I promessi sposi: un romanzo di attuale umanità

I promessi sposi: un romanzo di attuale umanità

I promessi sposi: un romanzo di attuale umanità

I promessi sposi è il classico romanzo che molti studenti direbbero aver preferito non leggere, additato come noioso, vecchio e troppo lungo. Eppure nell’apparente inattualità dell’opera alcuni personaggi insegnano comportamenti che hanno tanto di attuale, molto più vicini al lettore contemporaneo di quanto la scuola insegni.

Una cappa di religiosità e bigottismo spesso imprigiona il romanzo de I promessi sposi, certo il più noto di Alessandro Manzoni, in un giudizio negativo e limitato. Alcuni si chiedono perché venga ancora letto a scuola, trovandolo troppo inattuale. Altri semplicemente lo considerano noioso e, gli studenti meno avveduti, spesso neppure lo leggono.
Eppure in un romanzo apparentemente così distante nel tempo, se si considera che fu scritto nella prima metà dell’Ottocento, c’è tanto di attuale. Ovviamente andrà messo in secondo piano il discorso più strettamente religioso, che certo poteva colpire un lettore ottocentesco nella messa sulla pagina della devozione dei protagonisti, ma non un adolescente del Ventunesimo secolo. Resta il fatto che alcuni personaggi del romanzo, in particolare Lucia, Innominato e Monaca di Monza, assumono nel corso della vicenda comportamenti che li rendono ritratti di un’umanità molto più moderna di quanto possa sembrare.

Si parta da Lucia, una figura mesta e devota, spesso le sventure in cui si imbatte la portano non distante dal cedere ai propositi. Eppure Lucia non cede, mai neppure una volta, incarna una fermezza di intenzioni e una fedeltà a Renzo e alla fede in Dio che sembrano simulacri di un’umanità perduta. L’irremovibilità di Lucia risiede nella sua devozione che la porta addirittura alla rinuncia più grande: Renzo, quando farà voto di castità pur di saperlo salvo.
Nella sua fermezza, nella sua capacità di affrontare le avversità, e nella sua disponibilità a perdonare l’Innominato nonostante le malefatte commesse, c’è un insegnamento che viene lasciato anche all’uomo contemporaneo: non demordere, non lasciarsi abbattere, non abbandonare il proposito nonostante le difficoltà ma trovare una ragione che dia la forza. Lucia trova questa forza in Dio, ogni persona può trovare un affetto, un obiettivo, un fine, che faccia da lume anche nei momenti più bui, che consenta di affrontarli e arrivare a un lieto fine. Sì, perché quello di Renzo e Lucia è un lieto fine. La stregua resistenza di Lucia consentirà ai due promessi di ricongiungersi, e la sua fermezza sarà premiata con lo scioglimento del voto di castità.

Lucia incarna al contempo la capacità di perdonare, e quale maggiore perdonato c’è nel romanzo se non l’Innominato. Criminale senza scrupoli, autore dei più efferati misfatti, alla vista di Lucia è capace di chiedere perdono, di ripensare alle proprie malefatte e provare pentimento, vergogna e desiderio di redimersi.
Pentimento e perdono vanno di pari passo e se sinceri costituiscono uno dei più grandi strumenti di cui l’uomo dispone per non farsi guerra, per non generare odio e conflitto ma concordia e fratellanza.
Il pentimento dell’Innominato sarà decisivo per portare a una svolta nella vicenda che sia risolutiva. L’Innominato ricorda al lettore che è lecito sbagliare, anche con dolo, ma che è anche possibile redimere i propri errori e fare del bene, partire dai mali commessi e volgerli a un fine benefico. La commozione che produce nel lettore la scena del pentimento del bravaccio, è carica di umanità, lascia trasparire tutto il turbamento interiore, i ritorni e ripensamenti, il terrore di una punizione, anche divina, ma al contempo la forza di riesaminarsi e chiedere scusa.

È proprio l’incapacità di chiedere perdono che fa di un altro personaggio, la monaca di Monza, forse la figura più umana della vicenda. Figlia di una nobile famiglia, ma in quanto donna destinata alla vita religiosa, Gertrude rappresenta la reazione più comprensibile di una figlia tradita dal padre. Portata in convento con la forza, allontanata dalla vita che avrebbe voluto, e potuto, condurre, per darsi ai voti e alla preghiera senza alcuna personale forma di sincera devozione.

Priva di malvagità nei confronti della famiglia e priva di ogni possibilità decisione, Gertrude reagisce alla vita religiosa cui viene costretta facendo l’opposto di ciò che si addirebbe a una monaca. intrattiene una relazione con il giovane Edigio, adottando atteggiamenti di vendetta e cattiveria con le proprie compagne e sfogando su Lucia una vendetta ingiustificata e frustrata.
In Gertrude si incarna il conflitto genitore-figlio che molti adolescenti affrontano e la ribellione che ne deriva. La monaca di Monza è una figura frustrata e inappagata dalla propria vita, come tale sfoga il proprio sadismo su chi si imbatte in lei: qui la povera Lucia. Ma nella monaca sta tutta l’umanità di una donna che se avesse potuto scegliere del proprio destino, se il padre le avesse saputo chiedere scusa per le imposizioni inflitte, sarebbe probabilmente rimasta la persona buona e altruista, disposta addirittura per affetto a sacrificare la propria felicità per il volere dei genitori. Tre personaggi, tre comportamenti più che attuali: fermezza, pentimento e frustrazione.

Nella narrazione de I promessi sposi non è messa sulla pagina solo la vicenda di un amore contrastato ma anche uno spaccato di passioni umane che hanno la medesima forza travolgente nell’uomo dell’oggi. Leggere I promessi sposi non è solo un noioso compito scolastico, ma un esercizio di messa a confronto con un’umanità lontana nel tempo ma vicina nelle affezioni che ha ancora tanto da dire a distanza di duecento anni.

Martina Tamengo

U. Eco una volta disse che leggere, è come aver vissuto cinquemila anni, un’immortalità all’indietro di tutti i personaggi nei quali ci si è imbattuti.

Scrivere per me è restituzione, condivisione di sè e riflessione sulla realtà. Io mi chiamo Martina e sono una studentessa di Lettere Moderne.

Leggo animata dal desiderio di poter riconoscere una parte di me, in tempi e luoghi che mi sono distanti. Scrivo mossa dalla fiducia nella possibilità di condividere temi, che servano da spunto di riflessione poiché trovo nella capacità di pensiero dell’uomo, un dono inestimabile che non varrebbe la pena sprecare.

Edoardo: il coraggio di aspettare l’Amore.

Edoardo: il coraggio di aspettare l’Amore.

Edoardo: il coraggio di aspettare l’Amore.

Edoardo.
Un titolo così semplice per un video: un nome.

Edoardo Magro, classe 1994, è un celebre content creator, noto con il nome de Il Masseo. Ha avuto il coraggio di mettere a nudo il proprio cuore: con grande delicatezza racconta in un video come abbia atteso 26 anni prima di perdere la verginità.

Edoardo è solo nel suo studio, ma moltissime persone sono in ascolto. Chi riesce a vedere solamente colui che urla, scalpita, bestemmia perde la ricchezza della sua umiltà.

“Mi sono fatto le spalle larghe tra insulti, pregiudizi, giudizi” e la superficialità che porta a scrivere commenti che danneggiano non come lame, ma come mille lente gocce di veleno. Alcuni non riescono a scindere il personaggio dalla persona, Il Masseo da Edoardo, il content creator dal giovane uomo gentile e dagli occhi dolci.

Apparire o Essere, that is the question. Quanto siamo stanchi della perfezione costantemente propugnata in ogni singolo istante. Per fortuna a poco a poco questi muri di finto marmo stanno cedendo: hanno delle crepe dentro di sé, così la verità e la dolcezza scavano in essi come rivoli di acqua, facendo esplodere quel marmo inutile.

L’elogio dell’imperfezione, per citare la meravigliosa Rita Levi-Montalcini, è forza che dà luce. L’essere umano è la creatura più fragile che esista: la sua anima è così delicata, così volubile, ma al contempo immensa.

Edoardo scioglie un macigno. Vuole l’Amore, vuole innamorarsi. Pazientare fino a quando il suo cuore non vibrerà e capirà che quel momento è arrivato. Il momento di donare se stesso a un’altra persona.

 

Questo il coraggio di essere pazienti in un mondo che non lascia tempo all’incertezza.

È la stessa lezione impartita dal Piccolo Principe: “Se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana”. Antoine de Saint-Exupéry aveva colto l’essenza del bambino timido e gentile che è in ogni uomo d’animo nobile.

Qual è il senso della vita se non trovare la bellezza in ogni cosa, anche nella più inaspettata? Lo sa bene Luigi Meneghello, conterraneo di Edoardo, che nel suo capolavoro Libera nos a Malo ha cesellato un personaggio unico. Non è un re, non è un principe, ma un bestemmiatore-poeta che incanta lo scrittore bambino: il Cicàna.

Ecco il piccolo Luigi Meneghello con i suoi amici, mentre ascoltano incantati quell’uomo, la cui cantilena “era come una lauda pervasa da un vivo sentimento della natura e da un attento spirito di osservazione”.

Edoardo ha permesso di vedere ciò che ha dentro, nel cuore. Pochi animi avrebbero avuto questa delicatezza. Chi giudica solo dalle apparenze non potrà mai vedere ciò che viene custodito nell’anima.

 

 

 

Da ragazzino Edoardo si innamorò, giurò che a Lei sola avrebbe donato il proprio cuore. Questa ragazza viene chiamata Beatrice. Edoardo ne protegge l’identità, perché preziosa. Beatrice è stata una guida, come per Dante.
Come nella Commedia anche qui Beatrice lascia che l’uomo percorra a un certo punto la propria via con altre guide, incamminandosi così verso il punto più alto del suo viaggio.

Ed è ciò che Edoardo sta facendo: sta costruendo la propria vita, non temendo di annunciare di essere accompagnato da una psicologa. Quanto è potente questo messaggio! E che meraviglia osservare quanto la cura per la propria salute interiore sia finalmente considerata pari a quella fisica.

Edoardo ama se stesso, si prende cura del proprio animo. Si è sentito pronto a compiere questo passo, chiarendo però di non essere fidanzato. E poi…

Poi la vedrà, capirà che sarà lei, umile e alta più che creatura. E non avrà più dubbi. Dovrà solo seguire la via.

 

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.