Una questione privata: l’amore
Una questione privata è un romanzo pubblicato nel 1963, dopo la morte dello scrittore che lo ha concepito, Beppe Fenoglio. Ambientato negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, racconta la Resistenza senza esplicitarla. L’amore di Milton per Fulvia attraversa tutto il romanzo, e spinge il giovane partigiano a risolvere la propria questione privata.
Tutti abbiamo una questione privata da risolvere in mezzo al tempo che passa, a problemi più grandi, a una vita che scorre senza sosta. E per quella piccola questione privata saremmo capaci di mettere da parte tutto il resto, ormai sbiadito se confrontato a un amore perduto, a un tradimento subìto, a un’ossessione che ci divora. Tutti siamo stati, siamo o saremo Milton, ma senza lo sfondo atroce della guerra.
Milton ama Fulvia, e noi Fulvia la conosciamo soltanto tramite le parole di Milton. Fa parte di un passato che ci viene raccontato a posteriori, che non esiste più perché spezzato da un periodo storico che non lasciava spazio all’amore e alla spensieratezza di una giornata di sole. Eppure, siamo lettori di un romanzo che racconta la Resistenza senza esplicitarla. Ecco dove risiede la straordinarietà delle parole di Beppe Fenoglio.
L’amore muove all’azione, spinge la mente e il corpo ad agire, a lasciarsi tutto alle spalle pur di stargli dietro. Ci trasforma continuamente, ci costringe a guardarci allo specchio senza riconoscere l’immagine riflessa. Ci travolge e noi, inermi di fronte a una tale forza, lo seguiamo, lo impersoniamo e lo veneriamo come se fosse il nostro Dio. E se quell’amore è perduto, messo in dubbio o attraversato da una viscerale gelosia, nient’altro conta più al mondo.
La guerra, la Resistenza, le armi, la sofferenza, cosa sono per Milton quando il nome di Fulvia gli bagna le labbra, quando qualcuno insinua nella sua mente il dubbio? Niente, forse soltanto un impedimento, un ostacolo che è pronto ad affrontare, pur di scoprire, di trovare una risposta. Leggiamo insieme l’incipit.
La bocca socchiusa, le braccia abbandonate lungo i fianchi, Milton guardava la villa di Fulvia, solitaria sulla collina che degradava la città di Alba.
Il nome di Fulvia è subito presente, e già dall’inizio ci accorgiamo dell’importanza che riveste nella vita di Milton. Ne ricorda l’infinita bellezza, contrapposta al proprio aspetto; egli viene descritto, infatti, come un ragazzo brutto, alto e magro. Ricorda i momenti trascorsi insieme, i posti che ne facevano da sfondo e i loro dialoghi. Ricorda un prima, spezzato da un dopo che rappresenta ancora il presente. Cosa è stata la guerra se non questo? Una rottura con la vita di tutti i giorni, con gli amori imperfetti, con le amicizie intense, le passeggiate prive di paura. E con una punta di nostalgia, il narratore del romanzo ci restituisce quei ricordi:
«No, non sei splendida».
«Ah, non lo sono?»
«Sei tutto lo splendore».
«Tu, tu, – fece lei, – tu hai una maniera di mettere fuori le parole… Ad esempio, è stato come se sentissi pronunziare splendore per la prima volta».
«Non è strano. Non c’era splendore prima di te».
Come si fa a non amare i loro dialoghi, le parole che Milton le riserva e le risposte di Fulvia, lusingata e sorpresa. È un passato che ci manca anche solo leggendone i ricordi. Al di là dell’epoca in cui viviamo, se ci sia la guerra o meno, quel sentimento folle e imperfetto rimane lo stesso. Ecco perché riusciamo a comprendere Milton e Fulvia. E siamo in grado di capire perché egli ha bisogno di trovare Giorgio, il suo amico più caro.
Milton va nella casa in cui Fulvia, che non vede da più di un anno, ha vissuto per un breve periodo, e rischia anche di essere catturato. È in questa casa che i ricordi ritornano, ancora più vividi e chiari. Qui incontra la custode della villa, che trasforma i pensieri del ragazzo, insinua nella sua mente un dubbio che attraverserà tutto il romanzo e muoverà le sue azioni. La custode racconta di Fulvia e Giorgio, alludendo a un legame tra i due mentre Milton era soldato. Gli rivela che erano sempre insieme, fino a tarda sera.
Era entrato per raccogliervi ispirazione e forza e ne usciva spogliato e distrutto.
“Spogliato e distrutto”, come chi ha riposto la propria forza in una persona, in mezzo a un’immensa sofferenza, e ha ritrovato una più grande debolezza. Fulvia era il ricordo felice di un passato sereno, ora Milton non sa più niente. Ha bisogno di sapere, di ottenere delle risposte, di trovare Giorgio. Non esiste più nulla, neppure la guerra, tutto si confonde e svanisce di fronte a una forza maggiore. Siamo fragili quando amiamo, quando qualcun altro ci mette in discussione. Ci sentiamo esposti a un pericolo astratto, che non possiamo toccare con mano, ma che possiamo solo sentire. Vogliamo conoscere le ragioni di un’emozione, risolvere un ossimoro che non riusciamo a capire. Vogliamo che l’altra persona ci guardi come noi guardiamo lei, e vogliamo che nessuno la guardi nello stesso modo.
La guerra è l’ostacolo di tutti quanti. La guerra diventa l’ostacolo personale nella vita di Milton, che vuole risolvere ad ogni costo la sua questione privata, e tutto il resto non gli importa. Ecco, l’amore…
Martina Macrì
Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.