George Harrison: tra luci e ombre di un personaggio silenzioso.

Il Beatle Tranquillo, così chiamavano George Harrison. Effettivamente quando si parla dei Beatles i primi nomi a venire in mente sono ben altri…

John Lennon è forse il più controverso, il più sfacciato e il più famoso. Paul McCartney è “quello bello”, il frontman, la voce. Ringo è il batterista che nessuno considera più di tanto, ma che grazie all’aspetto eccentrico e al nome strano comunque viene ricordato, se in più ci aggiungiamo una canzone italiana dedicata a lui ecco che viene riconosciuto anche dalle generazioni più giovani. George Harrison è sempre stato il membro più spirituale e riservato, di lui si ricordano poche cose, tra cui la malattia e la prematura dipartita, avvenuta proprio oggi, ventun anni fa.

Ma George era tanto altro, era forse nel suo silenzio, uno dei personaggi più complessi e contradditori della band.

Fin da piccola Harrison mi ha affascinata, qualcosa in lui, nella sua musica ed emotività ha da sempre risuonato in me. Fin dai miei primi ascolti dei Beatles, quando mi accingevo a diventarne una fan sfegatata, mi scoprivo ad ascoltare fino allo sfinimento proprio le canzoni scritte da lui. Prima tra tutte Here come the sun, canzone per me bellissima e carissima, di quelle che quando le ascolti per la prima volta, gli occhi ti si illuminano e il cuore ti viene trapassato da meraviglia pura. È una canzone semplice, ma dolce, delicata, di un ottimismo che non ti stanca mai, che ti fa sentire invece in pace col mondo, centrato e giusto nel tuo piccolo spazio all’interno di questo gigante universo. Ed è questo che per me Harrison ha sempre un po’ rappresentato, un modo di affrontare la vita, una dolcezza nello sguardo, e una serenità che augurerei a tutti.

Ma torniamo per un attimo alla sua sopracitata complessità. Verso la seconda metà degli anni Sessanta Harrison si avvicina sempre più al misticismo e allo spiritualismo indiano, questo lo porta a livello musicale ad ampliare gli orizzonti dei Beatles, grazie all’utilizzo di strumenti musicali come il sitar e alla sperimentazione di nuove sonorità, sempre più particolari e lontane dallo stile dei loro primi album. A livello personale invece questo mondo lo porterà a dei grandi cambiamenti, non tutti coerenti e lineari col suo effettivo modo di vivere. Fatto curioso è che dal 1968 George diventerà vegetariano, cosa che per l’epoca era già abbastanza progressista. Divenne poi sempre più legato alla figura di Dio e alla meditazione, ritrovando nella spiritualità e nel distacco dal mondo terrestre e materiale il suo fulcro. Ed è proprio su questo punto che vorrei concentrarmi per un attimo, perché la contraddizione di un personaggio è poi ciò che lo rende veramente interessante.

Come già detto più volte Harrison era un uomo spirituale, che ricercava il semplice e professava l’importanza per ognuno del proprio mondo interiore. A vederlo in alcune foto, coi capelli lunghi e la barba incolta quasi lo si potrebbe scambiare per un santone. Peccato che quel santone in particolare vivesse in una grande villa lussuosa e possedesse diverse macchine sportive. La casa non so bene come la giustificasse a sé stesso, ma per quanto riguarda le macchine Harrison si è da sempre dichiarato grande fan della velocità e della Formula 1, sua grande passione, al pari addirittura della musica. Suoi conoscenti riportano addirittura che nel guidare a velocità estreme lui si ritrovasse a provare stati emotivi molto simili a quelli meditativi, che quindi anche le belle macchine fossero in fondo un modo per risollevare l’anima a scopi più alti?

Ricordo vagamente una volta di aver sentito qualcuno dire: “Non è il possedere cose di lusso in sé, che rende un uomo materialista, è la necessità, il bisogno, di possederle a renderlo tale”. Come a dire che puoi essere ricco sfondato, ma se di quella ricchezza tu non brami neanche un centesimo puoi ancora definirti una persona povera e spirituale. Chissà, io nella vita rimango povera e basta, quindi non mi pongo questo dilemma morale, lascio a voi la riflessione.

Mi diverte sempre molto scovare idiosincrasie di questo tipo nei personaggi più famosi, me li rendono più simpatici, più reali. Perché vero è che ascoltare le parole e la musica di qualcuno che ci ispira è un’esperienza magica, ma ricordarci che è in fondo normale e umano, come noi, è sempre molto consolatorio per l’anima.

Di Valentina Nizza