Dostoevskij: lo scrittore dei demoni interiori 

Fëdor Dostoevskij, scrittore e filosofo russo, ha dato vita a romanzi straordinari e a personaggi controversi e affascinanti. La vita dello scrittore ha subìto una svolta a causa della finta condanna a morte, una vita già attraversata dal fardello dell’epilessia, che avrà un forte impatto nella scrittura dei suoi romanzi.

Dostoevskij, secondo di sette figli, nacque nel 1821 da un padre dispotico e autoritario e da una madre molto credente e amante della musica. Gli insegnò a leggere e gli fece conoscere il testo biblico.
Il primo episodio di epilessia avvenne in seguito alla morte del padre, ucciso probabilmente dai contadini che maltrattava.

Dopo tale evento, si avvicinò al Circolo di Petrasevskij, un gruppo che discuteva di politica e socialismo ogni venerdì, che poco dopo venne arrestato. Anche il giovane Fëdor subì l’arresto e venne condannato a morte. Si trattava, però, di una finzione architettata dallo spietato zar Nicola I. La pena di morte si trasformò nell’esilio in Siberia, un periodo lungo e travagliato, caratterizzato dalla violenza, che inevitabilmente cambiò la sua vita per sempre e che precedette la scrittura dei suoi grandi romanzi.

Dostoevskij avrebbe scritto ugualmente Delitto e castigo, Memorie dal sottosuolo o L’idiota se non avesse subito una serie di drammi, esperienze terrificanti e una finta condanna a morte? Molto probabilmente no. Forse avrebbe scritto d’altro, con il medesimo talento che lo contraddistingue, ma quelle tematiche, quei dialoghi e quei personaggi non sarebbero esistiti.

Personaggi pienamente caratterizzati e riconoscibili, a partire dal loro aspetto fisico, coerente con la loro personalità. Sono memorabili per i loro pensieri intensi e contorti. Sono controversi, ribelli e fragili per le azioni che compiono, per le strade pericolose che percorrono e che saranno al centro dei loro pensieri e dialoghi.

Memorie dal sottosuolo è un romanzo pubblicato 1864, ma in Italia la prima edizione risale al 1919. Leggiamo l’incipit:

Io sono una persona malata… sono una persona cattiva. Io sono uno che non ha niente di attraente. Credo d’avere una malattia al fegato. Anche se d’altra parte non ci capisco un’acca della mia malattia, e non so che cosa precisamente ci sia di malato in me. Non mi curo e non mi sono mai curato, anche se la medicina e i dottori io li rispetto. Per di più sono anche superstizioso al massimo grado; o per lo meno quanto basta per rispettare la medicina.

Difficile affermare cosa sia Memorie dal sottosuolo, sicuramente sappiamo cosa non è: un romanzo banale, convenzionale e leggero. Leggere i testi di Dostoevskij e della letteratura russa in generale, non è semplice, bisogna essere ben disposti, pronti, forse lettori maturi abbastanza da riuscire ad apprezzare lunghi periodi, pensieri contorti, personaggi sofferenti e bizzarri, fuori dal comune.

L’uomo del sottosuolo è il protagonista di un romanzo che ha l’aspetto di un lungo monologo. Non presenta una vera e propria trama, ma il vissuto interiore, i problemi, i dubbi, gli impulsi di un uomo che rifiuta di essere come gli altri. E chi sono gli altri? Le persone perbene, che reprimono pensieri che non si possono dire a voce alta. È un uomo perso, smarrito in un’esistenza priva di luce, alla ricerca di quella stessa luce che non riesce a trovare. Il sottosuolo è il posto in cui trova rifugio, lontano da tutti gli altri.

Pensieri e dialoghi sulla pena di morte attraversano Delitto e castigo, pubblicato nel 1866 e giunto in Italia nel 1889. Incipit:

All’inizio di un luglio straordinariamente caldo, verso sera, un giovane scese per strada dallo stanzino che aveva preso in affitto in vicolo S., e lentamente, come indeciso, si diresse verso il ponte K. Sulle scale riuscì a evitare l’incontro con la padrona di casa. Il suo stanzino era situato proprio sotto il tetto di un’alta casa a cinque piani, e ricordava più un armadio che un alloggio vero e proprio.

Il protagonista è Raskòl’nikov, un giovane studente universitario che vive in una stanza molto piccola e angusta, dorme sul divano perché non possiede un letto, indossa sempre gli stessi vestiti e vive in una condizione di povertà. Porta avanti idee problematiche per chi le ascolta, come la libertà assoluta, che apparterrebbe agli uomini superiori, che possono appropriarsi di qualsiasi forma di libertà perché a loro tutto è concesso.

Il romanzo è attraversato da un delitto, di cui qualcuno si macchia, dall’ossessione per il castigo che potrebbe ricevere ma che non è pronto a subire. Ogni personaggio all’interno di Delitto e castigo ha qualcosa da dire, nulla è lasciato al caso e i pezzi di un puzzle che sembra non risolversi mai alla fine combaciano tutti.

Concludiamo il nostro breve percorso, nonostante ci siano tanti altri incredibili romanzi scritti dallo scrittore russo, con L’idiota, del 1869, e incominciamo sempre dall’incipit:

Verso le nove del mattino d’una giornata di sgelo, sul finir di novembre, il treno della ferrovia Pietroburgo-Varsavia si avvicinava a tutto vapore a Pietroburgo. Il tempo era così umido e nebbioso, che a stento si era fatto giorno; difficile era distinguere qualche cosa dai finestrini della carrozza a dieci passi di distanza, a destra come a sinistra della linea.

La stesura di quest’opera fu contemporanea al periodo in cui Dostoevskij visse in esilio in Siberia. “L’idiota” è Lev Nikolaevic Myškin, un giovane principe appena ritornato in Russia dalla Svizzera, dopo essere stato curato dall’epilessia. Egli osserva il mondo con stupore e ingenuità, a causa della malattia che per molti anni lo aveva reso incosciente. Il mondo appare ai suoi occhi per la prima volta e ascolta le persone che gli parlano con meraviglia, come se non avesse mai ascoltato nessuno in vita sua.

L’idiota non sa mentire, non sa reagire di fronte agli insulti ed è confuso, è buono e per questo viene definito idiota.

Il punto forte di romanzi di Dostoevskij è la costruzione e caratterizzazione dei suoi personaggi. Le trame passano in secondo piano, nonostante catturino l’attenzione di chi legge. Le riflessioni e i pensieri conferiscono ai suoi testi un’originalità inimitabile.

Aprire uno di questi libri per la prima volta ci rende confusi, ci chiediamo cosa stiamo leggendo, non riusciamo a capire. Poi, se abbiamo la pazienza e la voglia di continuare, ci accorgeremo che sarebbe stato folle non farlo. Chiudere uno di questi libri per l’ultima volta, dopo aver terminato la nostra lettura, ci lascerà un senso di vuoto e pienezza al tempo stesso.

Dostoevskij morì il 9 febbraio 1881, i suoi personaggi sono immortali.

Martina Macrì

Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.