Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Il campione serbo vince per la decima volta il torneo, torna numero uno del mondo e aggancia Nadal nel numero di Slam vinti. Nel femminile prima gioia per Sabalenka. La pattuglia azzurra stavolta raccoglie poco.

Novak Djokovic ha vinto per la decima volta nella sua carriera l’Australian Open, conclusisi domenica 29 gennaio. In finale ha superato il greco Stefanos Tsitsipas, alla sua seconda finale Slam dopo quella persa al quinto set due anni fa al Roland Garros. Sempre dall’asso serbo.

La capacità del campione di Belgrado di essere più forte di avversari, infortuni e persino di scelte politiche che lo hanno come noto escluso nella stagione passata da tutti gli eventi sportivi in calendario in Australia e negli Stati Uniti, è stupefacente. Non appena rientra in circolazione, riprende a disegnare le sue traiettorie perfette e instancabili. Sempre alla ricerca di un contropiede, di un affondo che rimandi oltre la linea di gioco il rivale di turno che cercava di guadagnare terreno.

Non appena rientra riprende a coprire il campo come solo il miglior Nadal sa fare; è dappertutto e colpisce la pallina sempre con assoluta precisione, con i piedi sempre ben piantati per terra. Ha perso solo un set, al secondo turno dal francese Couacaud. Per il resto solo vittorie, fino alla fine. Novak Djokovic è nuovamente al vertice del ranking mondiale, posizione già ricoperta in passato per ben 374 settimane (record)!

A 35 anni compiuti è ancora in pista per silenziare l’ennesima generazione di giovani speranze che si avvicinano a lui, a Nadal e prima a Federer come a una stella incandescente che scioglie la cera che tiene insieme le loro ali.

Sicuramente il tennis riparte da Alcaraz, Rune, Tsitsipas e altri delle leve più recenti, ma c’è da scommettere che presto si riparlerà della parità di titoli Slam vinti tra Nole e Rafa. I due alieni sono saliti a ventidue ciascuno, e vedremo cosa accadrà a Parigi, tra maggio e giugno.

Nadal ha passato un turno a fatica, per poi cedere al secondo, complice un problema all’anca che lo ha costretto a un mese di stop. Come scritto quindici giorni fa, da qualche mese lo spagnolo soffre di malanni vari che lo hanno costretto a un numero di sconfitte non usuale. Non è certo il primo infortunio della carriera per lui, ma questa volta il naturale logorio di un fisico spinto come in nessun altro caso nel tennis ai suoi limiti sembra avere un ruolo importante.

Speriamo di rivederlo protagonista quanto prima, per lui la stagione sulla terra rossa che inizia a aprile è sempre stata la sua medicina preferita.

Del singolare femminile avevamo scritto 15 giorni fa di un gruppetto di giocatrici che sembrava essersi staccato dal plotone per formare una nuova élite al vertice, importante per sostenere la popolarità del circuito; ebbene, è successo che la vittoria finale ha arriso all’ennesima giocatrice che ancora non aveva sollevato un trofeo Slam. È vero però che la bielorussa Aryna Sabalenka, ventiquattrenne di Minsk, abita stabilmente da alcuni anni le prime posizioni del ranking, e solo un sistema nervoso invero fragile le ha impedito di raccogliere prima di questo Australian Open un alloro che il suo tennis avrebbe meritato.

In una splendida finale, che ha coronato un torneo non troppo spettacolare, ha sconfitto in rimonta per 46 63 64 la kazaka Elena Rybakina, vincitrice dell’ultima edizione di Wimbledon. Quest’ultima non ha affatto demeritato, e durante il torneo ha saputo sconfiggere in due set la numero uno del mondo, la polacca Iga Swiatek.

La polacca ha fatto parlare di sé anche per la pubblicazione su “The players’ tribune”, piattaforma che fornisce uno spazio agli atleti per comunicare di sé ai propri appassionati, della lettera intitolata “The polish introvert”, ovvero “La polacca introversa”. In essa Iga parla dei suoi sogni di bambina, più legati a trovare il modo di socializzare coni propri coetanei che non ai successi nello sport. E anche delle difficoltà di allenarsi in un paese dal clima freddo e con pochi fondi a disposizione, con i campi al coperto in inverno a quattro gradi centigradi!

Il torneo degli italiani non è stato particolarmente brillante, soprattutto per la resa al di sotto delle aspettative di due tra i più importanti alfieri della racchetta azzurra.

Prima di tutti Matteo Berrettini. Protagonista solo dieci giorni prima di un’ottima prestazione alla United Cup, Matteone ha avuto un primo turno non proprio agevole: l’avversario designato dal sorteggio e stato Andy Murray, ex numero uno del mondo che ha subito nel 2018 un intervento chirurgico all’anca che lo ha quasi costretto al ritiro. Sir Andy, due volte vincitore nella sua Wimbledon, si è progressivamente ripreso, ma certo non vale più il campione di alcuni anni fa.

Berrettini ha perso i primi due set, superato dal furore agonistico del britannico; ha rimesso insieme il suo tennis ed ha vinto il terzo e il quarto, per poi subire il ritorno del rivale chi ha vinto il set decisivo al tie-break. L’italiano certamente recriminerà tra sé e sé a lungo per un match point fallito clamorosamente nel decimo gioco, quando ha messo in rete un rovescio facile facile.

John McEnroe, ai microfoni di Eurosport, ha definito “la sua personale kryptonite” il colpo più debole di Matteo; in effetti in questo ultimo anno non è migliorato, ed insieme ad una limitata mobilità negli spostamenti laterali rappresenta il suo limite più importante.

Speriamo sappia reagire presto, soprattutto sul campo da tennis, dal momento che sul lato social è di nuovo attivissimo con una nuova liason in avvio, in coppia con Melissa Satta.

Lorenzo Musetti ha perso anch’esso al quinto set e anch’esso cedendo i primi due, contro Lloyd Harris, sudafricano che non giocava da sei mesi. Risultato deludente che certamente non cancella qualche dubbio sulla consistenza agonistica del giocatore di Carrara.

Meglio ha fatto Jannik Sinner, che è stato eliminato al quarto turno ma dal finalista Stefanos Tsitsipas, e solo dopo una battaglia durata quattro ore. Il resto della pattuglia azzurra, compreso anche il gruppo femminile, non ha ottenuto risultati di particolare spessore.

Finita la stagione in terra australe, ora il circuito fa tappa in sudamerica e in Europa, per poi ritrovare gli appuntamenti di marzo sul cemento nordamericano: Indian Wells e Miami.

 

Danilo Gori

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Il campione serbo è il favorito alla vigilia dello Slam australiano; non è ancora al massimo, ma la sua insaziabile voglia di vincere lo sorregge sempre. Il tennis italiano continua a crescere

L’attesa si è conclusa, e come sempre a gennaio il tennis riparte dall’estate australiana. Dopo alcuni tornei giocati anche in Nuova Zelanda e nell’isola di Tasmania, questa notte sono iniziati gli Australian Open prima prova del Grande Slam 2023. Tutti i migliori e le migliori si ritrovano a Melbourne, nel bellissimo impianto di Flinders Park, inaugurato nel 1988 (vinse Mats Wilander, al quinto set contro il padrone di casa Pat Cash). In realtà quasi tutti, perché il torneo maschile ha dovuto registrare l’assenza per infortunio niente meno che del numero uno del mondo: Carlos Alcaraz.

Rispetto allo scorso anno il torneo ritrova però Novak Djokovic, assente nel 2022 per questioni… vaccinali. Il serbo ha già vinto 9 volte la manifestazione, e la prima volta risale al 2008, ben 15 anni fa. Pur non giocando ancora il suo miglior tennis, una settimana fa ha vinto il torneo di Adelaide, lasciando intendere che la prima qualità di un campione è quella di non essere mai stanco di vincere: sono ormai 92 gli allori in carriera per lui.

La sua stagione 2022 giocata a singhiozzo lo ha relegato alla quinta posizione del ranking; gli organizzatori non hanno voluto contraddire la classifica ufficiale egli hanno attribuito la quarta testa di serie. Ma è senza dubbio il favorito numero uno e martedì farà il suo esordio contro lo spagnolo Carballes Baena.

Il suo avversario… naturale, ovvero Rafa Nadal, è la prima testa di serie. Ha avuto un pessimo sorteggio, e quando leggerete questo articolo avrà già giocato il suo primo match contro il giovane (21 anni) mancino inglese Jack Draper, uno dei migliori della nouvelle vague. Lo spagnolo, detentore del titolo, non sembra essere nella sua miglior forma fisica; la sua classe non si discute, ma è difficile immaginarlo arrivare fino in fondo.

Non ce ne voglia il bravo Jack, ma silenziosamente speriamo di vedere Nadal andare avanti.

I nomi subito alle spalle delle due leggende sono quelli del russo Medvedev e del greco Tsitsipas, senza dimenticare i migliori dello scorso autunno, il danese Holger Rune e il canadese Felix Auger-Aliassime. Il talento di casa Nick Kyrgios è pronto a essere il guastafeste dei favoriti e, se non si distrae, nei quarti potrebbe incontrare proprio Djokovic.

Il tabellone femminile propone come naturale favorita la polacca Iga Swiatek, vera protagonista del 2022. Alle sue spalle qualche avversaria in più sembra essersi preparata per impensierirla non poco: pensiamo alla francese Garcia, alla bielorussa Sabalenka e alla tunisina Ons Jabeur. Inoltre, potremo verificare i progressi dell’americana Jessica Pegula, attuale numero tre del mondo. Forse il tennis femminile ha finalmente trovato un piccolo gruppo di tenniste capaci di elevarsi dal gruppo.

Capitolo tennis italiano: per la prima volta nella storia abbiamo tre azzurri nei primi 20 del mondo: Matteo Berrettini numero 14, Jannick Sinner in sedicesima posizione e Lorenzo Musetti in diciannovesima. Matteo in particolare sembra in forma ideale; ha guidato la nazionale italiana nella United Cup fino alla finale, persa contro gli Stati Uniti. Ha affrontato quattro top ten battendone due, Ruud e Hurkacz. È motivato e sente di essere il leader del movimento azzurro.

L’anno scorso ha perso in semifinale da Nadal; al primo turno affronta Andy Murray, campione ridimensionato da gravi infortuni, ma ancora in grado di vincere partite importanti.

Musetti e Sinner si sono recentemente fermati per piccoli malanni fisici, che si spera non condizionino troppo il loro cammino negli Australian Open

Dopo due turni alla portata del loro tennis, il tabellone li metterebbe purtroppo l’uno contro l’altro nel terzo turno.

Tra le donne la numero 1 italiana è Martina Trevisan, capace a giugno di arrivare fino in semifinale al Roland Garros. La superficie e probabilmente un po’ troppo veloce per i suoi gusti, ma nella prima settimana dell’anno si è molto ben difesa nelle United Cup. Se riesce a passare un primo turno non impossibile contro Schmiedlova, al secondo turno potrebbe avere Camila Giorgi, ultimamente caduta piuttosto in basso in classifica (settantesimo posto).

il nome più di tutti à l’affiche in queste torride giornate nella terra dei… koala (facciamo riposare i canguri) è quello di Elisabetta Cocciaretto; la ventunenne di Porto San Giorgio si è qualificata per la finale a Hobart.

Nella notte tra venerdì e sabato non è riuscita a vincere il suo primo torneo WTA, ma si è inserita alla posizione numero 48 della classifica mondiale, suo record personale.

Speriamo che lo sforzo fisico di quest’ultima settimana non la condizioni nel grande torneo; la sua prima avversaria è la kazaka Elena Ribakyna, che ha vinto l’ultima edizione di Wimbledon, ma che successivamente non ha ottenuto altri risultati degni di una campionessa Slam.

Questi sono i nomi di punta della pattuglia azzurra, che complessivamente conta 12 nomi, equamente divisi tra singolare maschile è singolare femminile. A livello quantitativo un dato notevole, che certifica la crescita del movimento nel nostro paese.

Sperando di trovarli numerosi anche all’inizio della seconda settimana, non ci resta che metterci comodi per gustarci una nuova stagione di grande tennis. Buon Australian Open a tutti!

 

Danilo Gori

Nicola Pietrangeli, once upon a time in Rome

Nicola Pietrangeli, once upon a time in Rome

Nicola Pietrangeli, once upon a time in Rome

Il tennis come pretesto per viaggiare e conoscere il mondo; le amicizie, le donne e il divertimento con i colleghi. Quando il tennis era povero ma bello.

Racconta Nicola: “Questa barzelletta è fortissima: gara di tiro all’animale. Un francese con un solo colpo di fucile fa fuori due anatre. Un inglese uccide un paio di volatili con una freccia. Infine, arriva un giapponese che sguaina uno spadone, con cui, dopo aver emesso alcuni suoni gutturali, fende l’aria scagliandosi contro una zanzara che però continua a volare. Al termine dell’esibizione il capo della giuria lo convoca sul palco e gli dice: guardi che la zanzara vola ancora. Sì, risponde lui, ma non scopa più. Ogni volta che gliela raccontavo, Mastroianni si contorceva dalle risate. Con il Principe Ranieri invece era più difficile; quando ne raccontava una, guai a fargli capire che la sapevo già”.

Mastroianni, Ranieri di Monaco; con il protagonista di questa storia si finisce sempre per arrivare alle teste coronate. Come gli rimproverava con il sorriso il suo amico e compagno di doppio Orlando Sirola: “tu esci solo con le principesse, sei un arrampicatore sociale!”. Eh sì, Parigi, Montecarlo, la Swinging London; e poi Roma, Via Veneto, la Dolce Vita… Anitona… Marcello… Nicola, come here.

E Nicola Pietrangeli ci arriva davvero a Roma. Da Tunisi. La madre, Anna, è una russa di buona famiglia in fuga dal regime sovietico; il padre, ingegnere, che aveva portato la famiglia lì per lavoro, viene internato in un campo di prigionia alleato durante la Seconda Guerra mondiale, e la prima partita di tennis per Nic è un doppio con il suo genitore, in un campo vicino al carcere fatto costruire proprio dall’ingegnere.  Ha tredici anni, e parla francese e russo; “imparando l’italiano”, dira poi, “ho perduto la lingua di mia madre, e non ho potuto imparare l’arabo”.

Si divide tra calcio e tennis, e continuerà così per qualche anno. Dopo un triennio nelle giovanili della Lazio e la prospettiva di un passaggio alla Viterbese, sceglie la racchetta. Non per i soldi, che sono pochi in entrambi gli ambiti, ma per la libertà di non essere di proprietà di nessuno, e per i viaggi: “con il tennis magari arriverò fino a Milano…”.

Eccolo, il senso di Nic per la vita: viaggiare, incontrare, divertirsi, ma con classe: “L’importante non è essere miliardari, ma vivere come un miliardario”. Ricco di aneddoti intorno al campo da gioco e benevolo con sé stesso e quelli della sua generazione, instancabile promoter di sé medesimo.

Sin dall’inizio mostra alcuni aspetti della sua indole che ne segneranno la carriera e nondimeno gli accadimenti off court; la pigrizia e la sostanziale indifferenza verso il tennis.

Il disprezzo verso la routine e il genio a indulgere verso atteggiamenti poco da atleta. Racconta il suo amico intimo Gianni Clerici, ex tennista non fenomenale ma grande scrittore e giornalista scomparso lo scorso maggio, che una volta, avendo un incontro di finale a Como, Pietrangeli passa la mattina a fare sci d’acqua sul lago, per approdare poi a Lezzeno (circa venti chilometri dalla città) e pranzare, non accusando minimamente inappetenza da prepartita. Dopo un altro po’ di pratica sul pelo dell’acqua il gruppetto si presenta in città, e Pietrangeli distrugge in poco tempo il malcapitato finalista.

Vita notturna, donne e feste saranno un continuum per il nostro eroe, e Clerici, di tre anni più grande, racconterà nel suo “500 anni di tennis” di come cercò più volte di staccarlo dalle sue “distrazioni” preferite, soprattutto quando vi indulgeva a poche ore (teoricamente di sonno) dalla disputa di un incontro importante.

Vince due volte gli internazionali d’Italia, in una delle finali sconfigge Rod Laver: roba seria. Nello stesso anno il suo amico Mastroianni rifiuta la parte di Yuri Zivago nel film tratto da Pasternak; al telefono chiede a un amico di dire “io da Roma non mi muovo”. Quell’amico, come racconterà divertita la “voce misteriosa” stessa, è Nicola: “Marcello era più pigro di me”.

Vince due Roland Garros, nel 1959 e 1960, e perde due finali nel 1961 e 1964, contro il giovane Manuel Santana. Alla vigilia della terza finale torna a Roma per la nascita del suo primo figlio; rientra a Parigi giovedì e si accorge che lo hanno aspettato. Di queste pietre miliari della sua carriera lui si diverte a ricordare i premi irrisori in denaro, l’amicizia con Santana (“dopo che mi sconfisse in finale, saltai la rete per congratularmi e non trovai nessuno: Manolo aveva strisciato sotto la rete ed era passato di là, come faceva quando era un povero raccattapalle”) e il piacere di incontrare gente, di presentarsi in smoking in alberghi bellissimi a Cannes. Va fiero delle sue amicizie con Sinatra, Sean Connery e Anthony Quinn; parla disinvolto persino della sua amicizia con il mafioso Joe Adonis (“persona squisita”).

Anni dopo, nel 1989, all’annuale ricevimento dei giocatori durante il torneo di Montecarlo, Nicola si presenta in coppia con l’amico di scorribande Ilie Nastase, entrambi agghindati in un femminile echeggiante il Charleston anni 20, roba da far impallidire Pola Negri. Sia Nick che il ragazzaccio rumeno appaiono più disinvolti di Jack Lemmon in “A qualcuno piace caldo”.

Pietrangeli è il giocatore che in assoluto ha disputato più incontri con la maglia della propria nazionale: 164 tra doppi e singolare, vincendone 120. Negli anni 60 la Federazione Italiana Tennis era una delle poche che pagava gli atleti, e la sua longevità è anche quella di Sirola, Merlo e Fausto Gardini. Giocherà due finali, perdendole entrambe. La vince da capitano non giocatore nel 1976, resistendo alle pressioni di chi in Italia non voleva che la Nazionale andasse a giocare a casa di Augusto Pinochet.

Nel 1977 perde la finale di Davis In Australia e viene messo in discussione; i rapporti interpersonali con la squadra, soprattutto con Adriano Panatta, non sono buoni. Pietrangeli viene messo da parte. Dopo più di quarant’anni i rapporti non sono migliorati. Incomprensioni, polemiche, frasi di troppo o parole non dette che avrebbero migliorato le cose. Nic pubblicamente rimprovera ad Adriano di non essere sincero; salvo poi dire di sé stesso: “nemmeno io sono la bocca della verità; ogni tanto anche io sbaglio…”.

La mancata verità come sbaglio, come ricordo non più limpido…

I ricordi sono come pietre composte da materiali di diversa consistenza; con il tempo vengono limati e perdono le parti più volatili e leggere, portate via dalla lenta e incessante opera degli agenti atmosferici, rimanendo le parti più consistenti e dure. Il negativo delle memorie si perde nelle traiettorie invisibili del vento dell’oblio, e il bello degli attimi passati rimane a dirci che è valsa la pena di vivere ogni istante. Nicola Pietrangeli ad ottantanove anni (complimenti!), è uno degli ex sportivi più intervistati. Più di tanti campioni di calcio di Spagna ’82; in lui si cerca l’opinione del grande vecchio, l’immancabile “il nostro tennis era più divertente”. Ma anche e soprattutto l’aneddoto, la storia bislacca, incredibile ma che “se la dice lui è vera”.

Perché Nic ha diritto alla sospensione dell’incredulità. Se l’è meritata. A noi appare come un ragazzino pronto ogni volta a stupirsi e a stupire, a guardare al giorno che inizia come a una nuova occasione per sperimentare il mondo e la gente; un uomo che, come disse Orson Welles di Fellini, forse a Roma non ci è ancora arrivato, perché sente che, ancora oggi, il viaggio più bello sarà il prossimo.

Grande Pietrangeli, forse il più grande tennista italiano di sempre, sicuramente il più titolato.

A proposito Nicola, ci racconti di quella volta che…

 

Danilo Gori

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Nadal e Djokovic non si arrendono, arrivano i diciannovenni capitanati da Alcaraz; gli italiani si fanno valere, ma gli applausi più calorosi vanno a King Roger.

Nessuno è più grande dello sport, lo sappiamo bene, ma quest’anno a ottobre per qualche attimo ci siamo dimenticati la nota massima, o forse semplicemente abbiamo fatto finta che non fosse vera. Perché in fondo lo sport ha bisogno di storie da raccontare, storie belle, strane, divertenti, a volte drammatiche; storie di uomini e di donne, racconti che colorino le pagine bianche e che vadano oltre le statistiche e i semplici risultati. E la sua storia è di quelle irripetibili.

Il tennista che ha rubato la scena in questo 2022 ha una caratteristica singolare: non ha giocato nemmeno una partita! infatti Roger Federer, perché è dello Swiss Maestro che stiamo parlando, è sceso in campo per la sua ultima partita ufficiale durante Wimbledon del 2021, perdendo contro Hurkacz.

In realtà a ottobre ha giocato un doppio nella Laver Cup, la ricchissima esibizione che vede il campione elvetico tra gli organizzatori. Lo ha giocato in coppia con il suo amico e rivale di una intera carriera: Rafa Nadal. Per la cronaca quel doppio i due lo hanno perso. Ma il risultato era la cosa meno importante; il dopopartita commovente, il pianto di Roger, e di Rafa, il coinvolgimento totale della audience ha sancito l’eccezionalità dell’attimo tanto atteso e nello stesso tempo temuto: il ritiro ufficiale del basilese.

Per mesi ci siamo illusi che lo avremmo rivisto a Wimbledon o in un altro torneo, ma il suo fisico non era d’accordo. In tanti hanno scritto di lui dopo il suo ritiro; piuttosto che tornare sui suoi otto Wimbledon o sui venti titoli del Grande Slam ci limitiamo a parlare di due riconoscimenti meno conosciuti, ma assai significativi.

Roger durante la carriera ha tenuto un comportamento improntato ad assoluta compostezza e sportività. Se nel passato si è sentito il bisogno di istituire lo “Stefan Edberg Sportmanship Award” anche per incoraggiare una condotta in campo non sempre impeccabile di diversi giocatori, negli ultimi vent’anni lo svizzero ha, dall’alto dei successi e del crescente carisma, “imposto” il fair play; questo prima ancora che la impetuosa irruzione dei social ne consigliasse l’osservanza dei fondamenti a chi volesse curare la propria immagine. Il premio, assegnato dai tennisti stessi, è stato vinto per tredici anni consecutivi dal 2005 in poi proprio da lui.

L’asso di Basilea può infine affiancare, ai titoli Slam e ai tredici sportmanship, diciannove allori nel “Fan’s Favourite Award”, titolo assegnato dai tifosi votanti sulla piattaforma di voto sul sito dell’ATP, che fa suo ininterrottamente dal 2003, quando era solo il giovane vincitore di una edizione di Wimbledon.

Questi premi sono forse marginali ma secondo noi danno la misura del suo immenso impatto nel mondo del tennis e dello sport. Grazie di tutto, King Roger.

I Big Three sono così diventati i Big Two, e che ne è stato di loro? La stagione di Rafa Nadal si può dividere in due parti. Una prima praticamente perfetta con le vittorie a Melbourne e a Roland Garros. Queste due vittorie lo hanno ingolosito e lo spagnolo ha deciso di presentarsi anche a Wimbledon, scelta che forse oggi maledice. Infatti, si è infortunato, probabilmente spingendo oltre il limite il suo fisico. La seconda parte della stagione è stata molto meno soddisfacente: ha perso a Flushing Meadows e alle ATP Finals e a quel punto si è preso una vacanza anticipata saltando la Coppa Davis. La stagione di Novak Djokovic è stata dimezzata da alcune scelte politiche che lo hanno escluso da Melbourne e da New York, ma il serbo ha comunque centrato alcuni traguardi molto importanti tra cui Wimbledon e proprio le Finals.

Anche per quanto riguarda il tennis femminile parliamo prima di tutto di un ritiro, quello di Serena Williams. La campionessa di colore entra di diritto nel gruppo ristrettissimo di campionesse che hanno segnato un’epoca non solo dal punto di vista tennistico. Serena è diventata negli anni un personaggio pubblico esattamente come a suo tempo lo è stata Martina Navratilova o prima di lei Billie Jean King: il tennis femminile, alla ricerca di nuove eroine, perde una straordinaria protagonista. Le è mancato solo il Grande Slam, toltole dalla nostra Roberta Vinci che l’ha eliminata in una storica semifinale a New York nel 2015.

Se invece parliamo di tennis giocato è stato sicuramente l’anno di Iga Swiatek: la tennista polacca ha raggiunto la prima posizione mondiale vincendo ben due prove del Grande Slam e si presenta all’inizio della stagione 2023 come la tennista da battere.

I tennisti italiani hanno avuto una stagione in altalena; forse era lecito attendersi di più dopo il 2021 e invece siamo stati testimoni di qualche stop di troppo per i nostri.

Il punto di svolta della stagione di Matteo Berrettini è stata la sua improvvisa positività al COVID-19 che lo ha costretto al ritiro a Wimbledon. Il giocatore che ha preso il suo posto nel tabellone è arrivato tranquillamente nei quarti di finale dove ha perso da Nick Kyrgios. È lecito pensare che Matteo avrebbe affrontato da favorito il quarto di finale e superandolo non avrebbe nemmeno trovato l’avversario, poiché Nadal ha rinunciato a scendere in campo. Quindi, con un pochino di fortuna probabilmente Matteo avrebbe potuto disputare la finale, esattamente come l’anno precedente.

È andata così purtroppo e il resto della sua stagione non è stato particolarmente esaltante oltre che caratterizzato da due infortuni. Il primo, una piccola operazione alla mano destra, lo ha costretto a disertare l’intera stagione sulla terra battuta; il secondo gli ha praticamente dimezzato la stagione autunnale. Matteo chiude così il 2022 retrocedendo di una decina di posizioni nella classifica.

Anche il giovane Jannik Sinner è sceso più o meno dello stesso numero di posizioni in classifica del romano. Ha giocato bene a Wimbledon dove ha perso al quinto set dal vincitore Djokovic e anche agli US open dove ha perso sempre ai quarti contro Carlos Alcaraz, che poi avrebbe vinto il torneo facendosi anche annullare un match point dallo spagnolo. Qualche rimpianto, belle imprese ma nel complesso non ci sono stati i miglioramenti nel gioco che tutti si aspettavano.

Chi registra un miglioramento nella classifica è sicuramente il ventenne Lorenzo Musetti che è saldamente il numero tre d’Italia. È cresciuto al punto da vincere il torneo di Amburgo in estate battendo in finale proprio Alcaraz. Lo spagnolo, nuovo numero uno del mondo anche per le vicissitudini dei migliori, è la vera novità della stagione appena conclusa.

Per chiudere l’Italia a novembre ha perso una sfortunata semifinale in Coppa Davis al cospetto del Canada che poi ha vinto la manifestazione e stata una grossa occasione persa Ma la squadra c’è, è solida e può riprovare già dal prossimo anno la scalata alla Coppa Davis.

Ci fermiamo qui, ma gennaio si avvicina, con gli Australian Open: da lì riprenderà il nostro racconto.

Buon tennis a tutti!

 

Danilo Gori

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

A Torino il serbo si impone per la sesta volta, sette anni dopo l’ultimo successo. Non è il numero uno del mondo per ragioni esclusivamente extra-tennistiche.

Novak Djokovic vince il titolo di Maestro del circuito! Lo fa per la sesta volta e affianca Federer, che ha vinto più volte di tutti la competizione. Si è presentato per tutta la settimana dal 13 al 20 novembre con una livrea verde che ci ha ricordato l’Enigmista, il nemico che sfidava Batman a colpi di indovinelli. Qui il mistero è il solito: ma come fa a vincere sempre?

Il grande campione serbo ha dimostrato ancora una volta di essere fatto di un materiale indistruttibile. Ha difeso le sue scelte in materia di vaccini fino a dover accettare l’esclusione dall’Australian Open a gennaio; per lo stesso motivo non ha potuto entrare negli Stati Uniti ed ha così saltato tutte le manifestazioni in quel paese, soprattutto gli US Open.

Ha vinto Wimbledon, ma non ha incassato i punti destinati al vincitore per la decisione dell’Associazione Tennis di penalizzare il torneo che aveva deciso di non ammettere tennisti russi e bielorussi. Insomma, c’era di che scoraggiarsi. Novak invece ha pensato solo a farsi trovare pronto fisicamente e mentalmente ogni qualvolta gli avessero permesso di giocare.

Da settembre ha giocato tre tornei, vincendone due e sfiorando il titolo nel terzo, a Parigi, sconfitto all’ultima curva da Holger Rune, diciannovenne di cui parlammo subito bene commentando il Roland Garros (che occhio clinico).

A Torino ha vinto cinque volte perdendo solo un set, al tie-break con Daniil Medvedev. In finale ha disposto del Norvegese Casper Ruud in due set, 75 63, prevalendo sul campo più nettamente di quanto non dica il punteggio. I suoi colpi piatti viaggiavano spediti su una superficie molto veloce, e il giocatore nordeuropeo semplicemente non aveva le armi per metterlo in difficoltà.

Nel discorso successivo alla premiazione, Novak Djokovic è andato a braccio e a cuore, esprimendosi in un ottimo italiano e scatenando l’affetto del pubblico torinese.

Non sempre il tifo è dalla sua parte in giro per il mondo: perché è il più forte, per certe sue scelte, perché vince troppo. In Italia trova sempre le giuste emozioni e il calore del pubblico.

A trentacinque anni è ancora l’uomo da battere, e la stagione 2023 si è già aperta nel modo migliore, con le autorità australiane che hanno rimosso il ban al suo ingresso nel continente oceanico. Gli avversari sono avvisati…

Capitolo Rafa Nadal. L’asso spagnolo rientrava da un infortunio, e la superficie velocissima non lo ha aiutato. Ha perso il primo incontro con Taylor Fritz lottando nel primo set ma arrendendosi ai missili del suo avversario nel secondo. Due giorni dopo ha ceduto al canadese Auger-Aliassime, ed è stato eliminato. Si è scosso nel terzo match, inutile ai fini della classifica ma fondamentale per il suo orgoglio, e ha battuto un Ruud già ammesso alle semifinali.

Quello delle ATP Finals è l’unico alloro che tarda ad arricchire ulteriormente la sua ponderosa bacheca. Il maiorchino deve avere una vetrinetta in granito e alabastro rinforzato che fa municipio in quel di Manacor, ma l’edicola speciale approntata per ricevere il trofeo del Masters rimarrà sfitta per un anno ancora.

L’eventualità peraltro non sembra togliere il sonno al campione iberico; in conferenza stampa, scrollando la testa senza posa, ha riconosciuto il valore dell’avversario, la difficoltà di rientrare dopo un infortunio e di misurarsi da subito con giocatori forti.

Mentre scriviamo è già partito per lucrosissime esibizioni in Sudamerica. Ha un anno più di Novak, ma è più provato nel fisico dopo anni di battaglie e di tennis dispendiosissimo; speriamo ritrovi la carica per una nuova stagione ai vertici, dopo un 2022 che lo ha portato comunque sul trono di Melbourne e di Parigi. Il pubblico lo segue come sempre, il suo ingresso in campo a Torino contro Fritz è stato salutato da un entusiasmo straordinario (cui chi vi scrive ha nel suo piccolo contribuito), vederlo giocare è sempre inspiring.

Vabbè, ma non c’erano mica solo loro due.

Vero.

Stefanos Tsitsipas, il bel greco vincitore a Montecarlo, come scrivemmo ad aprile, ha il difficile compito di raccontarci quanto fosse bravo Roger Federer. Il suo gioco lo ricorda molto.

È l’unico a colpire di rovescio a una mano ed è quello che meglio di tutti attacca la rete. Inoltre, piace molto al pubblico femminile, e qui batte anche Roger. Ma solo qui.

È bravissimo e vederlo in azione fa bene ad ogni appassionato; chissà se troverà la formula per fare un ulteriore salto di qualità e vincere uno Slam. A Torino ha perso una partita ben avviata contro il russo Rublev; forse gli farebbe bene prendersi una vacanza dal proprio clan, una famiglia con un padre allenatore un po’ troppo severo (la storia di questo sport è piena di genitori ingombranti, arroganti e a volte purtroppo anche maneschi).

Daniil Medvedev quest’anno è stato anche numero uno del mondo, ma non ha saputo essere sufficientemente continuo per difendere la posizione. Qui ha perso tre volte su tre, sempre al tie-break decisivo! Un record alla rovescia.

Fritz e Rublev sono stati semifinalisti inattesi ma bravi ad approfittare delle occasioni presentatesi, così come anche il finalista Ruud, uno dei tennisti che più ha compiuto progressi nella stagione appena terminata. Mia opinione: gli organizzatori non devono essere stati troppo contenti di avere questi tre semifinalisti, forti ma non molto personaggi. Per loro fortuna il quarto era Novak Djokovic, che ha messo a posto le cose…

Ne ho nominati sette, quindi ne manca uno. Felix Auger-Aliassime è stato il protagonista dell’autunno, con una rincorsa a suon di vittorie che gli è valsa la qualificazione per Torino. Ma per arrivarci si è spremuto oltre, ed è stato eliminato anzitempo. È giovane, ci sarà tempo.

L’anno si chiude qui, manca solo la Coppa Davis, in scena a Malaga proprio in questa settimana, C’è l’Italia, ma Sinner e Berrettini hanno marcato visita e noi riponiamo le speranze di bella figura soprattutto in Musetti e Sonego. Sarà dura sin dal primo turno, con gli USA di Taylor Fritz gasatissimo protagonista nel capoluogo piemontese.

Speriamo sia tanto stanco…

Danilo Gori