Abitare i ricordi con Matteo Massagrande: l’arte di mescolare memoria e colori su tela

Le tele di Matteo Massagrande tornano alle origini dell’arte e aprono una finestra su un mondo magico, ma familiare, in cui ritrovare i nostri ricordi più preziosi.

I raggi del sole filtrano tra le vetrate opacizzate dal tempo, il soffitto è sostenuto da spessi rami di alberi secolari, il pavimento maiolicato si srotola come un tappeto rosso per accogliere il più curioso degli esploratori. L’aria è mite e tutt’intorno aleggia un silenzio ancestrale, rotto sporadicamente da un lieve cinguettio o, più in lontananza, dal rumore sordo delle onde del mare.
Generalmente non è facile soddisfare le aspettative di cui si alimenta la nostra immaginazione, ma quando si parla di Matteo Massagrande è tutta un’altra storia.

Il pittore padovano nasce nel 1959 e a soli quattordici anni inizia a esporre in tutta Italia, collezionando una lunga serie di prestigiosi riconoscimenti. Il colore gli scorre nelle vene; i pennelli sembrano prolungamenti dei suoi arti; la pittura per Massagrande è connaturata, naturale e… naturalistica!

Nei suoi dipinti, infatti, la presenza umana è assente, inquilina fantasma di dimore in attesa di una rinascita. Sulla scena resta la natura che abbraccia interni abbandonati, privi di arredi, testimoni di una vita declinata al passato.  Le “stanze emotive” conservano nei muri scrostati, negli infissi consumati e fatiscenti l’impronta di una delicata intimità.

Sono spazi evocativi in cui si mescolano ricordi sbiaditi, intense suggestioni, nostalgie di momenti mai vissuti. M. ci invita a entrare in punta di piedi per ascoltare voci dimenticate, recuperare odori perduti e lasciarci ipnotizzare dai raffinatissimi giochi di luce, vera protagonista delle sue tavole. Pallida, vivida, pulviscolare, si insinua tra le fessure delle abitazioni per spogliarle della dura carica iperrealistica e rivestirle di una morbida patina onirica.

Il ‘perché’ delle mie composizioni nasce da un assoluto bisogno, da un’assoluta ricerca di equilibrio; quella che io chiamo una grande armonia cosmica… Un’armonia segreta che io ho necessità di trasformare in disegno”. (Matteo Massagrande intervistato da Guido Del Turco)

È proprio a causa di tale “armonia segreta” che i trompe-l’œil si concedono alcune licenze prospettiche. Curvature anomale, sprofondamenti dissonanti, rammentano allo spettatore di trovarsi davanti a un’opera pittorica, non certo a una fotografia. Massagrande vaga in cerca dei luoghi da cui farsi sedurre, ne osserva e studia ogni particolare. Senza alcun appiglio fotografico, sceglie e ricostruisce le atmosfere, attingendo dalla propria memoria.

La fotografia è un aiuto molto importante per gli artisti di oggi, ma è sempre molto pericoloso usarla, perché è troppo potente per non incatenare la fantasia del pittore. Può servire per osservare i dettagli, o come promemoria, ma non per dipingere. Una volta visto o individuato un luogo, quasi mai mi accontento di com’è, quindi lo modifico, perché riesca ad emanare quella sensazione che ho provato io nel vederlo, che deve essere più vera del reale”. (Matteo Massagrande intervistato da Luisa Negri)

Inoltre, da cultore e amante della materia, M. si inserisce perfettamente nel solco della tradizione della rappresentazione figurativa. Dalla concezione prospettica rinascimentale a quella danese dell’Ottocento (Vilhem Hammershoi), passando per la scuola pittorica olandese del Seicento (Pieter de Hooch), Massagrande non perde occasione per trarre spunto e lasciarsi ispirare dai grandi del passato.

Ad oggi, l’artista divide la sua attività tra lo studio di Padova e quello di Hajòs, Ungheria. Le sue tele tornano alle origini dell’arte, aprono una finestra su un mondo magico e al contempo familiare, sospeso e immanente. Divertirsi a combinare le sue stanze dipinte ci regala la possibilità di creare interni familiari e personalissimi, capaci di riaccendere i nostri ricordi più preziosi.

 

Di Ilaria Zammarrelli

 

Photo credit: https://www.instagram.com/matteo.massagrande/