Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Il campione serbo vince per la decima volta il torneo, torna numero uno del mondo e aggancia Nadal nel numero di Slam vinti. Nel femminile prima gioia per Sabalenka. La pattuglia azzurra stavolta raccoglie poco.

Novak Djokovic ha vinto per la decima volta nella sua carriera l’Australian Open, conclusisi domenica 29 gennaio. In finale ha superato il greco Stefanos Tsitsipas, alla sua seconda finale Slam dopo quella persa al quinto set due anni fa al Roland Garros. Sempre dall’asso serbo.

La capacità del campione di Belgrado di essere più forte di avversari, infortuni e persino di scelte politiche che lo hanno come noto escluso nella stagione passata da tutti gli eventi sportivi in calendario in Australia e negli Stati Uniti, è stupefacente. Non appena rientra in circolazione, riprende a disegnare le sue traiettorie perfette e instancabili. Sempre alla ricerca di un contropiede, di un affondo che rimandi oltre la linea di gioco il rivale di turno che cercava di guadagnare terreno.

Non appena rientra riprende a coprire il campo come solo il miglior Nadal sa fare; è dappertutto e colpisce la pallina sempre con assoluta precisione, con i piedi sempre ben piantati per terra. Ha perso solo un set, al secondo turno dal francese Couacaud. Per il resto solo vittorie, fino alla fine. Novak Djokovic è nuovamente al vertice del ranking mondiale, posizione già ricoperta in passato per ben 374 settimane (record)!

A 35 anni compiuti è ancora in pista per silenziare l’ennesima generazione di giovani speranze che si avvicinano a lui, a Nadal e prima a Federer come a una stella incandescente che scioglie la cera che tiene insieme le loro ali.

Sicuramente il tennis riparte da Alcaraz, Rune, Tsitsipas e altri delle leve più recenti, ma c’è da scommettere che presto si riparlerà della parità di titoli Slam vinti tra Nole e Rafa. I due alieni sono saliti a ventidue ciascuno, e vedremo cosa accadrà a Parigi, tra maggio e giugno.

Nadal ha passato un turno a fatica, per poi cedere al secondo, complice un problema all’anca che lo ha costretto a un mese di stop. Come scritto quindici giorni fa, da qualche mese lo spagnolo soffre di malanni vari che lo hanno costretto a un numero di sconfitte non usuale. Non è certo il primo infortunio della carriera per lui, ma questa volta il naturale logorio di un fisico spinto come in nessun altro caso nel tennis ai suoi limiti sembra avere un ruolo importante.

Speriamo di rivederlo protagonista quanto prima, per lui la stagione sulla terra rossa che inizia a aprile è sempre stata la sua medicina preferita.

Del singolare femminile avevamo scritto 15 giorni fa di un gruppetto di giocatrici che sembrava essersi staccato dal plotone per formare una nuova élite al vertice, importante per sostenere la popolarità del circuito; ebbene, è successo che la vittoria finale ha arriso all’ennesima giocatrice che ancora non aveva sollevato un trofeo Slam. È vero però che la bielorussa Aryna Sabalenka, ventiquattrenne di Minsk, abita stabilmente da alcuni anni le prime posizioni del ranking, e solo un sistema nervoso invero fragile le ha impedito di raccogliere prima di questo Australian Open un alloro che il suo tennis avrebbe meritato.

In una splendida finale, che ha coronato un torneo non troppo spettacolare, ha sconfitto in rimonta per 46 63 64 la kazaka Elena Rybakina, vincitrice dell’ultima edizione di Wimbledon. Quest’ultima non ha affatto demeritato, e durante il torneo ha saputo sconfiggere in due set la numero uno del mondo, la polacca Iga Swiatek.

La polacca ha fatto parlare di sé anche per la pubblicazione su “The players’ tribune”, piattaforma che fornisce uno spazio agli atleti per comunicare di sé ai propri appassionati, della lettera intitolata “The polish introvert”, ovvero “La polacca introversa”. In essa Iga parla dei suoi sogni di bambina, più legati a trovare il modo di socializzare coni propri coetanei che non ai successi nello sport. E anche delle difficoltà di allenarsi in un paese dal clima freddo e con pochi fondi a disposizione, con i campi al coperto in inverno a quattro gradi centigradi!

Il torneo degli italiani non è stato particolarmente brillante, soprattutto per la resa al di sotto delle aspettative di due tra i più importanti alfieri della racchetta azzurra.

Prima di tutti Matteo Berrettini. Protagonista solo dieci giorni prima di un’ottima prestazione alla United Cup, Matteone ha avuto un primo turno non proprio agevole: l’avversario designato dal sorteggio e stato Andy Murray, ex numero uno del mondo che ha subito nel 2018 un intervento chirurgico all’anca che lo ha quasi costretto al ritiro. Sir Andy, due volte vincitore nella sua Wimbledon, si è progressivamente ripreso, ma certo non vale più il campione di alcuni anni fa.

Berrettini ha perso i primi due set, superato dal furore agonistico del britannico; ha rimesso insieme il suo tennis ed ha vinto il terzo e il quarto, per poi subire il ritorno del rivale chi ha vinto il set decisivo al tie-break. L’italiano certamente recriminerà tra sé e sé a lungo per un match point fallito clamorosamente nel decimo gioco, quando ha messo in rete un rovescio facile facile.

John McEnroe, ai microfoni di Eurosport, ha definito “la sua personale kryptonite” il colpo più debole di Matteo; in effetti in questo ultimo anno non è migliorato, ed insieme ad una limitata mobilità negli spostamenti laterali rappresenta il suo limite più importante.

Speriamo sappia reagire presto, soprattutto sul campo da tennis, dal momento che sul lato social è di nuovo attivissimo con una nuova liason in avvio, in coppia con Melissa Satta.

Lorenzo Musetti ha perso anch’esso al quinto set e anch’esso cedendo i primi due, contro Lloyd Harris, sudafricano che non giocava da sei mesi. Risultato deludente che certamente non cancella qualche dubbio sulla consistenza agonistica del giocatore di Carrara.

Meglio ha fatto Jannik Sinner, che è stato eliminato al quarto turno ma dal finalista Stefanos Tsitsipas, e solo dopo una battaglia durata quattro ore. Il resto della pattuglia azzurra, compreso anche il gruppo femminile, non ha ottenuto risultati di particolare spessore.

Finita la stagione in terra australe, ora il circuito fa tappa in sudamerica e in Europa, per poi ritrovare gli appuntamenti di marzo sul cemento nordamericano: Indian Wells e Miami.

 

Danilo Gori

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Il campione serbo è il favorito alla vigilia dello Slam australiano; non è ancora al massimo, ma la sua insaziabile voglia di vincere lo sorregge sempre. Il tennis italiano continua a crescere

L’attesa si è conclusa, e come sempre a gennaio il tennis riparte dall’estate australiana. Dopo alcuni tornei giocati anche in Nuova Zelanda e nell’isola di Tasmania, questa notte sono iniziati gli Australian Open prima prova del Grande Slam 2023. Tutti i migliori e le migliori si ritrovano a Melbourne, nel bellissimo impianto di Flinders Park, inaugurato nel 1988 (vinse Mats Wilander, al quinto set contro il padrone di casa Pat Cash). In realtà quasi tutti, perché il torneo maschile ha dovuto registrare l’assenza per infortunio niente meno che del numero uno del mondo: Carlos Alcaraz.

Rispetto allo scorso anno il torneo ritrova però Novak Djokovic, assente nel 2022 per questioni… vaccinali. Il serbo ha già vinto 9 volte la manifestazione, e la prima volta risale al 2008, ben 15 anni fa. Pur non giocando ancora il suo miglior tennis, una settimana fa ha vinto il torneo di Adelaide, lasciando intendere che la prima qualità di un campione è quella di non essere mai stanco di vincere: sono ormai 92 gli allori in carriera per lui.

La sua stagione 2022 giocata a singhiozzo lo ha relegato alla quinta posizione del ranking; gli organizzatori non hanno voluto contraddire la classifica ufficiale egli hanno attribuito la quarta testa di serie. Ma è senza dubbio il favorito numero uno e martedì farà il suo esordio contro lo spagnolo Carballes Baena.

Il suo avversario… naturale, ovvero Rafa Nadal, è la prima testa di serie. Ha avuto un pessimo sorteggio, e quando leggerete questo articolo avrà già giocato il suo primo match contro il giovane (21 anni) mancino inglese Jack Draper, uno dei migliori della nouvelle vague. Lo spagnolo, detentore del titolo, non sembra essere nella sua miglior forma fisica; la sua classe non si discute, ma è difficile immaginarlo arrivare fino in fondo.

Non ce ne voglia il bravo Jack, ma silenziosamente speriamo di vedere Nadal andare avanti.

I nomi subito alle spalle delle due leggende sono quelli del russo Medvedev e del greco Tsitsipas, senza dimenticare i migliori dello scorso autunno, il danese Holger Rune e il canadese Felix Auger-Aliassime. Il talento di casa Nick Kyrgios è pronto a essere il guastafeste dei favoriti e, se non si distrae, nei quarti potrebbe incontrare proprio Djokovic.

Il tabellone femminile propone come naturale favorita la polacca Iga Swiatek, vera protagonista del 2022. Alle sue spalle qualche avversaria in più sembra essersi preparata per impensierirla non poco: pensiamo alla francese Garcia, alla bielorussa Sabalenka e alla tunisina Ons Jabeur. Inoltre, potremo verificare i progressi dell’americana Jessica Pegula, attuale numero tre del mondo. Forse il tennis femminile ha finalmente trovato un piccolo gruppo di tenniste capaci di elevarsi dal gruppo.

Capitolo tennis italiano: per la prima volta nella storia abbiamo tre azzurri nei primi 20 del mondo: Matteo Berrettini numero 14, Jannick Sinner in sedicesima posizione e Lorenzo Musetti in diciannovesima. Matteo in particolare sembra in forma ideale; ha guidato la nazionale italiana nella United Cup fino alla finale, persa contro gli Stati Uniti. Ha affrontato quattro top ten battendone due, Ruud e Hurkacz. È motivato e sente di essere il leader del movimento azzurro.

L’anno scorso ha perso in semifinale da Nadal; al primo turno affronta Andy Murray, campione ridimensionato da gravi infortuni, ma ancora in grado di vincere partite importanti.

Musetti e Sinner si sono recentemente fermati per piccoli malanni fisici, che si spera non condizionino troppo il loro cammino negli Australian Open

Dopo due turni alla portata del loro tennis, il tabellone li metterebbe purtroppo l’uno contro l’altro nel terzo turno.

Tra le donne la numero 1 italiana è Martina Trevisan, capace a giugno di arrivare fino in semifinale al Roland Garros. La superficie e probabilmente un po’ troppo veloce per i suoi gusti, ma nella prima settimana dell’anno si è molto ben difesa nelle United Cup. Se riesce a passare un primo turno non impossibile contro Schmiedlova, al secondo turno potrebbe avere Camila Giorgi, ultimamente caduta piuttosto in basso in classifica (settantesimo posto).

il nome più di tutti à l’affiche in queste torride giornate nella terra dei… koala (facciamo riposare i canguri) è quello di Elisabetta Cocciaretto; la ventunenne di Porto San Giorgio si è qualificata per la finale a Hobart.

Nella notte tra venerdì e sabato non è riuscita a vincere il suo primo torneo WTA, ma si è inserita alla posizione numero 48 della classifica mondiale, suo record personale.

Speriamo che lo sforzo fisico di quest’ultima settimana non la condizioni nel grande torneo; la sua prima avversaria è la kazaka Elena Ribakyna, che ha vinto l’ultima edizione di Wimbledon, ma che successivamente non ha ottenuto altri risultati degni di una campionessa Slam.

Questi sono i nomi di punta della pattuglia azzurra, che complessivamente conta 12 nomi, equamente divisi tra singolare maschile è singolare femminile. A livello quantitativo un dato notevole, che certifica la crescita del movimento nel nostro paese.

Sperando di trovarli numerosi anche all’inizio della seconda settimana, non ci resta che metterci comodi per gustarci una nuova stagione di grande tennis. Buon Australian Open a tutti!

 

Danilo Gori

US OPEN: una vittoria… Carlito’s way!

US OPEN: una vittoria… Carlito’s way!

US OPEN: Alcaraz, una vittoria… Carlito’s way!

Nell’ultimo major dell’anno infuria la lotta tra i possibili successori dei big three; a spuntarla è il giovanissimo tennista di Murcia, Carlos Alcaraz.

Que viva Alcaraz!

Si conclude il magico giro del mondo che ogni anno parte a gennaio da Melbourne per arrivare a settembre a New York, passando in estate per Parigi e Londra. Sono le città che rappresentano i paesi con le tradizioni tennistiche più importanti e che più indietro nel tempo affondano le proprie radici.

Nel giorno di sabato 10, canonicamente dedicato alla finale femminile, ai lati del campo centrale gli organizzatori fanno scrivere la data fatidica: 9/11/2001, il giorno dell’attacco alle Torri Gemelle. La finale maschile dell’edizione 2022 del torneo ha coinciso con la triste ricorrenza. È stata l’edizione di un americano in semifinale (non accadeva da diciannove anni); Frances Tiafoe, brillante giocatore del Maryland, ha eliminato Nadal. Ma anche di Casper Ruud, il norvegese atipico che non si diletta di sci di fondo, ma si fa un nome come racchettatore e si spinge fino alla finale. E di Sinner, sempre più determinato e completo.

Tutti bravi, ma non abbastanza per vincere nella Grande Mela.

Nel 2022 i nomi di Nadal e Djokovic sono entrati per l’ennesima volta negli albi d’oro delle prime tre tappe; ma nell’ultimo atto un nome nuovo ha avuto la meglio su tutti, e si propone come numero uno mondiale: Carlos Alcaraz.

Abbiamo seguito le sue vittorie a Madrid e Barcellona sulla terra, e a febbraio anche la sua affermazione sul cemento di Miami. A Parigi ha perso nei quarti, e a Wimbledon si è arreso al nostro Sinner, contro il quale si è vendicato nei quarti a Flushing Meadows. Non ha brillato in agosto, ma ha ricaricato le batterie per presentarsi a Flushing con la giusta tensione. Ha perso sette set complessivi; per tre volte è andato alla quinta partita, che ogni volta ha vinto 63; ha annullato una palla-match, come diremo tra poco. Ha sofferto, ha perso punti incredibili ma ne ha anche vinti, sempre deciso a cancellare dalla testa tutto subito, per rituffarsi nello scambio seguente con rinnovata fame di vittoria.

Difficile pensare che possa vincere come il suo connazionale Nadal, ma di sicuro il futuro di Alcaraz è già qua, e parecchie altre volte lo vedremo trionfare.

Il torneo maschile ha visto nei quarti i due protagonisti italiani uscire con onore. Ma mentre Berrettini è stato battuto nettamente da Ruud, Sinner ha perso una battaglia memorabile proprio contro il vincitore della manifestazione.

La sfida tra i due giovani (21 anni Jannik, 19 Carlos!) ha stabilito il record di durata per una partita giocata in notturna: circa cinque ore e un quarto. È terminata dopo le due di notte, ora locale.

Jannik è stato il giocatore che più di tutti ha messo Alcaraz con le spalle al muro. Dopo una partenza favorevole all’iberico, Sinner ha vinto il secondo e il terzo set al tie-break. Nel quarto set si è conquistato un matchball, che però non è riuscito a convertire. Nella quinta e decisiva frazione ha strappato il servizio al suo avversario, ma ha anche esaurito il carburante, subendo un parziale di cinque giochi consecutivi che ha spianato allo spagnolo il passaggio del turno.

A fine partita grandi abbracci e fair-play tra i contendenti, che si conoscono e sono amici dagli albori junior delle loro carriere. Sui social diversi addetti ai lavori hanno riconosciuto nella sfida uno dei confronti che maggiormente caratterizzerà il tennis nel prossimo decennio. Sperém, ovviamente contando su di un finale differente, di tanto in tanto almeno.

Nelle semifinali la maggiore solidità di Casper Ruud ha la meglio su un Kachanov già contento di essere arrivato sin lì, mentre Alcaraz vince il terzo incontro consecutivo al quinto set, stavolta con il già citato Tiafoe. In finale l’infante di Spagna prevale su Ruud in quattro set, vacillando nel secondo ma imponendosi di forza nel quarto.

Il torneo femminile, dopo aver vissuto una prima parte densa di rivolgimenti e di teste coronate in disgrazia anzitempo, ha prodotto la finale più credibile in questo momento. Da una parte la polacca Iga Swiatek, numero uno mondiale e vincitrice a Roma e a Parigi, dall’altra Ons Jabeur, tunisina, sempre più un simbolo per il suo paese e per il mondo arabo; quest’anno si è imposta a Madrid e ha perso le finali di Roma e di Wimbledon.

L’incontro decisivo ha confermato le attuali gerarchie; la Swiatek ha dominato il primo set ed è salita tre a zero nel secondo. Ha quindi subito il ritorno dell’atleta nordafricana, che nel tie-break ha avuto una palla per vincere la frazione. La numero uno del mondo l’ha cancellata con un dritto straordinario a uscire che ha baciato la linea laterale. Poi, complici due errori della Jabeur, è giunto il trionfo per Iga, che ha avuto l’onore di ricevere la coppa dalle mani della grandissima Martina Navratilova.

Menzione per la nostra Camila Giorgi: ha perso al secondo turno contro l’americana Madison Keys, assai forte. Camila non ha saputo amministrare un vantaggio di 5 a 2 nel set decisivo, e ha ceduto al tie-break. Peccato, bella difesa ma soprattutto occasione persa.

Ora spazio all’ultima fase della stagione, con una corsa tra i migliori per raccogliere punti validi per la qualificazione alle ATP finals in programma dal 13 al 20 novembre a Torino: i migliori otto dell’anno per una settimana di tennis scintillante all’ombra della Mole. Berrettini e Sinner hanno ancora delle chance di arrivare nella griglia di partenza, ma non devono commettere troppi passi falsi: la concorrenza è spietata.

Prima però spazio alla Coppa Davis; a Bologna dal 13 al 18 settembre Italia, Croazia, Svezia e Argentina si sfidano per definire le due squadre che parteciperanno alla fase finale a Malaga, a casa di Nadal e Alcaraz, in novembre. In primo piano per la nostra nazionale, nemmeno a dirlo, Matteo Berrettini e Jannik Sinner. Forza Azzurri!

Danilo Gori

US Open: ciak si gira, il tennis nella Grande Mela

US Open: ciak si gira, il tennis nella Grande Mela

US Open: ciak si gira, il tennis e la Grande Mela

Comincia lunedì 29 l’ultima prova dello Slam, tra italiani agguerriti, assenze eccellenti, ritorni, addii e… lieti eventi

Il nostro racconto della stagione tennistica si era interrotto a Londra, con gli applausi per Djokovic e Rybakina, re e regina di Wimbledon; eccolo riprendere a New York, dove lunedì 29 ha inizio lo US Open!

Il sole piacevole, le nuvole inglesi agilissime a celarlo e mutevoli, a volte caricate a salve e a volte piene d’acqua. I riti e le liturgie dei luoghi sacri dello sport, la noblesse du tenis. Beh, dimentichiamo tutto.

Ora comanda l’afa insopportabile di fine estate della east coast, con una superficie, il cemento, che amplifica il caldo percepito dagli atleti. Il pubblico americano si muove, compra da mangiare e torna sugli spalti in ritardo; il giudice di sedia lo richiama più volte “take your seats quickly please”. Non vive nulla di sacro, vede piuttosto un grande show, uno dei tanti nella città di Broadway. Insomma, gente indisciplinata ma divertente.

Cenni di storia: il complesso di Flushing Meadows viene inaugurato nel 1978: il vecchio Forest Hills, nel cuore del Queens, ospita in due distinti periodi ben sessanta edizioni degli US Open, con in aggiunta ben dieci finali di Coppa Davis. Ma negli anni Settanta non basta più per contenere la crescita di pubblico.

Nel 1974 si gioca per l’ultima volta sull’erba, e vince Jimmy Connors; nei tre anni successivi viene scelta la terra verde, più veloce di quella rossa europea. Ma urge una nuova struttura, moderna e soprattutto più capiente. E gli americani erigono Flushing; manco a farlo apposta, vicinissimo all’aeroporto “Fiorello La Guardia”: ogni minuto si alza un aereo, con costante disturbo per la concentrazione dei tennisti. Nel 1978 si gioca sul cemento, scelta seguita fino ai giorni nostri; Adriano Panatta nei quarti apparecchia il suo tennis migliore, ma Connors, che poi vince il titolo, lo beffa sul traguardo con un passante di rovescio a una mano considerato ancora oggi uno dei colpi più belli nella storia del torneo.

Il sindaco Dave Dinkins interviene e nel 1990 ottiene il cambio delle traiettorie aeree per insonorizzare (si fa per dire) il torneo. Well done Dave, tutti i vincitori da lì in poi ti devono qualcosa!

Il Campo Centrale è dedicato ad Arthur Ashe, leggendario atleta di colore, campione nel 1975 di Wimbledon e di intelligenza contro un furioso Connors (sempre lui!); è lo stadio del tennis più grande del mondo.

 

Vicino ad esso l’arena dedicata a Louis Armstrong, omaggio al divino trombettista e alla personalità culturale che trascende l’ambito e la nazionalità. Ma, se si vuole sorridere un po’, possiamo di nuovo pensare a come gli americani approcciano lo sport. Boris Becker trionfò nel 1989, e disse: “vincere qui è incredibile. A Wimbledon è di rigore il silenzio? A New York uno potrebbe suonare il sassofono nelle prime file, e nessuno avrebbe da ridire.”. D’altronde, non è forse nato qui negli anni Settanta il World Tennis Team, una competizione a squadre, già una forzatura in uno sport individuale, dove i tennisti potevano essere sostituiti come nel calcio, e il pubblico poteva tifare – orrore – durante gli scambi?

I più grandi vincitori degli US Open sono Jimmy Connors, Pete Sampras e Roger Federer, tutti con cinque allori; tra le signore Chris Evert e Serena Williams, sei volte ciascuna a segno. Il risultato più importante di un italiano nel torneo è la semifinale raggiunta da Berrettini tre anni or sono, finita con la vittoria netta di Rafa Nadal.

Prima di lui semifinale anche per Corrado Barazzutti nel 1976; perse da Connors, e il match è rimasto famoso per un punto, un colpo di Jimbo che Corrado riteneva fosse out. Prima ancora che il giudice si avvicinasse per controllare il segno (si giocava sulla terra), l’americano passò la rete e cancellò la traccia con il piede, davanti all’attonito “barazza” . Il pubblico lo travolse con dei sonori buu e il giudice arbitro disse qualcosa come “non si fa così Mr. Connors”, in pratica perdonandolo. Avrebbe vinto comunque, però fu un tantino cafone.

Tra le donne invece c’è l’indimenticabile finale del 2015, che si trasformò in una strapugliese tra la tarantina Vinci e la brindisina Pennetta, con quest’ultima che alza la coppa.

Come è andata l’estate tennistica? Dopo Wimbledon luglio ha vissuto l’ultimo scorcio di terra rossa vacanziera, a Umag in Croazia e Gstaad in Svizzera, con i nostri portacolori sugli scudi. Berrettini finalista in Svizzera, Sinner vincitore in Croazia e Musetti ad Amburgo. In agosto il cemento americano è stato meno generoso con gli italiani e ha visto vincere a Cincinnati due giocatori risorti dopo periodi tribolati: Borna Coric e Caroline Garcia. Protagonisti in più per lo Slam newyorchese.

 

Non mi sottraggo al gioco dei favoriti: un pronostico errato in più non può compromettere oltre la mia fama di esperto (ah ah!). Tra i maschi non c’è Djokovic, la cui avversione ai vaccini continua a non piacere lontano dall’Europa (non poté entrare nemmeno in Australia); Nadal ha l’unico dubbio nell’integrità fisica, poi Medvedev, campione uscente. Alcaraz sta tornando dopo un luglio sottotono, Tsitsipas sta giocando benissimo. Italiani: Matteo Berrettini, Jannik Sinner e Lorenzo Musetti sono teste di serie, speriamo arrivino agli ottavi, e poi si vedrà. Forza ragazzi!

Tra le femminucce, Iga Swiatek dopo Parigi ha vissuto soprattutto delusioni; le più in forma sembrano Simona Halep e le americane Pegula e Gauff. Possibili sorprese? La brasiliana Haddad Maia e la russa Kasatkina.

L’edizione in avvio vivrà la commozione di un addio pesante: Serena Williams, una delle più grandi di sempre, si ritira o, come preferisce dire lei stessa, evolve. Nessuna ha vinto più di lei; la sua storia, recentemente narrata in un film con Will Smith nella parte del padre suo e della sorella Venus, si identifica con quella dello spirito a stelle e strisce, della determinazione ferrea di chi vuole arrivare contro tutti e tutto. Straordinaria ambasciatrice dello sport, giocherà l’ultima palla nello stadio dedicato ad un’altra icona black del gioco, quell’Arthur Ashe a sua volta protagonista dell’emancipazione negli anni Settanta.

Il resto è felicità: quella di Petra Kvitova, due titoli a Wimbledon, che annuncia il suo presto sposi; quella di Angelique Kerber, tre coppe Slam, che avvisa tutti: “non partecipo agli US Open, non sarebbe corretto giocare due contro uno”. Capita, quando ti accorgi di essere in dolce attesa.

I migliori auguri a loro, che per un po’ appoggiano la racchetta sul comodino. Un “buon tennis” ai colleghi che invece se la tengono ben stretta in mano, pronti ad usarla come sanno a Flushing Meadows; duecentocinquantasei protagonisti, in scena da lunedì. A chi gli Oscar? Lo sapremo alla fine della… quinzaine (deciditi: è l’Oscar o la Palma d’Oro?). Insomma: pronti, partenza, via!

 

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Con Berrettini positivo al covid e gli outsider più quotati già estromessi, salgono le probabilità di assistere ad una nuova sfida tra i pluridecorati campioni. Ma qualcuno non è d’accordo, e un azzurro è tra di loro… Nel femminile fuori la campionessa di Roland Garros.

Ogni tanto gli inglesi rinunciano alla tradizione, e subito fanno notizia: per la prima volta da sempre il middle sunday, la domenica di mezzo consacrata al riposo e al relax per gli abitanti del quartiere (non si pensi che tutti lì amino il tennis!), ha una programmazione. Domenica 3 luglio ricorre il centenario del Campo Centrale, ed ecco spiegato lo strappo; nel primo pomeriggio una parata di campioni e campionesse ha calcato tra gli applausi il terreno dello stadio più prestigioso del mondo. Alcuni nomi: Rod Laver, Stan Smith, Bjorn Borg, John McEnroe; Billie Jean King, Margaret Court. Assente Martina Navratilova, per questioni di covid. Al termine della cerimonia, spazio al tennis giocato.

Gli ottavi di finale, dunque, iniziano nella domenica del primo weekend. Ma cosa è successo in questi sette giorni? Di tutto.

Sappiamo bene della positività di Matteo Berrettini al coronavirus; il nostro portacolori ha scelto di effettuare il tampone a fronte di alcuni sintomi, da lui stesso definiti “non gravi”. I commenti alla sua decisione hanno spaziato dalle accuse di ingenuità alle lodi per l’alto senso civico. Chissà come si comportano altri suoi colleghi in circostanze simili; noi non lo sappiamo e propendiamo per rispettare in ogni caso una scelta sicuramente sofferta, che lo ha escluso da un torneo che avrebbe giocato da protagonista.

Le vicende sui campi invece stanno evidenziando l’ottimo stato di salute dei due favoriti. Djokovic ha superato senza tentennamenti i primi quattro turni, peraltro con avversari per lui non trascendentali; ha perso solo due set, nel match d’esordio e negli ottavi, con l’olandese Van Rijthoven. Anche Nadal ne ha persi due, ma in tre incontri. Nel terzo ha avuto la meglio sabato del nostro Lorenzo Sonego, bravo comunque nel provarci contro il motivatissimo spagnolo che sta sognando di vincere il Grande Slam: gli mancano solo Londra e New York.

Novak Djokovic

Intorno a loro gli sfidanti più accreditati si stanno facendo da parte: tutte le teste di serie dalla terza alla ottava hanno già detto arrivederci e grazie: detto di Berrettini, hanno perso Auger-Aliassime, Hurkacz e Tsitsipas.  Ruud è caduto al secondo turno, e Alcaraz negli ottavi giocati proprio il 3 luglio, e tra poco ne parleremo.

Chi dobbiamo nominare tra i possibili fastidi per i duellanti? Sicuramente il folle e geniale Nick Kyrgios. È il più richiesto, con lui ci si diverte e ci si indigna: butta via punti già conquistati, polemizza con il pubblico, con chi lo contesta, con i giudici di linea, con il suo angolo, con sé stesso. Serve dal basso, colpisce la pallina con la racchetta tra le gambe, irride e accetta l’irrisione da parte dell’avversario.  L’australiano sembra un McEnroe più scanzonato e divertente; a volte dà l’impressione di voler solo combattere l’ansia che lo prende nei momenti decisivi, ed infatti per ora il palmares è piuttosto misero per il suo talento. Ma dopo aver sconfitto in un match incredibile Stefanos Tsitsipas, ha dichiarato sabato di voler vincere la coppa. Alla grande, Nick.

Nick Kyrgios

Taylor Fritz è poco noto, ma quest’anno ha vinto a Indian Wells, e sta giocando bene. L’inglese Cameron Norrie è la nona testa di serie; viene da un periodo non felice ma zitto zitto è già nei quarti di finale, per la gioia del pubblico british orfano di Andy Murray, qui sconfitto al secondo turno.

Impossibile non citare tra questi outsider il nostro alfiere Jannik Sinner. Prima dell’inizio della kermesse non aveva vinto un solo incontro sull’erba; in questa settimana ne ha fatti suoi già quattro. Ha cominciato con Stan Wavrinka, e Michael Ymer; ha superato poi senza mai concedere palle-break il bombardiere americano alto più di due metri John Isner. Il capolavoro lo ha però compiuto nel giorno del centenario: ha battuto il giovane Carlos Alcaraz in quattro set. Ha dominato con i suoi colpi di rimbalzo le prime due frazioni, per poi subire il ritorno del diciannovenne iberico. Nel tie-break del terzo Jannik ha concesso tre set-point e li ha cancellati con classe. Si è procurato a sua volta due palle del match, ma Alcaraz ha reagito con temperamento da campione, e ha successivamente chiuso il game decisivo per 10 a 8.

Sinner è riuscito a dimenticare la delusione e nel quarto si è trovato a condurre per 3 a 1. È salito a quattro dopo un game durissimo, ed ha chiuso al nono gioco e al sesto matchball. Risultato finale: 61 64 67 63. È la sua prima vittoria nei confronti dello spagnolo in una rivalità che certamente ammireremo a lungo. Magnifico! Ora nei quarti trova Novak Djokovic; non parte favorito, ma Nole dovrà porre la giusta attenzione se intende proseguire verso la finale.

TORNEO FEMMINILE

Avevamo paventato problemi erbosi per la numero uno Iga Swiatek, e la polacca è caduta sabato sotto i colpi della tennista transalpina di lungo corso Alize Cornet. Ha commesso 33 errori non forzati, contro i solo sette dalla francese, ha iniziato male e finito peggio, forse stanca anche mentalmente: si ferma a 37 la sua strepitosa striscia di incontri vinti. Resta la migliore, ma sul verde è rimandata a… luglio prossimo.

Si apre un nuovo torneo, con dodici giocatrici, tra cui solo una, la rumena Simona Halep, ha già vinto un major. Quasi tutte hanno una piccola chance; oltre alla già menzionata Halep credo meritino attenzione la campionessa di Madrid e finalista di Roma Ons Jabeur e Paula Badosa. La prima sta avanzando spedita, molto ammirata per i suoi colpi eleganti e old school, così efficaci sul verde; la seconda è meno avvezza alla superficie, ma sta crescendo ed è pur sempre la testa di serie numero quattro. È alta la probabilità che ci sia una vincitrice al primo successo in uno Slam.

Paula Badosa

È un peccato che in un periodo storico così… anarchico del tennis femminile, una giocatrice di talento come Camila Giorgi non riesca a giungere in fondo in un torneo importante: qui è uscita all’esordio senza lottare in due set contro la polacca Magdalena Frech, che è già stata a sua volta eliminata.

Per ora è tutto: i campioni ci sono ancora, c’è anche un italiano anche se ce ne aspettavamo un altro. Ci saranno sorprese o prevarranno le star consolidate? Per certo sarà grande tennis, quello che ogni anno a inizio luglio fa tappa sui giardini di Londra. A presto!

di Danilo Gori