Aspettando Stranger Things: un tuffo negli anni ’80 tra Guerra fredda e cultura pop

Aspettando Stranger Things: un tuffo negli anni ’80 tra Guerra fredda e cultura pop

Aspettando Stranger Things: un tuffo negli anni ’80 tra Guerra fredda e cultura pop

Nell’attesa che la quarta stagione di Stranger Things sposti in avanti la lancetta della narrazione, torniamo al 1985, anno del terzo capitolo della saga, tra le ultime battute della Guerra Fredda e i primi cenni di crisi dell’America tradizionale.

 

I nemici sono ancora i mostri del “Sottosopra”?

Sebbene Stranger Things sia difficile da definire come una “serie storica” – eccetto naturalmente per le menti più fantasy – un vero appassionato non può che non aver notato come nella terza stagione della saga il contesto storico e culturale assuma una rilevanza inaspettata per la trama, specialmente per il rimando centrale alla Guerra fredda. Se dal debutto della serie TV i principali antagonisti di Stranger Things sono sempre stati i mostri che vivono nell’Upside Down e gli intralci delle agenzie governative americane, nella terza stagione sembrerebbe toccare ai russi diventare i veri nemici dei protagonisti.

Scontro USA-URSS: tra narrazione e storia

D’altronde, come detto, la stagione si ambienta nel 1985, ma una prima scena iniziale ci riporta al 1984. Un anno non casuale per la fantascienza, perché è quello di ambientazione del massimo capolavoro della distopia inglese, il 1984 di George Orwell. Un anno di ambientazione ottenuto invertendo le ultime due cifre dell’anno di composizione, il 1948, per narrare di una distopia futura in cui il totalitarismo comunista della Russia di Stalin aveva trionfato. La coincidenza aveva colpito molto l’immaginario, tanto da ispirare, nel 1984 reale, il celebre spot del Macintosh della Apple che riprende vistosamente il romanzo orwelliano.

Tensioni e spionaggio russo

Come del resto nel 1984 le tensioni tra USA e URSS erano tornate alte. L’anno precedente, il 1983, l’avvio del progetto dello Scudo Spaziale di Reagan (il progetto “Star Wars” che una volta completato avrebbe annullato in gran parte i nucleari sovietici) aveva prodotto una forte tensione: le olimpiadi di Los Angeles del 1984 erano state disertate in blocco da URSS e paesi satelliti (così come nel 1980 gli USA avevano disertato le Olimpiadi di Mosca). Che verso la fine degli anni ’80 l’impero sovietico fosse al preludio del collasso non era ancora chiaro e nell’America dell’85 la preoccupazione per l’infiltrazione di spie russe era ancora alta. Una paranoia non del tutto infondata, che non raggiunse comunque la psicosi dell’etĂ  maccartista, ma è presente come un sottofondo diffuso nella societĂ  e nella serie.

Anni Ottanta: le scintille di una rivoluzione

L’attenzione della serie si sposta anche su elementi di storia sociale, che – per quanto molto interessanti per certi versi – vengono forse enfatizzati in modo un po’ didascalico, complice anche il tono nettamente umoristico in molti punti. Da un lato c’è il tema della diffusione dei grandi centri commerciali, i Mall, che vampirizzano le piccole cittadine svuotandole della loro anima e riducendo sul lastrico i negozietti locali, espressione di una vecchia America di provincia che va sparendo. E questo si sposa perfettamente con il tema horror della serie, seguendo una certa estetica del “supermercato horror” stile anni ’80.

Femminismo alla Nancy “Drew”

Dall’altro lato, in modo ancor più evidente, c’è il tema del maschilismo tossico ancora nel pieno del suo potere che ricorre in tutte le sottotrame come evidente fin dalle prime puntate. La povera Nancy (soprannominata “Drew”, come una celebre ragazzina detective dei libri per ragazzi) stagista bistrattata al giornale locale; lo sceriffo sempre più goffo e prevaricatore sia nei confronti del suo interesse sentimentale, sia, nel ruolo di padre, verso Eleven e la sua sessualità emergente con tanto di colonna sonora di “Material Girl” di Madonna. L’abuso in ogni dove del fumo – di sigarette e di sigari – è così un ulteriore elemento storico che viene però esasperato a volte in modo un po’ macchiettistico; se da un lato offre siparietti divertenti, lo sceriffo era forse un personaggio più interessante nelle stagioni precedenti, quando le asperità del personaggio erano meno smussate in un tono comico.

Distopia smascherata

In ogni caso appare interessante come Stranger Things provi a smarcarsi almeno in parte dall’usurato meccanismo della nostalgia restituendoci degli anni ’80 meno idilliaci e idealizzati del solito: l’ultima America tradizionale, quella dell’edonismo reaganiano, apparentemente si presenta all’apice del suo successo, ma si intravedono in modo sempre piĂą evidente le crepe che dissolveranno quel provincialismo felice. Il Mall, grande infiltrato disgregatore, porta la crisi in famiglie oleografiche sempre piĂą preda di fratture insanabili. Anche il “ritorno al futuro” degli anni ’50 felici dell’immaginario conservatore sono impossibili da idealizzare. Stranger Things offre così una visione non banale, un’occasione di ripensare agli anni Ottanta in modo forse un po’ meno ingenuo di quanto ci si poteva aspettare e senza il timore di nascondere le crepe di una societĂ  in continua trasformazione. Il punto è: siete pronti a tuffarvi nel 1986?

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