L’Asian Film Festival di Roma definisce il programma: gli 8 paesi protagonisti

L’Asian Film Festival di Roma definisce il programma: gli 8 paesi protagonisti

L’Asian Film Festival di Roma definisce il programma: gli 8 paesi protagonisti

Si terrà al Farnese Arthouse, dal 7 aprile al 13 aprile 2022, la diciannovesima edizione di Asian Film Festival, la vetrina sul miglior cinema d’autore dei paesi dell’Asia orientale organizzata da Cineforum Robert Bresson con la direzione artistica di Antonio Termenini.

Quest’anno il cartellone prevede 30 lungometraggi provenienti da 8 paesi dell’Estremo Oriente (Cina, Corea del Sud, Filippine, Giappone, Hong Kong, Singapore, Taiwan, Thailandia), divisi tra film in concorso, fuori concorso e sezione Newcomers dedicata ad esordi e giovani registi. Tutti i film sono in lingua originale con sottotitoli in italiano. 

A sostegno dell’Asian Film Festival si annoverano prestigiose partnership quali quelle con la Regione Lazio, la Direzione Generale Cinema, il Comune di Roma e la Roma Lazio Film Commission. Alla sua realizzazione hanno poi contribuito anche il Ministero degli Affari Esteri e l’Associazione Italia Asean, nata con l’obiettivo di rafforzare il dialogo, la conoscenza e gli scambi tra il nostro Paese e quelli dell’Asean. Ulteriori partnership di particolare rilievo sono quelle con il Film Development Council of the Philippines, UniPhilippines e con il Japan National Tourism Organization. 
Anche quest’anno, inoltre, il Festival ospiterà all’interno della sua programmazione delle giornate speciali interamente dedicate ad alcune delle cinematografie asiatiche. In particolare, venerdì 8 aprile si terrà, in collaborazione con l’Ambasciata della Thailandia e il Tourism Board della Thailandia il Thailand Day. Nel corso di questo evento verranno presentati i film The Edge of Daybreak di Taiki Sakpisit, Come Here di Anocha Suwichakornpong, The Medium di Banjong Pisanthanakun e Anatomy of Time di Jachavral Nilthamrong. 
Grazie alla collaborazione con l’Istituto di Cultura Coreano di Roma, sabato 9 aprile si terrà invece il Korean Day, una giornata interamente dedicata al cinema sudcoreano in cui verranno presentati i film The Day Is Over di Qi Rui, Mom’s Son di Dong-min Shin, A Leave di Lee Ran-hee, Rolling di Min Seung-kwak e Three Sisters di Seung-Won Lee. Fanno parte del programma anche i cortometraggi Last Meal e Mother In The Mist. 
Domenica 10 aprile
, con il patrocinio dell’Istituto di Cultura Giapponese di Roma, si svolgerà invece il Japan Day. Nel corso di questo verranno presentati i film Somebody’s Flowers di Yusuke Okuda, Tsuyukusa di Hideyuki Mirayama, Moonlight Shadow di Edmund Yeo, Hokusai di Hajime Hashimoto e In The Wake di Takaisa Zeze.

Il programma

Giovedì 07 aprile 2022
15:00 Reunion Dinner (Ong Kuo Sin, Singapore, 2022, 90’) – Ah Ma è un’anziana che vive da sola nonostante soffra di demenza, il suo unico desiderio è quello rivedere la sua famiglia unita, che sembra invece averla dimenticata. L’esordio alla regia di Danielle Wei Koh ci porta in uno dei più grandi timori umani: l’abbandono. Un film elegante e scarno, dalle tinte drammatiche. Anteprima Italiana
16:45 Ms. Pearl (Yunbo Li, Cina, 2020, 98’) – Quando Ms. Pearl scopre che sua madre è malata di cancro decide di organizzare incontri al buio per trovare finalmente un uomo adatto a lei ed esaudire così l’ultimo desiderio della madre, ovvero quello di vedere la propria figlia felicemente sistemata. Anteprima italiana
18:30 Big Night (Jun Robles Lana, Filippine, 2021, 96’) – Dharna è sulla lista dei sospettati tossicodipendenti, in un solo giorno dovrà trovare il modo di dimostrare la sua innocenza. Un film che unisce toni da commedia con il ritratto della corruzione del governo filippino. Dal regista Jun Robles Lana, già premiato nell’edizione 2020 con Kalel, 15. Precede la proiezione il cortometraggio The Season Cuckoo Sings (Cina, 2021, 21’) Anteprima italiana
21:15 The Mole Song: Final (Takashi Miike, Giappone, 2021, 129′) – Ultimo capitolo della pazza saga diretta dal sublime Takeshi Miike. Il poliziotto Reiji questa volta dovrà infiltrarsi nella più grande organizzazione yakuza del Giapponese e intercettare un giro d’affari da milioni di yen. Anteprima italiana

 

Venerdì 08 aprile 2022 | | | THAYLAND DAY | | |
15:00 The Edge of Daybreak (Taiki Sakpisit, Thailandia, 2021, 115’) – Il percorso dolente e pieno di sofferenze dell’animo di due donne attraverso trent’anni di storia thailandese in un film tagliente in bianco e nero.
17:15 Come Here (Anocha Suwichakornpong, Thailandia, 2021, 69’) – Una gita tra quattro amici sembra non avere niente di speciale, ma a volte basta uno specchio d’acqua per cambiare prospettiva. Anteprima italiana
18:30 The Medium (Banjong Pisanthanakun, Thailandia, 2021, 130’) – Direttamente dalla Thailandia, un horror incentrato sull’angoscia e la paura di un gruppo di giornalisti costretto a fare i conti con sciamani e società primordiali. Anteprima europea
21:00 Anatomy of Time (Jakraval Nilthamrong, Thailandia, 2021, 117’) – Ambientato nella Thailandia degli anni ’60, il film attraversa la storia d’amore di Maem, una giovane ragazza con il cuore diviso tra due uomini. Una riflessione profonda sul significato del tempo affacciata su un background politico thailandese difficile e tortuoso.

 

 

Sabato 09 aprile 2022 | | | KOREAN DAY | | |            
14:30 The Day Is Over (QI Rui, Cina, 2020, 108’) – Offesa da una lettera ingiuriosa, una ragazza decide, insieme alle sue amiche del cuore, di andare a cercare suo padre in città. Il viaggio, però, sarà reso complicato da una serie di imprevisti, dai quali le giovani non si lasceranno scoraggiare. 
16:30 Mom’s Son (Shin Dong-min, Corea del Sud, 2020, 73’) – Il film descrive la vita di una donna forte che, all’interno della società coreana contemporanea, deve destreggiarsi e saper affrontare le difficoltà che le si presentano. Un viaggio attraverso la spiritualità e il silenzio. Anteprima italiana
17:45 A Leave (Lee Ran-Hee, Corea del Sud, 2020, 81’) – In una società in cui la produttività ha più valore della vita umana, Jae-bok lotta per i diritti dei lavoratori, mettendoli al primo posto anche rispetto al diritto delle proprie figlie di avere il padre con sé. Precede la proiezione il cortometraggio Last Meal (Taiwan, 2021, 25’) Anteprima italiana.
19:45 Rolling (Kwak Min-Seung, Corea del Sud, 2021, 75’) – Una madre amorevole, un locale di kimbap ed un cerotto; sono per Ji-roo gli ingredienti giusti per una vita dal gusto inaspettatamente nuovo. Precede la proiezione il cortometraggio Mother In The Mist (Cina, 2021, 21’) Anteprima europea
21:30 Three Sisters (Lee Seung-won, Corea del Sud, 2020, 115’) – Tre sorelle vivono le loro caotiche vite intrattenendo sporadici rapporti telefonici e incontri spesso imbarazzanti. Il compleanno del padre sarà un’occasione per rincontrarsi, ma un inaspettato evento farà degenerare velocemente la situazione.

Domenica 10 aprile 2022 | | | JAPAN DAY | | |
14:00 Somebody’s Flowers (Yusuke Okuda, Giappone, 2021, 115’) – A causa di un evento drammatico, il giovane Takaaki, a cui è stato strappato il fratello in un incidente, sarà costretto ad affrontare nuovamente i dolori del lutto. Anteprima europea
16:00 Tsuyukusa (Hideyuki Mirayama, Giappone, 2022, 95’) – Una donna e un bambino, due vite diverse ma legate dallo stesso dolore. Un viaggio difficile che descrive la speranza dei due protagonisti. La felicità è dietro l’angolo, bisogna solo saperla trovare. Anteprima mondiale
17:40 Moonlight Shadow (Edmund Yeo, Giappone, 2021, 92’) – Un film delicato e surreale che esplora il dolore della perdita e della vita dopo la morte attraverso un misterioso fenomeno che si verifica durante la luna piena. Tratto dall’omonimo romanzo di Banana Yoshimoto. Anteprima europea
19:15 HOKUSAI (Hajime Hashimoto, Giappone, 2021, 129’) – Sebbene il governo decida di censurare ogni forma d’arte, il giovane pittore Hokusai è deciso a continuare la creazione delle proprie opere, in rappresentanza della sua più profonda essenza interiore. La vita dell’artista leggendario che ha ispirato Van Gogh e Monet. Anteprima italiana
21:30 In The Wake (Takahisa Zeze, Giappone, 2021, 134’) – A distanza di nove anni dal grande disastro del Tohoku, il detective Tomashino si trova alle prese con un caso di omicidio seriale che lo riporta a quei giorni nefasti. Una critica al sistema amministrativo nipponico racchiuso in un thriller mozzafiato, diretto dal regista di culto Takahisa Zeze. Anteprima europea

Lunedì 11 aprile 2022
15:00 The Way Back In The Mirror (Yu Zhou, Cina, 2021, 96’) – Nella Guangzhou del XXI secolo, Xu deve affrontare le difficoltà della vita che gli serviranno da insegnamento per il futuro. La forza di un uomo che, nonostante le avversità della vita, riesce a guardare oltre e a superare ogni ostacolo. Anteprima europea
17:00 The Wheat (Tang Yu-qiang, Cina, 2021, 96’) – Nella Cina rurale, una donna, lasciata sola dal marito, trasferitosi nella megalopoli per lavoro, si rifugia tra le braccia di un uomo sposato. La dispotica moglie di lui farà di tutto per separarli, non pensando però alle conseguenze. Anteprima europea
18:45 Love After Love (Ann Hui, Hong Kong, 2020, 144’) – La giovane ed umile Ge Weilong decide di andare a trovare la zia benestante ad Hong Kong sperando di ottenere un aiuto economico per continuare i suoi studi; l’incontro tra questi due mondi non sarà così facile.
21:15 Anita (Lok Man Leung, Hong Kong, 2021, 137’) – Tra grandi successi, attivismo, incontri e difficoltà, la storia della celebre attrice e cantante pop Anita Mui raccontata in un’opera biografica intensa e toccante.  Anteprima europea

Martedì 12 aprile 2022        
15:00 The Falls (Chung Mong-hong, Taiwan, 2021, 129’) – Durante la pandemia, la relazione tra una madre e la figlia adolescente diventa quantomai tesa quando si trovano a dover passare insieme la quarantena nel loro appartamento. Costrette tra quattro mura, avranno modo di riflettere sul loro rapporto passato e presente. The Falls è stato scelto per rappresentare Taiwan agli Oscar 2022. Anteprima italiana
17:15 The Brokers (Daniel Palacio, Filippine, 2021, 107’) – Daniel Palacio ci trasporta in una Manila al centro di intrighi, affari e potere, che sarà lo sfondo per la vicenda di un giovane agente immobiliare, disposto a tutto per salvare la propria carriera. Anteprima europea
19:15 Resbak (Brillante Mendoza, Filippine, 2021, 105’) – La vita del giovane Isaac si intreccia in una lotta per la sopravvivenza a suon di rap battle. Sullo sfondo delle elezioni del Sangguniang Kabataan, Brillante Mendoza lancia una forte critica alla malavita e alla corruzione politica presente nelle Filippine. Anteprima europea
21:15 Gensan Punch (Brillante Mendoza, Filippine, 2021, 110’) – Diretto dal pluripremiato Brillante Mendoza, il film è liberamente ispirato alla storia vera di  Nao, un pugile giapponese mutilato, fin dalla nascita di una gamba. Combattivo sia sul ring che nella vita, egli farà di tutto pur di poter praticare la disciplina dei suoi sogni. Anteprima europea

 Mercoledì 13 aprile 2022
15:00 Tion Bahru Social Club (Tan Bee Thiam, Singapore, 2020, 88’) – Il trentenne Ah Bee vive una vita monotona con la madre. Dopo essere stato licenziato, si iscrive al Tiong Barhu Social Club per riorganizzare la sua esistenza. Ben presto egli scoprirà che sotto la patina del progresso, qualcosa non sta andando per il verso giusto.  Anteprima italiana
16:45 On the Job, the Missing 8 (Erik Matti, Filippine, 2021, 204’) – Dopo 8 anni Erik Matti realizza il sequel di “On the job” (2013). Un thriller poliziesco che attraverso gli occhi di personaggi ben definiti, mostra verità che la stampa spesso omette. Un film tratto da eventi realmente accaduti che porterà gli spettatori in un viaggio tra politici gangster, giornalisti corrotti e detenuti sicari.
20:45 Cerimonia di premiazione, a seguire The Great Yokai War Guardians (Takashi Miike, Giappone, 2021, 118′) – Folclore giapponese e Takashi Miike, una garanzia per il successo. Battaglie, nuove amicizie, coraggio ma soprattutto la famiglia saranno la cornice e lo stimolo di una grande forza interiore. Anteprima europea
23:00 Late Night Ride (Koh Chong Wu, Singapore, 2021, 80’) – Cosa potrebbe andare storto quando si fa un giro a tarda notte? Tre storie, a bordo di tre mezzi di trasporto differenti, si intrecciano tra di loro, in un horror ambizioso che tiene lo spettatore con il fiato sospeso. Anteprima europea

 

Pordenone Docs Fest: torna il festival del documentario

Pordenone Docs Fest: torna il festival del documentario

Pordenone Docs Fest: torna il festival del documentario

Dal 6 al 10 aprile 2022 a Cinemazero lo sguardo cinematografico di registi pluripremiati racconta l’attualità, con i conflitti e contrasti che dividono il mondo: dall’Ucraina alla Russia, dalla Cina alla campagna italiana sfruttata

La XV edizione di Pordenone Docs Fest – Le voci del documentario, festival che dal 6 al 10 aprile 2022 porterà in città il meglio del cinema del reale nazionale e internazionale, presenta come film d’apertura Ascensiondi Jessica Kingdon, documentario in anteprima nazionale che, con un eccezionale uso del montaggio e una magnifica fotografia, fa aprire gli occhi sulle contraddizioni dell’iper-capitalismo cinese. Ascension è inserito nella cinquina per il miglior documentario degli imminenti Oscar e vincitore di 10 premi internazionali, tra cui miglior documentario al Tribeca Film Festival.

La serata inaugurale sarà doverosamente anticipata da una proiezione speciale dedicata all’Ucraina, con This rain will never stop, film sul conflitto in Donbass della regista Alina Gorlova, che sarà collegata da Kiev, dove ha scelto di rimanere per sostenere i suoi concittadini e continuare a filmare la guerra. Il suo film è un viaggio potente attraverso il ciclo infinito di guerra e pace che segna l’umanità e racconta il ventenne Andriy Suleyman, nato in Siria da padre curdo e madre ucraina, che cerca di ritagliarsi un futuro tra le sofferenze della guerra, dalla Siria all’Ucraina.

Proprio per la coraggiosa scelta della regista, il festival quest’anno ha creato un premio speciale per aiutarla nella raccolta fondi per aiuti immediati alla popolazione.

È da sempre l’attualità, vista attraverso lo sguardo libero dei cineasti, a guidare la composizione del programma: ecco perché quest’anno la selezione dei film non poteva non guardare all’Ucraina, ma anche alla Russia. F@ck This Job di Vera Krichevskaya narra l’ascesa e il declino di Dozhd TV – L’emittente dell’ottimismo, conosciuta come Rain TV, chiusa il 4 marzo scorso dopo essere rimasta a lungo, suo malgrado, uno dei rari baluardi dell’informazione libera nella Russia di Putin. Dozhd TV è stata fondata nel 2008 a Mosca da Natasha Sindeeva, ricca e ambiziosa moglie di un banchiere russo di successo. Natasha voleva realizzare i suoi sogni di fama e di gloria invece si è trovata a combattere una guerra tra verità e propaganda, perdendo anche i suoi soldi. La regista del film, Vera Krichevskaya, co-fondatrice e co-proprietaria di Dozhd TV, afferma: “Sono stata la seconda persona a entrare in redazione, piena di ottimismo e ingenuità, come Natasha, la protagonista. Lei è riuscita a crederci fino in fondo, mentre io avevo già perso tutto lo slancio. La chiusura dell’emittente e del nostro sogno di una televisione indipendente in Russia sarebbe stata il cuore del film. Ma come sempre nei documentari, non si sa mai come va a finire”.

Altro tipo di contrasti sono al centro di One Day One Day, con cui Olmo Parenti racconta la storia di alcuni braccianti nella più grande Baraccopoli d’Italia, a Manfredonia. Un film scomodo, tagliato fuori da ogni circuito, che ha scelto allora di rivolgersi solo alle scuole e introdurre un “divieto ai maggiori”, che il festival – amante dei percorsi virtuosi e originali di valorizzazione – immediatamente ha voluto proporre per i più giovani.

Tuttavia, l’edizione 2022 di Pordenone Docs Fest – la cui Giuria sarà presieduta dalloscrittore, drammaturgo e sceneggiatore britannico Hanif Kureishi – offrirà anche sguardi e storie lontane dai temi del conflitto e dei contrasti sociali, senza rinunciare a far riflettere, come con la storia della prima band metalfemminile del Medioriente, un quartetto libanese che lotta per la libertà di espressione (mentre Beirut viene devastata dalla famosa esplosione) raccontata nel film Sirens. Un racconto di formazione intriso di voglia di cambiamento in un Paese senza pace da generazioni, in cui la musica si fa grido capace di unire destini, amori e speranze.

Non mancheranno poi momenti di intrattenimento, come il concerto de I Solisti Veneti, in una serata omaggio alla bellezza di Venezia (raccontata da molti documentari in programma) e al grande Pino Donaggio, che de I Solisti ha fatto parte e che ora conduce. Donaggio – l’autore di Io che non vivo (senza te), che ha venduto 80 milioni di copie nel mondo, ma soprattutto di svariate colonne sonore per Brian De Palma, Pupi Avati, Dario Argento, Liliana Cavani, anche “citato” spesso da Quentin Tarantino nelle musiche dei suoi film – allunga la lista di grandi compositori per il cinema che il festival ha ospitato anche nelle precedenti edizioni, come Ernst Reijseger, autore delle colonne sonore di Werner Herzog. 

Molti saranno gli eventi collaterali: dibattiti con giornalisti ed esperti, tavole rotonde emasterclass per approfondire i temi sollevati e analizzati dalle proiezioni.

Come da tradizione, lo sguardo al passato, che quest’anno però raddoppia, con due retrospettive. La prima è dedicata al futuro incerto di Venezia, tra i luoghi del pianeta più a rischio a causa del riscaldamento globale, minacciata da overtourism e spopolamento: dopo la proiezione di alcuni documentari sulla città, insieme – tra gli altri – allo scrittore e saggista Gianfranco Bettin ci si interrogherà sul suo futuro e su come invertire la tendenza alla distruzione. La seconda retrospettiva è dedicata invece al nostro passato coloniale e propone una riflessione sui riflessi culturali e sociali del colonialismo italiano, sfatando il mito degli “italiani brava gente” e proiettando un’ombra sulla contemporaneità.

Zendaya e l’anti-film di San Valentino

Zendaya e l’anti-film di San Valentino

Zendaya e l’anti-film di San Valentino

Abbiamo amato Zendaya sin dai suoi albori a Disney Channel, abbiamo imparato ad apprezzarla in “The Greatest Showman” e nei film di Spiderman con Tom Holland, l’abbiamo venerata come una dea in “Dune” ed “Euphoria”. Ma l’avete vista nel film “Malcolm & Marie”?

La pandemia può aver portato via molte cose, ma di certo non la voglia di celebrare l’amore (o il consumismo). Anche quest’anno San Valentino incombe dietro l’angolo e, volenti o nolenti, le piattaforme streaming si riempiono di film e serie tv che virano immancabilmente tutti sullo stesso tema. Amore, amore, amore: romantico, tormentato, drammatico o a lieto fine, sembra di assistere alla stessa storia che si ripete in un loop infinito. Dov’è finita l’originalità? C’è qualcuno che si salva dai soliti sciupati cliché? Può Zendaya salvare la situazione, anche questa volta?

Premesse euforiche

Il primo trailer che annunciava l’uscita del film Netflix Malcolm & Marie risale all’8 gennaio 2021. La presenza di Zendaya e quella di Sam Levinson dietro le quinte ha mandato subito in fibrillazione i fan della serie tv Euphoria: Zendaya, infatti, non solo interpreta il personaggio di Rue Bennett nella serie, ma per la sua prova ha anche vinto il premio Emmy come miglior attrice protagonista di una serie drammatica. La scrittura di Levinson ˗ odiata o amata ˗ promette grandi cose, soprattutto con l’uscita dell’attesissima seconda stagione di Euphoria. Se vi siete persi dei pezzi, trovate qui un articolo per ricapitolare la situazione.

In Malcolm & Marie, accanto a Zendaya c’è John David Washington. Chi ha visto Tenet lo ha sicuramente riconosciuto: Washington interpreta il protagonista senza nome dell’ultimo film di Christopher Nolan.

Netflix ha acquistato i diritti del film per trenta milioni di dollari (ndr. Euphoria è distribuita da HBO, in Italia da Sky Atlantic e Now Tv). Malcolm & Marie è stato uno dei pochissimi film girati nel pieno della pandemia, quando la situazione era ancora critica, rispettando comunque le misure di sicurezza anti-Covid.

Per Netflix si tratta del secondo film recente girato in bianco e nero che trova spazio nei suoi cataloghi. A inizio 2021, infatti, è uscito il film Mank, diretto da David Fincher e ispirato, men che meno, al capolavoro di tutti i tempi Quarto potere. Nel caso di Mank, la scelta bicromatica è chiaramente volta alla rievocazione della vecchia Hollywood e dello stile del film di Orson Welles. Nel caso di Malcolm & Marie, invece, che significato ha la rinuncia al multicolore? È solo un vezzo stilistico o è una scelta che nasconde altro?

 

Trama? Una partita a tennis

La trama è estremamente essenziale e di fatto non genera alcuno sviluppo concreto, se non un lungo e infuocato dialogo tra i due personaggi in scena. La coppia è appena tornata a casa dopo la première del film di cui Malcolm è il regista. L’uomo è contento e su di giri perché la proiezione è andata molto bene. Marie, sua musa e fidanzata, appare fredda e distaccata.

Il casus belli è che Malcolm, durante il suo discorso, ha dimenticato di ringraziare Marie. Nel corso della discussione lo spettatore capisce che il film (nel film) parla di una ragazza tossicodipendente di colore. Marie accusa a più riprese Malcolm di essersi ispirato a lei e alla sua vita per creare il lungometraggio di cui va tanto fiero, senza però davvero riconoscerle alcun merito, vista la sua omissione (consapevole o meno) durante il discorso di ringraziamento.

Il litigio prosegue anche sul terreno amoroso, con una serie di accuse incrociate che toccano ogni aspetto del loro rapporto, dal morboso al passionale. Ci sono anche momenti felici, in questa lunga notte di guerriglia, ma sono rari e assomigliano più a un continuo coito interrotto che a una vera e propria tregua.

Malcolm & Marie racconta di una colossale litigata di coppia lunga una notte. Data l’idea di fondo su cui si basa (due persone e una casa), non ci si può aspettare un film movimentato, con tanti cambi di ambientazioni e diversi personaggi in scena. Men che meno se si pensa che è stato girato durante la fase acuta della pandemia, cosa che ha richiesto un numero limitatissimo di persone sul set e una location controllata dove poter girare.

Al di là dei limiti imposti dalle norme anti-Covid, il film è un intenso – e a tratti spaventoso – giro sulle montagne russe di un rapporto già di per sé complicato. Le variazioni dal pattern odio-amore sono poche, perché di fatto tutto il film si regge su questo, quindi vi è una ripetitività intrinseca che inizia a far sentire il suo peso dalla metà in poi. Come fare le stesse montagne russe dieci volte.

Malcolm & Marie non è solo questo. Nel lungometraggio di Levinson convivono due discorsi piuttosto evidenti. Il primo riguarda il rapporto tra i due personaggi, con i loro caratteri, il loro vissuto e le loro debolezze. Il secondo, invece, riguarda la creazione cinematografica, le implicazioni politiche, la critica. Ed è qui che nasce la polemica.

Sam Levinson ovvero l’uomo delle polemiche

Levinson non ha mezze misure e, di conseguenza, o lo si ama o lo si odia. La sua scrittura può piacere oppure no, ma in questo caso ha sollevato un vero polverone di critiche.

Malcolm è indubbiamente un personaggio nevrotico, narcisista, ossessivo e vendicativo, con un gigantesco ego da artista incompreso, e pensa che la propria arte sia tra le poche a essere “Vera Arte”. In tutto ciò, arriva a prendersela con una critica cinematografica (bianca) a suo avviso poco competente, che nella recensione del film ha voluto ridurre la sua opera a un discorso politico sulla razza (quando in realtà non lo è) solo perché Malcolm è un regista nero.

In molti hanno rivisto nel discorso del personaggio una risposta del regista Sam Levinson alla recensione che Katie Walsh aveva scritto sull’ L.A. Times in merito al suo precedente film (anche in Malcolm & Marie, Malcolm se la prende con “una dell’L.A. Times”). Ad assistere al suo monologo di frustrazione contro la critica di settore c’è Marie (interpretata da Zendaya), che viene a più riprese travolta da un rabbioso mansplaning.

Non solo a molti è sembrato che Levinson si volesse celare dietro al personaggio di Malcolm per regolare i propri conti aperti, ma lo fa tirando in ballo un’altra questione scottante, quella del colore della pelle e della politicizzazione delle pellicole. In moltissimo hanno accusato Levinson di aver messo in bocca a un attore nero un discorso da regista bianco privilegiato e frustrato che se la prende con un mondo in cambiamento che non riconosce più. Il protagonista nero è stato percepito come un escamotage per validare il discorso di Levinson: il regista nero che critica la critica per non voler fare critica sociale è Levinson che scalpita per non essere vincolato dalle critiche.

Qualcuno è arrivato ad additare Levinson come il white savior della situazione, perché nel film Malcolm sostiene con forza che un regista nero può benissimo fare un film che non sia affatto politico. Il problema è, ancora una volta, che la fonte di questo pensiero è un maschio bianco figlio del privilegio, e che vada a parlare di qualcosa che in teoria non gli compete.

Per fortuna, Malcolm & Marie è un film talmente ricco che può essere letto da una molteplicità di angolazioni. Un elemento imprescindibile è il personaggio interpretato dalla splendida Zendaya, che costituisce di fatto un contrappunto a tutto ciò che Malcolm rappresenta, nel lavoro come musa e nella loro relazione come amante. Marie ribatte a ogni invettiva, proponendo una visione opposta a quella del fidanzato, in un continuo ribaltamento di punti di vista che vuole portare acqua al mulino di entrambi.

Il personaggio di Marie possiede comunque una serie di tratti che la rendono per certi versi più vulnerabile: è più giovane, viene da un passato di tossicodipendenza, ha una serie di ferite ancora non rimarginate e sembra aggrapparsi a Malcolm come a un’ancora di salvezza dalla quale minaccia di staccarsi senza mai davvero farlo.

La tossicità è pervasiva e va a braccetto con la dipendenza. Non quella dai farmaci, che sembra ormai essere un residuo del passato, ma quella emotiva e affettiva che inquina il rapporto tra i due protagonisti. La mascolinità tossica di Malcolm e la dipendenza di Marie a tutto ciò che è tossico è un serpente che si morde la coda non diverso da quello riscontrabile in altre storie e in altri film, ma qui portato alle estreme conseguenze (come piace fare a Levinson).

Conclusioni

Al di là di tutto ciò che ogni spettatore può leggere in questo film, la regia e gli attori sono di grande qualità. La fotografia è artistica e visivamente evocativa, sfrutta angolazioni e riflessi per sottolineare la bipartizione dei due protagonisti. Perché in bianco e nero? È bello pensare che l’assenza dei colori voglia spingere lo spettatore a concentrarsi sull’essenza delle cose, sulle emozioni, e non sui mille stimoli visivi che normalmente pervadono (quasi invadono a volte) una normale pellicola.

Zendaya e Washington sono a dir poco strepitosi (lei era stata nominata ai Critics Choice Award come miglior attrice per questo film). Ciascuno di loro è riuscito in modo eccellente a dar vita ai personaggi, donando loro tutto ciò che potevano offrigli, urla, lacrime e dolore soprattutto. La potenza dei dialoghi è amplificata dalle loro interpretazioni travolgenti, tanto che in alcuni punti sembrano bucare lo schermo. Una buona fetta dell’intensità che può vantare questo film è merito loro.

La colonna sonora è curata da Labirinth come in Euphoria, anche se è di tutt’altro stampo. La cosa curiosa è che in alcuni punti sembra che le canzoni parlino per i personaggi e dicano ciò che loro non riescono a pronunciare.

Polemiche o non polemiche, Malcolm & Marie è un bel film per chi lo sa apprezzare (e per chi non si aspetta la solita commediola romantica di un’ora e mezza). Probabile che alcuni lo troveranno troppo statico, pesante, costruito, forzato e perché no pretenzioso, autoreferenziale e fine a sé stesso. Ma vale una visione, anche solo per fare l’esperienza di venire travolti da un fuoco incrociato senza pietà, in un rapporto che è un campo minato dove a ogni passo la terra può esplodere sotto i piedi. Cast e regia sono eccellenti, e la sceneggiatura non lascia indifferenti, come si è visto.

Per chiudere la questione sulle accuse, uno scenario altrettanto probabile è che Levinson abbia scritto un film come questo proprio per sollevare certe critiche che, puntualmente, sono arrivate. È indubbio che sia riuscito a costruito un corposo e cerebrale discorso non privo di fascino, nella sua complessità.

Anche se Malcolm dice che un buon film non deve avere per forza un messaggio, noi possiamo estrapolare un monito molto concreto, valido per questo San Valentino e per quelli a venire: non dare mai nessuno per scontato. O preparatevi alla notte più lunga della vostra vita, parola di Zendaya.

Martina Costanzo

Sono Martina Costanzo, laureata in lettere moderne all'Università degli Studi di Milano e attualmente insegnante di italiano alle scuole medie e superiori. Oltre alla lettura, la mia grande passione è il cinema. Per IoVoceNarrante scrivo le recensioni dei film e delle serie tv di successo appena usciti, e classifico i migliori prodotti da vedere. Nessuno è mai rimasto deluso da un mio consiglio, provare per credere.

Be My Voice: una voce che diventa milioni di voci in un Paese senza libertà

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Durante la prossima edizione del Pordenone Docs Fest, in programma dal 6 al 10 aprile, verrà presentato il film della regista Nahid Persson, che tratta la storia di Masih Alinejad, giornalista e attivista, diventata la voce delle donne iraniane nelle battaglie di civiltà

Essere la voce di chi alla propria voce ha dovuto rinunciare. Essere il punto di connessione tra chi non può parlare e chi, invece, è libero di ascoltare. Questa è l’urgenza narrativa di Be My Voice, il nuovo documentario della regista Nahid Persson, regista iraniana naturalizzata svedese (già autrice di Prostitution Behind the Veil), che racconta una donna, un popolo, una scelta. È la storia di Masih Alinejad, giornalista e attivista, diventata la voce delle donne iraniane nelle battaglie di civiltà.
 
A portare Be My Voice nelle sale italiane sarà la Tucker Film insieme al Pordenone Docs Fest – Le Voci del documentario, dove ha conquistato il Premio del pubblico. La data scelta per l’uscita è, simbolicamente, lunedì 7 marzo, alla vigilia della Giornata internazionale della donna

BE MY VOICE: LA DISOBBEDIENZA CIVILE


Masih Alinejad
è l’esempio per milioni di donne iraniane che si ribellano contro l’hijab forzato: guida uno dei più grandi atti di disobbedienza civile nell’Iran di oggi e usa la sua libertà in esilio per dare voce alla protesta nel suo paese d’origine. Una guerriera lontana dalla sua terra (oggi vive sotto protezione negli Stati Uniti) ma non dall’anima del suo Paese, che lotta da anni contro ogni limitazione dei diritti civili, per il rispetto delle donne. Masih rischia la vita e nemmeno una quotidianità così dolorosa e precaria basta a zittirla, usa quotidianamente i profili social per raccontare la propria battaglia, aggiornare i suoi connazionali e non solo – più di 6 milioni di persone la seguono su Instagram.
 

BE MY VOICE: UNA TESTIMONIANZA

In Be My Voice sono raccolte testimonianze e video inediti, che portano ad altissimo ritmo dentro un fronte di battaglia che conosciamo ancora troppo poco. E che ci riguarda tutti. Allo stesso tempo, le immagini dirigono all’interno della persona e della vita di Masih, costretta ad affrontare su tutti i livelli la propria missione. Anche il coraggio, infatti, ha un prezzo: Masih e i suoi familiari devono fare i conti con le minacce di un regime oppressivo e violento, come successo con l’arresto del fratello o come quando, nel 2018, la sorella è stata costretta a prender le distanze da lei in diretta tv. Masih ha raccontato la sua esperienza anche in un libro, Il vento fra i capelli (Nessun Dogma, 2020).

La battaglia del popolo iraniano è combattuta anche dalla regista Nahid Perrson, che segue l’attivista tra le scene del documentario. Nel 2007 Perrson è stata arrestata e imprigionata con l’accusa di aver infamato il proprio Paese mentre girava uno dei suoi documentari più famosi, sulla storia di alcune prostitute in Iran, Prostitution Behind the Veil nel 2004. Altri suoi celebri lavori sono My Stolen Revolution (2013), The Last Days of Life (2012), The Queen and I (2009), My mother – A Persian Princess (2000), The End of Exile (1999). Una donna fiera e coraggiosa che ha trasformato l’arte in uno strumento di lotta civile.

BE MY VOICE AL PORDENONE DOCS FEST

Il Pordenone Docs Fest – Le Voci del documentario dà poi appuntamento dal 6 al 10 aprile 2022 per scoprire altre storie dal mondo, raccolte e selezionate per una XV edizione ricca di anteprime e ospiti internazionali.

Eventi a Milano: Febbraio 2022

Eventi a Milano: Febbraio 2022

Eventi a Milano: Febbraio 2022

Anche questo mese siamo tornati con la nostra rubrica di eventi milanesi, perciò scopriamo insieme che cosa ci attende questo febbraio 2022!

Mostre:

Dove: Mudec – Museo delle Culture

Quando: dal 24 novembre 2021 al 27 marzo 2022

Orari: dalle 09:30 alle 19:30

Dove: Mudec – Museo delle Culture

Quando: dal 18 febbraio al 3 luglio 2022

Orari: dalle 09:30 alle 20:30

Dove: Tenoha Milano, via Vigevano 18

Quando: dal 15 gennaio al 27 marzo 2022

Orari: dalle 11:00 alle 20:00

Dove: Palazzo Mortando – Costume Moda Immagine

Quando: dal 27 novembre 2021 al 20 marzo 2022

Orari: dalle 09:00 alle 19:30

Film in uscita:

Quando: 10 febbraio

Genere: drammatico

Quando: 17 febbraio

Genere: documentario

Quando: 10 febbraio

Genere: commedia

Quando: 17 febbraio

Generi: azione, avventura

Eventi enogastronomici:

Info: +393382724181

Dove: location sparse per Milano (consultare questo link)

Dove: Sequoia Milano

Quando: 11 febbraio

Dove: Abbazia di Mirasole

Quando: 13 febbraio

Dove: Officine di Fornelli

Quando: 23 febbraio

 

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Cecilia Gavazzoni

Ciao, sono Cecilia e studio Lettere Moderne. Adoro scrivere e spesso fingo di essere anche esperta di moda (un’altra mia grande passione). Ah, a volte do anche consigli di Lifestyle e pareri non richiesti. Ma niente di serio, non vi preoccupate.