo medio, o fondente per un tannino persistente. Così possiamo trovare la bottiglia perfetta per chiunque. Tutto questo è in realtà solo la prima parte di Kavinum, grandi cose arriveranno”.

Come selezionate le bottiglie che scegliete di vendere su Kavinum?
“Il nostro modello di business ci consente di andare solo da chi il vino lo produce, quindi niente intermediari: nessun grossista, distributore o venditore.  È un processo stancante, molto impegnativo e ci consideriamo ‘esploratori del vino’ proprio per questo. Non tutti i produttori sono organizzati per dare un veloce feedback alle mail.
I produttori ci fanno vedere i loro poderi e le loro terre e li trattiamo come se fossimo amici. All’inizio ho detto che Kavinum è tre cose, amici, vino e bei momenti, e la parte dell’amicizia è fondamentale, sacra: il primo contatto con una persona deve sempre essere amichevole, poi si va a creare questa convivialità, questo modo di stare insieme che è il nostro obiettivo. Cerchiamo di far diventare i produttori nostri amici fin dal primo momento. Assaggiamo e selezioniamo personalmente quello che ci piace affinché possa piacere anche ai nostri clienti. Quindi, i vini scelti vengono mappati all’interno della nostra tecnologia di personalizzazione e da lì parte tutto il processo di vendita”.

Etichette in vendita su Kavinum con schede di degustazione

Qual è la parte più impegnativa di questo lavoro? E quale la più divertente?
“Il mondo del vino ha tante sfumature. Parliamo proprio dei vini di oggi dove troviamo il rosso, bianco, macerato ‘alias orange wine’, rosé e perfino i diversi stili di bollicine… Incontrare e conoscere nuovi produttori è impegnativo, ma allo stesso tempo anche divertente. Ci si incontra, si assaggiano i vini, si chiacchiera. Si nota che ognuno ha la propria filosofia. Ad esempio, alcuni vinificano solo in legno, altri invece non lo utilizzano assolutamente perché preferiscono che nei loro vini si senta solo il gusto puro dell’uva e non i sentori che a volte si sviluppano all’interno delle barrique.
La parte difficile invece è proprio la tecnologia di personalizzazione. Quando c’è l’inserimento di nuovi vini diventa molto fastidioso perché ogni bottiglia va mappata per poter soddisfare tutti i nostri utenti. Non dimentichiamo che abbiamo tutti un palato diverso, quindi meglio non dare del riesling a chi preferisce il pinot. Vogliamo offrire un’esperienza di vino completamente personalizzata al cliente. Crediamo fortemente che il vino debba essere divertente e per questo forniamo ai nostri membri una piattaforma per consumare contenuti, conoscere il vino, valutarlo, incontrare le persone dietro le bottiglie e fornire informazioni dettagliate per una selezione migliore. Penso che tutto questo rappresenti la parte più eccitante.

Quante persone siete oggi in Kavinum?
“Kavinum ad oggi è un piccolo team di appassionati del buon vino ‘sostenibile’. Persone unite dietro a quelli che sono anche i valori della piccola azienda: inclusione, avventura, passione e attenzione alla biosfera. Siamo partiti in tre a luglio 2021: io, il mio braccio destro nonché responsabile marketing e PR Barbara Saronni e un esperto sommelier certificato dall’AIS (Associazione Italiana Sommelier, ndr.) con più di vent’anni di esperienza. Le giornate sono lunghe, impegnative, ma soprattutto belle. Perché ci alziamo la mattina? Perché stiamo facendo del nostro meglio per scuotere un intero settore. Siamo diversi, offriamo qualcosa di diverso, ma siamo tutti uniti attorno a quel buon succo di uva”.

Quali sono i vostri obiettivi per il futuro?
“Gli obiettivi di Kavinum sono diversi, che siano a medio o lungo termine. L’obiettivo primario che si è fissato Kavinum è quello di aprire il mondo del vino sostenibile (in tutte le sue sfumature) a tutti, dal neofita all’appassionato, reinventando l’esperienza di acquisto al dettaglio del vino online a vantaggio dei nostri clienti. Vogliamo che tutti possano provare la gioia di un vino eccezionale, con un buon rapporto qualità-prezzo, senza le pretenziosità e l’esclusività della tradizionale industria del vino. Spiegare che cos’è un vino da agricoltura biologica e/o biodinamica non è per niente facile. Ecco perché per evitare di essere troppo accademici abbiamo aperto una nuova parte sul nostro sito, il nostro blog “Bicchieri a Tavola”, che permette di scoprire e comprendere di più di questo fantastico mondo del vino. I nostri utenti potranno capire facilmente termini come Vecchio vs. Nuovo Mondo del vino, le diverse filosofie dei loro produttori, le regioni del vino, l’abc del vino con le spiegazioni di termini come acidità, dolcezza, tannino, mineralità o corpo…”. 

Alcune bottiglie in vendita su Kavinum

Un mondo affascinante, ampio e diversificato che al giorno d’oggi risulta ancora estraneo anche a chi il vino lo conosce bene. Eppure, di vini naturali se ne sente parlare sempre più spesso. Che sia questa la piega che l’enologia prenderà in futuro? È ancora troppo presto per dirlo, ma siamo sicuri che la “rivoluzione-Kavinum” non passerà inosservata e darà del filo da torcere ai palati più titubanti. Provare per credere.

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Tutte le immagini sono gentile concessione dell’intervistato.

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.