Il Piccolo Principe: in volo verso una straordinaria infanzia ritrovata

Il Piccolo Principe: in volo verso una straordinaria infanzia ritrovata

Il Piccolo Principe: in volo verso una straordinaria infanzia ritrovata

Antoine de Saint-Exupéry dà vita alla meravigliosa avventura vissuta dal pilota e dal Piccolo Principe

Il Piccolo Principe è una delle opere più conosciute del XX secolo, redatta da Antoine de Saint-Exupéry, e pubblicata il 6 aprile 1943.

La vicenda narra l’emozionante amicizia tra un pilota disperso nel Sahara e un bambino misterioso, noto come il Piccolo Principe.

Nella prefazione di Nico Orengo si afferma che l’autore stesso lavorasse per il servizio aeropostale e, guarda caso, si trovò disperso proprio nel deserto del Sahara, nel 1935.

L’opera è quindi definibile come una doppia autobiografia: da un lato l’autore-narratore racconta la vicenda accadutagli, dall’altro lo stesso riporta nero su bianco l’incontro con una persona molto speciale: se stesso, da bambino.

Il terrore di rimanere disperso nel bel mezzo del Sahara cresce sempre più, quando accade l’inaspettato.

Una vocina dolce squarcia la disperazione. “Mi disegni una pecora?”.

È il Piccolo Principe, un bambino di pressappoco sei anni, età in cui l’autore scoprì il gusto amaro della solitudine, a seguito della morte del padre.

Il bambino inizia a narrare di mirabolanti avventure.

Dapprima descrive la propria casa: un piccolo asteroide, sul quale un giorno nacque una rosa vanitosa, di cui il Piccolo Principe si prese cura.

In seguito, il bambino ricorda i suoi viaggi, durante i quali scoprì lo strambo mondo dei grandi. In tale dimensione si diventa persone serie, ma si seppellisce il proprio io più puro sotto una montagna di numeri e di misure.

Si perde la meraviglia dell’osservare un tramonto e si preferisce pensare a faccende apparentemente più “utili”. Infatti, “i grandi amano le cifre”. Ma quando si parla loro ad esempio di un amico, non chiedono mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?”.

Ebbene, il primo incontro del Piccolo principe nello strano mondo degli adulti è con un re, che per esistere ha unicamente bisogno di comandare; poi si ha un vanitoso che considera gli altri solo nel momento in cui questi lo ammirano.

Ancora, un uomo d’affari che conta le stelle, ritenendole pepite d’oro da accumulare. Infine, un geografo che si crogiola accidioso nella propria ignoranza, non avendo esploratori a propria disposizione.

Su consiglio di quest’ultimo il Piccolo Principe visita la Terra.

Così esplora molti luoghi, compreso un giardino pieno di rose. Capisce dunque, con grande rammarico, che la rosa del suo pianeta non era poi così speciale, in quanto identica a tutte le altre.

Ma una piccola volpe gli impartisce una grande lezione: è il tempo dedicato alla rosa ad averla resa unica. Così, il bambino applica ciò che ha appena appreso: dedica il proprio tempo alla volpe, addomesticandola piano piano, intessendo con essa una profonda amicizia.

Terminato il racconto, il Piccolo Principe e il pilota si mettono alla ricerca di pozze d’acqua, dalle quali bevono con gioia. Rinfrancato lo spirito, l’uomo ritorna alla sua solita mansione: tentare di riparare il velivolo.

La sera seguente l’attenzione dell’uomo è attratta dal dialogo tra il Piccolo Principe e un serpente, la prima creatura che il bambino aveva incontrato sulla Terra.

L’animale promise che avrebbe riportato il piccolo protagonista all’asteroide da cui era partito, in occasione dell’anniversario del suo arrivo nel deserto.

Il piccolo sa bene che il ritorno implica una morte apparente, e che ciò avrebbe provocato un grande dolore al pilota, ora addomesticato come la volpe.

“Avrai dispiacere. Sembrerò morto e non sarà vero…”, afferma il bimbo, cercando di rasserenare il pilota, colmo di paura. “Capisci? È troppo lontano. Non posso portare appresso il mio corpo. È troppo pesante”.

Poi si dirige verso il serpente, con animo coraggioso. Un guizzo giallo, vicino alla sua caviglia. E “cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia”.

Il suo corpo non fu mai trovato.

Antoine de Saint-Exupéry è il Piccolo Principe, ed entrambi trovarono l’oblio.

L’autore, infatti, il 31 luglio 1944 scomparve, sorvolando la Baia degli Angeli al largo di Saint-Raphaël.

Il suo corpo non fu mai trovato.

Il prodigio si è compiuto: un uomo tocca il fondo, vede le proprie certezze crollare. A un tratto ricompare con insistente dolcezza la figura del sé bambino, che lo prende per mano, riconducendolo nel mondo della meraviglia.

È bello pensare che ora il pilota-autore abbia raggiunto il piccolo asteroide. Lo si può osservare mentre cura la rosa, intanto che il bimbo dorme.

 

 

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.

Paloma e Renée: l’amicizia tra la colomba e il riccio

Paloma e Renée: l’amicizia tra la colomba e il riccio

Paloma e Renée: l’amicizia tra la colomba e il riccio

Il legame tra anime simili narrato ne L’eleganza del riccio di Muriel Barbery

“Io nella boccia non ci vado!”

La decisione di suicidarsi il giorno del proprio compleanno deve essere ben ponderata.

Ecco le intenzioni di Paloma Josse, geniale dodicenne, determinata a togliersi la vita.

È proprio questa ragazzina ad essere una delle due protagoniste del romanzo bestseller L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, scritto nel 2006, ambientato in un lussuoso palazzo al numero 7 di Rue de Grenelle, nella Ville Lumière.

Molte onorificenze coronano il successo dell’opera: dal Premio Georges Brassens 2007, al Premio Rotary International, fino al Prix des Libraires.

Ma perché Paloma è così convinta di voler abbandonare la vita?
Semplice: l’obiettivo è non finire nella squallida boccia in cui i burattineschi membri delle classi agiate parigine, di cui è figlia, cozzano come pesci inebetiti.

“Vivere, morire: sono solo le conseguenze di ciò che abbiamo costruito. Quello che conta è costruire bene”.

“Quindi io nella boccia non ci vado!”

La penna scorre veloce.
Infatti, Paloma, “colomba” in spagnolo, tiene un diario in cui analizza con chirurgica precisione la realtà che la circonda.

Pertanto, l’oblio eterno risulta a lei più piacevole di una vita a metà. Il mondo non è privo di bellezza, ma è abitato da individui gretti e superficiali che aborre con tutta se stessa.

 

Così questa colomba contrariata se ne sta ad ali conserte, cercando un cielo migliore. La morte.

Come detto, Paloma è la colomba, ma Renée Michel è il riccio.

Madame Michel è la portinaia dell’elegante palazzo parigino in cui Paloma vive con la propria famiglia, con la quale è in costante conflitto.

Renée è una lettrice appassionata, che da autodidatta ha costruito solide conoscenze in arte, filosofia e cultura giapponese.

La donna, vedova, trascorre in un silenzioso torpore le ore del giorno, sonnecchiando nella guardiola, leggendo infinite pagine di mille libri. Unica sua compagnia è un gatto: Lev, omaggio all’amato Tolstoj.

Con lenta delicatezza carezza le parole, che la allontanano dall’infanzia e dalla giovinezza vissute in povertà. Silenzioso riscatto, mantenuto segreto con reverenziale discrezione.

La donna è invisibile agli occhi degli inquilini, che vedono unicamente in lei una…portinaia.

Tuttavia, nel microcosmo del signorile edificio, le ali della Paloma iniziano a vibrare. La ragazzina intuisce che la goffa e pigra Madame Michelle non è affatto ciò che sembra.

Infatti, Renèe è benedetta dall’eleganza del riccio: fuori protetta da aculei, ma dentro semplice e raffinata come quelle bestiole.

Ecco: la colomba e il riccio. Una rampolla di famiglia benestante e un’umile portinaia.
Qual è il ponte tra queste entità così opposte, in apparenza?

L’anima.

E Kakuro Ozu, il nuovo elegante inquilino giapponese. Lui sarà il “galeotto” che permetterà alla colomba di spiegare le ali e al riccio di ritirare i propri aculei, facendole poi incontrare.

Le due si sono viste mille volte, ma non si sono mai guardate.

Così, al numero 7 di Rue de Grenelle, si compie il miracolo: due universi entrano in risonanza. Paloma e Renée riconoscono l’una l’anima dell’altra, scoprendo così possibilità insperate.

Colomba e riccio diventano amiche. Vere amiche. “Fatevi una sola amica, ma sceglietela con cura”.

E mentre il prodigio lentamente si compie, la morte arriva. All’improvviso.
Renée, il riccio, incontra l’oblio. Per sempre.

Ora Paloma è sola. Ma il peso che le impediva di volare si è ormai dissolto, con il desiderio di togliersi la vita.

Ecco come termina l’insolita storia di due anime che, in silenzio, celano un boato di vita. Un boato che si setta su frequenze tanto delicate, da venire colte solo da un’essenza altrettanto dolce.

Ebbene, è sempre opportuno ricordare che quando ci si imbatte in esseri “fintamente indolenti, risolutamente solitari” bisogna fare attenzione! Talvolta è solo necessario avere il garbo di inoltrarsi nelle tenebre che li avvolgono, per arrivare al loro cuore puro.

Solo così la magia prende vita, e il riccio e la colomba, finalmente, sorridono.

Maria Baronchelli

Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.

Filosofarti torna in presenza: tutto pronto per l’edizione 2022

Filosofarti torna in presenza: tutto pronto per l’edizione 2022

Filosofarti torna in presenza: tutto pronto per l’edizione 2022

Il festival di filosofia organizzato dal Centro Culturale del Teatro delle Arti si svolgerà, in una doppia veste, fisica e digitale, dal 19 febbraio al 29 marzo

Un calendario fitto di incontri, di conferenze e di un “fare cultura” che, dopo un biennio “complicato”, finalmente torna in presenza, seppur con i dovuti punti di domanda dettati dagli sviluppi della pandemia. Dal 19 febbraio al 29 marzo si svolgerà la rassegna 2022 di Filosofarti, il festival di filosofia che in questa edizione tratterà il tema “Eredità, fare futuro”.

Un tema intenso, attuale, un ponte tra quello che è stato il passato e quello che sarà il futuro ben rappresentato dall’immagine scelta come icona dell’evento: l’Angelus Novus dell’artista svizzero Paul Klee. “Una immagine che rappresenta al meglio il tema dell’evento”, spiega Cristina Boracchi, curatrice del festival. “Un angelo che apre le ali e guarda il passato disgustato, indirizzandosi verso il futuro. È un tema importante con il quale abbiamo voluto confrontarci: ci poniamo come testimoni della contemporaneità, rifletteremo su chi siamo, su chi saremo e, soprattutto, su che cosa lasceremo. Abbiamo un patrimonio da costruire”.

Un patrimonio che verrà costruito in una doppia veste: fisica e in presenza fin dove possibile, digitale quando le condizioni lo imporranno.
Ci siamo assunti una grande responsabilità con questa nuova edizione: l’informatica, l’utilizzo di nuove tecnologie ci ha permesso di ampliare i nostri confini, di poter essere seguiti anche da spettatori in tutto il mondo – prosegue Cristina Boracchi –. In questo triennio la cultura online è stata particolarmente apprezzata, ma abbiamo sentito la necessità di fare quanto possibile per tornare in presenza, anche se ci siamo resi conto che c’è ancora un certo timore da parte del pubblico. Invitiamo comunque il nostro pubblico a consultare spesso il calendario dell’evento e seguirci per eventuali aggiornamenti o cambi di location/data”. In fondo, come sappiamo bene, basta un tampone positivo per cambiare le carte in tavola.

Come abbiamo accennato all’inizio, il fitto calendario di conferenze si aprirà il 19 febbraio con la lezione magistrale dal titolo “A che punto è l’educazione familiare e scolastica?” tenuta da Umberto Galimberti al Teatro delle Arti e si concluderà il 29 marzo in Sala Consiliare a Besnate, con l’intervento di Mauro Magatti. Nel mezzo una lunga serie di eventi, tra musica, filosofia, arte, architettura e tutte la sfere di una cultura che nel corso degli anni ha continuato a evolversi.

 

Il nostro impegno è quello di mantenere viva la nostra eredità con progetti sempre nuovi”, ha dichiarato Elena Balconi, presidente del Centro Culturale del Teatro delle Arti.
Un impegno che ha visto il patrocinio e l’appoggio di diverse enti provinciali, comuni e privati. “Filosofarti è un patrimonio di tutti”, ha commentato a proposito Enzo La Forgia, professore e assessore del comune di Varese. “Eredità è un tema che dovrebbe sempre al centro dei ragionamenti, dalla filosofia alla politica e siamo contenti di poter partecipare come Comune di Varese. In questi anni la nostra provincia è sempre stata ai primi posti a livello nazionale per produttività e benessere, ma più indietro per quanto riguarda la cultura e le iniziative. Per questo siamo convinti che Filosofarti sia una buona occasione per dimostrare quanto la cultura nella provincia di Varese possa fare di più”.

Cliccando qui potrete trovare il calendario degli eventi di questa edizione di Filosofarti.

 

Fryderyk Franciszek Chopin

Fryderyk Franciszek Chopin

Fryderyk Franciszek Chopin: i fantasmi interiori del musicista polacco

Definito da molti critici come “il poeta del pianoforte”, Fryderyk Franciszek Chopin (francesizzato in Frédéric François Chopin) con la sua musica malinconica e inquieta è uno dei compositori più conosciuti e ascoltati nella storia della musica classica internazionale. Ma siamo sicuri di conoscerlo davvero?

 Nonostante sia effettivamente un pilastro della composizione musicale, il nostro musicista polacco tenne per anni nascosti al pubblico alcuni lati di sé che oggi, grazie al pianista e giornalista musicale svizzero Moritz Weber, sarebbero tornati – per così dire – a galla.

L’omosessualità nascosta

Secondo gli studi approfonditi di Weber, Chopin era omosessuale, ma il suo orientamento sessuale venne tenuto nascosto dai suoi biografi (in particolare i polacchi) per mostrare al pubblico un ideale nazionalista e conservatore che si omologasse agli standard dell’epoca. Nel corso del programma Gli uomini di Chopin mandato in onda dalla radio pubblica svizzera SFR, lo studioso ha riportato le traduzioni delle lettere di Chopin in cui avrebbe trovato dei riferimenti ad amori femminili utilizzati dal compositore come “mantello per i sentimenti nascosti”, ovvero – come diremmo oggi – come una sorta di copertura. Il destinatario di queste missive era spesso l’amico Tytus Woyciechowski, a cui Chopin si rivolge con espressioni come “La mia vita più cara” e “Dammi un bacio, amante carissimo”, e ancora “Non ti piace essere baciato” o “Devi pagare per il sogno che ho fatto su di te la scorsa notte”. Queste teorie sono state messe in discussione da alcuni critici e musicologi in relazione alla biografia Fryderyk Chopin: A Life and Times di Alan Walker, il quale definì Tytus come un semplice amico del cuore del musicista, sostenendo che quelle lettere fossero appartenute ad un periodo di “confusione mentale” di Chopin che in realtà si era infatuato della soprano polacca Konstanja Gladkowska. Ma Walker non è stato l’unico a scontrarsi con le tesi di Weber, infatti David Frick, professore in pensione di lingue slave all’Università di Yale, ha accettato la tesi riguardo al fatto che quelle lettere fossero indirizzate all’amico di Chopin, ma ha smentito fin da subito la teoria riguardante un amore omosessuale del compositore poiché ha affermato che “Chopin era un romantico che sicuramente non discriminava tra uomini e donne nelle sue espressioni d’amore”.

Il vero e unico amore del musicista

Nonostante l’acceso dibattito tra i vari studiosi riguardo l’omosessualità del musicista (di cui attendiamo tutti un ulteriore riscontro negli studi futuri), sappiamo per certo che Chopin nella sua vita ebbe un vero e unico grande amore: quello per la sua amata Polonia. Lo spirito nazionalistico del compositore è evidente durante tutta la sua vita artistica e non, ma in particolare si concentra in alcune sue opere in cui Chopin ricordava nostalgicamente la sua terra natìa. Tra queste troviamo i seguenti componimenti più ispirati dal suo nazionalismo:

  • Polacca Eroica op.53
  • Polacca op.40 n1
  • Mazurca op. 17 n4
  • Rondo alla Krakowiak
  • Fantasia su arie polacche

 

Nonostante siano passati oltre 172 anni dalla sua precoce scomparsa, Fryderyk Franciszek Chopin continua tutt’ora a emozionare qualsiasi ascoltatore con la sua musica nostalgica e a destare dubbi (e perché no, anche gossip) tra i più curiosi.

di Cecilia Gavazzoni.