Leggerezza e pesantezza in Dalì e Kundera

Tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati definiti ‘pesanti’. Ma è davvero un attributo negativo? Scopriamo cosa pensavano dell’opposizione leggerezza-pesantezza Salvador Dalì e lo scrittore cecoslovacco Milan Kundera.

Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza meravigliosa?”: questo è l’interrogativo che si è posto lo scrittore Milan Kundera, nel romanzo del 1985 L’insostenibile leggerezza dell’essere. E invece Salvador Dalì? Cosa ci raccontano i simbolici e flessuosi elefanti delle sue tele sulla coppia oppositiva leggerezza-pesantezza?

Dalì: una pachidermica leggerezza

Il 23 gennaio di 33 anni fa scompariva il pittore surrealista Salvador Dalì, ma non senza lasciarci una ricchissima eredità di tele, simboli e fertili allegorie. ‘Grandi’ protagonisti della sua arte, sono gli elefanti. Sono rappresentati dall’artista con lunghissime e sinuose zampe, che paiono tanto fragili quanto inadatte a sostenere la consistente mole dell’animale. Ma il surrealismo è proprio questo: illogicità, irrazionalità, sogno e plasticità. La corrente artistica trae i propri presupposti dalle teorie Freudiane sull’inconscio e l’emergere del medesimo attraverso i sogni. Per questo, la poetica daliniana è così straniante, costruita da figure morbide, che entrano le une nelle altre con continuità, in un tempo nullo e sospeso, in cui a dominare sono la forza e le possibilità offerte dall’immaginazione.

In copertina è raffigurata una delle opere più celebri dell’artista: La Tentazione di Sant’Antonio, anno 1946, olio su tela. Il contrasto tra leggerezza e pesantezza si fonda nelle figure dei pachidermi che, contro ogni legge fisica, si allungano leggeri verso il cielo. Tuttavia, sono schiacciati al suolo dalla pesantezza immane che le loro schiene sono costrette a sorreggere: i simboli delle grandi tentazioni e vizi dell’uomo, sessualità, potere e ricchezza.

In Dalì, dunque, pesantezza e leggerezza coesistono, la leggerezza è quell’aspetto che ci fa naturalmente protendere verso l’alto, la pesantezza è quella che ci lega indissolubilmente al vivere terreno. La stessa compresenza dei due piani si può riscontrare in Cigni che riflettono elefanti, del 1937 (vedi immagine sottostante). Qui, la sapiente illusione ottica studiata dall’artista fa in modo che il riflesso dei tre cigni corrisponda a quello di tre pesanti elefanti, rendendo le due realtà inscindibili. Tale lettura si sposa a pieno con il pensiero di Kundera, ma vediamo perché.

Leggerezza e pesantezza in Kundera: due facce della stessa medaglia

Nel romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere, Kundera rappresenta la vita di quattro protagonisti, e in particolare di due, durante la Primavera sessantottina di Praga. I personaggi si scontrano con il concetto di leggero e pesante in relazione all’amore e alle esperienze affettive e erotiche che si trovano a vivere. Da un lato c’è Tomáš, reso libero e leggero dalla propria vita sessuale, costellata da incontri con diverse amanti. Dall’altro lato troviamo Tereza, giunta sino a lui come “un bambino sospinto dalle acque di un fiume in una cesta spalmata di pece”.

Lei è fragile, apparentemente leggera e indifesa, ma non tarderà a mostrare la propria pesantezza, frutto della sua sensibilità ma anche delle diverse relazioni adulterine di Tomáš che è costretta a sopportare. Eppure, Tomáš non la tradisce mai realmente, poiché è capace di scindere sesso e amore. Lui, mai fedele con il corpo, non smette mai di esserlo con il cuore e l’anima. Ma Tereza fatica ad accettarlo e paga così il prezzo dell’ ‘insostenibile leggerezza’ di Tomáš.

Così per Kundera, tanto quanto per Dalì, leggerezza e pesantezza si rivelano due facce della stessa medaglia, coesistenti, soprattutto nell’amore. Inoltre, il paradigma si fonda anche nella dimensione onirica, nei sogni di Tereza, tormentati dai fantasmi delle donne della vita di Tomáš. Kundera riassume così la dualità leggero-pesante:

Il fardello più pesante ci opprime, ci piega, ci schiaccia al suolo. […] Quanto più il fardello è pesante, tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica.  Al contrario, l’assenza assoluta di un fardello fa sì che l’uomo diventi più leggero dell’aria, prenda il volo verso l’alto, si allontani dalla terra, dall’essere terreno, diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato. Che cosa dobbiamo scegliere allora? La pesantezza o la leggerezza?.

La dicotomia incarnerebbe in questo modo l’inclinazione che può volontariamente assumere ogni uomo. Leggerezza non è superficialità, ma un modo di approcciarsi alla vita. È quella capacità di distaccarsi dal terreno, per volare alto, dimenticandosi momentaneamente di avere un corpo e un peso.

Matilde Vitale

Mi chiamo Matilde e sono una laureata in Lettere moderne. Nella scrittura ho trovato la simbiosi perfetta tra le tre ‘c’ che regolano e orientano la mia vita: conoscere, creare e criticare. Sono tre c impegnative e dinamiche, proprio come la mia mente e personalità che corrono sempre troppo veloci. Se ti interessa scoprire qualcosa di me o di ciò che scrivo non ti resta che iniziare a leggere, buona lettura!