Benedetto Croce: l’arte come marca dell’universo

Benedetto Croce nasce il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli, in Abruzzo, e muore il 20 novembre 1952. Rimasto sempre lontano dall’insegnamento universitario, la sua attività intellettuale si staglia per tutta la prima metà del Novecento e si concretizza in una febbrile produzione editoriale, critica e filosofica, diventando una delle personalità più influenti in Italia e in tutta Europa. 

Benedetto Croce è considerato un eminente esponente dell’idealismo italiano. Quando si parla di “idealismo” si fa riferimento, di solito, ad una dottrina filosofica che riduce la complessità della realtà a “idea”, e cioè a sensazione, a rappresentazione o pensiero, oppure ancora a elemento di conoscenza. 

In questo senso, l’idealismo è un tratto comune a numerose dottrine che, a cavallo fra XIX e XX secolo, si sono poste in antitesi all’imperante positivismo; più in generale, l’idealismo italiano di Croce (come quello inglese) “si origina” da quello tedesco, e intende dimostrare l’unità o l’identità di infinito e finito, spirito e natura, ragione e realtà, nonché di Dio e creato. 

L’idealismo di Croce giunge a questo assunto fondamentale fornendo una vivace analisi del significato di arte, di estetica, di poesia.

Nell’introduzione al suo studio su Dante, La poesia di Dante, apparso intorno al 1920 e che raccoglie alcuni articoli apparsi in prima battuta su diverse riviste, Croce scrive:

“Ora, senza dubbio, la passione è la materia della poesia come dell’arte in genere, e senza passione non nasce poesia ed arte; ma i romantici per una parte confondevano sovente la passione come materia con la passione come forma, deprimendo l’identità dell’arte, e dall’altra, anche in quanto materia la concepivano in modo ristretto e arbitrario.”

La critica crociana all’estetica romantica di stampo tedesco è funzionale all’introduzione e al delineamento delle definizioni basilari della sua dottrina estetica. Libero quindi da preconcetti di forma e contenuto ascrivibili al mondo romantico mitteleuropeo (Croce definisce l’opposizione fra romantico e classico “eresia tedesca”), la poesia di Dante finalmente si libera di una fortissima ipoteca critica e può ascedere al Parnaso poetico che gli spetta. Con le dovute precisazioni. 

Continua Croce pochi paragrafi dopo:

“Con questo accenno, si è già adombrato il criterio che è da sostituire a quello dell’estetica idealistica e romantica e che ne è, per certi rispetti, correzione e inveramento: il concetto dell’arte come lirica o intuizione lirica.”

Orbene, l’arte risulta, nella concezione crociana, l’oggetto precipuo dell’estetica. L’estetica, in qualità di disciplina filosofica, è lo studio teorico dell’arte; quest’ultima viene definita secondo un duplice aspetto: il primo, l’arte è intuizione dell’individuale; il secondo, l’arte è libera produzione di immagini. 

Intuizione significa cogliere un’immagine nel suo valore di mera, semplice immagine; è un cogliere l’immagine di natura prelogica o alogica, l’immagine di per sé stessa. L’immagine colta attraverso un’intuizione pura annulla il confine fra reale e irreale, ed è priva di ipoteche e costrizioni che gli uomini sono soliti affibbiarle, come un atto utilitaristico (l’arte serve a qualcosa) o morale (l’arte persegue il bene). L’arte colta da un’intuizione pura è assolutamente autonoma. 

Nel secondo caso, e cioè l’arte intesa come libera produzioni di immagini, le immagini che vengono intuite non sono disordinate: l’immagine colta segue un principio che è quello del sentimento.

Il sentimento, in qualità di principio ordinatore dell’arte, rappresenta il significato, il contenuto dell’arte. In poche parole, se si coglie un’immagine con un’intuizione pura che “contiene” un sentimento, ecco che l’arte è una sintesi estetica di sentimento (significante, contenuto) e immagine (forma). Fra i due elementi, quello di maggior peso è rappresentato dal contenuto (sentimento): in virtù di ciò l’artista non deve dar conto a nessuno, è “filosoficamente incensurabile, utilitaristicamente indifferente e moralmente incolpevole” proprio perché lui poeteggia, rima, dipinge, sulla scia di un sentimento altissimo. 

Ogni opera, pittorica e scultorea, letteraria o poetica (inclusa la Commedia), dovrebbe essere valutata secondo un criterio estetico di natura lirica, dell’io proteso e del sentimento, e libero dalle costruzioni critiche che si sono manifestate a partire dal romanticismo tedesco. 

Tralasciando le aporie della teoria crociana (che farsene quindi della scala di valore artistica; tutte le opere d’arte sono belle?), è innegabile l’importanza che essa riveste nell’ambito accademico e intellettuale italiano, nonché europeo. 

L’estetica crociana, inserendosi nell’idealismo, afferma infatti che l’immagine intuita racchiuda in sé la pienezza della condizione umana e la totalità indivisibile del reale: l’immagine dunque racchiude una cosmicità intrinseca, l’arte diventa marca essenziale di un infinito colto con l’intuizione e non con la logica. L’individuo è in grado, al di là di qualunque assioma, di cogliere con l’intuizione l’universo che si cela in un’immagine.

Giuseppe Sorace

Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.