Il dieci agosto di Pascoli: il male esacerbato

Giovanni Pascoli compone la lirica del X agosto in memoria del padre ucciso di ritorno dal mercato di Cesena. Il barbaro assassinio assume una connotazione universale e metafisica, e le stelle cadenti tentano la purificazione da un male portato alle estreme conseguenze.

Il dieci agosto 1867 è una data dolorosa per Pascoli. Proprio nel giorno di San Lorenzo, appena dodicenne, perde il padre Ruggero, assassinato mentre stava rientrando verso casa, a San Mauro di Romagna, dal mercato di Cesena. 

La precoce perdita del padre e i lutti familiari che affliggeranno l’animo di Pascoli negli anni a venire lasceranno una marca indelebile nella sua poesia, semplicisticamente etichettata “delle piccole cose”. 

Una poesia metafisica

La poesia di Pascoli, che si articola in una seria di raccolte curate dall’autore stesso fino all’anno della sua morte nel 1912, è relegata dai manuali scolastici a poesia che si attarda sui particolari dimessi e umili della realtà, lasciando la sontuosità e l’edonismo del linguaggio ad un irriverente D’Annunzio, e la sperimentazione classicheggiante al pedante Carducci. 

Eppure la poesia di Pascoli, da La mia sera a Commiato, ma soprattutto nel X agosto, lambisce candidamente alcune tematiche che esulano dalla tanto decantata realtà modesta: la poetica di Pascoli si interroga sulla questione universale del male, sulla sua giustificazione, senza fornire una risposta che pretenda esaustività; la sua poetica scandaglia la possibilità di una vita dopo la morte, assai remota tuttavia per un poeta il cui sguardo oramai è disincantato e fustigato dal reale gretto.

X agosto: notte di San Lorenzo

La lirica X agosto, composta nel 1986 e confluente nella prima raccolta, Myricae, istituisce un tenue parallelismo fra il tragico destino del padre e la morte della rondine, la quale stava ritornando al nido col cibo per i rondinini: 

Ritornava una rondine al tetto:

l’uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de’ suoi rondinini.
(…)

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono; 

I versi, fortemente pausati, comunicano tutta la tragicità dell’evento e non mancano di alludere all’altrettanto beffardo destino che attende i piccoli, privati del cibo e dell’elemento portante della famiglia, insistendo sempre sul parallelismo fra la rondine e il padre. 

Persino la volta del cielo sembra partecipare al compianto funebre del poeta: le stelle cadenti che si intravedono le notti del dieci agosto, quando il cielo è terso, diventano metaforicamente le lacrime per il male compiuto nei confronti degli innocenti, un estremo tentativo di purificazione della Terra.

Il male universale

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!

L’ “atomo del Male” cui si riferisce Pascoli nell’ultima strofa è la Terra: la comunità di uomini e donne che si affaccendano ogni giorno è la causa del male perverso che colpisce gli innocenti. La Terra, colpita dallo scellerato libero arbitrio dei suoi abitanti, è la sola, in tutto il cosmo, ad essere bagnata dal sangue e dal pianto. 

Il cielo, nella notte di San Lorenzo, martire cristiano abbrustolito sulla graticola, riversa sull’arido atomo un pianto di stelle nel disperato tentativo di una purificazione universale. 

Giuseppe Sorace

Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.