Una sedia marrone e una sedia azzurra

Una sedia marrone e una sedia azzurra

Una sedia marrone e una sedia azzurra

Un amore già vissuto e un amore che forse sta per finire. Due persone si incontrano e raccontano i loro silenzi più nascosti.

Una sedia marrone e una sedia azzurra, fatte di legno, l’una accanto all’altra. Non troppo vicine, ma perfettamente allineate, rivolte verso l’esterno. Quando le vidi erano vuote, quando le toccai erano ancora calde, come se qualcuno le avesse occupate pochi minuti prima. Aspettai che arrivassero, presi la mia macchina fotografica e immortalai un momento che, forse, avevo solo immaginato. Ricostruii nella mia mente una storia, poi la vidi con i miei occhi. Un uomo anziano con pochi capelli bianchi ai lati della testa uscì dalla porta che si trovava accanto alla sedia marrone. Indossava una camicia bianca, sporca sui fianchi e con aperti i tre bottoni sotto il collo. Mi guardò per qualche istante, poi si sedette sulla sedia marrone e mise la testa fra le mani. Aspettai che qualcuno si sedesse accanto a lui, finsi di fotografare il paesaggio, oggetti insignificanti e il cielo azzurro e aspettai. I minuti passavano ma non succedeva niente e i miei pensieri correvano veloci in mezzo al silenzio.

Ripensai all’espressione di Marco pochi giorni prima, alla sua delusione e ai suoi occhi verdi. Mi chiese da quanto tempo andasse avanti, come se gli avessi confessato un tradimento. Il mio sentimento titubante nei suoi confronti era un tradimento per Marco, uno di quelli da cui non si ritorna indietro. Riemerse il mio senso di colpa, quello che avevo appreso da mia madre. Mi sentii sbagliata e colpevole ancora una volta, come ogni volta.

«Cosa ci fa poi con tutte quelle foto?» disse all’improvviso quell’uomo sconosciuto, distogliendomi dai miei pensieri cupi e solitari.
«Come, scusi?»
«Sono venti minuti che fa foto nello stesso punto, che ci fa poi? A cosa servono? Non c’è niente di speciale qui». La sua voce era profonda e leggermente rauca, ma dolce e calma. Il suo accento era quello di un uomo del sud.
«La maggior parte delle foto che faccio le tengo per me, alcune le pubblico per mostrarle agli altri. Adoro questo posto».
«Io ci abito da quarant’anni, lo conosco a memoria». Scoprii che era calabrese, di un piccolo paese in provincia di Reggio, e che si era trasferito a Bologna per studiare. Poi, però, suo padre non riuscì più a mantenerlo e dovette lasciare l’università per trovare lavoro. Abbandonammo le formalità, come da lui richiesto, e iniziammo a darci del tu.
«E che cosa studiavi?»
«Non ci crederai mai e ormai non ci credo nemmeno io, anzi mi viene da ridere quando penso che studiavo Giurisprudenza. Volevo fare l’avvocato, ma è stato meglio così, almeno nessuno si mette a ridere quando dico che faccio l’agricoltore». Sorrise e io insieme a lui. Mi chiese di sedermi accanto a lui sulla sedia azzurra che qualcuno aveva occupato quando non c’ero. «Non deve sedersi nessun altro qui?» gli chiesi indicando la sedia.
«No, questa era di mia moglie ma lei non c’è più, così adesso qualche volta faccio sedere mio figlio, quando si ricorda di venire a trovarmi. E ora faccio sedere te, così stai più comoda, dopo tutte quelle foto ti sarai stancata».
«No Giorgio, non posso…»
«Non essere sciocca, se non ti siedi me ne vado», mi disse sorridendo e guardandomi negli occhi. Il suo sguardo mi calmava, mi rassicurava. Era sincero e puro, velato da una profonda tristezza che cercava a tutti i costi di nascondere, non per mentire bensì per eliminare ogni traccia di compassione nello sguardo altrui.

Mi sedetti accanto a lui e continuammo a parlare di sua moglie, scomparsa l’anno precedente. Non gli chiesi com’era morta, mi disse soltanto che era malata da diversi anni e che negli ultimi mesi non ricordava più nulla, stentava a riconoscere perfino suo marito. Avevano costruito insieme ricordi per quasi quarant’anni e lei li aveva dimenticati tutti.

«Sai perché è azzurra questa sedia?»
«No, perché?»
«Un giorno di moltissimi anni fa ritornai a casa con due sedie uguali, entrambe marroni. Ero felice perché gliele avrei mostrate, era il mio regalo per il nostro anniversario. Tu ora penserai: “Giorgio, ma che regalo è scusa?”, e hai pure ragione, però per me era importantissimo. Ogni giorno quando volevamo sederci fuori dovevamo portare le sedie che stanno intorno al tavolo e poi riportarle dentro, così decisi di comprarne due e di lasciarle sempre qui fuori. Non vedevo l’ora di fargliele vedere, ma devi sapere che Giulia era pignola e aveva da ridire su tutto. Mi disse subito che quel colore non le piaceva, le metteva tristezza. Io ci rimasi male, però poi il giorno dopo presi la sua sedia, la portai in garage e la pitturai del suo colore preferito, l’azzurro. Quando la vide non ti dico che sorriso mi fece, ancora oggi quando ci penso sono felice». Giorgio sorrise e cancellò subito col dito una lacrima che annunciava di scendere sulla sua guancia destra.
«Io mi sarei emozionata tantissimo al posto suo, è un gesto dolcissimo».
«Alice, ma tu perché sei qui da sola oggi?» mi chiese, come se potesse leggere i miei pensieri.
«Volevo stare un po’ da sola…»
«Dimmi la verità Alice, tanto non lo dico mica a qualcuno» mi disse sorridendo.
«L’altro giorno ho detto a Marco che non so se lo amo, e non riesco a vivere con questo senso di colpa. Così ho pensato di venire qui da sola, ho lasciato il telefono a casa e ho portato con me solo la macchina fotografica. Fotografare mi calma, è terapeutico a volte. Mi permette di vedere i dettagli, di riguardare più volte qualcosa che ho già visto e di vederci dentro sempre qualcosa di nuovo».

«E in Marco non vedi più niente di nuovo?» Quella domanda rimase sospesa per un po’, ma Giorgio aspettò senza aggiungere altro.
«Forse è così, ma non voglio ammetterlo a me stessa. Vorrei soltanto amarlo come prima e non avere dubbi. Sarebbe tutto più semplice».
«Secondo me dovresti solo vederlo da una prospettiva diversa, come fai con le foto. Tutti se guardiamo la stessa cosa o la stessa persona tutti i giorni nello stesso modo poi ci stanchiamo. Funzioniamo così, siamo alla ricerca della novità, però per trovarla non dobbiamo per forza cercare qualcosa di nuovo, ma guardare le cose vecchie con occhi diversi. Può essere che non sia così, che davvero non lo ami più, però non arrenderti subito. Te lo diranno tutti, ma tu non farlo. Prendi questa sedia, ad esempio, è diventata nuova anche se era la stessa sedia di prima».
«A te è mai capitato di avere dei dubbi con tua moglie?»
«Secondo me è impossibile non avere mai dubbi in amore. Certo che mi è capitato, ma ero anche sicuro che sarebbero stati passeggeri perché eravamo uniti. Ero sicuro che avremmo superato qualsiasi dubbio e difficoltà».
«A me manca quella sicurezza…»
«Cercala, non è detto che la troverai ma almeno cercala».

Ero andata sui colli bolognesi un sabato mattina come tanti altri per scattare delle foto, ma conobbi Giorgio. Non credevo nel destino, ma attribuivo sempre un significato alle persone che incontravo per caso. Io e Giorgio non ci saremmo mai conosciuti, appartenevamo a due generazioni diverse e a due posti differenti. Quel giorno, però, lo incontrai e mi fece sedere sulla sedia azzurra che aveva occupato sua moglie per anni.
Rimasi fino a sera, continuammo a raccontarci, ma i suoi ricordi erano più nitidi dei miei, nonostante fossero più vecchi. Aveva imparato a conservarli per sopperire alle mancanze di Giulia, per non tralasciare nulla e ricordare per entrambi. Quella stessa sera chiamai Marco e gli chiesi di riprovarci, insieme, mettendo da parte i miei sensi di colpa.

Martina Macrì

Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.  

Festival letterario Leggere le Montagne: 11 dicembre a Teatro

Festival letterario Leggere le Montagne: 11 dicembre a Teatro

Festival letterario Leggere le Montagne: 11 dicembre al Teatro del Buratto

Il festival si terrà Domenica 11 dicembre, alle ore 11.00, presso il Teatro Bruno Munari di Milano e sarà a ingresso gratuito e aperto a tutti.

Il Festival letterario Leggere le Montagne è un’iniziativa che nasce per avvicinare tra loro gli amanti della lettura e la montagna, e un’occasione per permettere a bibliofili, autori ed editori di dialogare e confrontarsi non solo con alpinisti e appassionati, ma anche con il mondo dell’arte sul significato, sulla portata e sull’impatto della letteratura alpina.

L’idea alla base dell’iniziativa è di avviare una serie di eventi dedicati al tema della Montagna e della letteratura in varie località alpine e prealpine, in occasione della Giornata Internazionale della Montagna istituita dalle Nazioni Unite e che si celebra annualmente l’11 Dicembre. Il Festival promuove le differenze e le connessioni culturali esistenti nel territorio alpino e, allo stesso tempo, collega tra loro “montagna e cultura”.

Il Teatro del Buratto, insieme alla cooperativa sociale EST – Educazione Sostenibilità Territorio, Mountain Wilderness International, Mountain Wilderness Italia, il FAI – delegazione di Milano, Trekking Italia, il Corso di Laurea in Scienze Umane dell’Ambiente, del Territorio e del Paesaggio, il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali e l’associazione Geografia in pillole, aderisce per il quarto anno all’iniziativa, proponendo l’evento “IL RESPIRO DELLA MONTAGNA: racconti, immagini e ricordi”, che si terrà Domenica 11 Dicembre, alle ore 11.00, presso il Teatro Bruno Munari di Milano e sarà a ingresso gratuito e aperto a tutti.

Per questa edizione, saranno nuovamente proposti un concorso fotografico e un concorso letterario, le cui premiazioni avranno luogo durante la mattinata. L’evento non si rivolgerà però solo agli adulti, ma anche ai più piccoli, ai quali verrà dedicato un piccolo appuntamento alle ore 15.00, sempre presso il Teatro Munari, a cui seguirà lo spettacolo teatrale inserito nella stagione. Durante questo incontro, è prevista la lettura di un testo dedicato alla montagna e un laboratorio di disegno attinente al tema.

Sarà un’occasione per riflettere con occhio sia naturalistico che antropologico su come il millenario rapporto reciproco tra le comunità umane e la montagna sia mutato nel tempo, agendo non solo sugli ecosistemi e sulla biodiversità, ma anche sulla costruzione delle culture e sull’evoluzione delle società.

Il confine e la fotografia – INSIGHT Foto Festival 2022

Il confine e la fotografia – INSIGHT Foto Festival 2022

Il confine e la fotografia – INSIGHT Foto Festival 2022

Una nota sul festival varesino di fotografia che quest’anno ha esplorato il tema delicato del confine, partendo proprio dai confini della fotografia.

Si è svolta dal 6 al 15 maggio la seconda edizione di INSIGHT Foto Festival, la manifestazione dedicata alla fotografia contemporanea della provincia di Varese. Il tema di questa edizione 2022 è il concetto di confine e il fitto programma di eventi come mostre, performance, presentazioni di libri, workshop affronta un tema complesso, attuale e sul quale è sempre importante riflettere.

La rassegna si è presentata così articolata: 10 mostre (7 nel programma INSIGHT e 3 del circuito INSIGHT OUT) in 10 località diverse (distribuite tra la città di Varese e zone limitrofe), oltre a presentazioni di libri, workshop e performance. Dunque, un programma ricco e articolato che ha indagato il tema del confine allargando, di fatto, i confini della fotografia.

Iniziamo, dunque, dagli eventi INSIGHT e dalle attività cittadine in Varese. Al MIV (Multisala Impero Varese) viene allestita la mostra collettiva Human Connections che esplora il tema del confine partendo dalla prospettiva del corpo. Le connessioni tra schermi e corpo sono il tema esplorato dal collettivo Red Rubber Road con together a part, progetto non a caso nato durante il lockdown 2020 e in continua evoluzione e aggiornamento, in quanto il rapporto corpo-tecnologia diviene sempre più costante e stretto. Corpo come confine nei lavori autobiografici when you hear hoofbeats think of horses, not zebras di Claudia Amatruda, la quale trova nella fotografia non tanto una terapia, ma un modo per porre ulteriori domande. Corpo al centro anche delle installazioni di Matteo Suffritti, che cerca costantemente di distaccarsi dalla bidimensionalità della fotografia con Fronte & Retro. Le opere esposte in questo spazio sono molto diverse tra loro: video, stampe, sculture, installazioni, che grazie a un allestimento semplice, ma attento, riescono a dialogare felicemente anche in un ambiente relativamente piccolo evitando una sovrapposizione caotica.

C. Amatruda, WHEN YOU HEAR HOOFBEATS THINK OF HORSES NOT ZEBRAS, ph. Lisa Boccaccio

Spostandosi poi a Villa Mirabello dentro gli splendidi giardini estensi, troviamo un’altra sezione del percorso di INSIGHT il cui titolo è tempo sospeso. In questo frangente il confine esplorato attraverso le opere stranianti di Leonardo Magrelli the plant e vitas paradossales di Luca Tombolini è il rapporto tra spazio e tempo. I lavori di quest’ultimo, mettono in crisi la nostra percezione di spazio nella serie dove vengono stampate, in grande formato, composizioni fatte con pigmenti di colore ma che potrebbero essere scambiate con fotografie di galassie in un salto di scala tanto grande quanto immediato alla vista, e del tempo nella serie dei paesaggi fotografati utilizzando tempi di esposizione lunghissimi che mostrano paesaggi fantascientifici con due soli. I lavori di Tombolini hanno un taglio decisamente meditativo, ci fanno riflettere anzitutto sulla nostra posizione rispetto a tutto ciò che ci circonda e soprattutto sulla relatività delle nostre percezioni. Leonardo Magrelli dal canto suo, invece, mediante l’uso della luce, getta un cono d’ombra sul nostro presente, ma anche – e soprattutto – sul nostro futuro più o meno recente che ci appare sempre più incerto. L’estetica richiama quelli degli scenari post-apocalittici del cinema, tanto lontani, ma incredibilmente vicini. Le sue immagini più che la testimonianza di una condizione attuale, tragica, sembrano provenire da un futuro nemmeno troppo lontano. Minaccia nucleare compresa. La fotografia diviene uno strumento molto efficace per porre certi interrogativi e questioni urgenti che non possono più essere rimandate.

Allestimento PLANTS, Leonardo Magrelli, ph. Monica Locati

Nella sala Nicolini è allestita una personale di Noemi Comi, unica mostra monografica di tutto il festival (nota mia). La giovane artista di Catanzaro, studentessa di fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, porta Homo Saurus. Un lavoro (scelto come immagine di copertina di questa edizione 2022 del festival, nda.) che risulta sicuramente non solo ironico, ma anche molto critico soprattutto in un momento storico come quello che stiamo vivendo. Il lavoro della Comi mette in mostra una ricerca condotta sulla teoria complottista che vedrebbe i rettiliani a occupare i ruoli chiave del governo del mondo. Dopo aver svolto per diverso tempo, una raccolta informazioni su svariati siti, blog e gruppi presenti sui social network, la giovane artista presenta il risultato il cui esito, in realtà, non è limitabile al solo caso studio, ma anzi offre una prospettiva per guardare e riflettere su diverse prese di posizione anche molto controverse Qualche foto sfocata del cielo, un riflesso sul vetro di una finestra, una fotografia in bianco e nero di un piccolo invertebrato colto in una posa bizzarra possono diventare tranquillamente prove “inconfutabili” della presenza degli alieni sulla terra. Quella di Noemi Comi è un’indagine che parte da un punto specifico, la teoria complottista sui rettiliani, ma apre spazi di riflessione molto più ampi, indaga le metodologie con le quali si producono i miti e teorie complottiste ma non solo, innescando anche una riflessione sull’utilizzo della fotografia in questi contesti.

N. Comi, HOMO SAURUS (particolare), ph. Christian Vittorio Garavello

È ospitata presso il Cinema Teatro Nuovo Filmstudio 90 la mostra dal titolo Conoscenze con le opere Percezione Primaria del duo Francesca De Pieri e Daniele Bolpin, e Questa è l’acqua di Niccolò Vonci. Il rapporto con la natura è il fulcro attorno a cui è pensata questa parte di festival, l’opera percezione primaria, premiata con il premio New Post Photography durante MIA Photo Fair qualche settimana fa (nota mia) è un esempio della riflessione che si vuole innescare. L’opera si presenta come un grande foglio di carta, leggerissima, sulla quale è stampata l’immagine di una pianta, poi tagliata in moltissimi frammenti e ricomposta incollandone le parti su un’intelaiatura di legno.

Completano l’installazione delle piccole ventole e un sensore di movimento che le aziona producendo una leggera brezza che fa oscillare i frammenti di carta. L’installazione riprende gli studi di Cleve Backster proprio sulla facoltà delle piante di percepire l’ambiente circostante, quindi, l’ambiente non è neutro e passivo, ma costantemente ricettivo. Il sensore di movimento, che attiva le ventole e simula di fatto la risposta dell’albero, gioca un ruolo chiave in tutto il processo: l’anello di congiunzione tra noi e l’ambiente, fissa un confine invisibile che perennemente attraversiamo in maniera più o meno consapevole.

Le opere di Vonci, invece, cercano di rispondere ad una domanda che due pesci si pongono in un dialogo all’interno di un testo di David Foster Wallace ovvero “…che cos’è l’acqua?”. In risposta realizza delle immagini che sono un dialogo più che una lettura “meccanica” della realtà.

Bolpin De Pieri, PERCEZIONE PRIMARIA (particolare), ph. Lisa Boccaccio

Nella suggestiva e affrescata sala Veratti è ospitata la mostra collettiva Passaggi, che vede nel confine un punto d’incontro. Esposta la ricerca Roots are Routes del duo Progetto vicinanze (Chiara Arturo e Cristina Cusani) che coinvolgendo una pluralità di pratiche, istituzioni, artisti e teorici lavora sul Mediterraneo come luogo di attraversamento. Il risultato in mostra è ridotto al minimo indispensabile, ovvero un pannello con un QR code che rimanda al sito del festival che mostra al visitatore il lavoro del duo. Ian Chambers, Giulia Flavia Baczynski, Duae Collecive, Bianca Salvo, Nicoletta Grillo, e molti altri sono i punti della costellazione vasta ed articolata che compone questo progetto complesso.

Valeria Pierini presenta materiali eterogenei per il progetto Northern Sea, un’esplorazione dell’Irlanda del Nord immaginandosi come una viaggiatrice del futuro. Ancora un duo esposto Novella Oriana e Simona Miraglia con Cartografia performativa del Mediterraneo che prevede una parte performativa e una installativa. È un lavoro di mappatura delle relazioni che si svolgono all’interno del Mediterraneo, un lavoro molto complesso che mette in relazione corpo, spazio, tempo e territorio come spiegato dalle autrici.

Quarta artista esposta in questa sezione è Cristina De Paola con Il mare di Enea, installazione multimediale che indaga una dimensione non lineare del tempo, che prende in esame un’insenatura di Porto Badisco, luogo di approdo di Enea. Un luogo mitico, di scambi, di incontri, un luogo dove tutto è contemporaneo.

Preogetto Vicinanze ROOTES ARE ROOTS, ph. Lisa Boccaccio

Al Circolo Bizzozzero trova spazio Giacomo Infantino artista e curatore della mostra Il piccolo gazzettino dei sogni, coinvolge i cittadini in una mostra collettiva e partecipata.

G. Infantino, PICCOLO GAZZETTINO DEI SOGNI, ph. Christian Vittorio Garavello

Alle mostre si sono aggiunte una serie di performance – il cui coordinamento è curato da Alex Sala – che anche in questo caso hanno indagato il tema del confine dalle più diverse prospettive. E dunque, chi indaga il confine come rapporto tra corpo e spazio, Valeria Ghion con DE-FENCE/NO-FENCE, oppure chi indaga il rapporto tra corpo e tempo con la performance come Antonella Gerbi con la performance Move On oppure MØNIA con la performance Age Borders e ancora chi riflette sui confini tra le persone come Elisabetta Ubezio con OSAMI o Beatrice Orsini con Touch Me.

Antonella Gerbi, MOVE ON, ph. Lisa Boccaccio

Molto interessante tutto il circuito INSIGHT OUT portato avanti da realtà indipendenti che lavorano in sinergia con INSIGHT. Questo programma ha offerto tre mostre, due a Bizzozzero, I confini di CREATI.VA a cura del collettivo CREATI.VA, e CONFINI a cura del Fotocineclub di Varese, e una terza mostra, NUANCE, che è stata ospitata a Villa Recalcati, ideata e realizzata dagli studenti e dalle studentesse dell’I.P.S.S.C.T.S. Einaudi.

Da segnalare anche le attività presso la biblioteca civica di Varese, come le presentazioni dei volumi Ettaro di Pietro Bologna a cura di Artphilein Editions e West of Here di Leonardo Magrelli, nonché il workshop dinarrazione visuale tra fotografia e scrittura a cura di Rosy Sincopi membro del team INSIGHT.

In evidenza anche la mostra oltre a cura di Rosy Sincropi, che ha esposto i lavori degli studenti del Liceo Classico Cairoli di Varese nell’ambito del programma di educazione all’immagine. Allestita sotto i portici dei giardini Estensi, ha rappresentato sicuramente una prospettiva importante da tenere in considerazione data la giovane età e le esperienze trascorse degli autori e delle autrici.

Studenti Liceo Classico Cairoli, OLTRE, ph. Christian Vittorio Garavello

Un festival certamente stimolante e ben riuscito, anche dal punto di vista dell’organizzazione risultando diffuso nella città, ma non dispersivo. Fin dall’impostazione teorica si pone l’obiettivo di indagare il concetto di confine espandendo i confini, appunto, disciplinari della fotografia. Dunque, vengono coinvolti artisti più o meno affermati e semplici cittadini, fotografie tradizionalmente intese ma anche – e soprattutto – installazioni, video, performance, presentazioni di libri. Degne di nota le attività portate avanti dal circuito INSIGHT OUT che coinvolge realtà indipendenti che lavorano bene in sinergia con il programma di INSIGHT.

Tantissimi gli spunti suggeriti dalle varie iniziative: dalle questioni tecnologiche, politiche, ambientali, alle riflessioni sul corpo, da chi punta l’attenzione verso un fine più introspettivo e meditativo, chi lavora riflettendo sulla capacità persuasiva della fotografia, chi indaga il rapporto con l’ambiente, e si potrebbe continuare a lungo.

In un periodo come questo dove la quantità di immagini che ogni istante si producono, per gli scopi e con le tecnologie più diverse, ha raggiunto un volume fino a poco tempo fa inimmaginabile e che tutt’ora è quasi impossibile da quantificare, iniziative come INSIGHT foto festival sono occasioni preziose e da cogliere per comprendere che la fotografia non è qualcosa di passivo.

La fotografia, come il video etc., sono strumenti importantissimi e molto efficaci per porsi e porre domande, cercare risposte e – soprattutto – per guardare in maniera critica ciò che ci circonda e la fotografia stessa.

di Christian Vittorio Garavello

 

Per tutte le informazioni relative al festival, opere ed artisti consultare: https://www.insightfotofest.it/

Christian Vittorio Garavello

Laureato in architettura e curatore indipendente. Nel 2016 consegue la laurea magistrale in Architettura, indirizzo progettazione architettonica, presso il Politecnico di Milano. Nel 2021 consegue il diploma accademico di II livello in Didattica dell'Arte indirizzo Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l'Accademia di Belle Arti di Brera.
È membro del Comitato dei Promotori del Premio Nazionale Arti Visive città di Gallarate.
Dal 2021 svolge attività di supporto alla didattica presso il Politecnico di Milano.
Collabora con studi di architettura, artisti e istituzioni culturali.

Insight Foto Festival: fotografie e arte a Varese

Insight Foto Festival: fotografie e arte a Varese

Insight Foto Festival: fotografie e arte a Varese

Insight Foto Festival è alle porte e apre la call per gli abitanti del quartiere di Bizzozero per fare parte della mostra dei cittadini prevista nei giorni della manifestazione.

Dopo il successo della prima edizione di Insight Foto Festival,  le curatrici Daniela Domestici e Chiara Del Sordo annunciano la seconda edizione del 2022, per promuovere la fotografia contemporanea a Varese e fare il punto sul ruolo della fotografia come mezzo trasversale di relazione e di espressione vicina alle persone e alla comunità.

Al pari della precedente edizione, l’evento ideato e organizzato da APS Gattabuia, sarà una manifestazione diffusa in tutta la città, diverse le sedi che dal 6 al 15 maggio 2022 ospiteranno vernissage, mostre, incontri, installazioni, presentazioni di libri e riviste, performance artistiche e visite guidate e che animeranno il centro cittadino e il quartiere di Bizzozero per due weekend dedicati a una ricerca visuale che viaggia sul filo del confine.

Un festival che si riconferma, anche per questa edizione, un progetto inclusivo che richiede la partecipazione attiva dei cittadini, oggi infatti lanciamo ufficialmente una call curata dall’autore Giacomo Infantino per la realizzazione de Il piccolo gazzettino dei sogni, una mostra corale dei cittadini nei giorni del festival. Un progetto che ha come protagonisti gli abitanti del quartiere di Bizzozero e che li coinvolgerà con una mostra collettiva per le strade e negli spazi del vivere quotidiano. I racconti dei cittadini, attraverso fotografie, testi, disegni o altro, potranno riguardare fatti realmente accaduti o essere frutto di immaginazione. Importanti sono i molteplici punti di vista dei cittadini sul territorio in cui vivono e lavorano. 

Per partecipare bisognerà inviare le proprie fotografie, immagini, racconti e disegni su Bizzozero entro il 4 aprile 2022. I termini di partecipazione con tutte le informazioni si trovano sul sito https://www.insightfotofest.it/mostra-dei-cittadini/

Quest’anno la fotografia oltrepassa i suoi confini, reali o simbolici, crea relazioni e incontri anche grazie agli autori e alle autrici che porteranno ad esplorare questa tematica attraverso lavori installativi, immersivi e interattivi, offrendo uno spaccato sulla fotografia contemporanea mediante una pluralità di linguaggi. Insight esce, inoltre, dall’ambito strettamente fotografico anche grazie a un gruppo di performer tutto al femminile che nei giorni del festival racconteranno il tema del confine attraverso il corpo. Un progetto curatoriale a cura di Alex Sala.

Numerosi i partner coinvolti che presenteranno diverse iniziative: da un rilevante progetto internazionale curato in collaborazione con Verzasca foto festival, alla presenza di pubblicazioni specializzate in fotografia contemporanea e alla presentazione di libri di Artphilein Bookstore, sino alle ultime novità editoriali di Clic.hè e alle proposte culturali in sinergia con l’Università degli Studi dell’Insubria.

E ancora, per i cittadini maggiorenni ci sarà la possibilità di entrare a far parte di un Festival e di poter fare esperienza sul campo nel settore culturale. Tante saranno le possibilità per collaborare con il festival, dall’accoglienza del pubblico al coinvolgimento nella diffusione dell’iniziativa, dall’allestimento delle mostre, insieme agli artisti e alle curatrici sino all’assistenza delle visite guidate. Per partecipare e diventare volontario basta andare sul sito https://www.insightfotofest.it/diventa-volontario/ e compilare il form con i propri dati. In seguito si verrà ricontattati per ulteriori informazioni.

MIA Milan Image Art Fair: il day after

MIA Milan Image Art Fair: il day after

MIA Milan Image Art Fair: il day after

Dopo la chiusura dell’evento vediamo insieme che cosa è successo, tra premi e opere degne di nota…

Si è conclusa recentemente l’undicesima edizione di MIA Milan Image Art Fair (28 aprile-1 maggio), a Superstudio maxi a Milano, nuovamente in partnership con BNL BNP Paribas e Eberhard & co, ma da quest’anno con una novità: MIA Fair è entrata nel gruppo Fiere di Parma.

Facciamo un breve resoconto della rassegna appena conclusasi partendo dai premi: il primo ad essere citato – e sicuramente e tra i più attesi – è il premio BNL BNP Paribas, assegnato a Simona Ghizzoni con Isola e ad Antonio Biasucci con Corpo Ligneo 01, che con le loro opere entrano nella collezione del gruppo BNL BNP Paribas andando ad arricchire un corpus che vanta già oltre 5mila opere. Ci sono novità anche tra i premi, questa edizione di MIA Fair vede anche la prima edizione del Premio IRINOX SAVE THE FOOD curato da Claudio Composti, premio che si concentra sul rapporto arte-cibo. Va ad ex aequo a Delphine Diallo e Ryan Mendoza il premio Sky Arte promosso da Sky Arte, media partner di MIA Fair.

Tra le varie iniziative, mostre e premi all’interno di MIA Fair, è sicuramente da segnalare la terza edizione del premio new post photography e relativa mostra, a cura di Gigliola Foschi: una iniziativa che nasce con lo scopo di dar spazio alle tendenze più innovative del mondo della fotografia contemporanea, ovvero indagare come la fotografia si ponga rispetto alle tante questioni sociali, politiche, economiche, culturali e tecnologiche che si intrecciano nella contemporaneità. In questo scenario la curatrice ritrova – non a caso –  nelle parole di Lazlo Moholy Nagy, uno dei principali esponenti del Bauhaus, una lettura decisiva “I confini della fotografia non sono prevedibili”. Parole, quelle di Moholy Nagy, che vedono proprio in questi confini non prevedibili un punto di forza per continuare a guardare criticamente al contemporaneo ponendo interrogativi e tentando di andare nel profondo delle questioni. Dunque, in mostra si ritrovano artisti ed opere che riflettono e lavorano su ambiti e con materiali molto diversi: chi riflette sul tema della violenza, chi sulla natura da salvaguardare, chi lavora con fotografie d’epoca e chi con le tecnologie digitali più recenti e si potrebbe continuare ancora con gli esempi. Un’iniziativa certamente degna di nota sia per gli obiettivi che si prefigge, sia per il rigore con cui affronta la ricerca.

Passando alle gallerie, divise in main section scelte direttamente da Fabio Castelli, direttore di MIA Fair, Gigliola Foschi ed Enrica Viganò, advisor di MIA Fair e beyond photography – dialogue (otto gallerie scelte da Domenico de Chirico per favorire, tramite progetti ad hoc per la fiera, il rapporto tra fotografia e altri media come pittura, scultura e installazioni), sono svariate le proposte degne di nota. Su tutte, Podbielski Contemporary (main section) che porta in fiera lavori di Silvia Camporesi e Thomas Jorion; la galleria trevisana Alberto Damian (main section) con gli scatti di Letizia Battaglia e ArtNoble Gallery di Milano (Beyond Photography- dialogue) che espone Giovanni Chiamenti e Alberto Selvestrel.

Sempre a proposito delle gallerie sono da segnalare l’allestimento e le proposte, molto curate, della galleria Antonia Jannone disegni di Architettura (main section) presente in due stand (9 e 11 corridoio C) con Marco Palmieri (stand 9), elegante, calibrato e raffinato come le immagini esposte. Nello stand 11 invece è esposto Santi Caleca che per esporre i propri scatti ripropone l’allestimento che aveva caratterizzato la mostra Aldo Rossi – Santi Caleca Monumental Memento (svoltasi presso la sede della galleria di C.so Garibaldi 125 a Milano tra il 7 dicembre 2020 e il 7 maggio 2021). Questa soluzione espositiva, come ci ha ricordato lo stesso Caleca incontrato durante la fiera, gli fu suggerita come consiglio pratico per meglio esporre le fotografie da Italo Lupi, architetto e designer che non ha bisogno di troppe presentazioni, proprio in occasione della mostra del 2020. In quell’occasione l’allestimento era un unico elemento lungo svariati metri disposto linearmente, mentre questa volta consiste in diversi elementi che corrono lungo le pareti dello stand fungendo da supporto sul quale vengono posizionate in maniera equidistante le immagini, in bianco e nero, che ritraggono le architetture di Aldo Rossi. L’allestimento nella sua semplicità, evitando l’effetto “foto appesa”, riesce al contempo a far dialogare elementi dello stand e immagini che posizionate in maniera cadenzata sembrano dialogare con le architetture ritratte. Aprono e chiudono il percorso della mensola due citazioni, una di Aldo Rossi, l’altra di Ettore Sottsass (proprio sulle architetture rossiane), contenute entrambe nel numero 3 anno 1989 di Terrazzo presente nello stand.

Completano il quadro di MIA Fair i progetti speciali. Tra questi ricordiamo il BDC – Bonanni Del Rio Catalog, che con la Nuova Scelta Italiana seleziona tre artisti come eredi dei grandi maestri della fotografia italiana; il progetto Olympism Made Visible della Olympic Foundation for Culture and Heritage, che ha come fine la divulgazione dei valori olimpici, e il progetto Dutch Talent Pavillion patrocinato dal Consolato del Regno dei Paesi Bassi della Galleria Project 2.0 che seleziona e presenta cinque tra i fotografi emergenti della scena olandese, tra i quali Larissa Ambachtsheer, colei che firma l’immagine di MIA Fair oltre a photoindipendent.

Molto elegante la mostra Uno sguardo gentile, fotografie di Marisa Rastellini di Mondadori Portfolio curata da Maria Vittoria Bravelli.

di Christian Vittorio Garavello

 

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Christian Vittorio Garavello

Laureato in architettura e curatore indipendente. Nel 2016 consegue la laurea magistrale in Architettura, indirizzo progettazione architettonica, presso il Politecnico di Milano. Nel 2021 consegue il diploma accademico di II livello in Didattica dell'Arte indirizzo Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l'Accademia di Belle Arti di Brera.
È membro del Comitato dei Promotori del Premio Nazionale Arti Visive città di Gallarate.
Dal 2021 svolge attività di supporto alla didattica presso il Politecnico di Milano.
Collabora con studi di architettura, artisti e istituzioni culturali.