Si può amare uno stalker? Il tema dello stalking in “You” tra verità e leggerezze

Istruzione e distruzione del tema dello stalking, questi i propositi di You. Joe non è uno psicopatico, non è uno stalker. È innamorato!” è ciò che afferma Millie Bobbie Brown, dimostrando quanto può essere rischioso romanzare la figura di uno stalker.

Nessuno potrebbe mai aspettarsi che un innocuo libraio, un dolce ragazzo amante della lettura, possa rivelarsi uno stalker sanguinario, un voyeur ossessivo e maniacale. Questo è proprio Joe Goldberg, il controverso protagonista di You, serie TV spopolata sugli schermi dal 2018 e basata sull’omonimo romanzo di Caroline Kepnes. Eppure Joe riesce a conquistare il cuore e la stima dello spettatore perché gli ideatori della serie, Greg Berlanti e Sera Gamble, riescono a fornirne un ritratto amabilissimo. Sin dall’episodio pilota, siamo immersi nella mente di Joe, ascoltiamo la sua voce, una voce narrante che descrive come il suo sguardo si posi su scene, situazioni e donne. Abbiamo così accesso ai meccanismi di pensiero di Joe e vediamo le cose attraverso i suoi occhi. Parallelamente, la realtà distorta esperita da Joe è riprodotta sul piano visivo. Ogni inquadratura è sfocata e indefinita lungo i bordi come a riprodurre un’atmosfera onirica che rispecchia a pieno la mente turbata e nebulosa di uno stalker.

L’adozione della voce narrante e la tecnica dello sfocato sono, perciò, funzionali alla rappresentazione della figura dello stalker e dunque a una sua maggiore comprensione da parte del pubblico. Il problema di You è che l’intento di ottenere la comprensione e l’empatia dello spettatore verso Joe superano il limite. Il protagonista, infatti, incarna le vesti di una figura spregevole, di un individuo ossessionato, totalmente assorbito nel pensiero della donna oggetto di desiderio, quello “you” eletto a titolo e che rappresenta il centro del suo mondo. Tuttavia nella serie ogni azione di Joe si redime dietro la maschera dell’amore.

LA MASCHERA DELL’AMORE

Joe cerca informazioni sulle proprie partner online, le segue, fa appostamenti fuori dalle loro abitazioni per osservare più del dovuto, colleziona loro oggetti intimi, assassina ex-fidanzati o figure scomode, eppure sembra fare tutto ciò ‘solo perché è innamorato’. La stessa Millie Bobbie Brown, conosciuta per il suo esordio cinematografico nella serie Stranger Things, dichiara superficialmente su Instagram: “Joe non è uno psicopatico, non è uno stalker. È innamorato!”. La Brown, sommersa dalle critiche, smentirà le proprie parole poco dopo, ma il suo è un esempio eclatante dei pericoli derivanti dalla romanticizzazione di un personaggio di questo tipo.

Le azioni di Joe vengono continuamente giustificate: invade la privacy delle donne e uccide “per amore” e per i traumi infantili che lo hanno segnato profondamente. È un po’ come parlare di “delitti passionali”, espressione retrograda e imprudente che scagiona la pazzia e violenza degli assassini perché spinti da un sentimento nobile come l’amore. Sicuramente il procedimento che discolpa Joe, e successivamente la moglie e concorrente in omicidi Love Quinn, è volto a garantire una maggiore godibilità del prodotto cinematografico. La serie TV, nonostante le tematica cruda e sensibile, rende sempre interessanti i personaggi e i loro gesti estremi, tanto che, nella terza stagione, si rivela quasi più fastidiosa la superficialità dei coniugi Conrad piuttosto che il turbinio di delitti compiuti da Joe e Love.

Rappresentazione della mente di uno stalker e giustificazione delle sue azioni non sono però gli unici elementi costitutivi del ritratto offerto da You. Lo stalking è una piaga che affligge pesantemente il nostro paese. Le statistiche riportano che quasi un italiano su dieci è stato vittima di stalking e le interessate sono principalmente giovani donne che ingombrano ancora le menti malate dei propri ex partner (fonte: leurispes.it).

STALKING: IL PARADOSSO DI UN “REATO” RECENTE

Numerosi sono i problemi e le complicazioni legate a questo reato (considerato tale solo dal 2009). Per cominciare, la serie illustra chiaramente come sia agevole per chiunque reperire informazioni online che, non tanto incredibilmente, siamo noi stessi a rendere pubbliche. La privacy digitale è oggi probabilmente morta, l’ossessione al condividere su ogni tipo di piattaforma social ha innescato conseguenze preoccupanti. Il cyberstalking oggi è diffusissimo e avvalersi di profili fake o identità diverse è divenuto sin troppo facile. Lo stesso Joe nel corso della serie cambia ben tre identità, da Joe diventa Paul nelle sedute con lo psicologo di Beck e nella seconda stagione, a Los Angeles, si fa chiamare Will. A prescindere dalla presenza di tali individui, preservare la propria privacy è importante, ma ormai non sembra più essere una priorità. Tra i singoli utilizzatori di rete e social networks, infatti, va via via diffondendosi un senso di ‘privacy fatigue’, una rinuncia generalizzata al tentativo di proteggere i propri dati perché ritenuto impossibile.

Inoltre, altri due sono i motivi che caratterizzano la figura dello stalker nella serie. Innanzitutto Joe e Love appartengono alla categoria degli “insospettabili”. Sono un libraio e una pasticcera, dal primo ci si aspetta cultura, ricchezza interiore, sensibilità, dalla seconda dolcezza e delicatezza, sicuramente non ti immagini che ti possa tramortire al suolo con un mattarello. Infine, i due protagonisti riescono sempre a farla franca, a rimanere impuniti. Nella serie per la loro intelligenza, nella realtà perché spesso gli stalker sono figure che riescono a restare nell’ombra, che non vengono denunciati perchè si avvalgono di ricatti con cui intrappolano le proprie vittime. 

You è dunque una serie che costruisce un quadro su modi e meccanismi dello stalking, che rende lo spettatore quasi complice delle sporche azioni di Joe e Love. Tuttavia resta un prodotto di intrattenimento condannose voragini colme di messaggi impliciti sbagliati e troppo leggeri per un pubblico giovane.

 

Matilde Vitale

Mi chiamo Matilde e sono una laureata in Lettere moderne. Nella scrittura ho trovato la simbiosi perfetta tra le tre ‘c’ che regolano e orientano la mia vita: conoscere, creare e criticare. Sono tre c impegnative e dinamiche, proprio come la mia mente e personalità che corrono sempre troppo veloci. Se ti interessa scoprire qualcosa di me o di ciò che scrivo non ti resta che iniziare a leggere, buona lettura!