Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

Onlyfans è la pornoroulette del “sessualmente esplicito”: quello che nessuno vi ha detto

La piattaforma bianca e blu continua a spopolare. L’abbiamo provata per un mese per capire come funziona, quali sono le potenzialità e…quali i rischi

Di Onlyfans se ne parla, riparla, straparla. C’è chi ne parla con il bigottismo figlio dei tempi passati, puntando il dito contro e non spiegando a nessuno come faccia a sapere quali contenuti ci siano (dato che Onlyfans è come Por*hub: tutti ne parlano, ma nella cronologia del telefono l’ha inserito il classico “amico che ti ha preso il telefono”… anche se di amici non ne hai), e chi, invece, da combattente indefesso del “ognuno fa quello che vuole” difende strenuamente i creator, ribaltando la questione sugli utenti: “eh, ma se paghi per vederlo il problema sei tu”.
Insomma, come il 95 per cento delle questioni in Italia, anche Onlyfans è diventato uno scontro tra fazioni. Avremmo voluto fare un paragone con la politica italiana, ma il porno è una cosa seria.

Abbiamo provato Onlyfans per un mese (per voi ovviamente, mica per curiosità personale eh, che cosa non si fa per la scienza?) e, in tutta onestà, siamo rimasti perplessi.

ASPETTATIVE DELUSE

Innanzitutto possiamo dire di essere rimasti un po’ delusi dai risultati. Pensavamo di trovarci di fronte a un Instagramestremo” (con tutte le virgolette e le iperboli del caso) e invece ci siamo trovati in una pornoroulette di bassa lega in cui vieni tempestato di messaggi che più che sexy sembrano un’elemosina osé, una preghiera a un Dio minore che per pochi euro convincerà qualcuno a “sbloccare il contenuto”.

Certo, ogni content creator è un mondo a sé, e lungi da noi la voglia di valutare tutti o fare di tutta un’erba un fascio, ma quello che abbiamo visto, purtroppo, non ci ha permesso di notare particolari differenze…
(Siete dei content creator e volete smentire questo falso mito? Contattateci e vi intervisteremo!)

COME FUNZIONA

La base è semplice (ne abbiamo parlato nel dettaglio qui): ti abboni al canale per una cifra X scelta dal creator e ribassata (in un marketing degno delle offerte di un noto marchio di materassi o divani: l’offerta scade sempre domani) per renderla accattivante e si comincia. Certo, l’offerta è espressa sempre in sterline, per cui quando arriva poi la notifica della banca sul telefono ci si accorge di come quelle innocue 9,99 sterline siano diventate improvvisamente quei meno simpatici 12 euro, ma questo non cambia ai fini della narrazione.

CI SI ABBONA E…

…e se non ti ricordi di disattivare istantaneamente il rinnovo automatico ne hai persi altri 12.
Digressione economica a parte, una volta abbonati si viene tempestati di messaggi in privato, con testi che non lasciano niente all’immaginazione. Tutti sono “amore”, tutti diventano “papi” in un vortice di erotismo che forse andava bene in qualche “playboy mansion” di qualche politico dell’altomilanese, meno sugli smartphone del 2022, dove tutto è “virtualmente” raggiungibile, e tutto diventa estremamente esplicito e… costoso.
Sì, perché cari amici, se pensavate di aver ottenuto il massimo della libido a soli 10 euro al mese vi eravate sbagliato di grosso. Con i 10 euro vi siete guadagnati il diritto ad “affittare” altri contenuti (che in caso di mancato rinnovo diventano inaccessibili) che vi vengono proposti dai creator.
Il “primo step” è solo una versione più “spinta” di Instagram.

CHE COSA SI VEDE
Che cosa si vede? Tutto, se sapete dove cercare. Ogni creator propone il suo “stile”, sta poi a voi scegliere a chi offrire il vostro obolo (frase volutamente ammiccante? Forse). Dal fetish alle pratiche più spinte. Da audionarrative di “che cosa ti farei amore mio” a foto molto più soft. Tutto quello che serve per sollazzare i vostri interessi.
C’è tutto, ma non potete cercarlo. Per trovare un content creator su Onlyfans non basterà cercare il nome e cognome sulla barra di ricerca, ma sarà necessario avere il link preciso per l’accesso, un modo per tutelare al massimo la privacy dei creator ed evitare che questi possano essere al pubblico ludibrio senza saperlo.
Un vantaggio per chi “vuole arrotondare”, un limite enorme per chi cercherà in ogni modo di spammare i propri contenuti. Ed ecco il fioccare di linkinbio, linktree e onlylink, profili creati appositamente con il nome utilizzato su OF su Instagram, Facebook (vorrai mai perdere gli utenti over 35?) Twitter e un sottobosco particolarmente “umido” di gruppi Telegram per gli utenti che vogliono avere sempre sottomano un accesso ai canali.
Insomma: pensavamo fosse una questione semplice: decidi di mostrarti “come mamma ti ha fatt*” ed ecco il denaro. E invece c’è – come si suol dire – dietro un mondo.

NO, NON DIVENTERETE RICCHI METTENDO IL CU*O SU ONLYFANS
E sfatiamo questo falso mito: non basterà “uscire le chiappe” sulla piattaforma bianca e blu per diventare ricchi. Onlyfans è come il liceo: se non sei popolare non è piacevole, ma solo una serie di atroci dubbi sul perché voi abbiate solo 12 followers e il vostro “profilo esempio” ne abbia 1milione e alle sue feste si presenti anche Zac Efron (non è stato citato solo per l’algoritmo di Google, lo giuriamo).
Perché in una selva oscura di contenuti estremi non basterà fare quello che fanno gli altri: dovrete avere fantasia (e anche qualcuno che sappia usare Instagram per aumentare al massimo la vostra visibilità).
Potrete diventare ricchi su OnlyFans? Forse, ma occorrerà del tempo. È conveniente? Certo.
(Leggete l’intervista a dei veri creators di Only Fans: clicca qui)

PERCHÉ PAGARE SU ONLYFANS QUANDO CI SONO SITI GRATUITI?

Ed eccoci al punto fondamentale: perché pagare un contenuto quando se ne trovano identici e gratuiti su altre piattaforme giallonere? L’abbiamo chiesto a un utente, che per ovvie ragioni ha deciso di restare anonimo.
Perché se hai una forte attrazione per una persona in particolare e non c’è su un’altra piattaforma un paio di euro li spendi volentieri. Poi ci sono anche persone che conosci nella vita vera o su Instagram e che vorresti vedere in maniera più “cruda”. E a quel punto OnlyFans è l’unica soluzione...”, ci ha raccontato.

Quanti soldi hai speso su OnlyFans?
C’è stato un mese in cui ho speso 250-260 euro. Seguivo alcuni profili e sul momento mi sono fatto trasportare e ho comprato dei contenuti. Me ne pento? No, è stata una mia scelta, certo che bisogna stare attenti. Se non ci fai caso spendi davvero tanto...

Insomma, Onlyfans non è certamente la fine dell’età dell’oro dell’umanità e noi non faremo discorsi generazionali o bigotti in stile “eh signora mia, le mie generazioni gli annunci li mettevano sui giornali, mica sull’internet” (siamo seri, c’erano gli annunci anche sul televideo delle reti locali e facciamo la morale a chi utilizza i nuovi media?).

Che cosa ci lascia questo mese di prova su Onlyfans, oltre a un portafoglio più vuoto? La sensazione che anche la pornografia abbia perso valore. E, in questo caso, sì: la helldorado della “pornrevolution” degli anni 70 è morta e sepolta. Ogni qualsivoglia valore artistico è stato depauperato, la visione della nudità come libertà si è persa nel vortice del guadagno spiccio.
No, non facciamo la morale a nessuno. Come ogni cosa, anche Onlyfans segue la regola della domanda e dell’offerta: se c’è richiesta, ci saranno contenuti. No, non ci ergiamo a difensori della morale, perché non ci troviamo niente di amorale in questo e perché il nostro “ognuno fa ciò che vuole” è sincero: nessuno deve pontificare con il corpo degli altri o con gli interessi.

Eppure Onlyfans ci preoccupa e ci ricorda davvero una pornoroulette. Un meccanismo in cui, tra “arrapamento” del momento e una carta collegata al conto si rischia seriamente di entrare in una pornodipendenza molto pericolosa. Tutto è a portata di click in qualunque momento della giornata. Vedremo la sindrome ludopatica del videogiocatore applicata a Onlyfans? Probabilmente no. Speriamo di no. Ma nel dubbio: dopo “bevi responsabilmente” potremmo suggerire anche un nuovo invito: “********** responsabilmente”.
Che cosa resterà di questa nostra esperienza sulla piattaforma bianca e blu? Solo una domanda: ma perché lasciate il telefono in mano ai vostri amici il sabato sera se sapete che poi lo usano solo per visitare questi siti e mettere like molesti su Instagram a perfette sconosciute?

Mistero.

Francesco Inverso

Quando scrissi la prima volta un box autore avevo 24 anni, nessuno sapeva che cosa volesse dire congiunto, Jon Snow era ancora un bastardo, Daenerys un bel personaggio, Antonio Cassano un fuoriclasse e Valentino Rossi un idolo. Svariati errori dopo mi trovo a 3* anni, con qualche ruga in più, qualche energia in meno, una passione per le birre artigianali in più e una libreria colma di libri letti e work in progress.
Sbagliando si impara…a sbagliare meglio.

Lolita: un romanzo ai limiti della morale

Lolita: un romanzo ai limiti della morale

Lolita: un romanzo ai limiti della morale

Lolita è un romanzo la cui trama potrebbe essere presentata come narrazione di uno “pseudoincesto”, al confine tra pedofilia e il suo riesame in chiave psicanalitica dal punto di vista di Humbert, il patrigno seduttore e stupratore. 

Lolita: la vicenda

Scritto da Vladimir Vladimirovič Nabokov, il romanzo Lolita venne pubblicato per la prima volta nel 1955 a Parigi, destando sin dalla sua prima uscita grande scalpore e scandalo presso il pubblico e la critica.
La vicenda è imperniata su un’ossessione, quella del professore trentasettenne Humbert Humbert per la giovanissima Lolita, appena dodicenne. Lolita è una ragazza lunatica, insolente e sfrontata, è figlia di Charlotte Haze, donna che Humbert sposerà proprio al fine di avvicinare la giovane. Al seguito dell’improvvisa morte di Charlotte, Humbert si assume il compito di recarsi a riprendere la ragazza da un campeggio estivo e, con la menzogna di un ricovero in ospedale della defunta madre, inizia con la figliastra un lungo viaggio attraverso i motel degli Stati Uniti.
È proprio nel corso di questo viaggio che si compie il primo di una lunga serie di incesti, anzi “pseudoincesti” non essendo Humbert padre naturale della giovane. Secondo ciò che si evince dal romanzo, quella di Lolita non è una reazione né di assenso né di dissenso, bensì una sorta di dimostrazione della sua già perduta verginità e acquisita esperienza sessuale. La trama si sviluppa lungo il corso di diversi anni nei quali Lolita è quasi “prigioniera” del patrigno Humbert. L’uomo le offre ogni genere di agio e privilegio ma in cambio impone una precisa richiesta: l’amplesso accompagnato da una passione e un affetto che Lolita non sarà mai in grado di rivolgergli.

Al lettore l’incarico di leggere il romanzo, per approfondire le tortuosità della psiche di Humbert, dal cui punto di vista è narrata la vicenda, oltre che conoscere il finale della vicenda.

La narrazione di uno scandalo

Il romanzo fu senza dubbio uno scandalo: la narrazione di uno stupro dichiarato, intrecciato a pedofilia e incesto. La condanna appare però una reazione troppo semplicistica. Si parta dal fatto che è Lolita in prima battuta a sedurre Humbert, o meglio, se Lolita non si fosse a lui concessa, Humbert si sarebbe limitato a godere passivamente di lei e della sua presenza.
È proprio la “sfida” sessuale che lei gli rivolge a innescare la “relazione”, se così si vuole chiamarla, e la passione irrefrenabile dell’uomo. Lolita riaccende in Humbert un’immagine del passato, quella di una ragazzina da lui tanto desiderata in adolescenza, ma mai posseduta, una relazione conclusasi in un nulla di fatto. Quella per Lolita si trasforma rapidamente in un’ossessione, l’uomo sottopone la ragazza a un rigido regime in cui le è vietato ogni contatto con l’altro sesso e qualsiasi tipo di conversazione con chi, con occhi indiscreti, potrebbe sospettare di loro.
Una vicenda ai limiti della pedofilia dunque, ma non per Humbert. A ben guardare infatti il maturo professore si relaziona con Lolita quasi fosse una coetanea, il rapporto è sbilanciato in età solo sulla carta, nei fatti ciò che Humbert possiede rispetto alla giovane è il potere economico, contro il quale si scontra una profonda immaturità affettiva.
Lolita è quindi un romanzo che attraverso una narrazione apparentemente scabrosa e pornografica apre a una riflessione sul tempo, sul passato irrisolto che ritorna e irrompe nella vita dell’uomo adulto portandolo al reato, all’indicibile. La vicenda non pone il suo perno, non soltanto, sullo scandalo in sé, ma come una sorta di resoconto psicanalitico a posteriori steso dallo stesso Humbert, apre uno squarcio sulla coscienza dell’uomo maturo che rievoca un passato irrecuperabile e nutre un profondo senso di colpa nei confronti della giovane. L’istanza narcisistica che muove il professore è il bisogno di riafferrare un amore perduto e irrecuperabile, lui stesso parla di frequenti crisi e ricoveri, i perfetti recquisiti di un paziente psichiatrico.

Cosa resta di Lolita nella società di oggi?

Cosa resta oggi di un romanzo che ai suoi arbori generò tanto scalpore? Come verrebbe accolta oggi una narrazione di questa portata? E quanto tabù rimane in quella che di fatto è una narrazione priva di riscontro nella realtà e che, per quanto ben oltre i limiti di legalità e morale, non è altro che un racconto di finzione?
Probabilmente neppure oggi verrebbe accolta con lo sguardo che merita. Un giudizio non svalutativo dell’opera di Nabokov non intende concedere un’assoluzione al colpevole Humbert, Humbert resta tale: stupratore, pedofilo e assassino. Ma cosa resta della psiche di Humbert? E cosa resta del passato irrisolto di ogni lettore?
Il romanzo apre forse a una riflessione su quali siano le ripercussioni più evidenti di eventi infantili rimasti irrisolti nell’uomo adulto. Quando il passato non si risana, quando l’ossessione rimane, quali manifestazioni mette in campo? Nella società odierna, quella che scardina i tabù, o almeno ci prova, un libro come Lolita dovrebbe essere accolto non come la celebrazione di un laido criminale, ma come lo spunto di riflessione sul proprio io. Quali tabù, quali azioni indicibili il lettore commette in silenzio, nell’intimità della propria coscienza? Azioni che la società non accoglierebbe, e che è buona cosa non dire ma compiere nell’ombra dell’omertà. Lolita riletta oggi, eruditi di nozioni psicanalitiche e in preda a una smania sociale di scardinare ogni dogma della tradizione, dovrebbe invitare il lettore a riflettere sui propri pensieri innominabili, farsene carico e condurli a una risoluzione che diversamente da Humbert non si traduca nel reato e nella totale perdita del senno e di sé.

Martina Tamengo

U. Eco una volta disse che leggere, è come aver vissuto cinquemila anni, un’immortalità all’indietro di tutti i personaggi nei quali ci si è imbattuti.

Scrivere per me è restituzione, condivisione di sè e riflessione sulla realtà. Io mi chiamo Martina e sono una studentessa di Lettere Moderne.

Leggo animata dal desiderio di poter riconoscere una parte di me, in tempi e luoghi che mi sono distanti. Scrivo mossa dalla fiducia nella possibilità di condividere temi, che servano da spunto di riflessione poiché trovo nella capacità di pensiero dell’uomo, un dono inestimabile che non varrebbe la pena sprecare.