Gucci fa brillare Los Angeles: L’omaggio alla Golden Age

Gucci fa brillare Los Angeles: L’omaggio alla Golden Age

Gucci fa brillare Los Angeles: Love Parade e l’omaggio alla Golden Age

Gucci incanta Hollywood Boulevard con la sfilata Love Parade. Alessandro Michele, direttore creativo della maison di moda, rende omaggio alle star di un tempo.

Il mito delle grandi star

La nuova collezione si ispira al fascino delle star degli anni ’50 e ’60 che hanno sempre appassionato il direttore creativo della maison: l’iconico abito bianco indossato da Marilyn Monroe viene reinterpretato in un long dress di raso color latte e accompagnato da un blazer nero. Troviamo un rimando dolce e seducente a Rita Hayworth e alla sua interpretazione in Salomè con un outfit total black di satin drappeggiato, con intarsi di serpenti. Alessandro Michele con questa sfilata vuole celebrare il mito delle grandi star della Golden Age, una dichiarazione d’amore per raccontare i divi del cinema, le regine di bellezze e le aspiranti celebrità della città dai mille colori. Amore per il cinema trasmesso dalla madre, quest’ultima assistente di produzione che gli ha tramandato il culto della bellezza e che Michele ha voluto raccontare tramite questo tributo al mondo del cinema.

Proprio lui per lo show notes scrive:

[Los Angeles] è la città dove ho incontrato gli individui più peculiari, fuori dal tempo, refrattari a ogni idea di ordine. […] Una parata di creature incantate e profondamente libere che si muovono in un luogo dove né il futuro né il passato esistono»

Viaggio nel tempo tra accessori eclettici

Ciò che ha davvero entusiasmato sono stati gli accessori: eclettici, particolari e fuori dal comune, si ispirano alle influenze sia storiche che estetiche seguite da Alessandro Michele. Tramite questi elementi così particolari è possibile fare un viaggio temporale partendo dai copricapi – gioielli in stile Flapper degli anni ’20, passando poi per i fermagli e occhiali anni ’60, chiari rimandi alla Golden Age. La maison porta sulla passerella anche un chiaro rimando agli anni ’70 con i loro cappelli da cowboy e da aviatore che richiamano lo scrittore e giornalista Hunter S. Thompson, famoso per aver creato il gonzo journalism. Un’altra serie di accessori riguarda l’epoca contemporanea e sottolinea la sex positivity del marchio Gucci, tra sex toys utilizzati come collane, piercing giganti e applicazioni metalliche al naso dei modelli.

Love Parade: uno show che, ad un mese dall’uscita al cinema nelle sale americane del film House of Gucci e soprattutto durante il Centesimo anno del marchio fondato a Firenze nel 1921, vuole regalare al mondo una visione della moda libera dai canoni estetici, proprio come la città che l’ha accolta.

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Rachele Bordini

Ciao mi chiamo Rachele Bordini e sono una giovane sognatrice. Sono una grande viaggiatrice, amo il buon cibo e la moda. Scrivo per IoVoceNarrante perché per me la scrittura è libertà.
Studio lettere ma non bevo mai caffè.
Il mio motto è Aliis volat propriis

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Sceneggiatore, attore, drammaturgo e rivoluzionario produttore cinematografico: Orson Welles è stato tutto questo e molto altro. Il suo modo di fare film, diventato iconico e fondamentale per la storia della settima arte, ha cambiato le regole del cinema classico americano, ispirando per esempio la rivoluzione cinematografica della Nouvelle Vague.

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L’esordio di Welles è Quarto Potere (Citizen Kane, 1941), il più bel film della storia del cinema: lo dice l’American Cinema Intitute, che lo ha inserito nella lista dei film da conservare e tramandare ai posteri.

Quando si parla di Quarto Potere, infatti, non si parla solo di un film virtuoso sotto il profilo tecnico, ma del film che ha rivoluzionato la rappresentazione della Hollywood classica e gettato le basi per la grammatica del cinema moderno e della recitazione.

Prima del 1941 lo studio system hollywoodiano era sottoposto alle rigide regole del decoupage classico, una ben precisa codificazione estetica e formale ancillare a tre finalità:

  • la chiarezza del racconto (rendere comprensibile e semplice la narrazione);
  • il primato dell’azione, con il motto “se non succede nulla allora non serve”;
  • il far dimenticare allo spettatore di essere spettatore e immergerlo totalmente nel mondo della finzione.

Pur in un sistema così rigido e ben definito, Orson Welles, da vero enfant prodige, a soli 25 anni realizza Quarto Potere ritagliandosi nell’industria di del cinema americano un posto in cui muoversi in totale libertà.

Dopo gli esordi brillanti in teatro e in radio, Welles trova la porta aperta a Hollywood e in particolare alla casa di produzione RKO. Con questa sottoscrive un contratto che all’epoca era considerato particolarmente libero e vantaggioso per l’artista, e che non veniva concesso facilmente ai registi: forte della plena potestas concordatagli, Welles ricopre contemporaneamente i ruoli di attore, sceneggiatore, regista e produttore – con estesi poteri decisionali riguardo il montaggio e la gestione dei fondi –  nella sua prima pellicola.

TRAMA:

Il personaggio di Charles Foster Kane, interpretato in maniera magistrale dallo stesso Welles, è liberamente ispirato all’ascesa e il declino del magnate dell’editoria William Randolph Hearst; egli, sulla strada verso ilsuccesso e il potere, lascia indietro gli affetti e la volontà di amare in modo diverso dalle sue possibilità.

Rispetto ai tradizionali film hollywoodiani le innovazioni apportate da Welles in Citizen Kane riguardano fondamentalmente 3 ambiti: la recitazione, la composizione, l’intreccio.

Negli anni ’40 siamo ancora ben lontani dal method acting e da tutte le tecniche che permettono all’attore di immedesimarsi nel personaggio; gli attori di Hollywood negli anni ‘30 sfruttano la loro formazione e impostazione teatrale anche sui set cinematorgafico.

Welles scardina la rigidità tipica del metodo recitativo teatrale e, partendo dalla sua esperienza radiofonica, permette agli attori di accavallarsi uno sull’altro per ricreare un effetto di maggior realismo.

Nella celebre sequenza dei 9 anni di matrimonio tra il protagonista e la moglie Elizabeth, i due attori sfruttano l’accavallamento delle voci e le interruzioni l’uno dell’altra e rendono il tutto più fluido, dinamico e vicino alla realtà.

A questo si aggiunge il lavoro fatto dagli attori sulla comunicazione non verbale: l’impostazione teatrale infatti non permetteva agli attori di poter mettere il proprio corpo a servizio della battuta. Il lavoro di Welles è invece molto più fine, sottile e vicino alla recitazione contemporanea: gli sguardi, le espressioni, la postura dei due amanti rivelano il climax discendente della loro relazione.

Alle innovazioni recitative si affiancano le rivoluzioni estetiche e compositive.

Andando polemicamente contro ogni norma compositiva del decoupage classico di Hollywood, Welles opta per scelte estetiche inconsuete o addirittura inedite; spesso infatti riempie la sua cornice mantenendo a fuoco sia gli elementi in primo piano che gli elementi dello sfondo. Riesce ad ottenere questo effetto attraverso l’uso della stampatrice ottica, con l’obiettivo principale di sottolineare l’importanza che tutti gli elementi in scena hanno.

Le sequenze composte con questa tecnica condensano moltissime informazioni: quasi sempre sullo sfondo intravediamo il protagonista mentre in primo piano ci sono persone che parlano di lui. Il fatto che tutto sia a fuoco crea un’inquadratura ambigua e impegnativa, per cui sembra quasi che il Kane sullo sfondo non sia solo protagonista assoluto della pellicola, ma contemporaneamente protagonista del dialogo in primo piano nonostante non sia parte dello stesso. Il Modo di Rappresentazione Istituzionale sarebbe ricorso a un montaggio analitico oppure avrebbe semplicemente separato il primo piano, completamente a fuoco, dallo sfondo; in questo modo invece lo spettatore è chiamato a partecipare attivamente nella lettura e nella codifica dell’immagine e dei rapporti fra i personaggi.

Rivoluzionaria, infine, è la complessità di intreccio, mai vista prima in un film fino all’opera di Welles.

Dopo l’inizio nella contemporaneità lo spettatore è chiamato a trasgredire: di fronte al cartello “No trespassing” la macchina da presa valica il cancello, si insinua nella villa Xanadu e assiste alla morte del protagonista mentre pronuncia il nome “Rosebud”. Segue un montaggio serrato di titoli di cinegiornali mondiali che rimanda ai momenti salienti della vita del magnate.

Welles articola la risoluzione del mistero tramite una serie di flashback raccontati da chi l’ha circondato in vita che restituiscono una narrazione frammentata, fortemente scomposta e, soprattutto, soggettiva. Alla fine, però, nessuno riesce a capire chi o casa “Rosebud” sia: soltanto lo spettatore risolve il mistero e realizza quanto il protagonista sia molto più complesso e intrigante di quanto le parole degli altri non lo descrivano.

Il risultato è un film innovativo rispetto a molti dei canoni del cinema classico, una vera e propria alternativa estetica capace di esercitare duratura influenza su quello che andrà configurandosi negli anni successivi come il cinema moderno.

L’esordio di Welles è l’esempio tangibile di cosa sia il cinema per come lo consideriamo noi oggi: è  narrazione di intrattenimento, è opera artistica che può suscitare  riflessioni e dibattiti su argomenti esistenziali (la caduta del sogno americano, la solitudine del potere, il controllo dell’informazione), e non solo: è soprattutto radicale rivoluzione del linguaggio nel contenente e nel contenuto. 

di Giorgia Grendene

 

Giorgia Grendene

Sono Giorgia e amo le cose vecchie e polverose (come la mia laurea in lettere classiche), le storie un po’ noiose che richiedono tempo per essere raccontate e apprezzate, i personaggi semplici con storie disastrose. Mi piacciono il bianco e nero e il technicolor molto più del 4K, i libri di carta molto più degli e-book, il salato molto più del dolce, i cani molto più dei gatti.