“Il barone rampante” e il coraggio di essere liberi

“Il barone rampante” e il coraggio di essere liberi

“Il barone rampante” e il coraggio di essere liberi

Il barone rampante, romanzo pubblicato da Italo Calvino nel 1957, ripercorre la vita straordinaria di un bambino che rinuncia alla normalità e sceglie di essere pienamente libero. 

Siamo incoerenti per tutta la vita. Viviamo di rimorsi e di rimpianti, di scelte che “forse non dovevo fare”. C’è chi vive sempre nello stesso posto, che guarda il mondo dal medesimo punto di vista ogni singolo giorno. C’è chi un altro punto di vista non lo vuole neppure conoscere, perché va bene così, non serve cercare altro. Ci si sveglia la mattina e si seguono regole implicite, che contrastano l’originalità e ci costringono a vivere la vita così com’è.
Ci sono persone che s’illudono di essere folli soltanto perché hanno cambiato città, rimanendo con i piedi ben piantati per terra. Spesso si crede che rischiare, trasgredire equivalga a sposare un’originalità che non gli appartiene poi così tanto. Ci sono gli abitudinari, ci sono i trasgressori che provano a essere folli.

E poi c’è chi non fugge dalla realtà, ma assume soltanto un punto di vista nuovo, inedito e, soprattutto, coerente nella sua originalità: Cosimo, il protagonista de “Il barone rampante” di Italo Calvino. Il romanzo viene pubblicato nel 1957 e Calvino dà prova ancora una volta del suo inarrivabile talento. Uno scrittore che cerca di comprendere la realtà attraverso la fantasia. Una fantasia verosimile e distante al tempo stesso.

Cosimo ha 12 anni, ma una personalità che gli altri costruiscono a fatica per una vita intera. Non rinuncia alla realtà, alla vita e alla sua famiglia. Rinuncia alle regole che muovono la vita sociale e familiare, troppo rigide e restrittive. Rinuncia alla normalità, a essere un uomo tra gli uomini. Cosimo vuole osservare il mondo da una prospettiva diversa, privilegiata ma anche estremamente faticosa. Per comprendere meglio leggiamo insieme l’incipit:

Fu il 15 giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi.

“Per l’ultima volta.” Il lettore si chiede cosa voglia dire Biagio, fratello minore di Cosimo e narratore del romanzo. Egli guiderà la nostra lettura, ci accompagnerà in un viaggio di cui non è il protagonista, ma solo lo spettatore. Biagio è l’esatto opposto di suo fratello. Biagio è tutti noi, esseri umani ordinari che vivono una vita ordinaria. Biagio guarda Cosimo dal basso e Cosimo guarda tutti gli altri dall’alto.

Cosimo, un giorno come tanti altri, seduto a tavola con la sua famiglia, respinge un piatto di lumache, disubbidisce e se ne va. Sale su un albero, intenzionato a non scendere.

Nostro padre si sporse dal davanzale. – Quando sarai stanco di star lì cambierai idea! – gli gridò.
– Non cambierò mai idea, – fece mio fratello, dal ramo.
– Ti farò vedere io, appena scendi!
– E io non scenderò piĂą! – E mantenne la parola.

Il capriccio si trasforma in uno stile di vita. Un bambino di 12 anni decide di trasformare una condizione temporanea nella sua casa. Una casa priva di pareti.

Cosimo vive sul ramo di un albero e riesce a vedere il mondo da un punto di vista diverso, per cercare di comprenderlo e accettarlo. Guarderà i suoi genitori e suo fratello dall’esterno. Una scelta folle, libera e coraggiosa. Una scelta coerente, che gli permetterà di vedere la realtà con occhi diversi, cogliendo tutte le sfaccettature invisibili sulla terra. Cosimo vive tra cielo e terra, tra realtà e fantasia.

Forse qualche volta per comprendere la realtĂ  che ci circonda vorremmo soltanto guardarla dall’esterno, pur facendone parte. Non riusciamo a capire quello che viviamo perchĂ© siamo coinvolti pienamente. Non siamo coraggiosi abbastanza, non sappiamo neppure come sperimentare quel coraggio che ci renderebbe liberi, anche solo per un po’.

Cosimo ci insegna a scegliere di scegliere, a non accettare passivamente, a ribellarci. Una forma di ribellione, la sua, inverosimile per noi, ma che rappresenta la metafora di uno stile di vita libero da condizionamenti.

Cosimo non è un eterno Peter Pan, non rifiuta di diventare adulto. Fa un patto con sé stesso e sceglie di non abitare, ma di vivere. Sceglie di rinunciare a un piatto di lumache e a tutto ciò che comporta, ma non lo fa solo una volta. Rifiuta quelle lumache per tutta la vita, e con esse l’ordinarietà di una vita prima di individualità. Sceglie di essere sé stesso, si dedica alla lettura, che diventa per lui fondamentale, si innamora. Vive.

Rimane immutato lo spazio, il posto. Il tempo, ahimè, continua a scorrere, e con esso anche i suoi anni. “Il barone rampante” è un percorso e noi lettori siamo liberi di interpretare quel che il narratore omette. Siamo liberi di leggervi la nostra vita o quella che non vivremo mai. Siamo liberi di amare o odiare Cosimo, ma non siamo liberi di dimenticarlo. Egli è eterno.

 

Martina Macrì

Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.  

Il castello dei destini incrociati: tarocchi o realtĂ ?

Il castello dei destini incrociati: tarocchi o realtĂ ?

Il castello dei destini incrociati: tarocchi o realtĂ ?

Il castello dei destini incrociati di Calvino è un’opera intricati in cui immergersi e in grado di far riflettere sulla propria esistenza.

Il Castello dei destini incrociati è un’opera di Italo Calvino pubblicata per la prima volta da Franco Maria Ricci, una casa editrice parmense nel 1969 con il titolo Il mazzo visconteo di Bergamo e New York.  La casa editrice Einaudi lo pubblicò quattro anni dopo, arricchendo la raccolta con una spiegazione dell’autore sull’origine e la tipologia dei tarocchi utilizzati.

“Ogni scelta ha un rovescio cioè una rinuncia, e così non c’è differenza tra l’atto di scegliere e l’atto di rinunciare.”

L’opera, suddivisa in due parti (il Castello e la Taverna) è fondamentalmente una raccolta di racconti, in grado di differenziarsi dai tradizionali stili narrativi per alcune particolarità. Prima di tutto Calvino utilizza un mazzo di tarocchi per sviluppare la linea narrativa: i personaggi si trovano a vivere determinate storie ed esperienze man mano che le carte vengono scoperte sul tavolo. Nella prima parte utilizza i tarocchi Marsigliesi, mentre nella seconda quelli Viscontei (molto più particolareggiati); nell’edizione Mondadori è possibile visionare, durante la lettura, le carte posizionate a bordo della pagina. Un aspetto che rende unica questa raccolta è il fatto che i racconti sono legati tra di loro proprio dai tarocchi che man mano compaiono, non si ha quindi un inizio isolato o una fine che sbarra la via a futuri avvenimenti.

 

L’ambientazione e il timbro linguistico, invece, appaiono diversi nella prima, ambientata in un castello medioevale, e nella seconda, che si sviluppa invece in una taverna rinascimentale. Calvino si immerge infatti nelle realtà che vuole raccontare descrivendo situazioni verosimili, utilizzando un linguaggio oltremodo anticheggiante per il lettore contemporaneo.

La storia comincia con il racconto del narratore, il quale si trova in una foresta nel quale scorge un castello dove potersi fermare per riposare. Una volta entrato, il protagonista si accorge di non riuscire più a proferire parola e proprio come lui anche tutti gli altri personaggi presenti all’interno del castello, dai viandanti, al castellano, fino ai prodi cavalieri. Durante la cena è il castellano a donare ai propri commensali un mazzo dai tarocchi in modo tale da potersi finalmente esprimere e raccontare le proprie vicende di vita.

Riassumere l’intero libro risulterebbe complicato e pedante, oltre a toglierne uno dei suoi principali fascini: il desiderio di scoprire cosa il destino avrà in serbo per i vari protagonisti. Nelle storie si trovano sia personaggi inventati, sia personalità ben conosciute nel mondo letterario: come, ad esempio l’Orlando di Ariosto o Elena di Troia.

La scelta dell’utilizzo dei tarocchi non è solamente uno strumento narrativo fuori dal comune, ma custodisce in sé il vero significato dell’opera. Per comprenderlo bisogna prima di tutto allontanarsi dai pregiudizi che oggi, anche giustamente, accompagnano i tarocchi. Quest’ultimi, infatti non hanno semplicemente lo scopo di far divertire o rubare i soldi a persone che pensano veramente di trovare in essi il proprio futuro, chiaro e tondo. La tradizione dei tarocchi è invece basata sulla crescita personale, sull’imprevedibilità, sulle scelte che solo le persone possono prendere, ma che contemporaneamente nascondono molteplici futuri. Solo scrutando dentro sé stessi si può dare un senso alle varie interpretazioni delle carte.  Calvino ha studiato e sfruttato le immagini e i significati degli arcani minori e maggiori per costruire delle storie immaginifiche, inaspettate, ma con un senso.

Due delle parole chiave per descrivere le vicende dei personaggi sono introspezione e combinazione. Introspezione in quanto le loro azioni sembrano dettate sia da una forza superiore sia dalle caratteristiche personali, dal comportamento che rende unica quella determinata persona. Per quanto riguarda le combinazioni, invece, è fattuale notare come tutti gli avvenimenti siano incasellati uno dopo l’altro, e l’interpretazione dei tarocchi può variare sia per ciò che appare prima sia per ciò che succede successivamente.

Le storie sono un vero e proprio percorso di vita ricco di insidie, di indecisioni, di atti eroici o codardi, di verità difficile da ammettere. Il castello dei destini incrociati è un viaggio ambientato nel passato, con personaggi inventati, con vicende dettate da delle carte, ma che nasconde in sé una realtà unica e personale pronta a manifestarsi nella mente di ogni lettore.

“Mi chino a scrutare dentro l’involucro di me stesso; e non ho l’aria soddisfatta: ho un bel scuotere e spremere, l’anima è un calamaio asciutto. Quale Diavolo vorrà prenderla in pagamento per assicurarmi la riuscita dell’opera?”

Federica Ventura

Laureanda in Editoria in perenne ricerca di nuovi stimoli. Prediligo letture disordinate in una vita spettinata. Montagne, oceani o cittĂ : l'importante è continuare a muoversi.Â