Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Il campione serbo vince per la decima volta il torneo, torna numero uno del mondo e aggancia Nadal nel numero di Slam vinti. Nel femminile prima gioia per Sabalenka. La pattuglia azzurra stavolta raccoglie poco.

Novak Djokovic ha vinto per la decima volta nella sua carriera l’Australian Open, conclusisi domenica 29 gennaio. In finale ha superato il greco Stefanos Tsitsipas, alla sua seconda finale Slam dopo quella persa al quinto set due anni fa al Roland Garros. Sempre dall’asso serbo.

La capacità del campione di Belgrado di essere più forte di avversari, infortuni e persino di scelte politiche che lo hanno come noto escluso nella stagione passata da tutti gli eventi sportivi in calendario in Australia e negli Stati Uniti, è stupefacente. Non appena rientra in circolazione, riprende a disegnare le sue traiettorie perfette e instancabili. Sempre alla ricerca di un contropiede, di un affondo che rimandi oltre la linea di gioco il rivale di turno che cercava di guadagnare terreno.

Non appena rientra riprende a coprire il campo come solo il miglior Nadal sa fare; è dappertutto e colpisce la pallina sempre con assoluta precisione, con i piedi sempre ben piantati per terra. Ha perso solo un set, al secondo turno dal francese Couacaud. Per il resto solo vittorie, fino alla fine. Novak Djokovic è nuovamente al vertice del ranking mondiale, posizione già ricoperta in passato per ben 374 settimane (record)!

A 35 anni compiuti è ancora in pista per silenziare l’ennesima generazione di giovani speranze che si avvicinano a lui, a Nadal e prima a Federer come a una stella incandescente che scioglie la cera che tiene insieme le loro ali.

Sicuramente il tennis riparte da Alcaraz, Rune, Tsitsipas e altri delle leve più recenti, ma c’è da scommettere che presto si riparlerà della parità di titoli Slam vinti tra Nole e Rafa. I due alieni sono saliti a ventidue ciascuno, e vedremo cosa accadrà a Parigi, tra maggio e giugno.

Nadal ha passato un turno a fatica, per poi cedere al secondo, complice un problema all’anca che lo ha costretto a un mese di stop. Come scritto quindici giorni fa, da qualche mese lo spagnolo soffre di malanni vari che lo hanno costretto a un numero di sconfitte non usuale. Non è certo il primo infortunio della carriera per lui, ma questa volta il naturale logorio di un fisico spinto come in nessun altro caso nel tennis ai suoi limiti sembra avere un ruolo importante.

Speriamo di rivederlo protagonista quanto prima, per lui la stagione sulla terra rossa che inizia a aprile è sempre stata la sua medicina preferita.

Del singolare femminile avevamo scritto 15 giorni fa di un gruppetto di giocatrici che sembrava essersi staccato dal plotone per formare una nuova élite al vertice, importante per sostenere la popolarità del circuito; ebbene, è successo che la vittoria finale ha arriso all’ennesima giocatrice che ancora non aveva sollevato un trofeo Slam. È vero però che la bielorussa Aryna Sabalenka, ventiquattrenne di Minsk, abita stabilmente da alcuni anni le prime posizioni del ranking, e solo un sistema nervoso invero fragile le ha impedito di raccogliere prima di questo Australian Open un alloro che il suo tennis avrebbe meritato.

In una splendida finale, che ha coronato un torneo non troppo spettacolare, ha sconfitto in rimonta per 46 63 64 la kazaka Elena Rybakina, vincitrice dell’ultima edizione di Wimbledon. Quest’ultima non ha affatto demeritato, e durante il torneo ha saputo sconfiggere in due set la numero uno del mondo, la polacca Iga Swiatek.

La polacca ha fatto parlare di sé anche per la pubblicazione su “The players’ tribune”, piattaforma che fornisce uno spazio agli atleti per comunicare di sé ai propri appassionati, della lettera intitolata “The polish introvert”, ovvero “La polacca introversa”. In essa Iga parla dei suoi sogni di bambina, più legati a trovare il modo di socializzare coni propri coetanei che non ai successi nello sport. E anche delle difficoltà di allenarsi in un paese dal clima freddo e con pochi fondi a disposizione, con i campi al coperto in inverno a quattro gradi centigradi!

Il torneo degli italiani non è stato particolarmente brillante, soprattutto per la resa al di sotto delle aspettative di due tra i più importanti alfieri della racchetta azzurra.

Prima di tutti Matteo Berrettini. Protagonista solo dieci giorni prima di un’ottima prestazione alla United Cup, Matteone ha avuto un primo turno non proprio agevole: l’avversario designato dal sorteggio e stato Andy Murray, ex numero uno del mondo che ha subito nel 2018 un intervento chirurgico all’anca che lo ha quasi costretto al ritiro. Sir Andy, due volte vincitore nella sua Wimbledon, si è progressivamente ripreso, ma certo non vale più il campione di alcuni anni fa.

Berrettini ha perso i primi due set, superato dal furore agonistico del britannico; ha rimesso insieme il suo tennis ed ha vinto il terzo e il quarto, per poi subire il ritorno del rivale chi ha vinto il set decisivo al tie-break. L’italiano certamente recriminerà tra sé e sé a lungo per un match point fallito clamorosamente nel decimo gioco, quando ha messo in rete un rovescio facile facile.

John McEnroe, ai microfoni di Eurosport, ha definito “la sua personale kryptonite” il colpo più debole di Matteo; in effetti in questo ultimo anno non è migliorato, ed insieme ad una limitata mobilità negli spostamenti laterali rappresenta il suo limite più importante.

Speriamo sappia reagire presto, soprattutto sul campo da tennis, dal momento che sul lato social è di nuovo attivissimo con una nuova liason in avvio, in coppia con Melissa Satta.

Lorenzo Musetti ha perso anch’esso al quinto set e anch’esso cedendo i primi due, contro Lloyd Harris, sudafricano che non giocava da sei mesi. Risultato deludente che certamente non cancella qualche dubbio sulla consistenza agonistica del giocatore di Carrara.

Meglio ha fatto Jannik Sinner, che è stato eliminato al quarto turno ma dal finalista Stefanos Tsitsipas, e solo dopo una battaglia durata quattro ore. Il resto della pattuglia azzurra, compreso anche il gruppo femminile, non ha ottenuto risultati di particolare spessore.

Finita la stagione in terra australe, ora il circuito fa tappa in sudamerica e in Europa, per poi ritrovare gli appuntamenti di marzo sul cemento nordamericano: Indian Wells e Miami.

 

Danilo Gori

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Il campione serbo è il favorito alla vigilia dello Slam australiano; non è ancora al massimo, ma la sua insaziabile voglia di vincere lo sorregge sempre. Il tennis italiano continua a crescere

L’attesa si è conclusa, e come sempre a gennaio il tennis riparte dall’estate australiana. Dopo alcuni tornei giocati anche in Nuova Zelanda e nell’isola di Tasmania, questa notte sono iniziati gli Australian Open prima prova del Grande Slam 2023. Tutti i migliori e le migliori si ritrovano a Melbourne, nel bellissimo impianto di Flinders Park, inaugurato nel 1988 (vinse Mats Wilander, al quinto set contro il padrone di casa Pat Cash). In realtà quasi tutti, perché il torneo maschile ha dovuto registrare l’assenza per infortunio niente meno che del numero uno del mondo: Carlos Alcaraz.

Rispetto allo scorso anno il torneo ritrova però Novak Djokovic, assente nel 2022 per questioni… vaccinali. Il serbo ha già vinto 9 volte la manifestazione, e la prima volta risale al 2008, ben 15 anni fa. Pur non giocando ancora il suo miglior tennis, una settimana fa ha vinto il torneo di Adelaide, lasciando intendere che la prima qualità di un campione è quella di non essere mai stanco di vincere: sono ormai 92 gli allori in carriera per lui.

La sua stagione 2022 giocata a singhiozzo lo ha relegato alla quinta posizione del ranking; gli organizzatori non hanno voluto contraddire la classifica ufficiale egli hanno attribuito la quarta testa di serie. Ma è senza dubbio il favorito numero uno e martedì farà il suo esordio contro lo spagnolo Carballes Baena.

Il suo avversario… naturale, ovvero Rafa Nadal, è la prima testa di serie. Ha avuto un pessimo sorteggio, e quando leggerete questo articolo avrà già giocato il suo primo match contro il giovane (21 anni) mancino inglese Jack Draper, uno dei migliori della nouvelle vague. Lo spagnolo, detentore del titolo, non sembra essere nella sua miglior forma fisica; la sua classe non si discute, ma è difficile immaginarlo arrivare fino in fondo.

Non ce ne voglia il bravo Jack, ma silenziosamente speriamo di vedere Nadal andare avanti.

I nomi subito alle spalle delle due leggende sono quelli del russo Medvedev e del greco Tsitsipas, senza dimenticare i migliori dello scorso autunno, il danese Holger Rune e il canadese Felix Auger-Aliassime. Il talento di casa Nick Kyrgios è pronto a essere il guastafeste dei favoriti e, se non si distrae, nei quarti potrebbe incontrare proprio Djokovic.

Il tabellone femminile propone come naturale favorita la polacca Iga Swiatek, vera protagonista del 2022. Alle sue spalle qualche avversaria in più sembra essersi preparata per impensierirla non poco: pensiamo alla francese Garcia, alla bielorussa Sabalenka e alla tunisina Ons Jabeur. Inoltre, potremo verificare i progressi dell’americana Jessica Pegula, attuale numero tre del mondo. Forse il tennis femminile ha finalmente trovato un piccolo gruppo di tenniste capaci di elevarsi dal gruppo.

Capitolo tennis italiano: per la prima volta nella storia abbiamo tre azzurri nei primi 20 del mondo: Matteo Berrettini numero 14, Jannick Sinner in sedicesima posizione e Lorenzo Musetti in diciannovesima. Matteo in particolare sembra in forma ideale; ha guidato la nazionale italiana nella United Cup fino alla finale, persa contro gli Stati Uniti. Ha affrontato quattro top ten battendone due, Ruud e Hurkacz. È motivato e sente di essere il leader del movimento azzurro.

L’anno scorso ha perso in semifinale da Nadal; al primo turno affronta Andy Murray, campione ridimensionato da gravi infortuni, ma ancora in grado di vincere partite importanti.

Musetti e Sinner si sono recentemente fermati per piccoli malanni fisici, che si spera non condizionino troppo il loro cammino negli Australian Open

Dopo due turni alla portata del loro tennis, il tabellone li metterebbe purtroppo l’uno contro l’altro nel terzo turno.

Tra le donne la numero 1 italiana è Martina Trevisan, capace a giugno di arrivare fino in semifinale al Roland Garros. La superficie e probabilmente un po’ troppo veloce per i suoi gusti, ma nella prima settimana dell’anno si è molto ben difesa nelle United Cup. Se riesce a passare un primo turno non impossibile contro Schmiedlova, al secondo turno potrebbe avere Camila Giorgi, ultimamente caduta piuttosto in basso in classifica (settantesimo posto).

il nome più di tutti à l’affiche in queste torride giornate nella terra dei… koala (facciamo riposare i canguri) è quello di Elisabetta Cocciaretto; la ventunenne di Porto San Giorgio si è qualificata per la finale a Hobart.

Nella notte tra venerdì e sabato non è riuscita a vincere il suo primo torneo WTA, ma si è inserita alla posizione numero 48 della classifica mondiale, suo record personale.

Speriamo che lo sforzo fisico di quest’ultima settimana non la condizioni nel grande torneo; la sua prima avversaria è la kazaka Elena Ribakyna, che ha vinto l’ultima edizione di Wimbledon, ma che successivamente non ha ottenuto altri risultati degni di una campionessa Slam.

Questi sono i nomi di punta della pattuglia azzurra, che complessivamente conta 12 nomi, equamente divisi tra singolare maschile è singolare femminile. A livello quantitativo un dato notevole, che certifica la crescita del movimento nel nostro paese.

Sperando di trovarli numerosi anche all’inizio della seconda settimana, non ci resta che metterci comodi per gustarci una nuova stagione di grande tennis. Buon Australian Open a tutti!

 

Danilo Gori

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

A Torino il serbo si impone per la sesta volta, sette anni dopo l’ultimo successo. Non è il numero uno del mondo per ragioni esclusivamente extra-tennistiche.

Novak Djokovic vince il titolo di Maestro del circuito! Lo fa per la sesta volta e affianca Federer, che ha vinto più volte di tutti la competizione. Si è presentato per tutta la settimana dal 13 al 20 novembre con una livrea verde che ci ha ricordato l’Enigmista, il nemico che sfidava Batman a colpi di indovinelli. Qui il mistero è il solito: ma come fa a vincere sempre?

Il grande campione serbo ha dimostrato ancora una volta di essere fatto di un materiale indistruttibile. Ha difeso le sue scelte in materia di vaccini fino a dover accettare l’esclusione dall’Australian Open a gennaio; per lo stesso motivo non ha potuto entrare negli Stati Uniti ed ha così saltato tutte le manifestazioni in quel paese, soprattutto gli US Open.

Ha vinto Wimbledon, ma non ha incassato i punti destinati al vincitore per la decisione dell’Associazione Tennis di penalizzare il torneo che aveva deciso di non ammettere tennisti russi e bielorussi. Insomma, c’era di che scoraggiarsi. Novak invece ha pensato solo a farsi trovare pronto fisicamente e mentalmente ogni qualvolta gli avessero permesso di giocare.

Da settembre ha giocato tre tornei, vincendone due e sfiorando il titolo nel terzo, a Parigi, sconfitto all’ultima curva da Holger Rune, diciannovenne di cui parlammo subito bene commentando il Roland Garros (che occhio clinico).

A Torino ha vinto cinque volte perdendo solo un set, al tie-break con Daniil Medvedev. In finale ha disposto del Norvegese Casper Ruud in due set, 75 63, prevalendo sul campo più nettamente di quanto non dica il punteggio. I suoi colpi piatti viaggiavano spediti su una superficie molto veloce, e il giocatore nordeuropeo semplicemente non aveva le armi per metterlo in difficoltà.

Nel discorso successivo alla premiazione, Novak Djokovic è andato a braccio e a cuore, esprimendosi in un ottimo italiano e scatenando l’affetto del pubblico torinese.

Non sempre il tifo è dalla sua parte in giro per il mondo: perché è il più forte, per certe sue scelte, perché vince troppo. In Italia trova sempre le giuste emozioni e il calore del pubblico.

A trentacinque anni è ancora l’uomo da battere, e la stagione 2023 si è già aperta nel modo migliore, con le autorità australiane che hanno rimosso il ban al suo ingresso nel continente oceanico. Gli avversari sono avvisati…

Capitolo Rafa Nadal. L’asso spagnolo rientrava da un infortunio, e la superficie velocissima non lo ha aiutato. Ha perso il primo incontro con Taylor Fritz lottando nel primo set ma arrendendosi ai missili del suo avversario nel secondo. Due giorni dopo ha ceduto al canadese Auger-Aliassime, ed è stato eliminato. Si è scosso nel terzo match, inutile ai fini della classifica ma fondamentale per il suo orgoglio, e ha battuto un Ruud già ammesso alle semifinali.

Quello delle ATP Finals è l’unico alloro che tarda ad arricchire ulteriormente la sua ponderosa bacheca. Il maiorchino deve avere una vetrinetta in granito e alabastro rinforzato che fa municipio in quel di Manacor, ma l’edicola speciale approntata per ricevere il trofeo del Masters rimarrà sfitta per un anno ancora.

L’eventualità peraltro non sembra togliere il sonno al campione iberico; in conferenza stampa, scrollando la testa senza posa, ha riconosciuto il valore dell’avversario, la difficoltà di rientrare dopo un infortunio e di misurarsi da subito con giocatori forti.

Mentre scriviamo è già partito per lucrosissime esibizioni in Sudamerica. Ha un anno più di Novak, ma è più provato nel fisico dopo anni di battaglie e di tennis dispendiosissimo; speriamo ritrovi la carica per una nuova stagione ai vertici, dopo un 2022 che lo ha portato comunque sul trono di Melbourne e di Parigi. Il pubblico lo segue come sempre, il suo ingresso in campo a Torino contro Fritz è stato salutato da un entusiasmo straordinario (cui chi vi scrive ha nel suo piccolo contribuito), vederlo giocare è sempre inspiring.

Vabbè, ma non c’erano mica solo loro due.

Vero.

Stefanos Tsitsipas, il bel greco vincitore a Montecarlo, come scrivemmo ad aprile, ha il difficile compito di raccontarci quanto fosse bravo Roger Federer. Il suo gioco lo ricorda molto.

È l’unico a colpire di rovescio a una mano ed è quello che meglio di tutti attacca la rete. Inoltre, piace molto al pubblico femminile, e qui batte anche Roger. Ma solo qui.

È bravissimo e vederlo in azione fa bene ad ogni appassionato; chissà se troverà la formula per fare un ulteriore salto di qualità e vincere uno Slam. A Torino ha perso una partita ben avviata contro il russo Rublev; forse gli farebbe bene prendersi una vacanza dal proprio clan, una famiglia con un padre allenatore un po’ troppo severo (la storia di questo sport è piena di genitori ingombranti, arroganti e a volte purtroppo anche maneschi).

Daniil Medvedev quest’anno è stato anche numero uno del mondo, ma non ha saputo essere sufficientemente continuo per difendere la posizione. Qui ha perso tre volte su tre, sempre al tie-break decisivo! Un record alla rovescia.

Fritz e Rublev sono stati semifinalisti inattesi ma bravi ad approfittare delle occasioni presentatesi, così come anche il finalista Ruud, uno dei tennisti che più ha compiuto progressi nella stagione appena terminata. Mia opinione: gli organizzatori non devono essere stati troppo contenti di avere questi tre semifinalisti, forti ma non molto personaggi. Per loro fortuna il quarto era Novak Djokovic, che ha messo a posto le cose…

Ne ho nominati sette, quindi ne manca uno. Felix Auger-Aliassime è stato il protagonista dell’autunno, con una rincorsa a suon di vittorie che gli è valsa la qualificazione per Torino. Ma per arrivarci si è spremuto oltre, ed è stato eliminato anzitempo. È giovane, ci sarà tempo.

L’anno si chiude qui, manca solo la Coppa Davis, in scena a Malaga proprio in questa settimana, C’è l’Italia, ma Sinner e Berrettini hanno marcato visita e noi riponiamo le speranze di bella figura soprattutto in Musetti e Sonego. Sarà dura sin dal primo turno, con gli USA di Taylor Fritz gasatissimo protagonista nel capoluogo piemontese.

Speriamo sia tanto stanco…

Danilo Gori

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

Pensieri liberi a pochi giorni dalla partenza del torneo più prestigioso del calendario. L’esclusione di russi e bielorussi, l’ATP che risponde togliendo ai championships i punti-classifica; gli organizzatori che alzano il montepremi. Sullo sfondo, i giocatori. Soprattutto uno, gentleman Matteo.

Matteo è stato via. Per 84 giorni. Sul cemento di Indian Wells a marzo ha dovuto ritirarsi al cospetto di Kecmanovic. Il dolore alla mano destra imponeva una decisione drastica e tempestiva, e la soluzione poteva essere solo di tipo chirurgico.

E così è stato. Una corsa contro il tempo, un sacrificio necessario quello della intera stagione sulla terra rossa, compreso l’amatissimo torneo nella sua città, quegli Internazionali D’Italia al Foro Italico che attendono un vincitore italiano dal lontano 1976, quando a trionfare fu un altro romano, Adriano Panatta. Obbiettivo: rientrare in tempo per il circuito sul verde.

Italiano atipico Matteo. Interrompe la teoria di giocatori nostrani ancorati alle logiche del polveroso tennis su mattone tritato con i suoi rimbalzi alti e le rotazioni estreme, per adattarsi come un australiano agli happening sull’erba; ai rimbalzi bassi e irregolari, sfuggenti e traditori, agli scambi più corti e alle tentazioni di scendere a rete come un volleatore d’altri tempi. Persino alle atmosfere inglesi compassate, ai siparietti per divertire la platea britishanche fuori dal Regno Unito; come se lo spettatore del gioco sui prati fosse diverso, più propenso ad una inconscia allegria generata forse dall’ambiente agreste, dallo strawberry and cream che fa molto classy picnic.

Matteo è stato via. Strano destino, il suo. A ventitré anni nel 2019 finisce la stagione nella top ten; gioca la semifinale agli US Open venendo superato solamente da Nadal, e a fine anno si qualifica per le ATP Finals. Nel girone eliminatorio vince una partita, primo italiano di sempre a riuscirci.

Matteo Berrettini a Wimbledon

Ma il 2019 è anche l’anno di Jannik Sinner; il diciottenne altoatesino vince il Next Gen, una sorta di Masters tra i migliori giovanissimi del circuito. In molti, colleghi compresi, gli pronosticano un futuro da numero uno: “in prospettiva è più forte di Berrettini”, “dominerà il circuito”. E già che ci siamo, si parla anche di Lorenzo Musetti, classe 2002, un ragazzino che gioca con il tocco magico.

Matteo, appena festeggiato per i successi raggiunti, sembra già vecchio, ed in prospettiva superato dai due prodigiosi teenager. Ma non ci fa caso, forse anche perché sa che i due hanno più talento di lui; ma sa anche che la sua voglia di arrivare è tale da colmare ogni tipo di divario tecnico, ed è sufficientemente salda da continuare a parlare al suo sogno di gloria. E tre anni dopo, oggi, a pochi giorni dall’inizio di Wimbledon, può guardare con fiducia alle sei partite che lo separano dalla finale, traguardo da lui raggiunto l’anno scorso. Chi si era dimenticato di lui è servito.

L’otto di giugno rientra a Stoccarda; gioca quattro partite e vince il torneo; perde tre set, non pochi, manca ovviamente di continuità. Ma serve 65 ace e perde il servizio solo tre volte. Nella settimana seguente al prestigioso Queen’s di Londra perde un solo set e trionfa sommerso dall’affetto dei Londoners; nel discorso del vincitore parla dell’operazione alla mano e sorride dicendo “a noi italiani piace lamentarci un po’” tra le risate del pubblico che ama the italians purchè gli vengano raccontati attraverso i cliché più triti e rassicuranti. Poi fa i complimenti per la carriera a Sue Barker, sessantaseienne ex giocatrice e giornalista alla BBC prossima alla pensione. “Such a nice guy”, dirà poi la signora.

Wimbledon

Romano come Nicola Pietrangeli e come Adriano Panatta, i due più forti connazionali. Ma senza l’atteggiamento spavaldo e mattacchione del primo, e la simpatia e la verve polemica del secondo. Senza il loro braccio d’oro forse, ma con una dedizione maggiore al sacrificio.

Tecnicamente il suo feeling con l’erba si spiega con il suo ottimo rovescio slice, ossia portato con movimento dall’alto verso il basso; in questo modo il suo colpo meno forte, il rovescio appunto, diventa un’arma in più, potendo contare sull’esecuzione tagliata, che produce un rimbalzo molto basso e mette sulla difensiva l’avversario. Sui campi erbosi picchiare forte è meno importante che non imprimere effetti che, complice la superficie, rendono il colpo difficilmente controllabile al contendente.

​IL TORNEO

Al momento in cui scriviamo sono già state sorteggiate le prime sedici teste di serie. Assente il numero uno del mondo Daniil Medvedev, gli inglesi hanno saggiamente messo come primi due favoriti Djokovic e Nadal, dividendone i percorsi fino a non prima della finale. In questo Wimbledon è già meglio di Parigi.

Come tre e quattro ci sono invece due giocatori di valore ma non amanti dell’erba: Casper Ruud e Stefanos Tsitsipas: il primo non ha mai vinto una sola partita a Londra, il secondo ha raggiunto una volta gli ottavi nel 2018, per poi raccogliere solo delusioni. Il numero cinque di Carlos Alcaraz pare un azzardo per il giovane spagnolo, di sicuro avvenire ma per cui il verde è ancora un’incognita.

Il successivo tris appare meglio equipaggiato per i prati: Felix Auger-Aliassime, Hubert Hurkacz, vincitore domenica scorsa a Halle, e infine Matteo nostro. Ritengo assurdo porre sul terzo scranno lo spaesato Ruud e all’ottavo Berrettini, per puro ossequio alla classifica generale; si comprende bene l’importanza del ranking, ma la brevità della stagione verde e le peculiarità del suo gioco potrebbero meritare graduatorie avulse, che in qualche modo premino maggiormente stato di forma del momento e risultati ottenuti on grass.

Come è noto, il triste scenario della guerra in Ucraina ha portato gli organizzatori ad escludere tennisti russi e bielorussi. L’associazione dei giocatori per rappresaglia ha tolto i punti destinati ai partecipanti, con la conseguenza che chi è andato bene l’anno scorso, ora perderà quel punteggio e non lo rimpiazzerà nemmeno vincendo. È il caso, tra gli altri, di Berrettini.

Gli organizzatori hanno deciso di alzare il montepremi, per mettersi al riparo da eventuali boicottaggi per solidarietà da parte di altri giocatori: dai 35 milioni complessivi del 2021 si passa ai 40 del 2022, due milioni a testa per i vincitori dei singolari. Roba da ricchissimi.

A prescindere dai soldi, noi guarderemmo il tennis di Church Road anche senza montepremi, spalti e raccattapalle, che è poi il torneo delle prime edizioni centocinquanta anni fa, quando partecipavano solo inglesi vestiti come dei dandy nel pieno dei loro pomeriggi ricreativi.

Altri tempi, stesso fascino. Signore e signori, Wimbledon.

di Danilo Gori