Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Australian Open 2023: Novak Djokovic torna e mette tutti in fila

Il campione serbo vince per la decima volta il torneo, torna numero uno del mondo e aggancia Nadal nel numero di Slam vinti. Nel femminile prima gioia per Sabalenka. La pattuglia azzurra stavolta raccoglie poco.

Novak Djokovic ha vinto per la decima volta nella sua carriera l’Australian Open, conclusisi domenica 29 gennaio. In finale ha superato il greco Stefanos Tsitsipas, alla sua seconda finale Slam dopo quella persa al quinto set due anni fa al Roland Garros. Sempre dall’asso serbo.

La capacità del campione di Belgrado di essere più forte di avversari, infortuni e persino di scelte politiche che lo hanno come noto escluso nella stagione passata da tutti gli eventi sportivi in calendario in Australia e negli Stati Uniti, è stupefacente. Non appena rientra in circolazione, riprende a disegnare le sue traiettorie perfette e instancabili. Sempre alla ricerca di un contropiede, di un affondo che rimandi oltre la linea di gioco il rivale di turno che cercava di guadagnare terreno.

Non appena rientra riprende a coprire il campo come solo il miglior Nadal sa fare; è dappertutto e colpisce la pallina sempre con assoluta precisione, con i piedi sempre ben piantati per terra. Ha perso solo un set, al secondo turno dal francese Couacaud. Per il resto solo vittorie, fino alla fine. Novak Djokovic è nuovamente al vertice del ranking mondiale, posizione già ricoperta in passato per ben 374 settimane (record)!

A 35 anni compiuti è ancora in pista per silenziare l’ennesima generazione di giovani speranze che si avvicinano a lui, a Nadal e prima a Federer come a una stella incandescente che scioglie la cera che tiene insieme le loro ali.

Sicuramente il tennis riparte da Alcaraz, Rune, Tsitsipas e altri delle leve più recenti, ma c’è da scommettere che presto si riparlerà della parità di titoli Slam vinti tra Nole e Rafa. I due alieni sono saliti a ventidue ciascuno, e vedremo cosa accadrà a Parigi, tra maggio e giugno.

Nadal ha passato un turno a fatica, per poi cedere al secondo, complice un problema all’anca che lo ha costretto a un mese di stop. Come scritto quindici giorni fa, da qualche mese lo spagnolo soffre di malanni vari che lo hanno costretto a un numero di sconfitte non usuale. Non è certo il primo infortunio della carriera per lui, ma questa volta il naturale logorio di un fisico spinto come in nessun altro caso nel tennis ai suoi limiti sembra avere un ruolo importante.

Speriamo di rivederlo protagonista quanto prima, per lui la stagione sulla terra rossa che inizia a aprile è sempre stata la sua medicina preferita.

Del singolare femminile avevamo scritto 15 giorni fa di un gruppetto di giocatrici che sembrava essersi staccato dal plotone per formare una nuova élite al vertice, importante per sostenere la popolarità del circuito; ebbene, è successo che la vittoria finale ha arriso all’ennesima giocatrice che ancora non aveva sollevato un trofeo Slam. È vero però che la bielorussa Aryna Sabalenka, ventiquattrenne di Minsk, abita stabilmente da alcuni anni le prime posizioni del ranking, e solo un sistema nervoso invero fragile le ha impedito di raccogliere prima di questo Australian Open un alloro che il suo tennis avrebbe meritato.

In una splendida finale, che ha coronato un torneo non troppo spettacolare, ha sconfitto in rimonta per 46 63 64 la kazaka Elena Rybakina, vincitrice dell’ultima edizione di Wimbledon. Quest’ultima non ha affatto demeritato, e durante il torneo ha saputo sconfiggere in due set la numero uno del mondo, la polacca Iga Swiatek.

La polacca ha fatto parlare di sé anche per la pubblicazione su “The players’ tribune”, piattaforma che fornisce uno spazio agli atleti per comunicare di sé ai propri appassionati, della lettera intitolata “The polish introvert”, ovvero “La polacca introversa”. In essa Iga parla dei suoi sogni di bambina, più legati a trovare il modo di socializzare coni propri coetanei che non ai successi nello sport. E anche delle difficoltà di allenarsi in un paese dal clima freddo e con pochi fondi a disposizione, con i campi al coperto in inverno a quattro gradi centigradi!

Il torneo degli italiani non è stato particolarmente brillante, soprattutto per la resa al di sotto delle aspettative di due tra i più importanti alfieri della racchetta azzurra.

Prima di tutti Matteo Berrettini. Protagonista solo dieci giorni prima di un’ottima prestazione alla United Cup, Matteone ha avuto un primo turno non proprio agevole: l’avversario designato dal sorteggio e stato Andy Murray, ex numero uno del mondo che ha subito nel 2018 un intervento chirurgico all’anca che lo ha quasi costretto al ritiro. Sir Andy, due volte vincitore nella sua Wimbledon, si è progressivamente ripreso, ma certo non vale più il campione di alcuni anni fa.

Berrettini ha perso i primi due set, superato dal furore agonistico del britannico; ha rimesso insieme il suo tennis ed ha vinto il terzo e il quarto, per poi subire il ritorno del rivale chi ha vinto il set decisivo al tie-break. L’italiano certamente recriminerà tra sé e sé a lungo per un match point fallito clamorosamente nel decimo gioco, quando ha messo in rete un rovescio facile facile.

John McEnroe, ai microfoni di Eurosport, ha definito “la sua personale kryptonite” il colpo più debole di Matteo; in effetti in questo ultimo anno non è migliorato, ed insieme ad una limitata mobilità negli spostamenti laterali rappresenta il suo limite più importante.

Speriamo sappia reagire presto, soprattutto sul campo da tennis, dal momento che sul lato social è di nuovo attivissimo con una nuova liason in avvio, in coppia con Melissa Satta.

Lorenzo Musetti ha perso anch’esso al quinto set e anch’esso cedendo i primi due, contro Lloyd Harris, sudafricano che non giocava da sei mesi. Risultato deludente che certamente non cancella qualche dubbio sulla consistenza agonistica del giocatore di Carrara.

Meglio ha fatto Jannik Sinner, che è stato eliminato al quarto turno ma dal finalista Stefanos Tsitsipas, e solo dopo una battaglia durata quattro ore. Il resto della pattuglia azzurra, compreso anche il gruppo femminile, non ha ottenuto risultati di particolare spessore.

Finita la stagione in terra australe, ora il circuito fa tappa in sudamerica e in Europa, per poi ritrovare gli appuntamenti di marzo sul cemento nordamericano: Indian Wells e Miami.

 

Danilo Gori

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Australian Open 2023: Novak Djokovic a caccia della “decima”

Il campione serbo è il favorito alla vigilia dello Slam australiano; non è ancora al massimo, ma la sua insaziabile voglia di vincere lo sorregge sempre. Il tennis italiano continua a crescere

L’attesa si è conclusa, e come sempre a gennaio il tennis riparte dall’estate australiana. Dopo alcuni tornei giocati anche in Nuova Zelanda e nell’isola di Tasmania, questa notte sono iniziati gli Australian Open prima prova del Grande Slam 2023. Tutti i migliori e le migliori si ritrovano a Melbourne, nel bellissimo impianto di Flinders Park, inaugurato nel 1988 (vinse Mats Wilander, al quinto set contro il padrone di casa Pat Cash). In realtà quasi tutti, perché il torneo maschile ha dovuto registrare l’assenza per infortunio niente meno che del numero uno del mondo: Carlos Alcaraz.

Rispetto allo scorso anno il torneo ritrova però Novak Djokovic, assente nel 2022 per questioni… vaccinali. Il serbo ha già vinto 9 volte la manifestazione, e la prima volta risale al 2008, ben 15 anni fa. Pur non giocando ancora il suo miglior tennis, una settimana fa ha vinto il torneo di Adelaide, lasciando intendere che la prima qualità di un campione è quella di non essere mai stanco di vincere: sono ormai 92 gli allori in carriera per lui.

La sua stagione 2022 giocata a singhiozzo lo ha relegato alla quinta posizione del ranking; gli organizzatori non hanno voluto contraddire la classifica ufficiale egli hanno attribuito la quarta testa di serie. Ma è senza dubbio il favorito numero uno e martedì farà il suo esordio contro lo spagnolo Carballes Baena.

Il suo avversario… naturale, ovvero Rafa Nadal, è la prima testa di serie. Ha avuto un pessimo sorteggio, e quando leggerete questo articolo avrà già giocato il suo primo match contro il giovane (21 anni) mancino inglese Jack Draper, uno dei migliori della nouvelle vague. Lo spagnolo, detentore del titolo, non sembra essere nella sua miglior forma fisica; la sua classe non si discute, ma è difficile immaginarlo arrivare fino in fondo.

Non ce ne voglia il bravo Jack, ma silenziosamente speriamo di vedere Nadal andare avanti.

I nomi subito alle spalle delle due leggende sono quelli del russo Medvedev e del greco Tsitsipas, senza dimenticare i migliori dello scorso autunno, il danese Holger Rune e il canadese Felix Auger-Aliassime. Il talento di casa Nick Kyrgios è pronto a essere il guastafeste dei favoriti e, se non si distrae, nei quarti potrebbe incontrare proprio Djokovic.

Il tabellone femminile propone come naturale favorita la polacca Iga Swiatek, vera protagonista del 2022. Alle sue spalle qualche avversaria in più sembra essersi preparata per impensierirla non poco: pensiamo alla francese Garcia, alla bielorussa Sabalenka e alla tunisina Ons Jabeur. Inoltre, potremo verificare i progressi dell’americana Jessica Pegula, attuale numero tre del mondo. Forse il tennis femminile ha finalmente trovato un piccolo gruppo di tenniste capaci di elevarsi dal gruppo.

Capitolo tennis italiano: per la prima volta nella storia abbiamo tre azzurri nei primi 20 del mondo: Matteo Berrettini numero 14, Jannick Sinner in sedicesima posizione e Lorenzo Musetti in diciannovesima. Matteo in particolare sembra in forma ideale; ha guidato la nazionale italiana nella United Cup fino alla finale, persa contro gli Stati Uniti. Ha affrontato quattro top ten battendone due, Ruud e Hurkacz. È motivato e sente di essere il leader del movimento azzurro.

L’anno scorso ha perso in semifinale da Nadal; al primo turno affronta Andy Murray, campione ridimensionato da gravi infortuni, ma ancora in grado di vincere partite importanti.

Musetti e Sinner si sono recentemente fermati per piccoli malanni fisici, che si spera non condizionino troppo il loro cammino negli Australian Open

Dopo due turni alla portata del loro tennis, il tabellone li metterebbe purtroppo l’uno contro l’altro nel terzo turno.

Tra le donne la numero 1 italiana è Martina Trevisan, capace a giugno di arrivare fino in semifinale al Roland Garros. La superficie e probabilmente un po’ troppo veloce per i suoi gusti, ma nella prima settimana dell’anno si è molto ben difesa nelle United Cup. Se riesce a passare un primo turno non impossibile contro Schmiedlova, al secondo turno potrebbe avere Camila Giorgi, ultimamente caduta piuttosto in basso in classifica (settantesimo posto).

il nome più di tutti à l’affiche in queste torride giornate nella terra dei… koala (facciamo riposare i canguri) è quello di Elisabetta Cocciaretto; la ventunenne di Porto San Giorgio si è qualificata per la finale a Hobart.

Nella notte tra venerdì e sabato non è riuscita a vincere il suo primo torneo WTA, ma si è inserita alla posizione numero 48 della classifica mondiale, suo record personale.

Speriamo che lo sforzo fisico di quest’ultima settimana non la condizioni nel grande torneo; la sua prima avversaria è la kazaka Elena Ribakyna, che ha vinto l’ultima edizione di Wimbledon, ma che successivamente non ha ottenuto altri risultati degni di una campionessa Slam.

Questi sono i nomi di punta della pattuglia azzurra, che complessivamente conta 12 nomi, equamente divisi tra singolare maschile è singolare femminile. A livello quantitativo un dato notevole, che certifica la crescita del movimento nel nostro paese.

Sperando di trovarli numerosi anche all’inizio della seconda settimana, non ci resta che metterci comodi per gustarci una nuova stagione di grande tennis. Buon Australian Open a tutti!

 

Danilo Gori

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Nadal e Djokovic non si arrendono, arrivano i diciannovenni capitanati da Alcaraz; gli italiani si fanno valere, ma gli applausi più calorosi vanno a King Roger.

Nessuno è più grande dello sport, lo sappiamo bene, ma quest’anno a ottobre per qualche attimo ci siamo dimenticati la nota massima, o forse semplicemente abbiamo fatto finta che non fosse vera. Perché in fondo lo sport ha bisogno di storie da raccontare, storie belle, strane, divertenti, a volte drammatiche; storie di uomini e di donne, racconti che colorino le pagine bianche e che vadano oltre le statistiche e i semplici risultati. E la sua storia è di quelle irripetibili.

Il tennista che ha rubato la scena in questo 2022 ha una caratteristica singolare: non ha giocato nemmeno una partita! infatti Roger Federer, perché è dello Swiss Maestro che stiamo parlando, è sceso in campo per la sua ultima partita ufficiale durante Wimbledon del 2021, perdendo contro Hurkacz.

In realtà a ottobre ha giocato un doppio nella Laver Cup, la ricchissima esibizione che vede il campione elvetico tra gli organizzatori. Lo ha giocato in coppia con il suo amico e rivale di una intera carriera: Rafa Nadal. Per la cronaca quel doppio i due lo hanno perso. Ma il risultato era la cosa meno importante; il dopopartita commovente, il pianto di Roger, e di Rafa, il coinvolgimento totale della audience ha sancito l’eccezionalità dell’attimo tanto atteso e nello stesso tempo temuto: il ritiro ufficiale del basilese.

Per mesi ci siamo illusi che lo avremmo rivisto a Wimbledon o in un altro torneo, ma il suo fisico non era d’accordo. In tanti hanno scritto di lui dopo il suo ritiro; piuttosto che tornare sui suoi otto Wimbledon o sui venti titoli del Grande Slam ci limitiamo a parlare di due riconoscimenti meno conosciuti, ma assai significativi.

Roger durante la carriera ha tenuto un comportamento improntato ad assoluta compostezza e sportività. Se nel passato si è sentito il bisogno di istituire lo “Stefan Edberg Sportmanship Award” anche per incoraggiare una condotta in campo non sempre impeccabile di diversi giocatori, negli ultimi vent’anni lo svizzero ha, dall’alto dei successi e del crescente carisma, “imposto” il fair play; questo prima ancora che la impetuosa irruzione dei social ne consigliasse l’osservanza dei fondamenti a chi volesse curare la propria immagine. Il premio, assegnato dai tennisti stessi, è stato vinto per tredici anni consecutivi dal 2005 in poi proprio da lui.

L’asso di Basilea può infine affiancare, ai titoli Slam e ai tredici sportmanship, diciannove allori nel “Fan’s Favourite Award”, titolo assegnato dai tifosi votanti sulla piattaforma di voto sul sito dell’ATP, che fa suo ininterrottamente dal 2003, quando era solo il giovane vincitore di una edizione di Wimbledon.

Questi premi sono forse marginali ma secondo noi danno la misura del suo immenso impatto nel mondo del tennis e dello sport. Grazie di tutto, King Roger.

I Big Three sono così diventati i Big Two, e che ne è stato di loro? La stagione di Rafa Nadal si può dividere in due parti. Una prima praticamente perfetta con le vittorie a Melbourne e a Roland Garros. Queste due vittorie lo hanno ingolosito e lo spagnolo ha deciso di presentarsi anche a Wimbledon, scelta che forse oggi maledice. Infatti, si è infortunato, probabilmente spingendo oltre il limite il suo fisico. La seconda parte della stagione è stata molto meno soddisfacente: ha perso a Flushing Meadows e alle ATP Finals e a quel punto si è preso una vacanza anticipata saltando la Coppa Davis. La stagione di Novak Djokovic è stata dimezzata da alcune scelte politiche che lo hanno escluso da Melbourne e da New York, ma il serbo ha comunque centrato alcuni traguardi molto importanti tra cui Wimbledon e proprio le Finals.

Anche per quanto riguarda il tennis femminile parliamo prima di tutto di un ritiro, quello di Serena Williams. La campionessa di colore entra di diritto nel gruppo ristrettissimo di campionesse che hanno segnato un’epoca non solo dal punto di vista tennistico. Serena è diventata negli anni un personaggio pubblico esattamente come a suo tempo lo è stata Martina Navratilova o prima di lei Billie Jean King: il tennis femminile, alla ricerca di nuove eroine, perde una straordinaria protagonista. Le è mancato solo il Grande Slam, toltole dalla nostra Roberta Vinci che l’ha eliminata in una storica semifinale a New York nel 2015.

Se invece parliamo di tennis giocato è stato sicuramente l’anno di Iga Swiatek: la tennista polacca ha raggiunto la prima posizione mondiale vincendo ben due prove del Grande Slam e si presenta all’inizio della stagione 2023 come la tennista da battere.

I tennisti italiani hanno avuto una stagione in altalena; forse era lecito attendersi di più dopo il 2021 e invece siamo stati testimoni di qualche stop di troppo per i nostri.

Il punto di svolta della stagione di Matteo Berrettini è stata la sua improvvisa positività al COVID-19 che lo ha costretto al ritiro a Wimbledon. Il giocatore che ha preso il suo posto nel tabellone è arrivato tranquillamente nei quarti di finale dove ha perso da Nick Kyrgios. È lecito pensare che Matteo avrebbe affrontato da favorito il quarto di finale e superandolo non avrebbe nemmeno trovato l’avversario, poiché Nadal ha rinunciato a scendere in campo. Quindi, con un pochino di fortuna probabilmente Matteo avrebbe potuto disputare la finale, esattamente come l’anno precedente.

È andata così purtroppo e il resto della sua stagione non è stato particolarmente esaltante oltre che caratterizzato da due infortuni. Il primo, una piccola operazione alla mano destra, lo ha costretto a disertare l’intera stagione sulla terra battuta; il secondo gli ha praticamente dimezzato la stagione autunnale. Matteo chiude così il 2022 retrocedendo di una decina di posizioni nella classifica.

Anche il giovane Jannik Sinner è sceso più o meno dello stesso numero di posizioni in classifica del romano. Ha giocato bene a Wimbledon dove ha perso al quinto set dal vincitore Djokovic e anche agli US open dove ha perso sempre ai quarti contro Carlos Alcaraz, che poi avrebbe vinto il torneo facendosi anche annullare un match point dallo spagnolo. Qualche rimpianto, belle imprese ma nel complesso non ci sono stati i miglioramenti nel gioco che tutti si aspettavano.

Chi registra un miglioramento nella classifica è sicuramente il ventenne Lorenzo Musetti che è saldamente il numero tre d’Italia. È cresciuto al punto da vincere il torneo di Amburgo in estate battendo in finale proprio Alcaraz. Lo spagnolo, nuovo numero uno del mondo anche per le vicissitudini dei migliori, è la vera novità della stagione appena conclusa.

Per chiudere l’Italia a novembre ha perso una sfortunata semifinale in Coppa Davis al cospetto del Canada che poi ha vinto la manifestazione e stata una grossa occasione persa Ma la squadra c’è, è solida e può riprovare già dal prossimo anno la scalata alla Coppa Davis.

Ci fermiamo qui, ma gennaio si avvicina, con gli Australian Open: da lì riprenderà il nostro racconto.

Buon tennis a tutti!

 

Danilo Gori

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

ATP Finals: Novak Djokovic, il Maestro 6 tu!

A Torino il serbo si impone per la sesta volta, sette anni dopo l’ultimo successo. Non è il numero uno del mondo per ragioni esclusivamente extra-tennistiche.

Novak Djokovic vince il titolo di Maestro del circuito! Lo fa per la sesta volta e affianca Federer, che ha vinto più volte di tutti la competizione. Si è presentato per tutta la settimana dal 13 al 20 novembre con una livrea verde che ci ha ricordato l’Enigmista, il nemico che sfidava Batman a colpi di indovinelli. Qui il mistero è il solito: ma come fa a vincere sempre?

Il grande campione serbo ha dimostrato ancora una volta di essere fatto di un materiale indistruttibile. Ha difeso le sue scelte in materia di vaccini fino a dover accettare l’esclusione dall’Australian Open a gennaio; per lo stesso motivo non ha potuto entrare negli Stati Uniti ed ha così saltato tutte le manifestazioni in quel paese, soprattutto gli US Open.

Ha vinto Wimbledon, ma non ha incassato i punti destinati al vincitore per la decisione dell’Associazione Tennis di penalizzare il torneo che aveva deciso di non ammettere tennisti russi e bielorussi. Insomma, c’era di che scoraggiarsi. Novak invece ha pensato solo a farsi trovare pronto fisicamente e mentalmente ogni qualvolta gli avessero permesso di giocare.

Da settembre ha giocato tre tornei, vincendone due e sfiorando il titolo nel terzo, a Parigi, sconfitto all’ultima curva da Holger Rune, diciannovenne di cui parlammo subito bene commentando il Roland Garros (che occhio clinico).

A Torino ha vinto cinque volte perdendo solo un set, al tie-break con Daniil Medvedev. In finale ha disposto del Norvegese Casper Ruud in due set, 75 63, prevalendo sul campo più nettamente di quanto non dica il punteggio. I suoi colpi piatti viaggiavano spediti su una superficie molto veloce, e il giocatore nordeuropeo semplicemente non aveva le armi per metterlo in difficoltà.

Nel discorso successivo alla premiazione, Novak Djokovic è andato a braccio e a cuore, esprimendosi in un ottimo italiano e scatenando l’affetto del pubblico torinese.

Non sempre il tifo è dalla sua parte in giro per il mondo: perché è il più forte, per certe sue scelte, perché vince troppo. In Italia trova sempre le giuste emozioni e il calore del pubblico.

A trentacinque anni è ancora l’uomo da battere, e la stagione 2023 si è già aperta nel modo migliore, con le autorità australiane che hanno rimosso il ban al suo ingresso nel continente oceanico. Gli avversari sono avvisati…

Capitolo Rafa Nadal. L’asso spagnolo rientrava da un infortunio, e la superficie velocissima non lo ha aiutato. Ha perso il primo incontro con Taylor Fritz lottando nel primo set ma arrendendosi ai missili del suo avversario nel secondo. Due giorni dopo ha ceduto al canadese Auger-Aliassime, ed è stato eliminato. Si è scosso nel terzo match, inutile ai fini della classifica ma fondamentale per il suo orgoglio, e ha battuto un Ruud già ammesso alle semifinali.

Quello delle ATP Finals è l’unico alloro che tarda ad arricchire ulteriormente la sua ponderosa bacheca. Il maiorchino deve avere una vetrinetta in granito e alabastro rinforzato che fa municipio in quel di Manacor, ma l’edicola speciale approntata per ricevere il trofeo del Masters rimarrà sfitta per un anno ancora.

L’eventualità peraltro non sembra togliere il sonno al campione iberico; in conferenza stampa, scrollando la testa senza posa, ha riconosciuto il valore dell’avversario, la difficoltà di rientrare dopo un infortunio e di misurarsi da subito con giocatori forti.

Mentre scriviamo è già partito per lucrosissime esibizioni in Sudamerica. Ha un anno più di Novak, ma è più provato nel fisico dopo anni di battaglie e di tennis dispendiosissimo; speriamo ritrovi la carica per una nuova stagione ai vertici, dopo un 2022 che lo ha portato comunque sul trono di Melbourne e di Parigi. Il pubblico lo segue come sempre, il suo ingresso in campo a Torino contro Fritz è stato salutato da un entusiasmo straordinario (cui chi vi scrive ha nel suo piccolo contribuito), vederlo giocare è sempre inspiring.

Vabbè, ma non c’erano mica solo loro due.

Vero.

Stefanos Tsitsipas, il bel greco vincitore a Montecarlo, come scrivemmo ad aprile, ha il difficile compito di raccontarci quanto fosse bravo Roger Federer. Il suo gioco lo ricorda molto.

È l’unico a colpire di rovescio a una mano ed è quello che meglio di tutti attacca la rete. Inoltre, piace molto al pubblico femminile, e qui batte anche Roger. Ma solo qui.

È bravissimo e vederlo in azione fa bene ad ogni appassionato; chissà se troverà la formula per fare un ulteriore salto di qualità e vincere uno Slam. A Torino ha perso una partita ben avviata contro il russo Rublev; forse gli farebbe bene prendersi una vacanza dal proprio clan, una famiglia con un padre allenatore un po’ troppo severo (la storia di questo sport è piena di genitori ingombranti, arroganti e a volte purtroppo anche maneschi).

Daniil Medvedev quest’anno è stato anche numero uno del mondo, ma non ha saputo essere sufficientemente continuo per difendere la posizione. Qui ha perso tre volte su tre, sempre al tie-break decisivo! Un record alla rovescia.

Fritz e Rublev sono stati semifinalisti inattesi ma bravi ad approfittare delle occasioni presentatesi, così come anche il finalista Ruud, uno dei tennisti che più ha compiuto progressi nella stagione appena terminata. Mia opinione: gli organizzatori non devono essere stati troppo contenti di avere questi tre semifinalisti, forti ma non molto personaggi. Per loro fortuna il quarto era Novak Djokovic, che ha messo a posto le cose…

Ne ho nominati sette, quindi ne manca uno. Felix Auger-Aliassime è stato il protagonista dell’autunno, con una rincorsa a suon di vittorie che gli è valsa la qualificazione per Torino. Ma per arrivarci si è spremuto oltre, ed è stato eliminato anzitempo. È giovane, ci sarà tempo.

L’anno si chiude qui, manca solo la Coppa Davis, in scena a Malaga proprio in questa settimana, C’è l’Italia, ma Sinner e Berrettini hanno marcato visita e noi riponiamo le speranze di bella figura soprattutto in Musetti e Sonego. Sarà dura sin dal primo turno, con gli USA di Taylor Fritz gasatissimo protagonista nel capoluogo piemontese.

Speriamo sia tanto stanco…

Danilo Gori

US Open: ciak si gira, il tennis nella Grande Mela

US Open: ciak si gira, il tennis nella Grande Mela

US Open: ciak si gira, il tennis e la Grande Mela

Comincia lunedì 29 l’ultima prova dello Slam, tra italiani agguerriti, assenze eccellenti, ritorni, addii e… lieti eventi

Il nostro racconto della stagione tennistica si era interrotto a Londra, con gli applausi per Djokovic e Rybakina, re e regina di Wimbledon; eccolo riprendere a New York, dove lunedì 29 ha inizio lo US Open!

Il sole piacevole, le nuvole inglesi agilissime a celarlo e mutevoli, a volte caricate a salve e a volte piene d’acqua. I riti e le liturgie dei luoghi sacri dello sport, la noblesse du tenis. Beh, dimentichiamo tutto.

Ora comanda l’afa insopportabile di fine estate della east coast, con una superficie, il cemento, che amplifica il caldo percepito dagli atleti. Il pubblico americano si muove, compra da mangiare e torna sugli spalti in ritardo; il giudice di sedia lo richiama più volte “take your seats quickly please”. Non vive nulla di sacro, vede piuttosto un grande show, uno dei tanti nella città di Broadway. Insomma, gente indisciplinata ma divertente.

Cenni di storia: il complesso di Flushing Meadows viene inaugurato nel 1978: il vecchio Forest Hills, nel cuore del Queens, ospita in due distinti periodi ben sessanta edizioni degli US Open, con in aggiunta ben dieci finali di Coppa Davis. Ma negli anni Settanta non basta più per contenere la crescita di pubblico.

Nel 1974 si gioca per l’ultima volta sull’erba, e vince Jimmy Connors; nei tre anni successivi viene scelta la terra verde, più veloce di quella rossa europea. Ma urge una nuova struttura, moderna e soprattutto più capiente. E gli americani erigono Flushing; manco a farlo apposta, vicinissimo all’aeroporto “Fiorello La Guardia”: ogni minuto si alza un aereo, con costante disturbo per la concentrazione dei tennisti. Nel 1978 si gioca sul cemento, scelta seguita fino ai giorni nostri; Adriano Panatta nei quarti apparecchia il suo tennis migliore, ma Connors, che poi vince il titolo, lo beffa sul traguardo con un passante di rovescio a una mano considerato ancora oggi uno dei colpi più belli nella storia del torneo.

Il sindaco Dave Dinkins interviene e nel 1990 ottiene il cambio delle traiettorie aeree per insonorizzare (si fa per dire) il torneo. Well done Dave, tutti i vincitori da lì in poi ti devono qualcosa!

Il Campo Centrale è dedicato ad Arthur Ashe, leggendario atleta di colore, campione nel 1975 di Wimbledon e di intelligenza contro un furioso Connors (sempre lui!); è lo stadio del tennis più grande del mondo.

 

Vicino ad esso l’arena dedicata a Louis Armstrong, omaggio al divino trombettista e alla personalità culturale che trascende l’ambito e la nazionalità. Ma, se si vuole sorridere un po’, possiamo di nuovo pensare a come gli americani approcciano lo sport. Boris Becker trionfò nel 1989, e disse: “vincere qui è incredibile. A Wimbledon è di rigore il silenzio? A New York uno potrebbe suonare il sassofono nelle prime file, e nessuno avrebbe da ridire.”. D’altronde, non è forse nato qui negli anni Settanta il World Tennis Team, una competizione a squadre, già una forzatura in uno sport individuale, dove i tennisti potevano essere sostituiti come nel calcio, e il pubblico poteva tifare – orrore – durante gli scambi?

I più grandi vincitori degli US Open sono Jimmy Connors, Pete Sampras e Roger Federer, tutti con cinque allori; tra le signore Chris Evert e Serena Williams, sei volte ciascuna a segno. Il risultato più importante di un italiano nel torneo è la semifinale raggiunta da Berrettini tre anni or sono, finita con la vittoria netta di Rafa Nadal.

Prima di lui semifinale anche per Corrado Barazzutti nel 1976; perse da Connors, e il match è rimasto famoso per un punto, un colpo di Jimbo che Corrado riteneva fosse out. Prima ancora che il giudice si avvicinasse per controllare il segno (si giocava sulla terra), l’americano passò la rete e cancellò la traccia con il piede, davanti all’attonito “barazza” . Il pubblico lo travolse con dei sonori buu e il giudice arbitro disse qualcosa come “non si fa così Mr. Connors”, in pratica perdonandolo. Avrebbe vinto comunque, però fu un tantino cafone.

Tra le donne invece c’è l’indimenticabile finale del 2015, che si trasformò in una strapugliese tra la tarantina Vinci e la brindisina Pennetta, con quest’ultima che alza la coppa.

Come è andata l’estate tennistica? Dopo Wimbledon luglio ha vissuto l’ultimo scorcio di terra rossa vacanziera, a Umag in Croazia e Gstaad in Svizzera, con i nostri portacolori sugli scudi. Berrettini finalista in Svizzera, Sinner vincitore in Croazia e Musetti ad Amburgo. In agosto il cemento americano è stato meno generoso con gli italiani e ha visto vincere a Cincinnati due giocatori risorti dopo periodi tribolati: Borna Coric e Caroline Garcia. Protagonisti in più per lo Slam newyorchese.

 

Non mi sottraggo al gioco dei favoriti: un pronostico errato in più non può compromettere oltre la mia fama di esperto (ah ah!). Tra i maschi non c’è Djokovic, la cui avversione ai vaccini continua a non piacere lontano dall’Europa (non poté entrare nemmeno in Australia); Nadal ha l’unico dubbio nell’integrità fisica, poi Medvedev, campione uscente. Alcaraz sta tornando dopo un luglio sottotono, Tsitsipas sta giocando benissimo. Italiani: Matteo Berrettini, Jannik Sinner e Lorenzo Musetti sono teste di serie, speriamo arrivino agli ottavi, e poi si vedrà. Forza ragazzi!

Tra le femminucce, Iga Swiatek dopo Parigi ha vissuto soprattutto delusioni; le più in forma sembrano Simona Halep e le americane Pegula e Gauff. Possibili sorprese? La brasiliana Haddad Maia e la russa Kasatkina.

L’edizione in avvio vivrà la commozione di un addio pesante: Serena Williams, una delle più grandi di sempre, si ritira o, come preferisce dire lei stessa, evolve. Nessuna ha vinto più di lei; la sua storia, recentemente narrata in un film con Will Smith nella parte del padre suo e della sorella Venus, si identifica con quella dello spirito a stelle e strisce, della determinazione ferrea di chi vuole arrivare contro tutti e tutto. Straordinaria ambasciatrice dello sport, giocherà l’ultima palla nello stadio dedicato ad un’altra icona black del gioco, quell’Arthur Ashe a sua volta protagonista dell’emancipazione negli anni Settanta.

Il resto è felicità: quella di Petra Kvitova, due titoli a Wimbledon, che annuncia il suo presto sposi; quella di Angelique Kerber, tre coppe Slam, che avvisa tutti: “non partecipo agli US Open, non sarebbe corretto giocare due contro uno”. Capita, quando ti accorgi di essere in dolce attesa.

I migliori auguri a loro, che per un po’ appoggiano la racchetta sul comodino. Un “buon tennis” ai colleghi che invece se la tengono ben stretta in mano, pronti ad usarla come sanno a Flushing Meadows; duecentocinquantasei protagonisti, in scena da lunedì. A chi gli Oscar? Lo sapremo alla fine della… quinzaine (deciditi: è l’Oscar o la Palma d’Oro?). Insomma: pronti, partenza, via!